Giorgio-Privileggio-Memorie Dell Antifascismo e Della Resistenza Agosto 1943 - Maggio 1945
Giorgio-Privileggio-Memorie Dell Antifascismo e Della Resistenza Agosto 1943 - Maggio 1945
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Era una bella mattina - per noi doppiamente bella - con un cielo
limpido e un sole splendido. Ad una certa distanza ci fe11mammo per
guardare dall'esterno la casa di pena che ci aveva «ospitati» per tanti
anni. A suo tempo, quando la chiesa cattolica oltre al potere spirituale
aveva esercitato pure quello temporale, era stata una fortezza papale:
forte Urbano. Quando questo potere venne meno con l'unità d'Italia,
la costruzione fu trasformata in casa di reclusione.
Il numero dei detenuti variava .da una media di seicento persone in
tempi normali ad un numero molto elevato negli ultimi anni del regime
fascista. La maggior parte dei detenuti comuni lavoravano nei vari re
parti: tessitoria, falegnameria, officina fabbro-meccanica, dati in appal
to a privati. Vi era inoltre un reparto agricolo con allevamento di maiali.
I campi erano fuori delle mura carcerarie, demanio della casa, e col
tivati dagli •Stessi detenuti. A noi politici non ci permettevano di lavo
rare; eravamo anzi separati dal resto della popolazione carceraria con
una rigida sorveglianza. Negli ultimi tempi (dopo il 1941) vi erano tre
sezioni, c ostituite .cta detenuti politici (la stragrande maggioranza co
munisti) e precisamente: Ja, IVa e Vlla; una quarta sezione, l'VIlla, ven
ne formata all'inizio del 1942 totalmente da politici jugoslavi.
Dopo aver accontentato l'occhio r1prendemmo il cammino verso
Castelfranco, diretti all'ufficio annonario del Comune per ritirare le
carte annonarie indispensabili per mangiare. Mentre aspettavamo per
l'espletamento delle pratiche, la gente del luogo ci guardava dato che
i nostri vestiti erano gualciti. Pino allora, che non stava nella pel'le per
la gioia di essere Hbero senza il regime fasdsta, faceva da cicerone
spiegando la nostra provenienza: antifascisti rilasciati poco tempo pri
ma dalla casa di pena. Da lì il messo comunale ci condusse in una trat
toria del paese dove ordinammo da mangiare. Poco dopo entrarono
nel locale un gruppo eli cinque-sei persone che si diressero verso il
nostro tavolo. Erano dei compagni del luogo i quali erano stati infor
mati del nostro rilascio. S'intavolò una discussione per tutto il tempo
che rimanemmo insieme. Ci dissero che il pranzo era stato pagato;
così venimmo a sapere che si era costituito un comitato locale antifa
scista per aiutare i detenuti politici che uscivano dal carcere. Nel .p ome
riggio, dopo esserci accomiatati dai compagni di Castelfranco, prendem
mo il treno per Bologna. Qui noi istriani proseguimmo per Mestre
Trieste dove arrivammo in nottata, mentre lo studente bergamasco
prese il treno per Piacenza-Bergamo .. Siccome non vi era la coinciden
za per Pola dove eravamo .diretti, approfittammo per fare quattro passi
verso il lungomare; incontrammo una pattuglia di militari i quali ci
domandarono i documenti e, saputo chi eravamo e dove eravamo di
retti, ci augurarono buon viaggio. Verso le ore 6 partimmo dalla sta
zione di Campo Marzio e dopo alcune ore arrivammo a Po'la, dove ci
separammo dai due compagni polesi. Più tardi giunse il compagno Ro
mano Billi (Bilié), il quale ci condusse a pranzare in casa di un altro
compagno. Nel pomeriggio, dopo esserci presentati in questura e aver
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ricevuto il biglietto ferroviario, proseguimmo l'ultimo tratto del nostro
viaggio. Arrivammo a Rovigno alle ore 19; dopo sei anni di assenza for
zata calcavamo 'le vie cittadine, finalmente Hberi.
Dal carcere portammo le canzoni che facevano parte del Canzo
niere rivoluzionario: l'Internazionale, Aviatore Rosso, Bandiera Rossa
(canzone comunista che da noi durante la lotta armata verrà modificata
in Bandiera Nostra). Ma la più cantata e fischiettata nelle carceri sotto
il regime fascista fu certamente La Guardia Rossa, una marcia comuni
sta nata nella galera fascista.
Nella primavera inoltrata del 1943 due compagni della l' sezione
politica della casa di pena di Castelfranco Emilia composero L'inno dei
partigiani italiani, il quale fu ·portato a Rovigno dal compagno Pino Bu
dicin. Durante la lotta armata contro l'occupatore nazifascista diverrà
l'Inno dei partigiani italiani del'l'Istria e di Fiume. Quasi contempora
neamente verrà pure composta un'altra canzone: Casacche.
Avendola trascritta su un notes nell'estate 1944, la trascrivo.
CASACCHE
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Cade l'infamia,
cadono le porte della galera
escono le bandiere
della rivoluzion.
Così chiamati dalla gran voce
anche gli assenti saran tornati,
saran presenti,
saran con noi.
Ma sulla breccia indomita,
furia nella tempesta,
del popolo alla testa
senza casacche van.
Vinti spezzati crollano
sotto la gran fiumana,
come crollò l'Ukrana
l'Ovra e la Gestapo.
Operai e belle casacche
voi siete la gloria
d'ogni vittoria,
tutta la storia vi canterà.
