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Diritto Del Lavoro
Diritto Del Lavoro
26/09/2023
Il diritto del lavoro presenta una sua “diversità culturale” e in qualche modo una sua autonomia rispetto agli
altri diritti. Dal punto di vista scientifico e didattico, il diritto del lavoro è stato in una prima fase concepito
come una parte del diritto privato, secondo una ripartizione classica che si applicava tra diritto civile,
commerciale e del lavoro. Ben presto si è iniziato a capire che le logiche del diritto privato se venivano
applicate senza correttivi ai rapporti di lavoro, le logiche del diritto privato non appaiono sufficienti a
garantire un equilibrio in quel rapporto di scambio che sta alla base del contratto di lavoro individuale. Alla
base del contratto di lavoro individuale vi è uno scambio che si instaura tra due soggetti (datore di lavoro e
lavoratore) è uno scambio tra lavoro e retribuzione.
Francesco Santoro Passarelli: “il contratto di lavoro riguarda l’avere per l’imprenditore, ma l’essere
per il lavoratore”. Il lavoratore quando svolge un’attività lavorativa ci mette sé stesso e la sua persona, il suo
essere. I rapporti contrattuali tra lavoratore e datore di lavoro hanno ad oggetto una prestazione lavorativa
che stabilisce un compenso. All’interno del lavoro vi è un fortissimo coinvolgimento della persona del
lavoratore dato che caratterizza il rapporto di lavoro rispetto a tutti gli altri vincoli patrimoniali regolati
dal diritto privato. Il contraente debole all’interno del contratto di lavoro individuale è il lavoratore, il quale
utilizza le sue energie lavorative per soddisfare gli interessi del datore di lavoro.
Il diritto del lavoro nasce come risposta dell’ordinamento giuridico rispetto ad una situazione di disparità che
può esistere tra le parti del contratto il datore di lavoro è il soggetto che detiene i mezzi di produzione,
colui che detiene il capitale, proprietario della fabbrica ed è colui che utilizza le prestazioni lavorative di
soggetti che svolgono l’attività al suo vantaggio. Alle origini il lavoratore è un soggetto che poteva offrire il
suo lavoro e le sue energie lavorative, ciò creava uno squilibrio a vantaggio del datore di lavoro.
Tale finalità spiega quella che è la tecnica legislativa che per molto tempo ha caratterizzato questa materia
la norma di legge inderogabile; tutto il diritto del lavoro è stato contraddistinto da questa tecnica. Ciò vuol
dire che una certa norma non può essere derogata da parte di un’autonomia privata, tanto da una individuale
tanto da una collettiva. Essa fissa delle tutele basiche a vantaggio del lavoratore. Il che vuol dire che la norma
di legge si impone sugli atti dell’autonomia privata che sono difformi da quelli previsti da una norma di legge.
Questo principio vuol dire che lo stesso lavoratore non è libero di derogare quanto previsto dalla norma di
legge ed è inoltre protetto dalla sua stessa libertà negoziale.
L’inderogabilità nasce per tutelare la debolezza contrattuale del lavoratore subordinato e per equilibrare la
disparità sostanziale presente nel rapporto di lavoro. Nel diritto del lavoro l’inderogabilità è in senso
negativo, perché le parti non possono derogare in senso peggiorativo il livello minimo di tutela previsto dalla
legge. Viceversa la norma di legge può essere derogata in senso migliorativo per il lavoratore.
Inderogabilità in peius: la norma che fissa un certo standard di tutela non può essere derogata in
senso peggiorativo dall’autonomia privata/collettiva (es: art. 2103: divieto di mutamento unilaterale
in peius; diritto alle ferie annuali e settimanali; diritto alla sospensione del rapporto di lavoro per
malattia, gravidanza, puerperio, servizio militare). La norma chiave per comprendere il concetto
dell’inderogabilità è contenuta nell’articolo 2113 del Codice Civile
Derogabilità in meius: la stessa norma di legge può essere derogata qualora essa vada a migliorare
le condizioni del lavoratore.
Per una lunga fase il diritto del lavoro è stato contraddistinto da un assetto garantista da parte del legislatore.
Si è poi assistito ad un’attenuazione e flessibilizzazione dell’inderogabilità. Questo soprattutto attraverso una
delega sempre più ampia in seguito alla contrattazione.
