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GIORGIO PRIVILEGGIO

MEMORIE DELL'ANTIFASCISMO E DELLA RESISTENZA


AGOSTO 1943 MAGGIO 1945
-

La mattina del 21 agosto 1943, mentre ci apprestavammo ad an­


dare nel cortile per la consueta ora d'aria giornaliera, venne improvvi­
samente nel nostro stanzone un «superiore» (così dovevamo chia­
marle le guardie carcerarie o secondini), il quale da un biglietto che
teneva in mano lesse il mio nome carcerario « 7298» aggiungendo:
« Prendi tutta la tua roba, ché vai a casa >>. Era già trascorso circa un
mese dalla caduta del fascismo, e tutti noi detenuti politici aspetta­
vammo che ci mettessero in libertà. Da quel sabato ebbe injzio la li­
berazione dei politici dalla casa di pena di Castelfranco Emi'lia. Mentre
ero tutto preso per questa «improvvisa » libertà, iniziai a racimolare i
miei oggetti personali e con la coperta della Casa feci .un fagotto, aiutato
dai compagni di camerata, i quali erano così contenti come se andas­
sero loro in libertà. Dicevano: «Oggi te, domani noi; ormai il ghiaccio
è rotto ». E difatti così avvenne. Quando lasciai la IV· sezione, di cui
faceva pure parte la mia camerata, percorrendo il corridoio in cui si
trovavano le altre camerate, fu tutto un coro di saluti e auguri; un com­
miato commovente.

Assieme alla guardia carceraria (pardon! <<superiore») m'incammi­


nai verso il magazzino del carcere che si trovava alla parte opposta,
per consegnare il corredo della Casa, indossare gli abiti civili e ritirare
gli oggetti personali depositati all'arrivo. Qui trovai una gradita sor­
presa: il mio amico Pino Budicin ed i due compagni palesi Giuseppe
Zahtiìla e Alfredo Stiglich della l' sezione, i quali già indossavano gli
abiti borghesi. Qualche minuto dopo venne pure uno studente di Ber­
gamo, il cui nome mi sfugge. Dopo aver portato a termine la nostra
« toilette », prese le nostre valigie passammo nell'ufficcio matricola,
dove ci aspettava un messo comunale. Dopo aver posto la nostra ri­
spettabile firma nel registro carcerario, salutammo il personale che si
trovava lì e c'incaminammo verso l'uscita.

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Era una bella mattina - per noi doppiamente bella - con un cielo
limpido e un sole splendido. Ad una certa distanza ci fe11mammo per
guardare dall'esterno la casa di pena che ci aveva «ospitati» per tanti
anni. A suo tempo, quando la chiesa cattolica oltre al potere spirituale
aveva esercitato pure quello temporale, era stata una fortezza papale:
forte Urbano. Quando questo potere venne meno con l'unità d'Italia,
la costruzione fu trasformata in casa di reclusione.
Il numero dei detenuti variava .da una media di seicento persone in
tempi normali ad un numero molto elevato negli ultimi anni del regime
fascista. La maggior parte dei detenuti comuni lavoravano nei vari re­
parti: tessitoria, falegnameria, officina fabbro-meccanica, dati in appal­
to a privati. Vi era inoltre un reparto agricolo con allevamento di maiali.
I campi erano fuori delle mura carcerarie, demanio della casa, e col­
tivati dagli •Stessi detenuti. A noi politici non ci permettevano di lavo­
rare; eravamo anzi separati dal resto della popolazione carceraria con
una rigida sorveglianza. Negli ultimi tempi (dopo il 1941) vi erano tre
sezioni, c ostituite .cta detenuti politici (la stragrande maggioranza co­
munisti) e precisamente: Ja, IVa e Vlla; una quarta sezione, l'VIlla, ven­
ne formata all'inizio del 1942 totalmente da politici jugoslavi.
Dopo aver accontentato l'occhio r1prendemmo il cammino verso
Castelfranco, diretti all'ufficio annonario del Comune per ritirare le
carte annonarie indispensabili per mangiare. Mentre aspettavamo per
l'espletamento delle pratiche, la gente del luogo ci guardava dato che
i nostri vestiti erano gualciti. Pino allora, che non stava nella pel'le per
la gioia di essere Hbero senza il regime fasdsta, faceva da cicerone
spiegando la nostra provenienza: antifascisti rilasciati poco tempo pri­
ma dalla casa di pena. Da lì il messo comunale ci condusse in una trat­
toria del paese dove ordinammo da mangiare. Poco dopo entrarono
nel locale un gruppo eli cinque-sei persone che si diressero verso il
nostro tavolo. Erano dei compagni del luogo i quali erano stati infor­
mati del nostro rilascio. S'intavolò una discussione per tutto il tempo
che rimanemmo insieme. Ci dissero che il pranzo era stato pagato;
così venimmo a sapere che si era costituito un comitato locale antifa­
scista per aiutare i detenuti politici che uscivano dal carcere. Nel .p ome­
riggio, dopo esserci accomiatati dai compagni di Castelfranco, prendem­
mo il treno per Bologna. Qui noi istriani proseguimmo per Mestre­
Trieste dove arrivammo in nottata, mentre lo studente bergamasco
prese il treno per Piacenza-Bergamo .. Siccome non vi era la coinciden­
za per Pola dove eravamo .diretti, approfittammo per fare quattro passi
verso il lungomare; incontrammo una pattuglia di militari i quali ci
domandarono i documenti e, saputo chi eravamo e dove eravamo di­
retti, ci augurarono buon viaggio. Verso le ore 6 partimmo dalla sta­
zione di Campo Marzio e dopo alcune ore arrivammo a Po'la, dove ci
separammo dai due compagni polesi. Più tardi giunse il compagno Ro­
mano Billi (Bilié), il quale ci condusse a pranzare in casa di un altro
compagno. Nel pomeriggio, dopo esserci presentati in questura e aver

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ricevuto il biglietto ferroviario, proseguimmo l'ultimo tratto del nostro
viaggio. Arrivammo a Rovigno alle ore 19; dopo sei anni di assenza for­
zata calcavamo 'le vie cittadine, finalmente Hberi.
Dal carcere portammo le canzoni che facevano parte del Canzo­
niere rivoluzionario: l'Internazionale, Aviatore Rosso, Bandiera Rossa
(canzone comunista che da noi durante la lotta armata verrà modificata
in Bandiera Nostra). Ma la più cantata e fischiettata nelle carceri sotto
il regime fascista fu certamente La Guardia Rossa, una marcia comuni­
sta nata nella galera fascista.
Nella primavera inoltrata del 1943 due compagni della l' sezione
politica della casa di pena di Castelfranco Emilia composero L'inno dei
partigiani italiani, il quale fu ·portato a Rovigno dal compagno Pino Bu­
dicin. Durante la lotta armata contro l'occupatore nazifascista diverrà
l'Inno dei partigiani italiani del'l'Istria e di Fiume. Quasi contempora­
neamente verrà pure composta un'altra canzone: Casacche.
Avendola trascritta su un notes nell'estate 1944, la trascrivo.

CASACCHE

È giunta al fin terribile


l'ora che vi condanna.
Vigliacchi, invan s'affanna
la vostra crudeltà.
Udite dai fetidi oscuri
antri delle prigioni
l'eco delle campane
della rivoluzione?
Son essi ancor i comunisti
che non son morti
e proprio in quest'ora
sembrano risorti per vostro terror.
Nelle casacche logore,
numero senza nome,
vanno figure indomi te
nell'ombra del corti!.
Magia nell'occhio vivido,
brilla lo sguardo ansioso,
nel petto generoso
fremente batte il cuor.
Sull'orizzonte cupo
s'addensa la bufera,
porta l'impronta
della bandiera dell'avvenir.
Ecco la folla immensa
discende sulle strade
da· tutte le contrade
dai campi e dai cantier.

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Cade l'infamia,
cadono le porte della galera
escono le bandiere
della rivoluzion.
Così chiamati dalla gran voce
anche gli assenti saran tornati,
saran presenti,
saran con noi.
Ma sulla breccia indomita,
furia nella tempesta,
del popolo alla testa
senza casacche van.
Vinti spezzati crollano
sotto la gran fiumana,
come crollò l'Ukrana
l'Ovra e la Gestapo.
Operai e belle casacche
voi siete la gloria
d'ogni vittoria,
tutta la storia vi canterà.

La situazione politica locale che trovammo era completamente di­


versa da quando avevamo lasciato la nostra città, anche se al posto
della dittatura fascista era swbentrata quella militare-monarchica.

La nostra organizzazione comunista locale continuò nonostante ciò


a svolgere il suo lavoro clandestinamente, e nessuna altra forza politica
antifascista si presentò alla ribalta. Però in quegli ultimi anni si era
verificato un fatto nuovo nella nostra regione: il risveglio nazionale
delle masse contadine e de'Ila piccola e media borghesia slovena e croa­
ta, sotto l'influsso della lotta popolare di liberazione del popolo jugo­
slavo, diretta dal Partito comunista. Il contenuto classista di questa
lotta troverà la simpatia, poi l'adesione e infine 'l'appoggio in primo
luogo della classe operaia Ì'striana e dei lavoratori italiani dell'Istria e
di Fiume. È in questo periodo che compariranno le prime cellule del
P. C. C. per estendere la L. P. L. nel'l'Istria ed in tutta la regione. Così
avemmo per un certo periodo due organizzazioni comuniste che opera­
vano in !stria: quella italiana che continuava a svolgere il lavoro cospi­
rativo e la jugoslava già sul terreno più avanzato della lotta armata.
Tutte e due riflettono le differenti condizioni oggettive e storiche dei
rispettivi paesi in cui operano. La lotta di classe s'interseca con que'lla
nazionale e viceversa, di modo che la lotta si fa più complessa e por­
terà, nella nostra zona confinaria, a delle frizioni, incomprensioni tra
le componenti nazionali offrendo materia di speculazioni a certi ele­
menti nazionalisti, d'ambo le parti, che pescano nel tor:bido.