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arresto; mentre l'altro dirigente, Domenico Buratto assieme al fratello
Pietro, ai fratelli Antonio e Silvio Zorzetti, a Matteo Benussi (« Cìo»)
e Milan Iskra, ·si trovavano nel campo di concentramento di Cairo Mon
tenotte (Savona). Dopo alcuni giorni dal nostro rientro ci demmo da
fare (assieme a Budicin) per ottenere un'occupazione, e nel pomeriggio
del'l'8 settembre andammo a ritirare dal segretario comunale Vincenzo
Cala:bro una lettera di presentazione per essere assunti al lavoro alla
Manifattura tabacchi. Ma il precipitare degli avvenimenti determinò
la nostra rinuncia a questa occupazione per poter .p artecipare alla lot
ta armata contro l'occupatore nazifascista. Appena usciti dal municipio
venimmo a conoscenza, tramite le compagne Francesca Massarotto e
Anna Pascucci-Degobbis, della capitdlazione dell'Italia, annunciata dalla
radio. Dopo aver ascoltato la radio in casa della Massarotto in via Gri
sia, Pino andò al caffé di Giulio (« Risorgimento») e dopo aver preso
una bandiera nazionale (•senza lo stemma sabaudo) diede inizio ad una
manHestazione. Affiancato da un gruppo di antifascisti reduci dal car
cere e dal confino (i Segalla, Malusà, Poretti, Naddi, Privileggio, e Tur
cinovich) aprì un corteo, il quale attraversò le vie cittadine sempre più
ingrossato dalla partecipazione della gioventù operaia della Manifattura
tabacchi, del conservificio « Ampelea» e da altri lavoratori e cittadini.
Al canto degli inni antifascisti esso sfocciò nella piazza dell'orol' ogio
(ora p. Tito), dove il compagno Pino tenne il primo comizio antifascista,
nel quale ammonì di non farci soverchie illusioni sulla fine della guer
ra tutt'altro che conclusa con la capitolazione dell'Italia. Essa ora assu
meva un nuovo carattere di lotta popolare contro l'occupatore nazista.
A Rovigno oltre alla tenenza dei carabinieri e dei finanzieri c'era un di
staccamento militare, il quale aveva come compito principale il mante
nimento dell'ordine pubblico, vietando qualsiasi assembramento e tan
to .più cortei e comizi in base alle disposizioni della giunta militare mo
narchica. L'ufficiale comandante del distaccamento, che non era stato
in grado d'impedire questa manifestazione popolare contro la guerra
e l'occupatore, tentò alla fine del comizio di arrestare l'oratore << non
autorizzato» Pino Budicin. Fu impedito dalla massa dei manifestanti
che si trovavano in piazza e nel caffé Municipio. Quella notte, per pre
cauzione, Pino ed altri compagni dormirono in casa di amici.
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dall'interno della Croazia e con delle barche dalle i's ole del Quarnero.
Era un quadro desolante.
mandava.
Mentre vi erano delle persone che badavano principalmente ai loro
affari approfittando della situazione, altri cercavano le armi. Il compa
gno Antonio Poropat (« Belìn») assieme ad un altro riuscì a trafugare
una mitragliatrice. Alcuni giovani si procurarono delle àrmi che due
giorni dopo, nel canale di Leme furono usate contro una colonna te
desca.
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lusà, Poretti, Deg_obbis, Privileggio e forse qualche altro di cui mi sfug
ge il nome) in base ad accordi del giorno precedente ci trovammo in lo
calità «al Cristo». Con un camion ci allontanammo per precauzione
dalla città, dato che ·si temeva l'occupazione del paese da parte dei te
deschi. Circa a metà strada tra Rovigno e Sossici c'inoltrammo a piedi
nella campagna, diretti verso la zona di « Montero ». Verso ·sera incon
trammo il giovane rovignese Luciano Giuricin che ansimava per la cor
sa fatta onde sfuggire ai tedeschi; mentre sanguinava da un orecchio,
ma per fortuna era stato colpito di striscio.
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Si costituì il Comitato rivoluzionario partigiano il quale s'installò
nella capitaneria di porto. Ne facevano parte Pino Budicin, Anton Braj
kovié, Aldo Rismondo, Mario Hrelja, Mario Cherin e Giusto Massarotto.
Quest'ultimo assunse il comando mi'litare della città, ed ebbe come col
laboratori i compagni Egidio Caenazzo, Paolo Poduje e Valenta; mentre
suo cognato Cherin in qualità d i esperto militare teneva i collegamenti
con il comando partigiano dell'Istria, istallato a Pisino.
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Martino Mazzan (Macan), comerciante (verrà rilasciato a Pisino)
Leonardo Quarantotto, guardia campestre
Andrea Maressi (Maresich), guardia notturna
Cristoforo De angelini, operaio Manifattura tabacchi (gli ultimi 3,
fascisti e confidenti della polizia).
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la brigata « Vladimir Gortan » s'accampò nella stanzia Bagnolo ai piedi
del Monte della Torre.
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movemmo per tutta la giornata. Era una giornata belliossima, piena di
sole e senza vento: come spesso accade nel mese d'ottobre da'Ile no
stre parti. Ma per noi che eravamo braccati, sembrava che il sole non
volesse tramontare mai. Poco distante passarono dei cani seguiti dai
tedeschi; non ci scoprirono per pura combinazione, ma la nostra paura
fu grande. Poco prima che il sole tramontasse finalmente posero fine
al rastrellamento e dopo essersi radunati ripartirono e noi potemmo
uscire dal nostro nascondiglio, se così possiamo chiamarlo. A sera inol
trata ci spostammo sul monte Montero nei pressi del'la casa del conta
dino Sime sosié. Da quella posizione vedevamo due incendi: la scuola
d'avviamento professionale e la stanzia Bagnolo, che i nazisti avevano
incendiato per rappresaglia. Durante il rastrellamento rimase ucciso il
comunista rovignese Giovanni Pignaton.