27/09/2023
Nel modello liberale-sociale abbiamo altre importanti caratteristiche. Nell’ultimo decennio dell’Ottocento
l’Italia inizia a diventare un paese industrializzato, ma le condizioni lavorative sono molto pesanti questo
perché vengono utilizzate le c.d. “mezze forze”. Vengono impiegati all’interno di fabbriche e miniere molti
bambini (che costano di meno e riescono a lavorare in posi molto angusti.) e donne. In molti testi letterari
vengono immortalati queste situazioni, quali Verga, Zola. In questo momento storico esplode la questione
sociale, da più parti si prende atto dell’insostenibilità della condizione di sotto-protezione dei lavoratori
all’interno delle fabbriche. I lavoratori sono come degli ingranaggi, sviliti e mortificati nel loro essere
persona. Questo porta loro a riunirsi nelle fabbriche e cominciano a rendersi conto di essere compartecipi
della loro comune condizione si associano e condividono le loro difficoltà precarie. Chiedono dunque delle
condizioni lavorative di tipo salariarie, ma anche migliori condizioni di lavoro. Queste richieste vengono
portate avanti con forza e porta gli operai a coalizzarsi e iniziano a nascere le prime forme di associazionismo.
Società di mutuo soccorso (1886)
Camere del lavoro (1891) prime forme di organizzazione collettiva degli operai. Queste
costituiscono l’organizzazione principale di lavoro, ancora oggi a livello provinciale, della CGIL.
La condizione dei lavoratori viene anche nominata dall’enciclica di papa Leone XIII “Rerum novarum” con la
quale la Chiesa prende atto della condizione in cui si trovano le masse dei lavoratori, rendendosi conto della
condizione di crisi e di disagio. Da una parte la Chiesa rimproverava gli imprenditori e i capitalisti, per il loro
egoismo e il loro attaccamento al denaro, dall’altra si esortavano i lavoratori a non portare avanti una lotta di
classe, a non irrigidire un conflitto, ma a collaborare tra mondo imprenditoriale e classe operaia, in modo che
tutti raggiungano uno stato di benessere.
Il testo normativo più importante di questo periodo è il codice penale Zanardelli del 1889. Questo è
importante perché:
Il codice riconosce la libertà di stipulare contratti collettivi di lavoro, che in questo momento
vengono disciplinati come contratti di diritto privato
Il riconoscimento della libertà, non solo di costituire un’associazione collettiva (sindacato), ma
anche la libertà di astenersi dal lavoro in forma collettiva (libertà di sciopero). Prima di allora il
lavoratore che scioperava era perseguibile, mentre con Zanardelli lo sciopero diviene una mera
libertà il lavoratore che sciopera non è penalmente perseguibile, ma pone ancora in essere una
violazione del suo contratto di lavoro. Quindi non può essere sanzionato penalmente, ma
civilmente, perché non sta rispettando il suo contratto di lavoro: civilmente illecito.
Nel 1901 nasce la FIOM (Federazione italiana degli operai metallurgici). Questo è un momento molto
importante perché questo associazionismo si trasforma in sindacato, così come lo conosciamo oggi. Infatti di
lì a poco nasce la CGdIL nel 1906 (Confederazione generale dei lavoratori). La FIOM firmerà per la prima
volta un contratto con i rappresentanti del mondo imprenditoriale. Questo perché in quegli anni iniziano a
formarsi anche le associazioni imprenditoriali nel 1910 nasce la Confederazione italiana dell’industria
(CIdI) che diventerà poi Confindustria.
Le lotte sindacali in questi primi anni sono finalizzate a stipulare i c.d. concordati di tariffa contratti
collettivi che vengono sottoscritti e stipulati con la finalità di regolamentare la materia retributiva, il prezzo
del lavoro.
Dopo la prima guerra mondiale inizia una nuova fase del diritto del lavoro, legata all’avvento del fascismo.
Il modello corporativo
Si sviluppa nel ventennio fascista. Il fascismo nasce ufficialmente con la nascita dei fasci italiani di
combattimento, nel 1919 a Milano. Nel 1922 si ha la marcia su Roma e mussolini riceve l’incarico di formare
il nuovo governo. Tra il 1925-26 vengono adottate le leggi fascistissime abolizione di ogni libertà politica.
Durante il fascismo non si parla più di diritto al lavoro, ma di diritto corporativo. Proprio con questo nome, il
“diritto del lavoro” entra nei corsi universitari. Il corporativismo è l’ideologia portante del fascismo. Per il
fascismo lo Stato ha il compito di intervenire per mantenere la giustizia e la pace sociale tra le diverse classi
sociali, che sono in contrapposizione tra loro. Ma a differenza dello stato liberale in cui non vi era intervento,
nel fascismo l’interesse da proteggere è quello della nazione e non dell’individuo un interesse superiore
rispetto a quello dei privati. Questo interesse superiore trova realizzazione nelle corporazioni che verranno
istituite nel 1934 organi dello Stato che riuniscono e sintetizzano gli interessi di entrambe le classi (sia dei
lavoratori che dei datori di lavori, perché l’idea è quella che non ci sia conflitto tra le parti). Nelle
corporazioni verranno riuniti i sindacati dei lavoratori e datori di lavoro collaborazione piena atta ad
evitare un conflitto sterile di classe.