Trovammo a dirigere il partito i compagni Matteo Naddi (Nado­


vich), vecchio esponente, già condannato dal Tdbunale Speciale, ed il
giovane Aldo Rismondo che avevo conosciuto prima del mio secondo

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arresto; mentre l'altro dirigente, Domenico Buratto assieme al fratello
Pietro, ai fratelli Antonio e Silvio Zorzetti, a Matteo Benussi (« Cìo»)
e Milan Iskra, ·si trovavano nel campo di concentramento di Cairo Mon­
tenotte (Savona). Dopo alcuni giorni dal nostro rientro ci demmo da
fare (assieme a Budicin) per ottenere un'occupazione, e nel pomeriggio
del'l'8 settembre andammo a ritirare dal segretario comunale Vincenzo
Cala:bro una lettera di presentazione per essere assunti al lavoro alla
Manifattura tabacchi. Ma il precipitare degli avvenimenti determinò
la nostra rinuncia a questa occupazione per poter .p artecipare alla lot­
ta armata contro l'occupatore nazifascista. Appena usciti dal municipio
venimmo a conoscenza, tramite le compagne Francesca Massarotto e
Anna Pascucci-Degobbis, della capitdlazione dell'Italia, annunciata dalla
radio. Dopo aver ascoltato la radio in casa della Massarotto in via Gri­
sia, Pino andò al caffé di Giulio (« Risorgimento») e dopo aver preso
una bandiera nazionale (•senza lo stemma sabaudo) diede inizio ad una
manHestazione. Affiancato da un gruppo di antifascisti reduci dal car­
cere e dal confino (i Segalla, Malusà, Poretti, Naddi, Privileggio, e Tur­
cinovich) aprì un corteo, il quale attraversò le vie cittadine sempre più
ingrossato dalla partecipazione della gioventù operaia della Manifattura
tabacchi, del conservificio « Ampelea» e da altri lavoratori e cittadini.
Al canto degli inni antifascisti esso sfocciò nella piazza dell'orol' ogio
(ora p. Tito), dove il compagno Pino tenne il primo comizio antifascista,
nel quale ammonì di non farci soverchie illusioni sulla fine della guer­
ra tutt'altro che conclusa con la capitolazione dell'Italia. Essa ora assu­
meva un nuovo carattere di lotta popolare contro l'occupatore nazista.
A Rovigno oltre alla tenenza dei carabinieri e dei finanzieri c'era un di­
staccamento militare, il quale aveva come compito principale il mante­
nimento dell'ordine pubblico, vietando qualsiasi assembramento e tan­
to .più cortei e comizi in base alle disposizioni della giunta militare mo­
narchica. L'ufficiale comandante del distaccamento, che non era stato
in grado d'impedire questa manifestazione popolare contro la guerra
e l'occupatore, tentò alla fine del comizio di arrestare l'oratore << non
autorizzato» Pino Budicin. Fu impedito dalla massa dei manifestanti
che si trovavano in piazza e nel caffé Municipio. Quella notte, per pre­
cauzione, Pino ed altri compagni dormirono in casa di amici.

Le ·giornate che seguirono dopo 1'8 settembre furono caratterizzate


dl:ll caos a seguito del dissolvimento dello stato italiano e del suo eser­
cito, come avviene sempre e dappertutto quando crolla l'impalcatura
statale. In quei giorni arrivavano i militari sbandati, usando tutti i mez­
zi che avevano a disposi(lione, con il solo desiderio di raggiungere le
loro case. Certi s'illudevano che la guerra fosse finita, mentre altri
scappavano per non cadere nelle mani dei tedeschi. Più d'uno trovò com­
prensione e aiuto da parte del'la nostra popolazione, per proseguire con
abiti borghesi. Giungevano a piedi dai presidi dell'lstria, con automezzi

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dall'interno della Croazia e con delle barche dalle i's ole del Quarnero.
Era un quadro desolante.

Ù giorno 10 settembre arrivarono due autocarri, carichi di militari,


provenienti da una località de'Ila Croazia e scappati in tempo per non
essere deportati nei campi di concentramento in Germania. Si ferma­
rono provvisoriamente davanti al macellò comunale e qui cominciarono
a << sbagazzare » per denaro tutto: dai viveri al vestiario, coperte, scar­
pe, in minor misura le armi perché impediti dall'ufficiale che li co-
·

mandava.
Mentre vi erano delle persone che badavano principalmente ai loro
affari approfittando della situazione, altri cercavano le armi. Il compa­
gno Antonio Poropat (« Belìn») assieme ad un altro riuscì a trafugare
una mitragliatrice. Alcuni giovani si procurarono delle àrmi che due
giorni dopo, nel canale di Leme furono usate contro una colonna te­
desca.

I carabinieri della locale stazione e le guardie di finanza furono


spettatori impotenti di fronte a questo caos e. privi di direttive da parte
dei loro superiori, però rimasero al loro posto aspettando tempi mi­
'
gliori; ma il presidio militare si dissolse come la neve al sole, subendo
il contagio .del « si salvi chi può» subentrato alla disciplina nelle file
del reggio esercito italiano.

In assenza di ogni autorità politica e militare .a causa del crollo


dello stato italiano, in città il giorno 10 settembre si costituì il «Co­
mitato di salute pubblica», in effetti un organismo rappresentativo an­
tifascista, formato da cittadini integerrimi, .di differenti strati sociali,
di varie ideplogie politiche, tutti vecchi antifascisti che non si erano
compromessi con il passato regime. Ne facevano parte: il Dott. Giovanni
Biondi, l'agricoltore Enrico Dapas, l'artigiano Matteo Battistella, l'agri­
coltore Matteo Naddi (Nadovich), il Dott. Basilisco, il commerciante
Antonio Rocco (Supela), l'artigiano Francesco Rocco, il commerciante
Andrea Garbin, il maestro Giovanni Rischner. Il suo compito fu la sal­
vaguardia dell'ordine pubblico, il rispetto della proprietà e della lega­
lità. Questa « Convenzione >> cittadina voleva salvaguardare o meglio ri­
pristinare l'ordinamento democratico-borghese.

In città circolavano le notizie più disparate, sicché non si aveva


un quadro esatto della situazione. Una cosa comunque era nota: a Pola
la situa:z;ione era sotto . contro'llo delle autorità militari dopo l'eccidio
avvenuto ai giardini, nel quale fra gli altri perì il compagno Giuseppe
Zahtilla, uscito venti giorni prima dal carcere. Mentre l'entroterra del­
l'Istria era sotto il contr
. ollo dei partigiani, le cittadine lungo la costa
erano momentaneamente « terra di nessuno >>.

Nella tarda mattinata della domenica 12 settembre gli uomini più


i:1 vista del partito con altri compagni (Budicin, Rismondo, Naddi, Ma-

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lusà, Poretti, Deg_obbis, Privileggio e forse qualche altro di cui mi sfug­
ge il nome) in base ad accordi del giorno precedente ci trovammo in lo­
calità «al Cristo». Con un camion ci allontanammo per precauzione
dalla città, dato che ·si temeva l'occupazione del paese da parte dei te­
deschi. Circa a metà strada tra Rovigno e Sossici c'inoltrammo a piedi
nella campagna, diretti verso la zona di « Montero ». Verso ·sera incon­
trammo il giovane rovignese Luciano Giuricin che ansimava per la cor­
sa fatta onde sfuggire ai tedeschi; mentre sanguinava da un orecchio,
ma per fortuna era stato colpito di striscio.

Venimmo a sapere che dopo la nostra partemza, un crruppo di circa


una ventina di uomini, in maggioranza giovani, armati di fucile e a
bordo di un camion delle bauxiti, guidati dal compagno Giorgio Borme,
si erano diretti verso Leme. Strada facendo s'erano imbattuti in una
camionetta tedesca e avevano fatto prigioniero il conducente, il quale
fu condotto a Rovigno dal parti:giano Giuseppe Sponza (<< Bepi rus­
so») e consegnato alle autorità comunali. Le quali, imbarazzate sul co­
me trattare il prigioniero, per non sbagliare lo sistemarono in una stan­
za dell'albergo «Adriatico».
Nel frattempo il camion con il suo carico umano aveva proseguito
la corsa lungo la draga; l'intento era ·di invertire la marcia appena ar­
rivati a Leme, ma ad una svolta s'era avuto lo scontro con una colonna
tedesca proveniente da Trieste e diretta a Po'la. DQpo un breve combat­
timento i nostri furono sovverchiati e fatti prigionieri, per essere fuci­
lati il mattino seguente. Tre di loro si sarebbero salvati miracolosa­
mente: due riportando ferite leggere (Vladimiro Massarotto e un certo
Barzelogna) e il giovane Mario Soveri rimanendo illeso.

In quella tragica domenica venne ucciso sulla strada di Villa di


Rovigno da una raffica partita da un'autoblinda tedesca l'autista del­
l'Ampelea, un certo Hrelja: la prima vittima della resistenza nella zona
di Rovigno. Il 14 settembre ci .portammo a Canfanaro, da alcuni giorni
saldamente in mano dei partigiani, e ci aggregammo a loro. In quei gior­
ni vi era un continuo andirivieni di uomini, di partigiani armati, vestiti
in varie foggie ed un gran vociare nelle lingue autoctone dell'Istria:
croato e italiano. Canfanaro era un passaggio obbligato per quelli che
scappavano dalla bassa Istria, perciò vi transitavano i militari italiani
che riuscivano a scappare dalla piazzaforte di Pola o dalle altre guar­
nigioni. La maggior parte di costoro proseguivano il viaggio. Qui avem­
mo l'incontro con i compagni Giusto Massarotto e Mario Cherin («Per­
diana»), provenienti dai rispettivi presidi militari, che avevano disertato
per fare ritorno a casa.