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nella nostra zona, inviato dai P. C. della
. Croazia il compagno Augusto
Ferri (Enrico Grassi), il bolognese. Budicin aveva già avuto dei contatti
e scambi d'idee con il compagno Ugo (Antonio Vincenzo Gigante), mem
bro del C. C. del P. C. I. che ·Si trovava nella nostra regione. (Nell'autun
no 1934 mi trovavo in una cella del VIo braccio di Regina Coeli a Roma,
assieme al compagno Angelo Fontana di Milano, in attesa de'l proces
so; a fianco della nostra cella c'era quella di Gigante. Alla sera, dopo
la conta, quando la sorveglianza si attenuava, oppure vi era di servizio
un << superiore » tollerante, ci parlavamo tramite « l'a'lfabeto dei carce
rati » tamburellato con le nocche contro le pareti. Il giorno stesso del
suo processo, alla sera quando rientrò dall'aula IV ci comunicò la sua
condanna a 20 anni di carcere. Ci conoscevamo quindi con Gigante per
nome).
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in tempo a mettersi in salvo, l'uno attraverso i tetti e l'altro calandosi
dalla finestra con una corda, evitando così di essere deportati. Raggiun
sero le file partigiane.
Una ventina di giorni prima dell'8 febbraio 1 944 ebbi un incontro
di lavoro, nei pressi deUe baracche, con Pino Budicin. Ebbi il compito
di rimanere in città .f ino che le condizioni me lo .p ermettevano, per svol
gere un lavoro di collegamento e coordinamento con i compagni del
conservificio Ampelea. Egli mi parlò della situazione politica del mo
mento, delle decisioni dell'A. V. N. O. J. e del compito primario per
tutti, sia croati che italiani: battere l'occupatore. I l resto si sarebbe
risolto in un secondo tempo; la garanzia era il P. C. J. ed il suo segre
tario, l'operaio metallurgico Tito.
L'8 febbraio mi trovavo nel mio rifugio in via Dietro Castello (ora
svalba) la cui finestra dava sul mare verso Vaidibora, quando nella not
te fui destato dagli spari provenienti dalla riva di Valdibora. Non feci
tanto caso perché era una cosa normale sentire degli spari durante il
coprifuoco.. Ma alla mattina le compagne Romana Parco e Etta Budicin
mi misero a conoscenza che ·sulla riva di fronte alla ViUa Viane\lo c'era
no i cadaveri di tre partigiani e si parlava che fra questi vi fossero
Budicin e Ferri. Purtroppo erano loro, assieme al partigiano Sosié.
Una decina di giorni dopo questa dolorosa perdita, ricevetti l 'invito
di recarmi quanto prima in località Stagnera. Qui trovai il compagno
Romano Malusà che m i accompagnò dal compagno Sergio (Giusto Mas
sarotto), i l quale aveva assunto la segreteria del part ito. Fui incluso
nella sezione propaganda (Agit"prop) con il Malusà che vi lavorava da
tempo.
Alla vigilia dell'anniversario della fondazione dell 'Armata Rossa , lr�
notte del 22 febbraio, venne fatta ·sulle mura del diroccato castello
sul Monte della Torre, una grande stella rossa ben visibile dalla strada
Rovigno-Sossici. I tedeschi sovrapposero la svastica, che a sua volta
venne cancellata per dar posto nuovamente alla stella partigiana. Un
giorno i tedeschi indispettiti fecero saltare quei ruderi. Scomparivano
così le ultime vestigia di quel castello che era stato negli ann i passati
la meta ·d elle scampagnate per la scolaresca e per i cittadini rovignesi.
Verso la fine di febbraio l'organizzazione giovanile antifascista in
traprese la sua azione più importante e clamorosa: liberò i compagni
che ·si trovavano rinchiusi nelle carceri locali. Nei primi giorni di marzo
arrivarono sul nostro territorio due compagni vestiti al' l 'inglese: un co
mandante di cui mi sfugge il nome e lo studente in medicina Paolo
Sfecci di A�bona, fratello di Mauro Sfecci attualmente medico a Mattu
glie. Questi era di una famiglia antifascista e aveva fatto parte del
gruppo di comunisti i taliani di Albona (con Lelio Zustovich, Aldo Ne
gri, Nicolò Pitacco ed i fratel'li Sfecci) . Paolo era conosciuto nei villaggi
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istriani come il medico dei poveri , perché curava oltre i combattenti
pure la popolazione. Dopo poco tempo cadrà in uno scontro con gli oc
cupatori tedeschi.
Nel mese di marzo vennero a rafforzare il nostro M. P. L. i comp.
Aldo Rismondo e Gianni Degobbis. In seguito, per le sue capacità poli
tiche e organizzative, Aldo verrà nominato segretario politico del Co
mitato Distrettuale di partito. Nello s tesso mese fui accolto nelle file
del partito ed adottai il nome cospirativo di Elio. Nella primavera fu
costituito il Comitato Popolare di Liberazione (NOO) con i suoi uffici
a Monparadi -so-Monbrodo e zone limitrofe. Come primo segretario
di questo nuovo organo amministrativo, sorto dalla lotta, venne scelto
il comp. Andrea Degobbis (Giorgio). In questo periodo anche il comp.
