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Guida

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Partita Iva

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PG.

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Partita Iva
INDICE:
CAPITOLO 1
Prestazione occasionale o Partita Iva: cosa scegliere e cosa conviene?...............pag.3

CAPITOLO 2
Obbligo di Partita IVA: quando si deve aprire?.........................................................pag.9

CAPITOLO 3
Requisiti per aprire la Partita IVA: quali sono?.......................................................pag.15

CAPITOLO 4
Forma giuridica​: cos’è e quale scegliere................................................................pag.17

CAPITOLO 5
Nome di un’azienda: cos’è e come si sceglie.........................................................pag.23

CAPITOLO 6
Sede legale e operativa di un’azienda: cosa sono e dove stabilirle.......................pag.29

CAPITOLO 7
Regime fiscale per Partita Iva: cos’è, tipologie e quale scegliere.........................pag.34

- CAPITOLO 7.b
Regime ordinario e regime semplificato: tassazione e contabilità..................pag.38

CAPITOLO 8
Aprire Partita Iva: come si fa e quanto costa?........................................................pag.42

CAPITOLO 9
Aprire Partita Iva con il Commercialista: perché conviene....................................pag.47

CAPITOLO 10
Adempimenti successivi all’apertura di una Partita Iva: quali sono?....................pag.51

CAPITOLO 11
Tasse Partita Iva: quante se ne pagano e come si calcolano?............................pag.55

CAPITOLO 12
Fattura: cos’è, chi la emette, quali sono le tipologie e come si fa..........................pag.60

CAPITOLO 13
Gestione entrate e uscite: perché è importante e come si fa..............................pag.66

CAPITOLO 14
Come sta andando il business? 4 indicatori per capirlo......................................pag.72

CAPITOLO 15
Come scegliere il miglior software di fatturazione per la tua attività....................pag.76

CAPITOLO 16
Assunzione dipendente o collaborazione con partita Iva: cosa scegliere?..........pag.81
Prestazione
occasionale o
Partita Iva: cosa
scegliere e cosa
conviene?
Vuoi svolgere un’attività come lavoro, ma non sai se ricorrere
alla prestazione occasionale (contratto di prestazione
occasionale o lavoro autonomo), oppure se avere una Partita
Iva? Esaminiamo le due opzioni.

CAPITOLO 1
Hai una passione che coltivi da sempre e a cui dedichi parte del tuo tempo libero. Riparare dispo-
sitivi elettronici, realizzare oggetti di artigianato, oppure fare fotografie: potremmo fare questi e
molti altri esempi.

Diverse persone ti hanno già fatto i complimenti per la tua bravura in queste attività e detto che
“Dovresti farlo come lavoro”. Ora hai deciso che è il momento di provarci, quantomeno come
secondo lavoro e, più nello specifico, come prestazione occasionale.

A questo punto viene spontaneo chiederti: cosa è la prestazione occasionale? Soprattutto, quali
sono i costi e quando vi posso ricorrere?

Nei paragrafi che seguono risponderemo a queste e altre domande. Vedremo cosa si intende
per prestazione occasionale e quali sono i costi che dovrai sostenere. Faremo poi un confronto
con l’apertura della Partita Iva, per vedere quale delle due opzioni è più conveniente per te.

Prestazione occasionale: cosa s’intende e come funziona


L’ordinamento giuridico del nostro Paese prevede due differenti tipologie di rapporto lavorativo
che possono ricadere sotto la fattispecie di prestazione occasionale. Due diverse tipologie di
contratto, regolamentate da diversi decreti legislativi e articoli di legge che, però, spesso e vo-
lentieri vengono confuse tra loro.

Ci riferiamo al Contratto di Prestazione Occasionale, o PrestO, regolato dal Decreto Legge n. 50


del 24 aprile 20117; e al Lavoro Autonomo Occasionale, regolato dall’articolo 2222 del Codice
Civile. In entrambi i casi si tratta di collaborazioni lavorative caratterizzate da una natura spora-
dica e occasionale, che possono essere instaurate con aziende, professioni e autonomi, asso-
ciazioni, fondazioni ed enti della pubblica amministrazione, persone fisiche non nell’esercizio
dell’attività professionale o impresa.