Il 15 settembre i compagni Budicin e Rismondo in accordo con il


comando partigiano di Canfanaro ·stabilirono di entrare a Rovigno per
instaurare il potere popo'lare. Il mattino seguente il 16 •settembre circa
un centinaio di partigiani italiani e croati armati con armi leggere, as­
sieme ai nostri dirigenti politici, entrarono in città e la presero in con­
segna dopo aver disarmato i carabinieri e le guardie di finanza.

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Si costituì il Comitato rivoluzionario partigiano il quale s'installò
nella capitaneria di porto. Ne facevano parte Pino Budicin, Anton Braj­
kovié, Aldo Rismondo, Mario Hrelja, Mario Cherin e Giusto Massarotto.
Quest'ultimo assunse il comando mi'litare della città, ed ebbe come col­
laboratori i compagni Egidio Caenazzo, Paolo Poduje e Valenta; mentre
suo cognato Cherin in qualità d i esperto militare teneva i collegamenti
con il comando partigiano dell'Istria, istallato a Pisino.

Con la nuova situazione, venne meno la funzione del Comitato di


salute Pubblica, superato e anacronistico. Sul municipio venne inal­
berata la bandiera tricolore italiana con la stella rossa, simbolo dei par­
tigiani italiani dell'Istria e di Fiume. In quel giorno vi fu un episodio
significativo e nello stesso tempo estremistico. Alcuni elementi vole­
vano esporre la bandiera rossa dei lavoratori sul palo del monumento
alla vittoria ( << Chica peicia » ) in piazza dell'orologio. Pino dovette su­
dare le proverbiali sette camicie per persuaderli che non era oppor­
tuno in quel momento un tale gesto, il quale avrebbe dato il pretesto ai
nazisti di bombardare la città e per spiegare a loro la linea rpolitica
della lotta antifascista.

Dopo il nostro arrivo a Rovigno si sparse la voce che la cittadinanza


doveva portare sulla giacca un nastrino rosso. Era un modo visivo per
festeggiare, secondo alcuni, la presa del potere popolare e nello stesso
tempo significava la realizzazione delle aspirazioni ·sociali. Nel pome­
riggio, quando i partigiani andarono ad arrestare lo squadrista e fidu­
ciario dell'O. V. R. A., il regnicolo Giuseppe Silvino, videro che portava
all'occhiello il nastrino rosso. Un cammufamento troppo rpuerile e vile!

Il Comitato rivoluzionario popolare compilò un elenco di fascisti


pericolosi per il nuovo ordinamento sociale, i quali vennero immediata­
mente arrestati e portati al comando partigiano che allora si trovava
nell'ex Casa del fascio, sopra la cantina vinicola. Ecco i nominativi:

Romolo Rocco, squadrista, capomanipolo M. V. S. N.


Giuseppe Silvini, squadrista (regnicolo), fiduciario O. V. R. A.
Giorgio Abbà, squadrista, guardia municipale
Domenico Paliaga, squadrista
Gregorio Dapiran, squadrista
Giovanni Miculian, squadrista
Simone Sponza, squadrista
Giuseppe Tromba ( << Spaccamontagne »)
Francesco Aspromonte, squadrista (regnicolo)
Salvatore Maltese, squadrista (regnicol' o)
Antonio Rocco
Ettore Stolfa
Domenico Bruni

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Martino Mazzan (Macan), comerciante (verrà rilasciato a Pisino)
Leonardo Quarantotto, guardia campestre
Andrea Maressi (Maresich), guardia notturna
Cristoforo De angelini, operaio Manifattura tabacchi (gli ultimi 3,
fascisti e confidenti della polizia).

Dopo essere stati interrogati furono associati alle carceri locali e


dopo alcuni giorni inviati a Pisino dove, assieme ad altri fasdsti ita'liani
e croati di tutta l'Istria, furono condannati dal tribunale popolare e giu­
stiziati prima dell'arrivo dei nazisti.

L'amministrazione comunale passò alle dipendenze del nuovo pote­


re popolare, il quale dovette provvedere all'approvvigionamento della po­
polazione e delle forze partigiane che avevano la loro mensa in via Arno­
longa. Vennero prelevati forti quantitativi di sigarette e tonno dalle fab­
briche locali per i bisogni della cittadinanza e per le forze partigiane in
!stria. Per precauzione fu istituito il coprifuoco dalle 22 alle 6 del
mattino.

Il 22 settembre alle ore 8, mentre le tabacchine si recavano al la·


voro, la città venne investita da una colonna tedesca disposta a ferro
.
di caval'lo, il cui centro era la via dell'Istria mentre l'ala sinistra avan­
zava dalle baracche �del tabacco e quella destra puntava in direzione
del cimitero per tagliare la strada adiacente. Contemporaneamente en­
travano nel porto, sparando, i mas della marina germanica. Tutte que­
ste forze provenivano dalla :base militare di Pola, ormai completamente
in mano ai tedeschi. Assieme al comandante della colonna tedesca vi
era il fascista Matteo Malusà ( « Filipetti ») . Un gruppo di noi che era­
vamo gli ultimi a sottrarci all'accerchiamento - giungemmo presso la
stazione ferroviaria quando i carri anmati tedeschi spuntarono sopra
l'officina gas (Carmelo) ed i mas aprirono il fuoco contro il nostro auto­
mezzo - arrivammo in tempo a porci in salvo prima che ci tagliassero
la strada.

Le forze partigiane non erano in grado di opporre una valida resi­


stenza, sia perché inferiori numericamente ma soprattutto in armamen­
to sia per risparmiare al'la città lutti e sofferenze; per cui il comando
ritenne opportuno di ritirarsi. Nella stessa giornata la colonna tedesca
rientrò alla sua base, lasciando però il suo biglietto da visita insangui­
nato. Vennero uccisi: il pescatore Giovanni Gnot (padre dei fratelli
Gnot, caduti nella L. P. L.), lo spazzino comunale Ernesto Bon ed il par­
tigiano Pietro Malusà.

Il giorno seguente, 23 settembre, le forze partigiane locali che si


erano ritirate a Gimino dove avevano pernottato, rientrarono nuova­
mente in città; ma questa volta il comando s'insediò nella scuola d'av­
viamento professionale << Bernardo Benussi », mentre il battaglione del-

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la brigata « Vladimir Gortan » s'accampò nella stanzia Bagnolo ai piedi
del Monte della Torre.

Ed è in questa seconda fase che vengono operati arbitrariamente,


da parte di alcuni elementi estremisti irresponsabili sia di città che di
fuori - la cosiddetta Ghepeu Volante - circa una decina di arresti. Tre
di loro e precisamente Vittorio Demartini ( « Tojo el dalmato >>) , l'ottan­
tenne Angelo Rocco (« Piso sico », primo podestà di Rovigno) e Tom­
maso Dott. Bembo (proprietario terriero, antifascista) perirono sotto
il bombardamento aereo tedesco di Gimino ai primi di ottobre. Pur­
troppo, casi arbitrari avvengono in tutte le rivoluzioni o sconvolgimenti
sociali.

In quei giorni vi fu nell'lstria un grande rastrellamento da parte


delle forze motorizzate naziste, perciò il battaglione partigiano lasciò
la nostra località per portarsi fuori dalla zona delle operazioni. Nei
pressi del Monte Maggiore esso incappò nelle maglie tedesche riuscen­
c!o a stento a sottrarsi all'accerchiamento con forti perdite. Tra i caduti,
l'esperto militare partigiano Mario Cherin e l'ex ufficiale dell'esercito
italiano, passato nelle nostre file, il rovignese Giovanni Aooolonin. Ed
in auei giorni nefl'ultima decade di settembre. orima del grande r::t­
strellamento. fu visto sul nostro terreno - era di passaggio - per l'ul­
tima volta il compagno oolese Alfredo Stiglich assieme al orof. Nicola
De Simone: lo St1glich rimarrà ferito a Pisino durante il bombarda­
mento aereo tedesco.

Nella tarda mattinata del 9 ottobre (sabato) entrarono a Rovigno


le forze corrazzate naziste, terrorizzando la popolazione, che nel frat­
tempo, ottemperando ad un invito del capo della città Dott. Giovanni
Biondi, espose sui davanzali delle finestre delle lenzuola bianche in
segno di pacificazione. l' l comandante tedesco tramite il banditore -
come si usava allora - convocò la popolazione maschile nella piazza
dell'orologio, intimando la consegna delle armi, pena la fucilazione ai
trasgressori.

Il giorno seguente ebbe inizio un grande rastrellamento su'l terri­


torio rovignese. Nel pomeriggio venne prelevato dall'ospedale S. Pe­
lagio, dove si trovava ricoverato, il partigiano lvan Butkovié ed impic­
cato ad un lampione in riva Sottomuro (ora Pino Budicin) davanti al­
l'hotel Adriatico, come monito alla popolazione, la qua'le dovette assi­
stere alla macabra scena. ( Il giorno .p rima, durante l'entrata della trup­
pa nazista, era stato ferito mortalmente l'operaio Antonio Gherbazzi­
Gherbavaz).