Domenico Segalla, vecchio militante del P. C. I. e combattente di Spa
gna, va in bosco ed in un primo tempo ha la mansione di economo delle
nostre basi. (Degli altri due rovignesi combattenti di Spagna che ave
vano partecipando in settembre ad instaurare il potere popolare rivolu
zionario l 'anarchico Nicolò Turcinovich si era rifugiato in I talia e il
comp. Venerio Rossetto, nel gennaio 1 944, venne catturato dai nazi-fa
scisti e fucilato) .
Con i l rafforzarsi del !p artito e delle sue organizzazioni si estende
l'influenza del M. P. L. fra la popolazione. Il prolungarsi della guerra,
con i suoi disagi, le sofferenze, i lutti che giornalmente avvengono e che
si accentuano, sono le condizioni oggettive su cui le forze soggettive,
i comunisti, operano ai fini della nostra Resistenza. In questa prima
vera si ha un'espansione del movimento clandestino. Perfino la piccola
e media borghesia collabora con il M. P. L. Contemporaneamente si ac
centua l'isolamento di quelle forze p iù retrive, conservatrici e collabo
razioniste, che sono raggruppate attorno al fascio repubblichino ed ai
suoi padroni teutonici. La gioventù comunista e antifascista è sempre
in prima linea sia in città che nei villaggi nel mobilitare la gioventù
italiana e croata contro l 'occupatore nazi-fascista.
I l 4 aprile 1 944 viene costituito i n località S . Marco (Stanzia Bem
bo) il batt. << Pino Budicin », composto quasi esclusivamente da giovani
rovignesi. A questo battaglione doveva seguirne un secondo, << Augusto
Ferri », e man mano che ·si sarebbe allargata la partecipazione degli ita
liani nel'le file partigiane, arrivare alla formazione di una brigata. Que
s to era l 'obiettivo dei compagni dirigenti italiani. Ciò non avvenne per
una serie di difficoltà obiettive, ma anche soggettive; s icché prevarrà
l 'idea d'incorporare i giovani istriani di lingua italiana delle cittadine
costiere nelle formazioni già costituite ( 1 3' Divisione) oppure nella nuo
va che verrà costituita nell'estate (43" Divisione istriana) .
Nonostante gli arresti e le deportazioni - le compagne Giustina
Abbà, Francesca Massarotto, Tina Sossich e Anna Malusà (<< Minuda >> )
per sfuggire all'arresto avevano raggiunto l e basi partigiane, mentre la
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Giorgio Privileggio nel 1930, al
l'età eli 19 anni, quando era ap
prendista fabbro-meccanico nel
l'officina eli Francesco Cuzzi, no
to ritrovo degli antifascisti rovi
gnesi. Privileggio era già allora
membro della Gioventù Comuni
sta Italiana della città.
Rovigno, 2 maggio 1945: l'incontro, nella Giornata della fratellanza., tra la città e
la campagna. A simboleggiare quest'unione, si abbracciarono in Via dell'lstria le
compagne Femi Butera (città, italiana) e Mara Brajkovié (campagna, croata).
compagna Ita Novello-Sponza e Matteo Segalla verranno deportati nei
lagher tedeschi da dove il Segalla non farà ritorno.
L'attività clandestina nella Manifattura tabacchi si allarga consen
tendo la raccolta di aiuti economici ai combattenti. All'Ampelea non
stanno con le mani in mano, m entre i rioni cittadini sono dei centri di
raccolta per aiutare i combattenti partigiani e di attività politica per
la diffusione della stampa clandestina.
Diamo un elenco, non completo, naturalmente, di attivisti e co'lla
boratori del M. P. L. Manifattura tabacchi: Giorgio Muggia, Giovanni
Pemzzer, Anton Bç>zié, Giustina Novello A:bbà, Domenico Bernardis, Ita
Novello Sponza, Matteo Segalla, Domenico Brivonese, Giovanni Rismon
do (« Castiel ») , Giacomo Viscovich, Francesca Massarotto, Anna Malu
sà Benussi (« Minuda » ) , Elena Naddi Paliaga, Anna Pascucci Degobbis,
Etta Budicin Privileggio, Maria Macchi Buttiri, Gino Dapas, Maria Da
pas, Ines Macchi Muggia, Antonio Ca'lucci, Domenico Zaccai, Antonio
Dalino, Simone Zaccai, I nes Brunetti Vidotto, Antonia Burri Cattonar,
Caterina Janco, Angela Sgnrblich, Dinelli, Giovanni Sbisà (« Tarma »),
Antonio Massarotto (<< Culombo »), Giustina Sossi Malusà, Eufemia Mil
lich Massarotto, Dapiran (<< Bosman >>) , Maria Massarotto Dazzara, Ma
ria Budicin Quarantotto, Eufemia Vidulin Veggian, Maria Ivancich Tan
coni, Albina Ladavaz Poropat, Libera Deluca, Giuseppe I ve, Antonio
Sponza (<< Scurlin >>), Anna Mazzan Privileggio, Vita Ettore Poretti, Gian.
na Sponza Giuricin, E tta Sincié, Maria Paliaga Buttiri, Gina Rismondo
Carli, Maria Dapiran Bosusco, Francesca Giuricin, Rina Buratto, Maria
Sincié. Conservificio Ampelea: Edmondo Barbacini, Mario Sodomaco,
Maria Sponza (<< Fagarazzi >>) , Flora Miculian, Giuseppe D�pas (<< Bepi
cava >>) , Gina Malusà Caenazzo, Matteo Granich, Alfredo Callegaris, Fran
cesco Cherin, Rosina Matika Bosazzi, Agata Malusà, Amalia Dandolo.