Anche se per alcuni versi il loro ambito applicativo potrebbe sovrapporsi, queste due tipologie di
contratto riguardano ambiti specifici e distinti. Vediamolo in dettaglio.

Contratto di Prestazione Occasionale: cos’è e come funziona


Il contratto di Prestazione Occasionale – o PrestO – è regolato dall’art. 54 bis del Decreto Legge
n. 50 del 24 aprile 2017 (convertito con modifiche dalla L. 21 giugno 2017 n. 96) ed è stato in-
trodotto per supplire al vuoto legislativo che si è venuto a creare nell’ordinamento legislativo ita-
liano nel momento in cui sono stati abrogati gli articoli 48, 49 e 50 Decreto Legislativo 81/2015
(i cosiddetti voucher).

Il PrestO prevede stringenti vincoli economici, tanto per il prestatore - ossia per il lavoratore,
quindi per te - quanto per l’utilizzatore - ossia l’azienda, professionista o ente. La retribuzione del
lavoratore, in riferimento al totale degli utilizzatori, non può superare i 5.000 euro complessivi
nell’anno civile (dal 1° gennaio al 31 dicembre), al netto di contributi e assicurazioni previste dal-
la legge. In riferimento al singolo utilizzatore, invece, la somma non può superare i 2.500 euro.

Il DL 50/2017 prevede, inoltre, una paga minima di 9 euro netti l’ora. A conti fatti, dunque, tu,

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PG. prestatore, potrai lavorare non più di 555 ore annue con la totalità degli utilizzatori e non più di
280 ore annue con il singolo datore di lavoro.

Nel caso in cui dovessi superare la soglia dei 2.500 euro annui con il singolo datore di lavoro,
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verrebbe a cadere la natura di prestazione sporadica e occasionale e il rapporto di lavoro si tra-
sformerebbe in maniera automatica in un contratto a tempo pieno e indeterminato.

Il contratto di prestazione occasionale potrebbe essere utilizzato da aziende che hanno bisogno
di supporto momentaneo al loro reparto IT, in un momento di particolare carico lavorativo. Ti
confronterai continuativamente con i tuoi “colleghi”, stabilendo con loro le attività da portare
avanti di volta in volta. Riceverai poi un compenso in base alle ore che hai impiegato per comple-
tare il progetto che ti è stato affidato, partendo ovviamente dalla paga minima oraria di 9 euro.

Lavoro Autonomo Occasionale: cos’è e come funziona


Dopo l’abrogazione dei cosiddetti Co.Co.Pro. (Contratti di Collaborazione a Progetto) avvenuta
con il Jobs Act del 2015, le collaborazioni lavorative occasionali non soggette a un rapporto di
subordinazione sono inquadrate tra i contratti d’opera previsti e disciplinati dall’artt. 2222 e seg.
del Codice civile.

Tu, lavoratore, dunque, non dovrai sottostare ai poteri disciplinari e gerarchici propri di un datore
di lavoro né ci sarà vincolo di subordinazione. Semplicemente, ti impegnerai a eseguire un’opera
o un servizio dietro un corrispettivo stabilito e contrattualizzato in precedenza.

Il lavoro autonomo occasionale condivide con il PrestO il limite massimo di 5.000 euro annui, an-
che se in questo caso il committente non avrà obblighi di assunzione in caso di sconfinamento.
Come vedremo in dettaglio tra poco, sarai invece tu lavoratore a doverti far carico di maggiori
costi derivanti dall’iscrizione all’INPS e al cumulo di redditi imponibile, in caso di superamento
dei 5.000 euro annui.

Per fare un esempio, il contratto di lavoro autonomo occasionale potrebbe essere utilizzato da
un’azienda o da un ente pubblico per sistemare alcuni computer che non funzionano più. O per
effettuare il setup iniziale dei nuovi smartphone appena acquistati. Potrai pattuire direttamente
con i committenti la somma che ritieni più opportuna e svolgere il lavoro in piena autonomia,
dall’inizio alla fine.

Chi può svolgere prestazioni occasionali


Se per i contratti di prestazione occasionale non sussistono particolari “vincoli in ingresso” e
praticamente chiunque può sottoscriverne uno – anche dei pensionati, ad esempio – per i con-
tratti di lavoro autonomo occasionale ci sono limiti molto più stringenti.