La mattina del rastrellamento mi trovavo in località Saline assieme


a Giorgio Bognar, Matteo e Gianni Naddi (padre e figlio), Giusto Mas­
sarotto, il catanese Agostino Moschella, il polese Fonovich e qualche
altro. Quando vedemmo arrivare i tedeschi trasportati con automezzi
ci rifuggiammo su un'altura dove c'era una fitta vegetazione. Non ci

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movemmo per tutta la giornata. Era una giornata belliossima, piena di
sole e senza vento: come spesso accade nel mese d'ottobre da'Ile no­
stre parti. Ma per noi che eravamo braccati, sembrava che il sole non
volesse tramontare mai. Poco distante passarono dei cani seguiti dai
tedeschi; non ci scoprirono per pura combinazione, ma la nostra paura
fu grande. Poco prima che il sole tramontasse finalmente posero fine
al rastrellamento e dopo essersi radunati ripartirono e noi potemmo
uscire dal nostro nascondiglio, se così possiamo chiamarlo. A sera inol­
trata ci spostammo sul monte Montero nei pressi del'la casa del conta­
dino Sime sosié. Da quella posizione vedevamo due incendi: la scuola
d'avviamento professionale e la stanzia Bagnolo, che i nazisti avevano
incendiato per rappresaglia. Durante il rastrellamento rimase ucciso il
comunista rovignese Giovanni Pignaton.

Qui ci trovammo in una trentina di persone: fra questi vi era pure


il compagno Budicin. Si pose il problema di cosa fare in quel momento
e in quelle condizioni: disorganizzati, quasi senza armi e senza mezzi
di sussistenza, Pino Budicin disse che bisognava ricominciare e ripren­
dere le fila dell'organizzazione clandestina, in base alle nuove condizioni,
createsi con l'occupazione nazista. Perciò consigliò i presenti che non
erano compromessi o che avessero la possibilità di nascondersi in città,
di farlo liberamente, per riprendere al momento opportuno il proprio
posto di lotta contro l'occupatore nazrsta. Quella stessa notte un grup­
po di noi, dopo esserci accertati, presso la famiglia Brajkovié che le
S. S. erano partite, ritornammo alle nostre case.

Per una quindicina di giorni la città rimase « terra di nessuno >>.


Ben presto però s'installò nell'a�bergo Adriatico un presidio della ma­
rina germanica, requisendo l'attiguo caffé Municipio. Ripresero il loro
servizio i carabinieri e le guardie di finanza, che dovettero volenti o
nolenti collaborare con l'occupatore nazista. Per ultimo, verso la fine
d'ottobre, fu costituito il fascio repubblichino con a capo l'ex impiegato
delle miniere d'Arsia, Moraro. Vi aderirono pochi, fra cui Gava, Viali,
Paliaga, Benussi, Chiurco e Mannino (regnicolo).

Nel breve periodo in cui la città rimase senza un'autorità militare,


potevamo circolare liberamente senza tema di essere arrestati: persino
i compagni più ricercati, quali Pino Budicin e Giusto Massarotto, a sera
inoltrata rientravano in città ed al mattino prestissimo si allontanavano.
I compagni Aldo Rismondo e Gianni Degobbis si rifugiarono a Trieste;
Paolo Poduje e Valenta con un'imbarcazione raggiunsero l'Italia dove
presero .parte alla Resistenza, il primo in qualità di paracadutista e l'al­
tro nelle unità garibaldine. Nel frattempo però la situazione era diven­
tata pericolosa per tutti coloro che avevano partecipato al movimento
partigiano e soprattutto per i compagni dirigenti, in quanto i tedeschi
avevano i loro informatori. Infatti ai primi di dicembre verrà prelevato
nella sua abitazione e fucilato il :partigiano Benussi, che aveva fatto
parte delle guardie popolari (dirigente era stato un certo Bujovac che
più tardi diverrà ufficiale dell'E. P. L.). Nel mese di novembre giunse

381
nella nostra zona, inviato dai P. C. della
. Croazia il compagno Augusto
Ferri (Enrico Grassi), il bolognese. Budicin aveva già avuto dei contatti
e scambi d'idee con il compagno Ugo (Antonio Vincenzo Gigante), mem­
bro del C. C. del P. C. I. che ·Si trovava nella nostra regione. (Nell'autun­
no 1934 mi trovavo in una cella del VIo braccio di Regina Coeli a Roma,
assieme al compagno Angelo Fontana di Milano, in attesa de'l proces­
so; a fianco della nostra cella c'era quella di Gigante. Alla sera, dopo
la conta, quando la sorveglianza si attenuava, oppure vi era di servizio
un << superiore » tollerante, ci parlavamo tramite « l'a'lfabeto dei carce­
rati » tamburellato con le nocche contro le pareti. Il giorno stesso del
suo processo, alla sera quando rientrò dall'aula IV ci comunicò la sua
condanna a 20 anni di carcere. Ci conoscevamo quindi con Gigante per
nome).

In questo periodo Budicin entra nelle fìle del P. C. C. per assumere


ben presto la segreteria del Comitato Distrettuale del P. C. C. di Rovi­
gno e zona limitrofa, assieme a Augusto Ferri. Termina così un duali­
smo di partito aprendo un nuovo corso alla lotta antifascista: lotta
armata contro il nazifascismo ·sotto la guida del P. C. J. e del suo se­
gretario Tito.

I membri del P. C. I. non vennero cooptati automaticamente nel


P. C. C., la loro entrata venne vagliata singolarmente in base all'attività
e alla partecipazione alla L. P. L. Comunque i compagni parteciperanno,
in prosieguo di tempo, alla lotta armata contro l'occupatore, dimostran­
do il loro internazionalismo e mantenendo le proprie peculiarità na­
zionali.

Il partito iniziò a ritessere le fila dell'organizzazione illegale in cit­


tà. Formò i primi comitati di fabbrica nella Manifattura tabacchi e al­
l'Ampelea. Più tardi, nei tre rioni in cui verrà divisa la città, verrà pure
costituito un comitato comunale che comprendeva Mondelaco, Stanga
e Spanidigo.

Lo SKOJ (Gioventù comunista), diretto dal comp. Mario Hrelja, e


l'A. F. t.. (Fronte Femminile Antifascista), guidato dalla comp. France­
sca Badi, avevano la stessa suddivisione organizzativa territoriale.

Nel mese di novembre rientrano, dopo esser fuggiti da un convo­


glio ferroviario che li trasportavano dal campo di concentramento di
Cairo Montenotte (Savona) nei lagher tedeschi, i fratelli Pietro e Dome­
nico Buratto e Matteo Benussi (« Cìo » ) . Quest'ultimo andrà in bosco
e formerà la prima compagnia dei guastatori, quasi tutti rovignesi.

In tutto il periodo che rimasi in città, circolavo liberamente in quan­


to ero passato inosservato. Ma non mi facevo troppe illusioni e per .pre­
cauzione non dormivo mai nella mia abitazione. A seguito dell'attenta­
to al fascio, compiuto dai partigiani, i nazi-fascisti procedettero a degli
arresti. I compagni Giorgio Bagnar e Francesco Poretti fecero appena

382
in tempo a mettersi in salvo, l'uno attraverso i tetti e l'altro calandosi
dalla finestra con una corda, evitando così di essere deportati. Raggiun­
sero le file partigiane.
Una ventina di giorni prima dell'8 febbraio 1 944 ebbi un incontro
di lavoro, nei pressi deUe baracche, con Pino Budicin. Ebbi il compito
di rimanere in città .f ino che le condizioni me lo .p ermettevano, per svol­
gere un lavoro di collegamento e coordinamento con i compagni del
conservificio Ampelea. Egli mi parlò della situazione politica del mo­
mento, delle decisioni dell'A. V. N. O. J. e del compito primario per
tutti, sia croati che italiani: battere l'occupatore. I l resto si sarebbe
risolto in un secondo tempo; la garanzia era il P. C. J. ed il suo segre­
tario, l'operaio metallurgico Tito.
L'8 febbraio mi trovavo nel mio rifugio in via Dietro Castello (ora
svalba) la cui finestra dava sul mare verso Vaidibora, quando nella not­
te fui destato dagli spari provenienti dalla riva di Valdibora. Non feci
tanto caso perché era una cosa normale sentire degli spari durante il
coprifuoco.. Ma alla mattina le compagne Romana Parco e Etta Budicin
mi misero a conoscenza che ·sulla riva di fronte alla ViUa Viane\lo c'era­
no i cadaveri di tre partigiani e si parlava che fra questi vi fossero
Budicin e Ferri. Purtroppo erano loro, assieme al partigiano Sosié.
Una decina di giorni dopo questa dolorosa perdita, ricevetti l 'invito
di recarmi quanto prima in località Stagnera. Qui trovai il compagno
Romano Malusà che m i accompagnò dal compagno Sergio (Giusto Mas­
sarotto), i l quale aveva assunto la segreteria del part ito. Fui incluso
nella sezione propaganda (Agit"prop) con il Malusà che vi lavorava da
tempo.
Alla vigilia dell'anniversario della fondazione dell 'Armata Rossa , lr�
notte del 22 febbraio, venne fatta ·sulle mura del diroccato castello
sul Monte della Torre, una grande stella rossa ben visibile dalla strada
Rovigno-Sossici. I tedeschi sovrapposero la svastica, che a sua volta
venne cancellata per dar posto nuovamente alla stella partigiana. Un
giorno i tedeschi indispettiti fecero saltare quei ruderi. Scomparivano
così le ultime vestigia di quel castello che era stato negli ann i passati
la meta ·d elle scampagnate per la scolaresca e per i cittadini rovignesi.
Verso la fine di febbraio l'organizzazione giovanile antifascista in­
traprese la sua azione più importante e clamorosa: liberò i compagni
che ·si trovavano rinchiusi nelle carceri locali. Nei primi giorni di marzo
arrivarono sul nostro territorio due compagni vestiti al' l 'inglese: un co­
mandante di cui mi sfugge il nome e lo studente in medicina Paolo
Sfecci di A�bona, fratello di Mauro Sfecci attualmente medico a Mattu­
glie. Questi era di una famiglia antifascista e aveva fatto parte del
gruppo di comunisti i taliani di Albona (con Lelio Zustovich, Aldo Ne­
gri, Nicolò Pitacco ed i fratel'li Sfecci) . Paolo era conosciuto nei villaggi