Rione Monte: Nicolò Curto, Giuseppe Tamburin, Giovanni Tromba, An
tonio Sponza (<< Bìo >>) , Benvenuta Paliaga Devescovi, Maria Tromba
(<< Ciucia >>) , Pietro Budicin (<< Bisciuleina >>) , lole Cazzati-Marangon, G i
na Piemonte, Pietro Garbin (<< Savatamoundi >>) , Andrea Paliaga, Giovan
nina Marusich, Caterina Benussi (<< Baf >>) , Pietro Malusà (<< Muntarol >>) ,
Maria Simetich (<< Fola >>) , Giuseppe Giuricin (<< Càli >>) , Giuseppe Viditz,
Giuseppe Ferrara, Benvenuta Paliaga, Antonio Moscarda, Giovanni Fer
rara. Rione S. Francesco: Domenico Dessanti, Andrea Garbin, Andrea
Dapas, Luigi Borme, Antonia Radqssi Rocco, Anna Borme, Giovanni
Radossi, Angelo Garbin, Appolonia Paliaga Radossi, Francesco Giuricin,
Antonio Lorenzetto, Caterina Budicin Giuricin, Santa Simetich, Giovan
ni Borme, Andrea Bronzin, E tta Lorenzetto, Antonio e Lorenzo Sponza
(<< Bucapressa >>), Bortolo Diritti, Nicolò Tamburin, Andrea Cherin, An
gelo Veggian, Giovanni Godena (<< Miesa brenta >>) , Giacomo Simetich,
Pietro Dejuri, Giovanni Sponza, Bruno Caenazzo. Rione squeri: Pietro
Buratto, Gregorio Longo, i fratelli Matteo, Francesco, Domenico e Giu
seppe Giuricin (<< Tajeda >>) , Nicolò Longo, Domenico Buratto, Pietro
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- Oltre ai combattenti e d ai lavoratori politici vi transitava il mate
riale di rifornimento, raccolto nelle città e destinato ai partigiani, la
posta e la stampa clandestina. Erano delle piccole isole partigia ne, dis
seminate nel territorio nemico. Nei momenti di calma ·S i trovava q uasi
sempre qualcuno che sapeva suonare la fisarmonica: bal'labili e canzoni
dell'epoca: O bella campagnola, Rosamunda; per non parlare delle can
zoni partigiane. La gioventù voleva la sua parte di spensieratezza. La
s tazione partigiana in cui trovai maggior « traffico », fu quella sul Mon
te Maggiore: la No L
Vi transitava pure il capitano dei carabinieri Cassini, i'l quale aveva
disertato assieme ad altri suoi commilitoni dalle file del nemico di
stanza a Pola. Ancora una tappa. Questa volta però bisognava attraver
sare la l inea ferroviaria Trieste-Fiume, pattugliata da forze nemiche.
Due o trecento metri prima e dopo la linea ferroviaria dovetti cammi
nare con le scarpe in mano e nel più assoluto silenzio per eludere la
vigilanza del nemico. Tutto andò b ene ed il giorno dopo del nostro ar
rivo venni accompagnato alla base dell'Agit-prop regionale che si trovava
nel castuano (Kukuljani). Il viaggio era durato una settimana. Qui alla
sezione ita'liana, dove si compilava « Il Nostro Giornale », trovai il
comp. Andrea Casassa, ragioniere di Milano, il quale aveva disertato
dall'esercito italiano per unirsi ai partigiani, e lo studente di Pisino
Giorgio Sestan. Con loro trovai un uomo con la barba, che Sestan
chiamava scherzosamente Zanella: era il comp. prof. Vladimir svalba
jVid) . Nel breve tempo che trascorsi assieme riscontrai che ol tre
ad essere un uomo gioviale e scherzoso, facile alla battuta di spirito,
essendo nativo di Fiume e residente a Sussak, aveva una mentalità
e modi di esprimersi tipici della zona di confine.
Nessuna venatura nazionalistica. Nelle baracche dell'Agit, tra 1
boschi della zona di Kukuljani, dove aveva la sua base il Comitato
regionale di partito (Oblasni K. K. P.j, conobbi alcuni dirigenti: il
segretario, l 'operaio Mate, l 'avvocato Dusan Diminié (nativo d'ALbana),
il comp. Lovro, Dina Zlatié (conosciuta sul terreno di Rovigno) ed i
fratelli Ante e Ljubo Drndié di Caroiba. Con loro si trovava il vecchio
Barba Luka, impiegato, che nel passato aveva subito delle persecuzioni
da parte dei fascis ti per i suoi sentimenti nazionali.
Nel'l'ultima decade di giugno ci fu una riunione nella baracca
dell'Agit-prop, fra i compagni della sezione italiana (eravamo in tre)
e i compagni Dianinié, svalba ed i fratelli Drndié. Più che una riunione
vera e propria, fu uno scambio di pareri. I l tema era questo: era pros
sima la costituzione di una organizzazione· italiana avente il compito
primario di mobilitare gli italiani della nostra regione nella lotta an
tifascista contro l 'occupatore, bisognava quindi darle una denomina
zione. Si parlò di Associazione degli italiani, Club degl i italiani ed Unio
ne. Dopo la discussione si ragc:unse un accordo sul termine << Unione
degli italiani deU'Istria ».
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Questa fu la proposta inoltrata a chi di competenza. Dopo qual
che settimana ( 1 0 luglio) a Camporovica d'Albona fu costituita « L'U
nione degli italiani dell'I·s tria e di Fiume », tenuta a battesimo dal P. C. J.
nelle sue forme specificatamente nazionali ed il contenuto socia'l ista
e internazionalista.