L’art. 2086 c.c. fornisce la definizione di imprenditore: il capo dell’impresa e da lui dipendono
gerarchicamente i suoi collaboratori.
L’art. 2082 c.c. dà una definizione ancora più puntuale di imprenditore: chi esercita
professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di
beni e servizi.
L’art. 2055 c.c. dà una definizione di azienda: è il complesso di beni materiali e immateriali che
organizza l’imprenditore per l’esercizio dell’impresa.
L’art. 2094 c.c. dà una definizione di lavoratore subordinato: colui che si obbliga a collaborare
nell’impresa alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore. Gli elementi della
subordinazione sono: la collaborazione, l’assoggettamento del lavoratore, la diligenza (art.2104
c.c.) e la fedeltà (art.2105 c.c.) al datore di lavoro.
La definizione di lavoratore autonomo è presente nell’art. 2222 c.c.
02/10/2023
All’interno del Codice Civile è presente un principio importante, ovvero che le tutele del lavoratore devono
essere coordinate all’interesse della produzione nazionale art. 2085 c.c.; art. 2089 c.c.: superare il conflitto
delle classi per avere come interesse primario quello dello Stato. Nello svolgimento dell’attività lavorativa è
importante considerare anche l’interesse dell’impresa art. 2103 c.c. (nella sua formulazione originaria:
l’imprenditore può, in relazione all’esigenza dell’impresa, adibire il prestatore di lavoro ad una mansione
diversa purché essa non importi una diminuzione della retribuzione; art. 2104 c.c.).
Il Codice Civile detta anche una prima disciplina del licenziamento:
Art. 2118 c.c. “licenziamento per libera recidibilità”: ciascuno dei contraenti può recedere al
contratto a tempo indeterminato, dando il preavviso nei termini e nei modi stabiliti dalle norme
corporative. Quindi sia il lavoratore che il datore di lavoro possono recedere dal contratto a
tempo indeterminato dando preavviso all’altra parte unico obbligo che grava in capo al
soggetto che decide di recedere dal contratto è di dare un preavviso all’altra parte.
Art. 2119 c.c. riguarda il “licenziamento per giusta causa”: il lavoratore può essere licenziato in
tronco se pone in essere un grave inadempimento del suo contratto di lavoro. Qualora il
lavoratore ponga in essere un comportamento talmente grave da impedire la prosecuzione del
rapporto lavorativo, il datore di lavoro può licenziarlo anche senza preavviso.
Bisognerà aspettare il 1966 per avere una normativa di tutela del lavoratore per il licenziamento, prima di
allora la normativa era contenuta solamente in questi due articoli.
Il lavoratore all’interno del codice civile è un soggetto che necessita di essere tutelato all’interno del sistema
giuridico. Ciò rinviene a due articoli:
Art. 2077 c.c. inderogabilità delle norme di legge e dei contratti collettivi: efficacia del
contratto collettivo sul contratto individuale. I contratti individuali di lavoro devono uniformarsi
alle condizioni previste in quello collettivo (si parla di contratto collettivo corporativo che si
applica alla categoria di lavoratori fissata per legge e che ha efficacia erga omnes). Nel caso in cui
non si conformino, le clausole peggiorative sono sostituite di diritto da quelle di contratto
collettivo. A meno che quella clausola non sia più favorevole per il lavoratore inderogabilità in
peius, salva la derogabilità in melius. La finalità della norma è quella di tutelare la parte più
debole del rapporto, cioè il lavoratore. In questo modo l’ordinamento va a limitare il potere che
ha il lavoratore di disporre i suoi diritti, il lavoratore potrebbe essere indotto dall’altra parte ad
accettare delle condizioni di lavoro più sfavorevoli di quelle previste dal contratto collettivo.
Attraverso questa norma il legislatore ha voluto limitare l’autonomia negoziale del lavoratore,
limitare le condizioni di lavoro qualora queste siano peggiorative rispetto a quelle del contratto
collettivo.
Art. 2113 c.c. principio dell’indisponibilità dei diritti derivanti da norme inderogabili di legge e
dalle norme corporative. La norma riguarda le rinunzie e le transazioni: che hanno per oggetto
diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge o da norme
corporative non sono valide. L’impugnazione deve essere proposta a pena di decadenza, entro 3
mesi dalla cessazione del rapporto o dalla caduta dalla data della rinunzia o transazione, se
queste sono intervenute dopo la cessazione medesima.
Nel Titolo III della Costituzione è presente l’art. 35 che afferma che la repubblica tutela il lavoro in tutte
le sue applicazioni. Tale articolo ha la funzione d’introduzione delle disposizioni presenti nel Titolo III. Esso
non intende determinare le forme e i modi di tutela del lavoro, ma è piuttosto un criterio ispiratore delle
disposizioni successive.