383
istriani come il medico dei poveri , perché curava oltre i combattenti
pure la popolazione. Dopo poco tempo cadrà in uno scontro con gli oc­
cupatori tedeschi.
Nel mese di marzo vennero a rafforzare il nostro M. P. L. i comp.
Aldo Rismondo e Gianni Degobbis. In seguito, per le sue capacità poli­
tiche e organizzative, Aldo verrà nominato segretario politico del Co­
mitato Distrettuale di partito. Nello s tesso mese fui accolto nelle file
del partito ed adottai il nome cospirativo di Elio. Nella primavera fu
costituito il Comitato Popolare di Liberazione (NOO) con i suoi uffici
a Monparadi -so-Monbrodo e zone limitrofe. Come primo segretario
di questo nuovo organo amministrativo, sorto dalla lotta, venne scelto
il comp. Andrea Degobbis (Giorgio). In questo periodo anche il comp.
Domenico Segalla, vecchio militante del P. C. I. e combattente di Spa­
gna, va in bosco ed in un primo tempo ha la mansione di economo delle
nostre basi. (Degli altri due rovignesi combattenti di Spagna che ave­
vano partecipando in settembre ad instaurare il potere popolare rivolu­
zionario l 'anarchico Nicolò Turcinovich si era rifugiato in I talia e il
comp. Venerio Rossetto, nel gennaio 1 944, venne catturato dai nazi-fa­
scisti e fucilato) .
Con i l rafforzarsi del !p artito e delle sue organizzazioni si estende
l'influenza del M. P. L. fra la popolazione. Il prolungarsi della guerra,
con i suoi disagi, le sofferenze, i lutti che giornalmente avvengono e che
si accentuano, sono le condizioni oggettive su cui le forze soggettive,
i comunisti, operano ai fini della nostra Resistenza. In questa prima­
vera si ha un'espansione del movimento clandestino. Perfino la piccola
e media borghesia collabora con il M. P. L. Contemporaneamente si ac­
centua l'isolamento di quelle forze p iù retrive, conservatrici e collabo­
razioniste, che sono raggruppate attorno al fascio repubblichino ed ai
suoi padroni teutonici. La gioventù comunista e antifascista è sempre
in prima linea sia in città che nei villaggi nel mobilitare la gioventù
italiana e croata contro l 'occupatore nazi-fascista.
I l 4 aprile 1 944 viene costituito i n località S . Marco (Stanzia Bem­
bo) il batt. << Pino Budicin », composto quasi esclusivamente da giovani
rovignesi. A questo battaglione doveva seguirne un secondo, << Augusto
Ferri », e man mano che ·si sarebbe allargata la partecipazione degli ita­
liani nel'le file partigiane, arrivare alla formazione di una brigata. Que­
s to era l 'obiettivo dei compagni dirigenti italiani. Ciò non avvenne per
una serie di difficoltà obiettive, ma anche soggettive; s icché prevarrà
l 'idea d'incorporare i giovani istriani di lingua italiana delle cittadine
costiere nelle formazioni già costituite ( 1 3' Divisione) oppure nella nuo­
va che verrà costituita nell'estate (43" Divisione istriana) .
Nonostante gli arresti e le deportazioni - le compagne Giustina
Abbà, Francesca Massarotto, Tina Sossich e Anna Malusà (<< Minuda >> )
per sfuggire all'arresto avevano raggiunto l e basi partigiane, mentre la

384
Giorgio Privileggio nel 1930, al­
l'età eli 19 anni, quando era ap­
prendista fabbro-meccanico nel­
l'officina eli Francesco Cuzzi, no­
to ritrovo degli antifascisti rovi­
gnesi. Privileggio era già allora
membro della Gioventù Comuni­
sta Italiana della città.

Aprile 1932: leva militare eli ma­


rina a Trieste, assieme a com­
paesani rovignesi. Da destra:
Giorgio Privileggio (PCl); Gio­
vanni Turcinovich, pescatore
(PCf); Pietro $ponza, pescatore;
Pietro Malusà, marittimo; rovi­
gnese n. n., pescatore; Antonio
Salvi, pescatore.
Fine di agosto del .1943; foto scattata a Ro­
vigno, immediatamente dopo l'uscita dal
penitenziario di Castelfranco Emilia, onde
ottenere la nuova carla di identità.

Rovigno, 2 maggio 1945: l'incontro, nella Giornata della fratellanza., tra la città e
la campagna. A simboleggiare quest'unione, si abbracciarono in Via dell'lstria le
compagne Femi Butera (città, italiana) e Mara Brajkovié (campagna, croata).
compagna Ita Novello-Sponza e Matteo Segalla verranno deportati nei
lagher tedeschi da dove il Segalla non farà ritorno.
L'attività clandestina nella Manifattura tabacchi si allarga consen­
tendo la raccolta di aiuti economici ai combattenti. All'Ampelea non
stanno con le mani in mano, m entre i rioni cittadini sono dei centri di
raccolta per aiutare i combattenti partigiani e di attività politica per
la diffusione della stampa clandestina.
Diamo un elenco, non completo, naturalmente, di attivisti e co'lla­
boratori del M. P. L. Manifattura tabacchi: Giorgio Muggia, Giovanni
Pemzzer, Anton Bç>zié, Giustina Novello A:bbà, Domenico Bernardis, Ita
Novello Sponza, Matteo Segalla, Domenico Brivonese, Giovanni Rismon­
do (« Castiel ») , Giacomo Viscovich, Francesca Massarotto, Anna Malu­
sà Benussi (« Minuda » ) , Elena Naddi Paliaga, Anna Pascucci Degobbis,
Etta Budicin Privileggio, Maria Macchi Buttiri, Gino Dapas, Maria Da­
pas, Ines Macchi Muggia, Antonio Ca'lucci, Domenico Zaccai, Antonio
Dalino, Simone Zaccai, I nes Brunetti Vidotto, Antonia Burri Cattonar,
Caterina Janco, Angela Sgnrblich, Dinelli, Giovanni Sbisà (« Tarma »),
Antonio Massarotto (<< Culombo »), Giustina Sossi Malusà, Eufemia Mil­
lich Massarotto, Dapiran (<< Bosman >>) , Maria Massarotto Dazzara, Ma­
ria Budicin Quarantotto, Eufemia Vidulin Veggian, Maria Ivancich Tan­
coni, Albina Ladavaz Poropat, Libera Deluca, Giuseppe I ve, Antonio
Sponza (<< Scurlin >>), Anna Mazzan Privileggio, Vita Ettore Poretti, Gian.
na Sponza Giuricin, E tta Sincié, Maria Paliaga Buttiri, Gina Rismondo
Carli, Maria Dapiran Bosusco, Francesca Giuricin, Rina Buratto, Maria
Sincié. Conservificio Ampelea: Edmondo Barbacini, Mario Sodomaco,
Maria Sponza (<< Fagarazzi >>) , Flora Miculian, Giuseppe D�pas (<< Bepi
cava >>) , Gina Malusà Caenazzo, Matteo Granich, Alfredo Callegaris, Fran­
cesco Cherin, Rosina Matika Bosazzi, Agata Malusà, Amalia Dandolo.
Rione Monte: Nicolò Curto, Giuseppe Tamburin, Giovanni Tromba, An­
tonio Sponza (<< Bìo >>) , Benvenuta Paliaga Devescovi, Maria Tromba
(<< Ciucia >>) , Pietro Budicin (<< Bisciuleina >>) , lole Cazzati-Marangon, G i­
na Piemonte, Pietro Garbin (<< Savatamoundi >>) , Andrea Paliaga, Giovan­
nina Marusich, Caterina Benussi (<< Baf >>) , Pietro Malusà (<< Muntarol >>) ,
Maria Simetich (<< Fola >>) , Giuseppe Giuricin (<< Càli >>) , Giuseppe Viditz,
Giuseppe Ferrara, Benvenuta Paliaga, Antonio Moscarda, Giovanni Fer­
rara. Rione S. Francesco: Domenico Dessanti, Andrea Garbin, Andrea
Dapas, Luigi Borme, Antonia Radqssi Rocco, Anna Borme, Giovanni
Radossi, Angelo Garbin, Appolonia Paliaga Radossi, Francesco Giuricin,
Antonio Lorenzetto, Caterina Budicin Giuricin, Santa Simetich, Giovan­
ni Borme, Andrea Bronzin, E tta Lorenzetto, Antonio e Lorenzo Sponza
(<< Bucapressa >>), Bortolo Diritti, Nicolò Tamburin, Andrea Cherin, An­
gelo Veggian, Giovanni Godena (<< Miesa brenta >>) , Giacomo Simetich,
Pietro Dejuri, Giovanni Sponza, Bruno Caenazzo. Rione squeri: Pietro
Buratto, Gregorio Longo, i fratelli Matteo, Francesco, Domenico e Giu­
seppe Giuricin (<< Tajeda >>) , Nicolò Longo, Domenico Buratto, Pietro