Nei primi di luglio ebbi la gradita sorpresa d'incontrare una
vecchia conoscenza del periodo carcerario: il profesore dalmata Zden
ko Stambuk, compagno di camerata alla IVa sezione politici della
casa di pena di Castelfranco Emilia. Più tardi arriverà i'l compagno
prof. Eros Sequi, inviato dal P. C. C. a lavorare alla sezione italiana
dell 'Agit-prop regionale.
Di origine toscana (un suo avo era stato con Garibaldi nelle
battaglie risorgimentali per l'indipendenza italiana), intel'lettuale pro
gressista era entrato nelle file partigiane, lottando prima col fucile e
poi con la penna per il Risorgimento socialista dei popoli j ugoslavi.
In luglio ebbe inizio il primo corso politico nei boschi castuani
e precisamente nella zona di Gariéi. Il secondo fu tenuto un mese dopo.
Complessivamente partedparono una ottantina fra compagni e compa
gne in maggioranza giovani, provenienti dalle varie località istriane e
dal battaglione « Pino Budicin ». Ogni corso aveva la durata di tre set
timane; in verità un tempo ristretto ma sufficiente per apprendere, in
senso lato, gli elementi del marxismo indispensabili per condurre la
lotta di classe. I l corso politico comprendeva i principi generali del
marxismo-leninismo, una sintesi storica del movimento operaio inter
nazionale con un breve cenno al P . C. J. come premessa per entrare
nel merito della L. P. L., sviluppando in modo ampio i temi d'attualità
connessi con la lotta armata contro l 'occupatore (AVNOJ e la sua
st0rica I l a sezione; ZAVNOH ; JNOF (FUPL) ; (CPL) NOO; (FFA) AFZ ;
(GCJ) SKOJ - il Fronte popolare e la sua linea politica; le minoranze
nella Repubblica Federativa di Jugoslavia; la questione nazionale e le
relazioni con i l popolo italiano; la fratellanza italo-croata; come contra
battere la propaganda nazi-fascista- autonomista ecc.).
Come si vede, vi era molta « carne sul fuoco ». Dovevamo sfruttare
al massimo il tempo che avevamo a disposizione, tenendo presente
che la maggior parte dei corsi·sti erano figli del popolo e che non ave
vano tanta dimestichezza con lo studio.
Per lo svolgimento dei vari temi parteciparono tutti i compagni
della nostra sezione ed il comp. s tambuk che parlava l'italiano. Du
rante i'l corso ci pervenne la triste notizia della morte del compagno
svalba, avvenuta mentre rientrava aUa base dopo aver partecipato
alla costituzione dell'Unione degli Italiani.
Alla fine di ogni corso si teneva una festicciola con poesie, can
zoni e balli: era la serata dell'addio. La mattina seguente, partenza per
rietrare nei propri luoghi di provenienza.
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Alla fine d'agosto rientrai alla base dell'Agit-prop, dopo aver
portato a termine il secondo corso politico. Qualche giorno dopo ar
rivò il comp. Giusto Massarotto. Giungeva dal battaglione « Pino Bu
dicin » , nel quale aveva ricoperto la carica di commissario politico. Era
depresso, ma ben presto si riprese.
Finiti i due corsi politici fu deciso il rientro in !stria per me e
per Massarotto. I l viaggio ebbe inizio nella seconda decade di settembre.
La prima tappa fu movimentata e per poco non ci rimettemmo la pelle.
Avevamo da poco lasciato l a << staniza » ed eravamo appena usciti dal
bosco per inerpicarci sul monte - l a nostra colonna procedeva in fila
indiana con un corriere in testa ed uno in coda - quando ad un tratto
fu aperto un fuoco di fucileria e di armi automatiche. La colonna si
sbandò. Noi duè assieme ad una ragazza croata abbandonammo il sen
tiero inoltrandoci nel borsco per sottrarci al pericolo di essere circon
dati. Riuscimmo ad allontanarci e porci in salvo. Dopo aver riposato
riprendemmo la marcia. Grazie al senso dell'orientamento di Massarot
to - era stato tempo prima con i'l battaglione italiano in quella zona
- verso sera raggiungemmo la << staniza » . Qui erano già a conoscenza
dell'accaduto, perché qualche superstite era arrivato prima di noi. La
mattina seguente ci separammo: la ragazza proseguì per raggiungere
una località istriana. Giusto era diretto nella zona di Buie, io attraverso
la costa quarnerina, dopo un paio di giorni, arrivai al Canal d'Arsia,
dove si trovava la base del Comitato Distrettuale del partito (Okruzni
K. K. P.) di Pola. Trovai, fra gli altri, il comp. Srecko, la comp. Nada
di Pisino e Alma Pikunié. Quest'ultima mi comunicò la dolorosa noti
zia della morte del comp. Aldo Rismondo. Per quanto fossimo con
sapevoli che . la lotta comportava delle vittime, non potevamo restare
insensibili quando vedevamo cadere i nostri dirigen ti. In quel momento
provai una tristezza ricordando il suo fata'lis mo, che io avevo deriso.
Scrissi alla compagna Tamara (Ersilia Borsani - Rismondo � Benus�>i) ,
(cfr. la Biografia di A. R. in questo volume) esprimendole il mio sin
cero cordoglio per la tragica scomparsa di Aldo. Nel breve periodo che
ero rimasto all'Agit-prop regionale avevo ricevuto due lettere del comp
pagno Aldo (purtroppo durante la lotta andarono distrutte) nelle quali
desiderava essere informato sull'apprendimento dei compagni, mi fa
ceva presente l'importanza dell'elevamento ideologico per la formazione
dei quadri italiani indispensabili sia durante la lotta che all'indomani
della lilberazione del nostro paese e si rammaricava per l 'incompren
sione da p.a rte di alcuni compagni dei fori superiori: questo però non
lo disarmava.