Se lavori nella Pubblica Amministrazione avrai l’obbligo di ottenere un’autorizzazione preventiva


dal tuo datore di lavoro.

Se invece sei iscritto/a ad albi che esercitano professioni intellettuali, appartieni a commissioni
e organi di amministrazione o lavori presso enti sportivi legalmente riconosciuti, non potrai svol-
gere attività di questo tipo.

I costi della prestazione occasionale


I costi di un contratto di prestazione occasionale sono stabiliti “alla base”. Abbiamo già detto

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PG. che la paga minima oraria è di 9 euro netti, mentre il totale annuo non può superare i 5.000 euro
netti.

Su queste cifre, gli utilizzatori (le aziende) dovranno pagare la contribuzione per l’iscrizione ob-
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bligatoria alla Gestione Separata INPS (pari al 33% del lordo); il premio per l’assicurazione contro
gli infortuni sul lavoro (pari al 3,5% del lordo) e il finanziamento degli oneri di gestione (pari all’1%
del lordo).

I compensi delle prestazioni occasionali sono esenti da imposizione fiscale.

I costi del Lavoro Autonomo Occasionale


Discorso completamente differente, invece, per quel che riguarda il lavoro autonomo occasiona-
le. In questo caso non esiste una paga minima oraria stabilita per legge e il tuo compenso sarà
determinato (anche) dalle tue capacità nel trattare con i possibili committenti.

La cifra pattuita, nella stragrande maggioranza dei casi, è da considerarsi al lordo delle imposte
e, se previsti, dei costi di iscrizione alla Gestione Separata INPS. L’obbligo dell’iscrizione scatta
solamente nel caso in cui superi i 5.000 euro annui derivanti da contratti di lavoro autonomo
occasionale.

In fase di emissione della ricevuta dovrai quindi tenere in considerazione la ritenuta d’acconto
(da sottrarre al lordo pattuito) e i costi della contribuzione INPS.

Ritenuta d’acconto
La ritenuta d’acconto sulla prestazione occasionale è pari al 20% del compenso lordo pattuito
con l’azienda o il professionista con il quale collabori. La ritenuta d’acconto verrà versata diret-
tamente dal sostituto d’imposta, ossia dall’azienda o dal professionista con cui collabori. Ad
esempio, se hai pattuito un compenso lordo di 1.000 euro, riceverai “solamente” 800 euro. Ossia,
i 1.000 euro di compenso meno il 20% di ritenuta d’acconto.

Come dice anche il nome, si tratta di un “acconto” sulle tasse che eventualmente dovrai versare
dopo aver effettuato la dichiarazione dei redditi annuale.

Nel caso in cui il totale delle prestazioni occasionali non superi i 5.500 euro e tu non abbia altri
redditi se non quelli derivanti dall’abitazione principale (ossia, non hai altro lavoro o rendita al
di là della prestazione occasionale) non avrai l’obbligo di dichiarazione dei redditi. Nonostante
ciò,ti consigliamo di farla ugualmente, così da poter recuperare la ritenuta d’acconto non dovuta.

Costi contributivi
Come già accennato in precedenza, la prestazione occasionale non prevede obbligo di iscrizio-
ne alla gestione separata INPS a meno che tu non superi i 5.000 euro annui di compenso annuo
derivante dal lavoro autonomo occasionale.

In questo caso, dovrai calcolare i contributi solamente sulla parte eccedente e non sul totale
guadagnato (se il totale del compenso è di 6.000 euro, i contributi vanno calcolati su 1.000 euro).

Inoltre, i costi contributivi sono ripartiti per 1/3 a carico del lavoratore, quindi a carico tuo, e per
2/3 a carico del committente. Sarà comunque quest’ultimo a dover versare il contributo totale,
comprensivo della quota a carico tuo (che sarà così scalata direttamente dal lordo pattuito con

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PG. te).

Nello specifico, i contributi da versare saranno pari al:

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• 35,03% per soggetti non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie per i quali
è prevista la contribuzione aggiuntiva Dis-Coll;
• 33,72% per soggetti non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie per i quali
non è prevista la contribuzione aggiuntiva Dis-Coll;
• 24% per soggetti titolari di pensione o provvisti di altra tutela pensionistica obbligatoria.