25 QUADERNI III 3'85


Malusà (« Furà ») , Zanfabbro Ermenegildo (« Vallese »), Francesco Roc­
co, Nino Dott. Degrassi, Anna Barcaricchio Buratto, Antonio prof. Bar­
me, Domenico Sciolis, Giovanni Rischner (maestro) , Francesco Scioli·s
(<< Masera ») , Domenico Barzellato, Vincenzo Poduje (maestro), Malusà
(maestro), Francesca Bartoli. Cooperativa pescatori: Andrea Brunetti
(« Sanfil i »), Michele Benussi (« Mignu'lin »), Antonio Rocco (« Brusa'bu­
schi »), Giovanni Sponza (« Rì »), i fratelli Angelo e Andrea Preden, Pietro
Rocco. Ospizio Marino: Giuseppe Borme, Domenico e Giorgio Privileggio,
il primario prof. Zadro, la dott. Poliak con il personale sanitario. Muni­
cipio: Tommaso Caenazzo (impiegato), Vincenzo Calabro (segretario co­
munale), Giovanni Ferlan (impiegato), Giovanni dott. B iondi, Giorgio Be­
nussi e Antonio Pode1mengo.
Alla fine di aprile arrivò a Monparadiso i'l comp. aLbonese Aldo Ne­
gri. Sebbene claudicante egli intervenne ad una azione dimostrativa alla
vigilia del }o Maggio. Dopo aver trascorso la giornata dei lavoratori
assieme a noi nella ·suddetta base proseguì sul territorio d'Orsera dove
trovò la morte.
Nel mese di maggio i compagni Tino Lorenzetto e Anna Malusà
rientrarono a�le nostre basi, dopo aver partecipato ad un corso politico,
organizzato dalla sezione italiana di propaganda del Comitato Regio­
nale di partito. A dirigere il corso vi era il comp. Ugo (Gigante), che
portato a termine questo lavoro s i trasferì a Trieste per dirigere il par­
tito di quella città e dove nell'autunno finì suoi giorni nelle segrete
delle ·S. S.
A seguito del nuovo compito assegnato a Gigante, il partito riten­
ne che fossi io l 'elemento in quel momento più idoneo (dati gli anni
trascorsi alle « università proletari e », dove avevo esplicato una certa
attività di istruttore fra i compag n i di camerata) a coprire il posto va­
cante all'Agit-prop regionale. Il compagno Aldo mi mise a conoscenza
di ciò che era stato stabilito dai fori superiori . Per la verità non fui
entusiasta di sobbarcarmi un s imile compito, anche perché lo rite­
nevo superiore a'lle mie capacità; ma per disciplina e dovere verso i
compagni italiani mi preparai a partire. Ai primi di giugno, esattamen­
te il giorno dopo il bombardamento di Pala, partii dalla nostra base di
Monparadiso. L'Istria era divisa in tante « stanize » partigiane, tutte
numerate e collegate fra di loro trami te i « corrieri », gente del luogo
che conoscevano a menadito il territorio da attraversare fra i presidi
nemici. Il ruolo che svolsero questi corrieri fu di grandissima impor­
tanza per il M. P. L. e diversi caddero nell'adempimento del loro do­
vere. A seguito dei rastrellamenti o a delle delazioni queste stazioni non
potevano rimanere sempre sullo stesso posto. Come in tutte le stazioni
di questo mondo così in queste stazioni sui generis vi era un andiri­
vieni di persone che s i spostavano o viaggiavano p er ragioni di servizio
da una località all'altra.

386
- Oltre ai combattenti e d ai lavoratori politici vi transitava il mate­
riale di rifornimento, raccolto nelle città e destinato ai partigiani, la
posta e la stampa clandestina. Erano delle piccole isole partigia ne, dis­
seminate nel territorio nemico. Nei momenti di calma ·S i trovava q uasi
sempre qualcuno che sapeva suonare la fisarmonica: bal'labili e canzoni
dell'epoca: O bella campagnola, Rosamunda; per non parlare delle can­
zoni partigiane. La gioventù voleva la sua parte di spensieratezza. La
s tazione partigiana in cui trovai maggior « traffico », fu quella sul Mon­
te Maggiore: la No L
Vi transitava pure il capitano dei carabinieri Cassini, i'l quale aveva
disertato assieme ad altri suoi commilitoni dalle file del nemico di
stanza a Pola. Ancora una tappa. Questa volta però bisognava attraver­
sare la l inea ferroviaria Trieste-Fiume, pattugliata da forze nemiche.
Due o trecento metri prima e dopo la linea ferroviaria dovetti cammi­
nare con le scarpe in mano e nel più assoluto silenzio per eludere la
vigilanza del nemico. Tutto andò b ene ed il giorno dopo del nostro ar­
rivo venni accompagnato alla base dell'Agit-prop regionale che si trovava
nel castuano (Kukuljani). Il viaggio era durato una settimana. Qui alla
sezione ita'liana, dove si compilava « Il Nostro Giornale », trovai il
comp. Andrea Casassa, ragioniere di Milano, il quale aveva disertato
dall'esercito italiano per unirsi ai partigiani, e lo studente di Pisino
Giorgio Sestan. Con loro trovai un uomo con la barba, che Sestan
chiamava scherzosamente Zanella: era il comp. prof. Vladimir svalba
jVid) . Nel breve tempo che trascorsi assieme riscontrai che ol tre
ad essere un uomo gioviale e scherzoso, facile alla battuta di spirito,
essendo nativo di Fiume e residente a Sussak, aveva una mentalità
e modi di esprimersi tipici della zona di confine.
Nessuna venatura nazionalistica. Nelle baracche dell'Agit, tra 1
boschi della zona di Kukuljani, dove aveva la sua base il Comitato
regionale di partito (Oblasni K. K. P.j, conobbi alcuni dirigenti: il
segretario, l 'operaio Mate, l 'avvocato Dusan Diminié (nativo d'ALbana),
il comp. Lovro, Dina Zlatié (conosciuta sul terreno di Rovigno) ed i
fratelli Ante e Ljubo Drndié di Caroiba. Con loro si trovava il vecchio
Barba Luka, impiegato, che nel passato aveva subito delle persecuzioni
da parte dei fascis ti per i suoi sentimenti nazionali.
Nel'l'ultima decade di giugno ci fu una riunione nella baracca
dell'Agit-prop, fra i compagni della sezione italiana (eravamo in tre)
e i compagni Dianinié, svalba ed i fratelli Drndié. Più che una riunione
vera e propria, fu uno scambio di pareri. I l tema era questo: era pros­
sima la costituzione di una organizzazione· italiana avente il compito
primario di mobilitare gli italiani della nostra regione nella lotta an­
tifascista contro l 'occupatore, bisognava quindi darle una denomina­
zione. Si parlò di Associazione degli italiani, Club degl i italiani ed Unio­
ne. Dopo la discussione si ragc:unse un accordo sul termine << Unione
degli italiani deU'Istria ».

387
Questa fu la proposta inoltrata a chi di competenza. Dopo qual­
che settimana ( 1 0 luglio) a Camporovica d'Albona fu costituita « L'U­
nione degli italiani dell'I·s tria e di Fiume », tenuta a battesimo dal P. C. J.
nelle sue forme specificatamente nazionali ed il contenuto socia'l ista
e internazionalista.
Nei primi di luglio ebbi la gradita sorpresa d'incontrare una
vecchia conoscenza del periodo carcerario: il profesore dalmata Zden­
ko Stambuk, compagno di camerata alla IVa sezione politici della
casa di pena di Castelfranco Emilia. Più tardi arriverà i'l compagno
prof. Eros Sequi, inviato dal P. C. C. a lavorare alla sezione italiana
dell 'Agit-prop regionale.
Di origine toscana (un suo avo era stato con Garibaldi nelle
battaglie risorgimentali per l'indipendenza italiana), intel'lettuale pro­
gressista era entrato nelle file partigiane, lottando prima col fucile e
poi con la penna per il Risorgimento socialista dei popoli j ugoslavi.
In luglio ebbe inizio il primo corso politico nei boschi castuani
e precisamente nella zona di Gariéi. Il secondo fu tenuto un mese dopo.
Complessivamente partedparono una ottantina fra compagni e compa­
gne in maggioranza giovani, provenienti dalle varie località istriane e
dal battaglione « Pino Budicin ». Ogni corso aveva la durata di tre set­
timane; in verità un tempo ristretto ma sufficiente per apprendere, in
senso lato, gli elementi del marxismo indispensabili per condurre la
lotta di classe. I l corso politico comprendeva i principi generali del
marxismo-leninismo, una sintesi storica del movimento operaio inter­
nazionale con un breve cenno al P . C. J. come premessa per entrare
nel merito della L. P. L., sviluppando in modo ampio i temi d'attualità
connessi con la lotta armata contro l 'occupatore (AVNOJ e la sua
st0rica I l a sezione; ZAVNOH ; JNOF (FUPL) ; (CPL) NOO; (FFA) AFZ ;
(GCJ) SKOJ - il Fronte popolare e la sua linea politica; le minoranze
nella Repubblica Federativa di Jugoslavia; la questione nazionale e le
relazioni con i l popolo italiano; la fratellanza italo-croata; come contra­
battere la propaganda nazi-fascista- autonomista ecc.).
Come si vede, vi era molta « carne sul fuoco ». Dovevamo sfruttare
al massimo il tempo che avevamo a disposizione, tenendo presente
che la maggior parte dei corsi·sti erano figli del popolo e che non ave­
vano tanta dimestichezza con lo studio.
Per lo svolgimento dei vari temi parteciparono tutti i compagni
della nostra sezione ed il comp. s tambuk che parlava l'italiano. Du­
rante i'l corso ci pervenne la triste notizia della morte del compagno
svalba, avvenuta mentre rientrava aUa base dopo aver partecipato
alla costituzione dell'Unione degli Italiani.
Alla fine di ogni corso si teneva una festicciola con poesie, can­
zoni e balli: era la serata dell'addio. La mattina seguente, partenza per
rietrare nei propri luoghi di provenienza.