L’art.36 Cost. è una norma programmatica e immediatamente precettiva: al comma 1 si pone come
fondamento l’istituto della retribuzione:
proporzionata ed efficiente in base alla qualità e quantità del suo lavoro e sufficiente in grado di
assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa dibattito sul salario minimo
legale: non esiste una legge che individua i livelli di retribuzione che devono essere assicurati ai
lavoratori; tutta questa materia è messa a disposizione dei contratti collettivi, i quali
regolamentano la retribuzione.
Il terzo comma dell’art.36 è contenuta la norma inderogabile per il riposo settimanale e le ferie
annuali retribuite.
L’art.37 Cost. trova fondamento nella specifica condizione socio-economica delle donne e dei minori e che
nasce dall’esigenza di dare un’attenzione particolare all’integrità psico-fisica dei minori e di dare
un’attenzione particolare alla donna in occasioni particolari della sua vita.
Il primo comma contiene il principio per il quale la donna ha la parità di trattamento tra uomini
e donne. Il legislatore ha poi previsto in ogni fase di svolgimento del lavoro, una tutela
discriminatoria che la donna potrebbe subire dal datore di lavoro: a partire dall’assunzione, fino
al licenziamento.
Il secondo comma dice che le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua
essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale e adeguata
protezione.
Nel terzo comma, la legge stabilisce un limite minimo d’età per il lavoro salariato.
Nell’ultimo comma, la Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad
essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.
L’art.38 Cost. riguarda la previdenza sociale e che costituisce il fondamento della sicurezza sociale.
Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al
mantenimento e all’assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto
AGGIUNGERE
L’art. 39 Cost.
L’organizzazione sindacale è libera
Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o
centrali, secondo le norme di legge
È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a
base democratica
I sindacati AGGIUNGERE
L’art. 41 Cost. tutela la libertà di iniziativa economica privata e ricorda che l’attività economica privata non
può recare danno alla sicurezza, libertà e dignità umana. Il riferimento alla dignità umana è un limite
all’esercizio dell’attività economica privata.
09/10/2023
Il diritto sindacale
Che cos’è il diritto sindacale?
Il diritto sindacale riguarda l’area di lavoro “privato”. IL diritto del lavoro e il diritto sindacale sono
prettamente connessi alla storia del movimento operaio, perché il complesso delle regole è il frutto di tutte
quelle rivendicazioni che hanno portato aventi i lavoratori organizzate in materia collettiva.
Per questo tra le fonti, il diritto del lavoro ha il contratto collettivo. Il diritto sindacale consiste in
quell’insieme di norme statuali e contrattuali che disciplinano l’organizzazione collettiva dei diversi gruppi
professionali che rappresentano gli interessi dei lavoratori e datori di lavoro e che vanno a disciplinare
l’organizzazione collettiva e gli strumenti dell’azione dei gruppi operai.
Nella normativa europea è regolamentato un importante strumento che consente alle parti sociali di
partecipare alla costruzione del diritto europeo dialogo sociale europeo. Questo è inteso come tutte le
consultazioni e negoziati avviati a livello europeo dalle organizzazioni rappresentative delle parti sociali e la
normativa contenuta sul TFUE disciplina lo svolgimento di questo dialogo.
Soffermandoci sul primo comma dell’art.39 concetto di libertà sindacale. I commi 2, 3, 4 dell’art.39 Cost.
non hanno mai avuto attuazione, il che non vuol dire che non esistono. I sindacati non sono mai stati
registrati e non hanno mai acquisito la personalità giuridica.
Non si parla di associazione sindacale, ma organizzazione valenza diversa e più ampia del concetto di
associazione. Il che vuol dire che quando ci si organizza non è necessario che la forma sia quella
dell’associazione (es. è valido per un comitato o un gruppo spontaneo non ufficializzato).
Quando si parla della libertà sindacale si distinguono normalmente dei profili individuali e dei profili
collettivi.
Profili individuali: la libertà sindacale può essere positiva o negativa. La libertà sindacale positiva
è la libertà che ha ogni lavoratore di iscriversi al sindacato. Mentre quella negativa presuppone che è
possibile che un lavoratore possa non iscriversi ad alcun sindacato liberamente, senza essere
sanzionato. L’esistenza concreta della libertà sindacale è sancita dallo Statuto dei lavoratori
(l.300/1970) da cui si desume la concreta esistenza della libertà sindacale positiva/negativa nel
nostro ordinamento:
o In particolare gli art.14 e 15.
Profili collettivi: si articolano in due sotto-profili ovvero la libertà di organizzazione sindacale e di
azione sindacale (svolgere la sua attività).