Partita Iva: quando è obbligatoria e quanto costa


Fughiamo immediatamente ogni possibile dubbio a riguardo: non esistono limiti economici oltre
i quali è obbligatoria l’apertura della Partita Iva. Anche se spesso si sente dire che devi aprire la
Partita Iva se le prestazioni occasionali superano i 5.000 euro, ciò non è affatto vero.

È vero, invece, che potrai avere dei vantaggi a livello fiscale e di contributi previdenziali, ma se
volessi continuare a utilizzare contratti di prestazione occasionale potresti continuare a farlo.

L’obbligo di apertura di Partita Iva è invece legato alla tipologia di rapporto lavorativo che si in-
staura con il committente o i committenti. Sarai obbligato, infatti, quando la collaborazione non
è più occasionale e saltuaria, ma diventa abituale e continuativa. Ossia, spiega l’Agenzia delle
Entrate, si tratta di prestazioni professionali che si ripetono abitualmente e che necessitano di
impegno materiale e intellettuale per essere svolte.

Insomma, non si tratta di “lavoretti” svolti una tantum, ma di impieghi lavorativi veri e propri che
portano via gran parte della tua giornata lavorativa.

In caso di apertura di Partita Iva, le modalità di calcolo dei costi da sostenere a livello fiscale
e contributivo cambiano in maniera importante. Il calcolo dell’imponibile IRPEF e dei vari sca-
glioni varia a seconda del regime fiscale scelto (potrai scegliere tra regime forfettario, regime
semplificato o regime ordinario), mentre i contributi previdenziali sono calcolati in percentuale
all’imponibile IRPEF.

A questi costi dovrai eventualmente aggiungere le spese legate al supporto di un professionista,


che potrà aiutarti ad aprire la Partita Iva, tenere in regola la tua situazione contabile e burocra-
tica (con la fatturazione elettronica, ad esempio) e avvisarti delle varie scadenze fiscali che ti
riguardano.

Prestazione occasionale o Partita Iva: cosa conviene?


Non sai se vale la pena aprire la Partita IVA o sia è più conveniente continuare a utilizzare la pre-
stazione occasionale o il lavoro autonomo occasionale? Per risolvere il dubbio, dovrai valutare
diversi fattori.

Prima di tutto, la frequenza con la quale collabori con i vari utilizzatori. Se la collaborazione si
protrae nel tempo (fosse anche un solo giorno al mese per tutti i mesi dell’anno), allora non avrai
scelta: come accennato, dovrai aprire la Partita IVA.

Se non rientri in questa casistica, sta a te vedere quella più conveniente.Superati i 5.000 euro di
compensi annui, ad esempio, la Partita IVA con regime forfettario potrebbe garantirti dei van-

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PG. taggi a livello fiscale e contributivo. Al di sotto di questa soglia, invece, la prestazione occasio-
nale mantiene intatti tutti i suoi vantaggi (ad esempio, non devi iscriverti alla gestione separata
INPS). Entrambi i regimi contrattuali offrono dei vantaggi: sta a te soppesarli e vedere da che

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parte pende il piatto della bilancia.

I vantaggi della prestazione occasionale:

• meno adempimenti burocratici sia all’avvio dell’attività lavorativa sia nel proseguo;
• costi inferiori al di sotto dei 5.000 euro annui;
• possibilità di avvicinarti al mondo del lavoro a piccoli passi, con l’opportunità di valutare se
il mondo della libera professione fa o meno al tuo caso.

I vantaggi della Partita Iva:

• maggiore regolamentazione del rapporto lavorativo con il committente;


• costi inferiori al di sopra dei 5.000 euro (a conti fatti, paghi meno tasse);
• possibilità di accedere a forme di sostegno al reddito nel caso in cui si resti senza lavoro.

Abbiamo terminato l’analisi della prestazione occasionale, in forma di Contratto di Lavoro Occa-
sionale o Lavoro Autonomo Occasionale.

Se non fare ricorso alle forme di lavoro occasionale, avrai l’obbligo di aprire Partita Iva, per svol-
gere regolarmente le tue attività. Ma cos’è esattamente una Partita Iva? Lo scopriremo nel pros-
simo capitolo e vedremo nel dettaglio quando deve essere aperta.