388
Alla fine d'agosto rientrai alla base dell'Agit-prop, dopo aver
portato a termine il secondo corso politico. Qualche giorno dopo ar­
rivò il comp. Giusto Massarotto. Giungeva dal battaglione « Pino Bu­
dicin » , nel quale aveva ricoperto la carica di commissario politico. Era
depresso, ma ben presto si riprese.
Finiti i due corsi politici fu deciso il rientro in !stria per me e
per Massarotto. I l viaggio ebbe inizio nella seconda decade di settembre.
La prima tappa fu movimentata e per poco non ci rimettemmo la pelle.
Avevamo da poco lasciato l a << staniza » ed eravamo appena usciti dal
bosco per inerpicarci sul monte - l a nostra colonna procedeva in fila
indiana con un corriere in testa ed uno in coda - quando ad un tratto
fu aperto un fuoco di fucileria e di armi automatiche. La colonna si
sbandò. Noi duè assieme ad una ragazza croata abbandonammo il sen­
tiero inoltrandoci nel borsco per sottrarci al pericolo di essere circon­
dati. Riuscimmo ad allontanarci e porci in salvo. Dopo aver riposato
riprendemmo la marcia. Grazie al senso dell'orientamento di Massarot­
to - era stato tempo prima con i'l battaglione italiano in quella zona
- verso sera raggiungemmo la << staniza » . Qui erano già a conoscenza
dell'accaduto, perché qualche superstite era arrivato prima di noi. La
mattina seguente ci separammo: la ragazza proseguì per raggiungere
una località istriana. Giusto era diretto nella zona di Buie, io attraverso
la costa quarnerina, dopo un paio di giorni, arrivai al Canal d'Arsia,
dove si trovava la base del Comitato Distrettuale del partito (Okruzni
K. K. P.) di Pola. Trovai, fra gli altri, il comp. Srecko, la comp. Nada
di Pisino e Alma Pikunié. Quest'ultima mi comunicò la dolorosa noti­
zia della morte del comp. Aldo Rismondo. Per quanto fossimo con­
sapevoli che . la lotta comportava delle vittime, non potevamo restare
insensibili quando vedevamo cadere i nostri dirigen ti. In quel momento
provai una tristezza ricordando il suo fata'lis mo, che io avevo deriso.
Scrissi alla compagna Tamara (Ersilia Borsani - Rismondo � Benus�>i) ,
(cfr. la Biografia di A. R. in questo volume) esprimendole il mio sin­
cero cordoglio per la tragica scomparsa di Aldo. Nel breve periodo che
ero rimasto all'Agit-prop regionale avevo ricevuto due lettere del comp­
pagno Aldo (purtroppo durante la lotta andarono distrutte) nelle quali
desiderava essere informato sull'apprendimento dei compagni, mi fa­
ceva presente l'importanza dell'elevamento ideologico per la formazione
dei quadri italiani indispensabili sia durante la lotta che all'indomani
della lilberazione del nostro paese e si rammaricava per l 'incompren­
sione da p.a rte di alcuni compagni dei fori superiori: questo però non
lo disarmava.
Dopo qualche settimana prosegui per la base dove si trovava l'A­
git,prop distrettuale, in una zona della Roveria. Trovai il compagno
prof. Domenico Cernecca ed il giornalista e pubblicista croato Zvane
Crnja, nativo di Gimino. Qui venivano redati La nostra lotta ed il Glas

389
Istre. Dopo una breve perman�nza proseguii il viaggio e la sera del 6
novembre mi trovai alla << staniza » di Dignano, in località Mandriolo,
dove partecipai alla solenne accademia in onore dell'anniversario della
Rivoluzione d'Ottobre. Dopo alcuni giorni arrivai alla base rovignese
a Monbrodo.
Nella zona compresa tra Monbrodo-Gustigna-Spanidigo-Mu­
rignana-Mondelaco, s i trovavano le nostre basi (partito, gioventù,
C. P. L. posta, stazione radio). Solamente il . comando polizia, diretto
dal compagno Romaz (Francesco Godena), era in località Madonna de
Campo. I l presidio militare era a Monbrodo, con vicecomandante Fran­
cesco Albertini e commissario politico Romano Malusà; era stato for­
mato un gruppo corale, diretto da Marco Garbin. Dirigevano il partito
i compagni Domenico Segalla da Rovigno ed Ernesto (Romano B il'li) di
Pola che già conoscevo. Venni a conoscenza di un'altra perdita, quella
della compagna Francesca Bodi, arrestata dai fascisti di Valle in loca­
lità Garzotta alla fine d'agosto. Nello stesso mese di novembre fu ar­
restato il compagno Anton Brajkovié, vecchio militante comunista,
membro del comitato cittadino di partito durante la dittatura fascista
e responsabile per il lavoro fra i compagni di lingua croata. Fu inviato
in un lagher nazista, dove trovò la morte alcuni giorni prima dell'arrivo
delle truppe alleate.
All'inizio dell'inverno, su ordin e dei dirigenti locali, venne ridotto
il personale aggregato alle varie basi, ed il presidio militare (composto
di inabili al ·servizio militare) venne praticamente sciolto . Così tutti
questi uomini, ritenuti momentaneamente « superflui », si nascosero
in città. Ciò venne motivato dalle difficoltà per l'approvvigionamento
e dal pericolo di rastrellamenti in questa s t agione non propizia per oc­
cultare tanta gente. Rimanemmo un numero ristretto di compagni: in
maggioranza i quadri politici e quelle persone che erano ricercate dal­
l'occupatore.
I l 16 dicembre ci fu un rastrellamento da parte dei tedeschi nella
zona Gius terna-Morubrodo-Gus tigna-Palù-Spanidigo-Calandra, do­
ve si trovavano alcune nostre b asi. Tre di noi, fra i quali Romano Ma­
lusà, non facemmo in tempo ad inoltrarci nel bosco d i Gustigna e do­
vemmo fermarci a pochi metri dal sentiero dove transitavano i tedeschi.
Sentivamo il loro parlottare. Siccome non si azzardavano d'inoltrarsi
nel bosco, la nostra paura era di essere colpiti da qualche pallottola
vagante e perciò ce ne stavamo con la pancia a terra; anche i com­
pagni Luciano Giuricin e Antonio Buratto la scamparono per il rotto
della cuffia. Da parte nostra nessuna perdita, però ci furono delle vit­
tiJme: il ragazzo Smoljan, un vecchio pastore, un ex soldato italiano
ed il rovignese Pietro Cattonar (« fulminanti »).
Dopo questo rastrellamento i l gruppo dirigente del partito e dello
SKOJ si spostò nella zona di Leme, dove qualche giorno più tardi il

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segretario della gioventù comunista Tino Lorenzetto cadde in una im­
boscata. Un'altra perdita dolorosa.
Nella zona rimanemmo un gruppo ristretto, fra gli altri i coniugi
Giovanni e Giustina A!bbà, i fratelli Antonio e Giuseppe Turcinovich,
Romano Malusà ed i corrieri Giuseppe Benussi e Bruno Vidotto.
Nel gennaio 1945, su decisione dei fori superiori, venne sciolta
per opportunismo l'organizzazione cittadina di partito. Tutti noi fummo
colti di sorpresa. I l « motivo » era che la direzione locale non aveva,
saputo impedire il 2 e 3 gennaio la mobilitazione, ordinata dall'occupa­
tore di tutti gli uomini abili al lavoro, inviati a costruire le fortificazioni
tedesche nella Ciceria (Vodice, Jelovice e zona circostante) . Ma le origini,
a mio parere, erano precedenti e possiamo dire fin dall'inizio d i questa
lotta, con i suoi addentellati nello ·sviluppo storico tormentato di que­
ste terre di confine. Noi raccoglievamo i frutti di quello che il fascismo
aveva seminato con la sua politica di sopraffazione e snazionalizzazione.
Qui risiede l'origine di molte incompresioni, dei contrasti, delle
disparità di vedute su come condurre la lotta. Cercheranno d'appro­
fittarne i n emici sia dell'una che dell'altra parte, per aprire nuovamente
quel solco fra le popolazioni autoctone qui conviventi da secoli, neces­
sario ai nazionalisti italiani e croati.
In marzo furono inviati nelle isole dalmate liberate dall'E. P. L.
alcuni compagni, fra cui Domenico Segalla, i fratelli Gianni e Andrea
Degobbis, Francesco Albertini, Antonio Bodi, Michele Devescovi, Delio
Tamburin, Nino Colli, i quali avrebbero dovuto, « prendere visione »
del come si svolgeva il lavoro amministrattivo nelle zone liberate.
.
In quello s tesso mese si costituì un organismo politico per diri­
gere tutta l 'attività politica della nostra località: il Fronte Unico Popo­
lare (FUPL). Presidente, il vecchio compagno Domenico Buratto, già
dirigente per la bassa !stria, del P. C. I. (nell'agosto 1932 a seguito degli
arresti avvenuti nel Muggesano ed in Istria era stato arrestato e deferito
al Tribunale Speciale) ; segretario, Giorgio Privileggio; membri i com­
pagni Angelo (Giorgio Pascucci), Gian (Antonio Giuricin) Tamara (Er­
silia Borsani), Romaz (F. Godena). Anche le l'attività politica non si era
mai arrestata durante l'inverno all'inizio della primavera si ebbe una
netta ripresa di tu tto il movimento. Ripresero il loro posto di lotta
tutti coloro che si erano rifuggiati in città, sicché il presidio partigiano
di Monbrodo entra in piena funzione.
In quello stesso mese, non ricordo la data ma mi sovviene che era
il venerdì santo alle ore cinque pomeridiane, mentre mi trovavo in casa
dalla famiglia Zakarj a (stanzia Sciolis, in località Cisterna) venni fer­
mato dai fascisti di Valle - o tto militi e due ufficiali provenienti da
Rovigno e diretti alla loro base. Feci appena in tempo a sbarazzarmi di
alcuni documenti compromettenti. L'ufficiale tedesco dopo avermi squa-