Dopo qualche settimana prosegui per la base dove si trovava l'A
git,prop distrettuale, in una zona della Roveria. Trovai il compagno
prof. Domenico Cernecca ed il giornalista e pubblicista croato Zvane
Crnja, nativo di Gimino. Qui venivano redati La nostra lotta ed il Glas
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Istre. Dopo una breve perman�nza proseguii il viaggio e la sera del 6
novembre mi trovai alla << staniza » di Dignano, in località Mandriolo,
dove partecipai alla solenne accademia in onore dell'anniversario della
Rivoluzione d'Ottobre. Dopo alcuni giorni arrivai alla base rovignese
a Monbrodo.
Nella zona compresa tra Monbrodo-Gustigna-Spanidigo-Mu
rignana-Mondelaco, s i trovavano le nostre basi (partito, gioventù,
C. P. L. posta, stazione radio). Solamente il . comando polizia, diretto
dal compagno Romaz (Francesco Godena), era in località Madonna de
Campo. I l presidio militare era a Monbrodo, con vicecomandante Fran
cesco Albertini e commissario politico Romano Malusà; era stato for
mato un gruppo corale, diretto da Marco Garbin. Dirigevano il partito
i compagni Domenico Segalla da Rovigno ed Ernesto (Romano B il'li) di
Pola che già conoscevo. Venni a conoscenza di un'altra perdita, quella
della compagna Francesca Bodi, arrestata dai fascisti di Valle in loca
lità Garzotta alla fine d'agosto. Nello stesso mese di novembre fu ar
restato il compagno Anton Brajkovié, vecchio militante comunista,
membro del comitato cittadino di partito durante la dittatura fascista
e responsabile per il lavoro fra i compagni di lingua croata. Fu inviato
in un lagher nazista, dove trovò la morte alcuni giorni prima dell'arrivo
delle truppe alleate.
All'inizio dell'inverno, su ordin e dei dirigenti locali, venne ridotto
il personale aggregato alle varie basi, ed il presidio militare (composto
di inabili al ·servizio militare) venne praticamente sciolto . Così tutti
questi uomini, ritenuti momentaneamente « superflui », si nascosero
in città. Ciò venne motivato dalle difficoltà per l'approvvigionamento
e dal pericolo di rastrellamenti in questa s t agione non propizia per oc
cultare tanta gente. Rimanemmo un numero ristretto di compagni: in
maggioranza i quadri politici e quelle persone che erano ricercate dal
l'occupatore.
I l 16 dicembre ci fu un rastrellamento da parte dei tedeschi nella
zona Gius terna-Morubrodo-Gus tigna-Palù-Spanidigo-Calandra, do
ve si trovavano alcune nostre b asi. Tre di noi, fra i quali Romano Ma
lusà, non facemmo in tempo ad inoltrarci nel bosco d i Gustigna e do
vemmo fermarci a pochi metri dal sentiero dove transitavano i tedeschi.
Sentivamo il loro parlottare. Siccome non si azzardavano d'inoltrarsi
nel bosco, la nostra paura era di essere colpiti da qualche pallottola
vagante e perciò ce ne stavamo con la pancia a terra; anche i com
pagni Luciano Giuricin e Antonio Buratto la scamparono per il rotto
della cuffia. Da parte nostra nessuna perdita, però ci furono delle vit
tiJme: il ragazzo Smoljan, un vecchio pastore, un ex soldato italiano
ed il rovignese Pietro Cattonar (« fulminanti »).
Dopo questo rastrellamento i l gruppo dirigente del partito e dello
SKOJ si spostò nella zona di Leme, dove qualche giorno più tardi il
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segretario della gioventù comunista Tino Lorenzetto cadde in una im
boscata. Un'altra perdita dolorosa.
Nella zona rimanemmo un gruppo ristretto, fra gli altri i coniugi
Giovanni e Giustina A!bbà, i fratelli Antonio e Giuseppe Turcinovich,
Romano Malusà ed i corrieri Giuseppe Benussi e Bruno Vidotto.
Nel gennaio 1945, su decisione dei fori superiori, venne sciolta
per opportunismo l'organizzazione cittadina di partito. Tutti noi fummo
colti di sorpresa. I l « motivo » era che la direzione locale non aveva,
saputo impedire il 2 e 3 gennaio la mobilitazione, ordinata dall'occupa
tore di tutti gli uomini abili al lavoro, inviati a costruire le fortificazioni
tedesche nella Ciceria (Vodice, Jelovice e zona circostante) . Ma le origini,
a mio parere, erano precedenti e possiamo dire fin dall'inizio d i questa
lotta, con i suoi addentellati nello ·sviluppo storico tormentato di que
ste terre di confine. Noi raccoglievamo i frutti di quello che il fascismo
aveva seminato con la sua politica di sopraffazione e snazionalizzazione.
Qui risiede l'origine di molte incompresioni, dei contrasti, delle
disparità di vedute su come condurre la lotta. Cercheranno d'appro
fittarne i n emici sia dell'una che dell'altra parte, per aprire nuovamente
quel solco fra le popolazioni autoctone qui conviventi da secoli, neces
sario ai nazionalisti italiani e croati.