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Partita Iva
Obbligo di Partita
IVA: quando si
deve aprire?
Vi è l’obbligo di apertura della Partita IVA quando l’attività
che svolgi diventa continua e abituale. Cosa significa?
Approfondiamo i vari casi e sfatiamo il mito della soglia dei
ricavi.

CAPITOLO 2
Hai un’idea imprenditoriale, l’hai valutata e sai che avrà buone probabilità di avere successo. Inizi
a fornire i prodotti e/o i servizi a qualche cliente, tramite prestazione occasionale senza partita
IVA. Ad un certo punto, però, ti ritrovi ad avere l’obbligo di aprire partita IVA.

Ma cos’è esattamente la partita IVA? E quando diventa obbligatorio aprirla? Diamo risposta a
queste domande, fornendo esempi concreti.

Cos’è la Partita IVA


Per partita Iva intendiamo un codice numerico che identifica una persona fisica che vuole dare
vita a un’attività imprenditoriale, professionale oppure una società.
Composta da 11 numeri, la Partita Iva è suddivisa in questo modo:
• i primi 7 numeri collegano la Partita Iva al contribuente titolare del codice;
• i 3 numeri successivi rappresentano il codice che identifica l’Ufficio delle Entrate;
• l’ultimo numero, invece, ha una funzione di controllo.

Bisogna aprire Partita Iva nel momento in cui avvii l’attività e la sua validità è da considerarsi tale
fino a quando non cessi la tua attività, comunicandone ufficialmente la chiusura. È fondamenta-
le individuare quando è obbligatorio aprire Partita Iva. Per questo motivo, l’aiuto di un Commer-
cialista è essenziale, non solo in questo momento particolare, ma in generale per assisterti in
tutto il periodo in cui svolgi la tua attività.

Obbligo o non obbligo di apertura Partita IVA: i casi


1. Gli imprenditori
Quando bisogna aprire partita Iva? Se vuoi svolgere un’attività commerciale o agricola in ma-
niera abituale e non esclusiva.

Questo accade quando esegui in modo regolare, sistematico e ripetitivo, tutto un insieme di atti
economici per conseguire uno scopo specifico.

Con il termine attività commerciali, ci riferiamo ad:


• attività a carattere industriale volte a produrre beni e servizi,
• attività di intermediazione nell’ambito della circolazione dei beni,
• attività assicurativa e bancaria,
• altre attività ausiliarie a tutte quelle citate sopra.

Invece, definiamo attività agricole quelle che hanno le seguenti finalità:


• coltivare il fondo,
• la selvicoltura,
• l’allevamento di bestiame,
• l’alienazione o la trasformazione di prodotti agricoli.

Rientri nell’obbligo apertura partita Iva anche se intendi svolgere o stai svolgendo un’attività di
natura non commerciale, ma comunque organizzata in forma di impresa. Per quanto riguarda,
invece, gli imprenditori individuali, sono obbligati ad aprire la partita Iva se svolgono un’attività
agricola o commerciale.

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Partita Iva
Non hai l’obbligo di aprire partita Iva nel caso in cui svolgi le operazioni principalmente in forma
privata.

2. Le società
Quando si deve aprire partita Iva per una società? Nel caso in cui due o più persone vogliano
svolgere un’attività in forma organizzata. Le principali tipologie di società proposte dall’ordina-
mento italiano sono:
• le società di capitali: S.r.l.s (Società a responsabilità limitata semplificata), S.r.l (Società
a responsabilità limitata), S.p.A (Società per Azioni), Società in accomandita per azioni
(S.a.p.A.)
• le società di persone: S.s. (società semplici), S.n.c (società in nome collettivo), S.a.s. (So-
cietà in accomandita semplice);
• società cooperativa.

Approfondiremo cosa sono, i pro e i contro di srl, snc, cooperative e delle altre società nel capi-
tolo dedicato alla forma giuridica.

3. Professioni e arti
Se eserciti una professione oppure un’arte, hai comunque l’obbligo dell’apertura della partita Iva.
Nel caso specifico, il riferimento è se svolgi un’attività che, contemporaneamente, è:
• lavoro autonomo, cioè dove non sono presenti vincoli di subordinazione con un committen-
te per compiere un’opera o un servizio;
• esercitata con finalità professionali in modalità continuativa e abituale, con termini tempo-
rali e il percepimento di compensi rispetto alle attività di lavoro dipendente.