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drato da capo a piedi, espresse i suoi sospetti nei miei confronti, al pro­
prio camerata della milizia fascista. Quest'ultimo mi portò poco distante
dalla casa per interrogarmi e mi minacciò puntandomi il m itra sul pet­
to. Ma di fronte al mio diniego di essere partigiano e non . avendo nes­
sun appiglio che suffragasse i loro sospetti mi ingiunsero di seguirli con­
segnandomi lo zaino delle munizioni. Tirai un sospiro : finché c'é vita, c'é
speranza. Naturalmente ero consapevole che una volta arrivati a Valle,
avrebbero chiesto informazioni a Rovigno, e così si sarebbe scoperto
l 'arcano con le conseguenze che si potevano immaginare.
Perciò il mio primo pensiero fu di scappare a qualunque costo.
M.a come? C'incaminammo e dopo aver attraversato le campagne dei
« Casiòla » (Sciolis) e dei « Taiéda » (Giuricin) ci fermammo davanti la

casa dei Monfardin. Sulla porta si trovava la nostra attivista Eufemia


Monfardin, la quale rimase s tupita nel vedermi in mano al nemico;.
ma ostentò una indifferenza, come fossi uno sconosciuto. Pur essendo in
uno stato di agitazione mi sembrava di camminare sui carboni accesi
- mantenni la mente lucida e presi una decisione.
Mentre i miei << accompagnatori » perlustravano nei pressi della
casa, mi liberai dello zaino che mi avrebbe ostacolato la fuga e par tii
per i miei cento metri << olirmpionici ». Dovevo percorrere una trentina
di metri di terreno pianeggiante e privo di arbusti prima d'immettermi
nella << canisiela >> (sentiero di campagna) , fiancheggiato da due muric­
cioli costruiti a secco che portava sino ai piedi di Monbrodo, e di qui
raggiungete il bosco di Gustigna per mettermi in salvo.
Avevo percorso alcu�i metri quando i fascisti s'accorsero della
mia fuga ed aprirono immediatamente il fuoco. Prima che arrivassi nella
stradetta m'accorsi che sanguinavo dalla mano destra. Proseguii la
corsa inseguito da alcuni di loro ed ad un tratto sen tì al fianco destro
una puntura: ero stato ferito per la seconda volta. La pallottola aveva
perforato solamente la carne senza ledere, per mia fortuna, nessun
organo vitale. Continuai la corsa, favorito da banchi di nebbia, verso
Gustigna dove venni soccorso dal compagno Domenico Simetti. L'istinto
di conservazione assieme al coraggio ed a un pizzico di fortuna m i portò
fuori dalle grinfie dei fascisti, e mi trovai nuovamente l�bero dopo mez­
z'ora che ero caduto nelle loro mani. In serata giunse il nostro infermie­
re Mimi Dapas e m i prestò le prime medicazioni. Tre giorni dopo que­
sto << infortunio », precisamente i l lunedì di Pasqua, mentre i l moto­
scafo tedesco con a bordo il comandante di piazza si recava all'isola di
S. Andrea (ora I sola Rossa) a fare visita alla contessa Von Hutterot,
venne mitragliato da un aereo inglese uccidendo i l comandante tedesco.
L'attività poli tica in città s'intensifica: tutte le organizzazioni, tut­
ti i compagni, sono mobilitati e lavorano disciplinatamente alle direttive
del Comitato Cittadino del F. U. P. L.. Sopratutto la sezione propagan­
da è in piena attività per preparare bandiere striscioni e adobbi ; i
componenti della banda cittadina apprendono gli inni partigiani. Ci si
!Prepara per il giorno della liberazione, che è vicino. I l nostro ·primo
foto-reporter fu . il compagno Mario Pergolis.
In quei giorni disertò dalle file nemiche il brigadiere dei éara­
binieri Salvatore Cerri di Napoli. Venuto a conoscenza che ero stato
a·mico' di Budicin ed essendo stato presente al suo interrogatorio, mi
descrisse i l comportamento eroico che Pino mantenne di fronte al
nemico. Tutti furono colpiti e ammirati da un sì fiero atteggiamento.
Egli rimase conseguente fino all'olocausto della sua giovane esistenza
agli ideali per cui si era battuto durante l a sua breve vita e per i quali
aveva partecipato alla Resistenza istriana.
Nell'ultima decade di aprile l a direzione politica del Fronte si
spostò da Moillb rodo( dove rimase solamente i l presidio militare par­
tigiano) nella zona di Monpaderno, nei pressi della casa di donna Rosa
Velenìk, poco distante dall'ospizio marino
. S. Pelagio (ora « Martin Hor-
vat »).
. In quei giorni una pattuglia tedesca uccise i l tenente della Xa Mas
Carletti, che collaborava con il nostro movimento. I compagni Godena
e Barzellato giustizieranno il fascista ·p olese Steno (Ravagnani) ed il fa­
scista e collaborazionista rovignese « Filipetti >> (Matteo Malusà) .
I l .primo comizio organizzato dal Fronte locale per la popolazione
fu tenuto in località S. Cristoforo. Vi' prese parte solamente la popola­
zione dei villaggi; qu ella cittadina fu impedita dal coprifuoco imposto
dai tedeschi a seguito dell'uccisione di un loro camerata da parte di
un nostro « skojevac » (giovane comunista) .
Dopo qualChe giorno si svolse un convegno con un gr�ppo d'in­
tellettuali, guidato dal maestro Giovanni Rischner (repubblicano maz­
ziniano). Vi aderirono pure due religiosi : il parroco don Cibin ed il
prete rovignese don Etto Veggian. La conversazione, se così possiamo
chiamarla, aveva lo scopo di fugare o meglio attenuare le loro perples­
sità sulla questione nazionale.
La domenica seguente, 29 aprile, fu tenuto un altro comizio in
località Monciuban, con la partecipazione di alcune centinaia di rovi­
gnesi usciti appositamente dalla città. Oltre ai dirigenti del Fronte pre­
se pure la parola il prof. Eros Sequi che si trovava, assieme al com­
pagno Osman, di pas. saggio nella nostra zona.
In quella stessa notte i tedeschi evacuarono la città. Immediata­
mente entrò in azione la milizia popolare cittadina, precedentemente
organizzata, la quale iniziò a presidiare le fabbriche e gli edifici pubbli­
ci.
Contemporaneamente, tramite un corriere, fummo informati di
quanto era avvenuto. C'incamminammo subito e nelle prime ore del
30 aprile entrammo a Rovigno, presidiata dai nostri lavoratori.
Nella caserma dei pompieri( di fronte al municipio trovammo
il vecchio compagno Tommaso Caenazzo, che aveva diretto la milizia

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cittadina per i� mantenimento dell'ordine. Egli consegnò la città alle
autorità politiche partigiane.
In mattinata fece pure il suo ingresso il nostro presidio militare
di Monbrodo, al comando del commissario politico Romano Malusà, che
si acquartiererà nell' albergo Adriatico (ora « Centar ») .
Nella notte seguente la polizia partigiana operò una decina di
arresti di fascisti repubblicani, collaborazionisti e confidenti dell'oc­
cupatore, che con le loro delazioni avevano procurato s offerenza e lutti
alle famiglie dei combattenti del M. P. L.
Spuntava l'alba del lo Maggio.
La festa della liberazione si svolse con una imponente manifes­
tazione alla quale pa.rtecipò la quasi totalità della cittadinanza, che
esultava per la fine della guerra, per la vittoria delle forze antifasciste
ed infine per la giornata internazionale dei lavoratori.
Era il coronamento di una lotta che andava al di là del settembre
1 943, per riallacciarsi alle prime azioni sindacali dei lavoratori sul finì­
re del secolo scorso, a quelle politiche del primo dopoguerra, alla lotta
clandestina condotta dai comunisti durante la dittatura fascista.
La marca di popolo proveniente dalle fabbriche e dai tri ricini
affluì in piazza Valdibora, dove da una tribuna adornata dai ritratti dei
due leader comunisti e dalle bandiere nazionali e alleate, intrecciate a
quelle rosse dei lavoratori, presero la parola alcuni compagni dirigenti
per ricordare il duplice significato di quel 1o Maggio.
Verso la fine della .m anifestazione vi fu un momento di panico
fra la m assa quando il contadino Carlo Poropat, abitante a Polari, irrup­
pe come un forsennato con la bicicletta nella piazza dando l'allarme: i
tedeschi. Vi fu uno sbandamento generale, mentre il .comando del pre�
sidio partigiano inviò alcuni uomini verso Polari. E l'equivoco fu chia­
rito: si trattava si di tedeschi, ma prigionieri, accompagnati dai parti­
giani, i quali non erano stati scorti dal Poropat. Immediatamente si
organizzò la ·g ioventù antifascista, con in testa la banda cittadina, che
percorsero le vie al suono degli inni partigiani per dis·sipare quell'in­
cidente ed ogni dulbbio.
Il giorno seguente (2 maggio) s i svolse, alla periferia della città,
l 'incontro tra la popolazione italiana di Rovigno e quella croata dei
villaggi, simboleggiante la fratellanza fra le popolazioni qui conviventi
da secoli.
Nei primi giorni di maggio venne formato il primo Comitato Po­
polare Cittadino (CPC) :
.h

Presidente Vincenzo Poduie maestro


I Vicepresidente I van Brajkovié contadino
I I Vicepresidente Andrea G.arbin commerciante
segretario Vincenzo Calabro impiegato
interni Matteo Giuricin operaio

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istruzione Giovanni Rischner maestro
finamz:e Nicolò Longo artigiano
commercio Domenico Sciolis agronomo
sociale Maria Sponza ragioniera
sanità Domenico Dapas operaio
lavora pu!bblici Francesco Rocco artigiano
commnnicazioni Bruno Caenazzo operaio.

In quei giorni si concludeva, con la vittoria, la lotta armata dei


nostri popoli contro l'occupatore nazi-fascista; proseguirà asperrima la
lotta politica e diplomatica per l'annessione di queste terre alla Nuova
Jugoslavia Socialista.

Rovigno, autunno 1 972.

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