In marzo furono inviati nelle isole dalmate liberate dall'E. P. L.
alcuni compagni, fra cui Domenico Segalla, i fratelli Gianni e Andrea
Degobbis, Francesco Albertini, Antonio Bodi, Michele Devescovi, Delio
Tamburin, Nino Colli, i quali avrebbero dovuto, « prendere visione »
del come si svolgeva il lavoro amministrattivo nelle zone liberate.
.
In quello s tesso mese si costituì un organismo politico per diri
gere tutta l 'attività politica della nostra località: il Fronte Unico Popo
lare (FUPL). Presidente, il vecchio compagno Domenico Buratto, già
dirigente per la bassa !stria, del P. C. I. (nell'agosto 1932 a seguito degli
arresti avvenuti nel Muggesano ed in Istria era stato arrestato e deferito
al Tribunale Speciale) ; segretario, Giorgio Privileggio; membri i com
pagni Angelo (Giorgio Pascucci), Gian (Antonio Giuricin) Tamara (Er
silia Borsani), Romaz (F. Godena). Anche le l'attività politica non si era
mai arrestata durante l'inverno all'inizio della primavera si ebbe una
netta ripresa di tu tto il movimento. Ripresero il loro posto di lotta
tutti coloro che si erano rifuggiati in città, sicché il presidio partigiano
di Monbrodo entra in piena funzione.
In quello stesso mese, non ricordo la data ma mi sovviene che era
il venerdì santo alle ore cinque pomeridiane, mentre mi trovavo in casa
dalla famiglia Zakarj a (stanzia Sciolis, in località Cisterna) venni fer
mato dai fascisti di Valle - o tto militi e due ufficiali provenienti da
Rovigno e diretti alla loro base. Feci appena in tempo a sbarazzarmi di
alcuni documenti compromettenti. L'ufficiale tedesco dopo avermi squa-
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drato da capo a piedi, espresse i suoi sospetti nei miei confronti, al pro
prio camerata della milizia fascista. Quest'ultimo mi portò poco distante
dalla casa per interrogarmi e mi minacciò puntandomi il m itra sul pet
to. Ma di fronte al mio diniego di essere partigiano e non . avendo nes
sun appiglio che suffragasse i loro sospetti mi ingiunsero di seguirli con
segnandomi lo zaino delle munizioni. Tirai un sospiro : finché c'é vita, c'é
speranza. Naturalmente ero consapevole che una volta arrivati a Valle,
avrebbero chiesto informazioni a Rovigno, e così si sarebbe scoperto
l 'arcano con le conseguenze che si potevano immaginare.
Perciò il mio primo pensiero fu di scappare a qualunque costo.
M.a come? C'incaminammo e dopo aver attraversato le campagne dei
« Casiòla » (Sciolis) e dei « Taiéda » (Giuricin) ci fermammo davanti la
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cittadina per i� mantenimento dell'ordine. Egli consegnò la città alle
autorità politiche partigiane.
In mattinata fece pure il suo ingresso il nostro presidio militare
di Monbrodo, al comando del commissario politico Romano Malusà, che
si acquartiererà nell' albergo Adriatico (ora « Centar ») .
Nella notte seguente la polizia partigiana operò una decina di
arresti di fascisti repubblicani, collaborazionisti e confidenti dell'oc
cupatore, che con le loro delazioni avevano procurato s offerenza e lutti
alle famiglie dei combattenti del M. P. L.
Spuntava l'alba del lo Maggio.
La festa della liberazione si svolse con una imponente manifes
tazione alla quale pa.rtecipò la quasi totalità della cittadinanza, che
esultava per la fine della guerra, per la vittoria delle forze antifasciste
ed infine per la giornata internazionale dei lavoratori.
Era il coronamento di una lotta che andava al di là del settembre
1 943, per riallacciarsi alle prime azioni sindacali dei lavoratori sul finì
re del secolo scorso, a quelle politiche del primo dopoguerra, alla lotta
clandestina condotta dai comunisti durante la dittatura fascista.
La marca di popolo proveniente dalle fabbriche e dai tri ricini
affluì in piazza Valdibora, dove da una tribuna adornata dai ritratti dei
due leader comunisti e dalle bandiere nazionali e alleate, intrecciate a
quelle rosse dei lavoratori, presero la parola alcuni compagni dirigenti
per ricordare il duplice significato di quel 1o Maggio.
Verso la fine della .m anifestazione vi fu un momento di panico
fra la m assa quando il contadino Carlo Poropat, abitante a Polari, irrup
pe come un forsennato con la bicicletta nella piazza dando l'allarme: i
tedeschi. Vi fu uno sbandamento generale, mentre il .comando del pre�
sidio partigiano inviò alcuni uomini verso Polari. E l'equivoco fu chia
rito: si trattava si di tedeschi, ma prigionieri, accompagnati dai parti
giani, i quali non erano stati scorti dal Poropat. Immediatamente si
organizzò la ·g ioventù antifascista, con in testa la banda cittadina, che
percorsero le vie al suono degli inni partigiani per dis·sipare quell'in
cidente ed ogni dulbbio.
Il giorno seguente (2 maggio) s i svolse, alla periferia della città,
l 'incontro tra la popolazione italiana di Rovigno e quella croata dei
villaggi, simboleggiante la fratellanza fra le popolazioni qui conviventi
da secoli.
Nei primi giorni di maggio venne formato il primo Comitato Po
polare Cittadino (CPC) :
.h
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istruzione Giovanni Rischner maestro
finamz:e Nicolò Longo artigiano
commercio Domenico Sciolis agronomo
sociale Maria Sponza ragioniera
sanità Domenico Dapas operaio
lavora pu!bblici Francesco Rocco artigiano
commnnicazioni Bruno Caenazzo operaio.
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