4. Il caso particolare del secondo lavoro


Sei un lavoratore dipendente e contemporaneamente stai svolgendo una seconda attività? Do-
vresti valutare l’apertura della partita Iva nel caso in cui vorresti trasformare la tua attività da
occasionale ad abituale.

Facciamo un esempio. Potresti essere stato assunto/a con un contratto di lavoro subordinato
e, parallelamente, aver avviato un’attività collaterale. L’attività, all’inizio di modesta rilevanza eco-
nomica, nel corso del tempo potrebbe aumentare la sua importanza in quanto a compensi e a
ore dedicate.
In questo caso, con un’attività autonoma che è diventata man mano abituale, e quindi non più
considerata occasionale ma prevalente, dovresti ugualmente valutare:
• la concreta opportunità di avviare l’ attività economica con partita IVA;
• eventuali obblighi contrattuali di comunicazione verso il tuo datore di lavoro;
• il fatto di essere dipendente nel settore privato piuttosto che in quello pubblico (ricordando
che nella generalità dei casi per i lavoratori del pubblico impiego lavoro dipendente e partita
IVA sono incompatibili).

5. Da lavoratore autonomo occasionale a Partita IVA


In quanto la loro caratteristica peculiare è l’episodicità, le prestazioni di lavoro autonomo occa-
sionali non possono essere paragonate alle attività in cui è obbligatorio aprire Partita Iva.

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Partita Iva
Anche se di fatto non esiste nessuna forma di subordinazione con il committente, il lavoratore
svolge la sua prestazione in modo completamente occasionale, quindi senza i requisiti propri
della prevalenza e del lavoro professionale.

Facciamo un esempio. Sei stato assunto/a da un supermercato come addetto alle vendite.
Siccome hai la passione dell’informatica, ti viene dato l’incarico di creare il sito Web di un’a-
zienda diversa da quella che ti ha assunto come dipendente. Questa prestazione è occasionale,
autonoma e non prevalente sia in quanto a compenso, che a tempo dedicato rispetto al lavoro
dipendente.

Se il sito Web ha successo, un veloce passaparola potrebbe aumentare le richieste da parte di


altri committenti che vogliono un sito Web per la propria attività. A questo punto, potresti pren-
dere in seria considerazione l’ipotesi di dedicarti totalmente a questo tipo di lavoro informatico.
In questo caso, prima che l’attività si trasformi in prevalente e abituale, quindi in lavoro autono-
mo, dovresti prendere in considerazione l’apertura della partita Iva.

6. Attività di hobbistica e vendita


Hobbistica e vendita online: quando si deve aprire partita Iva? In questo caso, per capire se
esiste l’obbligo o meno, bisogna identificare la tipologia di attività da svolgere, prestando molta
attenzione ai guadagni e alle modalità temporali.

Un’attività che prevede la vendita di prodotti per hobby non viene regolamentata da norme ben
precise e a carattere nazionale.

Nella maggior parte dei casi possiamo riferirci a disposizioni che considerano queste categorie
come soggetti non professionali che si dedicano alla vendita di prodotti realizzati con la loro
ingegnosa capacità, di valore modesto e con modalità occasionali. Questi due elementi, cioè i
guadagni ridotti e l’attività occasionale, non rientrano nell’obbligo di apertura della partita Iva.

Obbligo di Partita Iva per hobbisti


In caso contrario, cioè quando i requisiti che abbiamo visto prima non vengono rispettati e l’atti-
vità viene svolta non più occasionalmente ma con frequenza e, soprattutto, i guadagni sono di
una certa rilevanza, la Partita Iva diventa obbligatoria insieme a diversi adempimenti fiscali per
legge, come:
• l’iscrizione alla Camera di Commercio, in quanto questa attività rientra nella sezione artigia-
ni o commercianti;
• gli adempimenti sia per la richiesta che per l’attribuzione della partita Iva;
• la segnalazione certificata, presso il Comune in cui verrà svolta, di inizio attività;
• gli adempimenti di natura fiscale, come l’emissione di fatture, la dichiarazione dei redditi
tramite il modello unico e i registri contabili.

