Squadrismo e Squadristi Nella Dittatura
Squadrismo e Squadristi Nella Dittatura
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Matteo Millan
Squadrismo e squadristi
nella dittatura fascista
viella
Copyright © 2014 - Viella s.r.l.
Tutti i diritti riservati
Prima edizione: ottobre 2014
ISBN 978-88-6728-312-5
viella
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I-00198 ROMA
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Indice
Introduzione 9
3. Nuove spedizioni 81
1. La conquista delle città: Torino 82
2. La conquista delle città: Firenze 89
3. La conquista delle campagne: Molinella 98
Conclusione 269
Abbreviazioni 273
Bibliograia 275
Indice dei nomi 295
Ringraziamenti
A V. e S. (in memoria)
«Solo il fulmine può stroncare una quercia». Con queste parole il 3 lu-
glio 1962 il quotidiano della destra neo-fascista «Il Secolo d’Italia» annun-
cia la morte di Arconovaldo Bonacorsi.1 Squadrista del fascio di Bologna,
avvocato, ma soprattutto conquistatore delle Baleari durante la guerra ci-
vile spagnola, Bonacorsi muore in seguito a una complicazione operatoria
nella clinica romana Valle Giulia il 2 luglio 1962. Ha 63 anni.
Il funerale si svolge due giorni più tardi nella chiesa di S. Eugenio,
in via delle Belle Arti. Il corteo funebre è preceduto da numerose corone
di iori e labari, tra i quali spiccano quello del Movimento sociale italiano
e della Federazione Arditi d’Italia. Il rito viene oficiato da Padre Julián
Adrover, ex cappellano delle formazioni falangiste delle Baleari, interprete
personale e «compagno d’armi» di Bonacorsi a Palma di Maiorca. Alla
cerimonia partecipano «i camerati della prima e dell’ultima ora», come
l’amico squadrista Giuseppe Ambrosi, gli ex gerarchi Francesco Giunta,
Alfredo Cucco, Gino Calza Bini e Raffaello Riccardi, o lo storiografo uf-
icioso dello squadrismo Giorgio Alberto Chiurco, ma anche esponenti di
spicco dell’Msi e giovani della destra neo-fascista che rimpiangono di vi-
vere in un’epoca che consente solo di «sognare le imprese che Lui aveva
vissuto e realizzato». Al termine delle esequie la salma viene trasportata a
Bologna, sua città natale.
8. Sulle indubbie differenze tra Nord e Sud nella diffusione dello squadrismo, si veda,
per esempio Isnenghi, L’Italia in piazza, pp. 259-260. Importanti eccezioni si hanno so-
prattutto in Puglia e in Campania: Colarizi, Dopoguerra e fascismo in Puglia; Snowden,
Violence and great estates in the south of Italy; Colapietra, Napoli tra dopoguerra e fasci-
smo; Bernabei, Fascismo e nazionalismo in Campania. Per la Sicilia, si veda Micciché,
Dopoguerra e fascismo.
9. Si veda, per esempio, Lupo, Il fascismo e Di Figlia, Alfredo Cucco.
10. Mancino, Palermo, 1925; Palidda, Potere locale e fascismo, pp. 287-288.
Introduzione 15
questi nomi sono abbastanza noti, ma attorno ad essi ruota una congerie di
gregari che sono stati oggetto di attento studio. Dall’analisi di questi casi e
di questi percorsi biograici è emersa un’ampia fenomenologia di pratiche
squadriste e di tipi umani, con strategie politiche e sociali molto diverse,
nelle quali le speciiche dinamiche ambientali – dall’indirizzo politico del
singolo federale o prefetto al radicamento del movimento operaio, per fare
solo due esempi – hanno giocato un ruolo decisivo nel deinire lo sviluppo e
le caratteristiche dei tanti squadrismi locali. Tuttavia, la peculiarità delle si-
tuazioni provinciali si interseca con un’estesa cultura squadrista che sembra
valicare le differenze e le speciicità locali, per formare una rete di relazioni
e di esperienze che accomuna, in termini di pratiche e di mentalità, lo squa-
drista del circolo rionale milanese alla camicia nera del contado bolognese.
Volendo realizzare una ricerca non circoscritta all’analisi politica ma
capace di mettere in luce i caratteri propri di pratiche e mentalità squadri-
ste, non è stato facile reperire i documenti adatti. Gran parte dei materiali
editi – diari, memorie, cronache, resoconti – trattano quasi esclusivamente
del periodo della vigilia. Le tradizionali fonti di polizia – resoconti prefet-
tizi, informative delle forze dell’ordine, relazioni ministeriali – si rivelano
utili per analizzare la diffusione di pratiche squadriste nel dopo-marcia, ma
poco o nulla lasciano trasparire sulle motivazioni, le mentalità e la cultura
degli uomini delle squadre. Questa lacuna è stata, almeno in parte, sopperita
dall’analisi dei fascicoli personali degli squadristi inviati al conino. Pur
con tutti i suoi limiti, questa fonte ha permesso di delineare un abbozzo di
cultura squadrista, mettendo in luce le motivazioni delle scelte di violenza,
il rapporto con Mussolini, le aspirazioni e le frustrazioni delle camicie nere.
Un altro contributo documentario nel delineare un quadro “antropologico”
degli squadristi post-marcia è venuto dalla consultazione, quando disponi-
bili, dei fascicoli personali prodotti da varie istituzioni del regime fascista,
come la Segreteria particolare del duce e la Polizia politica. Queste fonti
hanno inevitabilmente inluito anche sulla ricerca, dando la possibilità di
veriicare le vicende di quegli squadristi che, per un motivo o per l’altro,
erano in qualche modo incappati nell’apparato repressivo e di vigilanza del
regime. Sono rimasti quindi in gran parte esclusi dall’analisi gli squadristi
che non sono stati protagonisti di pratiche illegali o criminali, gli squadristi
“comuni”. Tuttavia, questi ultimi esistono e mantengono forte una propria
coerenza, non rinnegano il recente passato e magari aderiscono pure con
partecipazione al regime che hanno contribuito a instaurare, ma – purtroppo
– per lo storico restano in gran parte silenziosi e anonimi.
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