Riepilogando, quando l’attività avviene in modo occasionale e il guadagno ottenuto è di modesta


entità, puoi tranquillamente rilasciare una semplice ricevuta non fiscale in cui viene attestata la
vendita eseguita. Invece, se l’attività non è più occasionale ma cresce e diventa continuativa,
sia in termini di tempo che di guadagni, diventa obbligatorio aprire Partita Iva e i svolgere relativi

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Partita Iva
adempimenti fiscali.

La soglia dei ricavi e l’obbligo di partita Iva


Molto spesso nasce una certa confusione in merito alla soglia dei ricavi, ovvero i “famosi” 5.000
euro, e l’obbligo di apertura della partita Iva.

Tutto questo è fondamentalmente errato, poiché i ricavi non devono mai essere considerati
come un parametro di riferimento che stabilisce autonomamente se devi o non devi operare a
livello professionale.

In base a quanto detto finora, possiamo riassumere l’obbligo di apertura della Partita Iva con
questa equazione:
Continuità dell’attività + Abitualità + Organizzazione dei mezzi = Apertura Partita Iva.

L’equazione è da considerarsi il vero e unico parametro a cui fare riferimento per l’apertura o
meno della partita Iva. C’è da dire, però, che l’Amministrazione finanziaria non ha mai chiarito la
definizione precisa da assegnare agli elementi “Continuità dell’attività” e “Abitualità”.

Ecco perché è importante e necessario valutare con precisione ogni caso, magari con una con-
sulenza da parte di un Commercialista. Per capire come questo professionista ti può aiutare,
leggi il capitolo dedicato ad “aprire Partita Iva con il Commercialista”.

Sanzioni per chi esercita un’attività senza aprire la Partita Iva


Se decidi di avviare un’attività senza però aprire la partita Iva, nonostante tu ne abbia l’obbligo,
rischi sanzioni:
• amministrative, per il mancato pagamento di imposte e contributi legati alla partita Iva;
• penali, per l’esercizio abusivo della professione o dell’attività commerciale.

Sai di avere l’obbligo di aprire una Partita Iva, ma hai la certezza di poterlo fare? Ti aiuteremo a
capirlo nel prossimo capitolo, dedicato ai requisiti per aprire Partita Iva.

Domande frequenti sull’obbligo di apertura della Partita IVA

1. Quando è obbligatorio aprire Partita Iva?


In generale, è obbligatorio aprire Partita IVA quando vi è continuità e abitualità dell’attività.

2. Quando non è necessario aprire Partita Iva?


In linea generale, non è necessario aprire Partita Iva quando svolgi le attività in forma privata e
in modo occasionale.

3. Chi ha l’obbligo di aprire Partita Iva?


In base alla tipologia di attività (attività commerciale, società, professioni e arti) e alle caratteri-
stiche del soggetto (ad esempio, un dipendente che svolge un secondo lavoro), alcune condizio-
ni che determinano l’obbligo di apertura della Partita Iva.

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Partita Iva
4. Quanto bisogna guadagnare per non aprire la Partita Iva?
I ricavi non devono essere considerati un parametro per l’obbligo o meno di apertura Partita Iva.

5. Cosa succede se non si apre la Partita Iva?


Se eserciti un’attività e hai l’obbligo di aprire Partita Iva, ma non lo fai, puoi incorrere in sanzioni
amministrative, fiscali e anche di natura contributiva.

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Partita Iva
Requisiti per aprire
la Partita IVA:
quali sono?
Per aprire Partita Iva in Italia è necessario possedere i
requisiti generici e altri specifici per alcuni tipi di attività.
Andiamo ad approfondire le varie casistiche, rispondendo
quindi alla domanda: chi può aprire Partita Iva?

CAPITOLO 3
Se intendi avviare un’attività e vuoi sapere quali sono i requisiti per aprire partita Iva, sei nel po-
sto giusto. In questo capitolo infatti andremo ad esaminare quali sono, distinguendo:
• i requisiti generici, senza cui è impedita l’apertura della partita IVA di qualsiasi tipo di atti-
vità,
• i requisiti specifici per settore di attività.

I requisiti generici: maggiore età, facoltà mentali e residenza


I primi due requisiti fondamentali sono di essere maggiorenni, quindi avere più di 18 anni, e di
essere in grado di intendere e di volere.

Inoltre, è necessario essere residenti sul territorio italiano.

I requisiti specifici per settore di attività


In base al settore in cui vuoi esercitare la tua attività, potrebbero anche essere previsti dei requi-
siti specifici da rispettare per poter aprire Partita IVA.

Questi requisiti variano in base al codice ATECO scelto e possono essere determinati da leggi
nazionali, dalla Camera di Commercio o da altri enti.

Ad esempio, per aprire una Partita Iva da idraulico sono richiesti requisiti specifici (come un tito-
lo di studio o una qualifica professionale) diversi da quelli imposti per poter esercitare un’attività
nella ristorazione.

Chi non può aprire la Partita Iva?


Non possono aprire partita IVA le persone:
• minorenni,
• incapaci di intendere e di volere,
• che non rispettano i requisiti specifici stabiliti per la specifica professione o settore di atti-
vità.

Rispetti i requisiti per aprire Partita Iva? Se sì, potrai passare al prossimo passaggio: la scelta
della forma giuridica da assegnare alla tua nuova attività.

Domande frequenti sui requisiti per aprire Partita IVA

1. Che titolo di studio occorre per aprire partita IVA? Serve il diploma?
Dipende. Ci sono alcune professioni che rientrano in ambito artigianale o intellettuale per cui
viene richiesto un attestato o un titolo di studio per aprire la partita IVA.

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Partita Iva
Forma giuridica​:
cos’è e quale
scegliere
Prima di aprire Partita Iva, devi scegliere la forma giuridica.
In questo capitolo vedremo cos’è la forma giuridica e ne
esamineremo le principali tipologie: ditta individuale, società
di persone, società di capitali e società cooperative.

CAPITOLO 4
Una delle scelte da compiere in vista dell’apertura della Partita Iva riguarda la forma giuridica.
Infatti, l’ordinamento giuridico italiano richiede che ogni tipologia di attività economica venga
esercitata in base a una forma giuridica specifica, da selezionare tra quelle che il legislatore ha
previsto.

Ma cos’è la forma giuridica? Come scegliere la forma giuridica più idonea alla tua Partita IVA?
Nel capitolo ti aiutiamo a rispondere a queste domande, analizzando le varie tipologie di forma
giuridica previste dalla legislazione.

Cos’è la forma giuridica?


Per forma giuridica si intende un modello organizzativo, fiscale e contabile utilizzato per gesti-
re un’azienda. Esistono diversi tipi di forma giuridica: ditte individuali, società di persone, società
di persone, ecc.

Quella della forma giuridica è una delle prime scelte da compiere nella procedura per l’apertura
della partita IVA. È importante decidere con attenzione, dato che la forma giuridica determina,
tra l’altro:
• l’assetto organizzativo che può assumere la tua attività,
• la tassazione della Partita IVA,
• una serie di obblighi civili, fiscali e amministrativi a cui adempiere.

Inoltre, nella valutazione intervengono diversi fattori, come: il contesto in cui verrà inserita l’atti-
vità che vuoi aprire, il prodotto che vorrai commercializzare, il presunto volume d’affari o la tua
volontà di avere uno o più soci.

Non esiste una forma giuridica migliore di un’altra, poiché, come abbiamo visto, sono molteplici
le varianti che potrebbero farti propendere per una anziché per un’altra.

Ciò vuol dire che, durante il processo di scelta, dovrai considerare sia i vantaggi che gli svantag-
gi di tutte le forme societarie in base a esigenze specifiche.

Andiamo adesso a vedere le varie tipologie di forme giuridiche esistenti in Italia e quale potrebbe
fare al caso tuo.

Le diverse tipologie di forme giuridiche


Le forme giuridiche in Italia si possono raggruppare in tipologie, tra cui spiccano le seguenti:
• Ditta individuale: si tratta di una tipologia di attività molto semplice, ma che può essere
condotta da un’unica persona, senza soci.
• Società di persone: sono chiamate così perché prevale l’elemento soggettivo (i soci) rispet-
to al capitale. Una società di persone può esistere solo se sono presenti più soci.
Ne esistono di tre tipi:
• società semplici (S.s.),
• società in nome collettivo (S.n.c.),
• società in accomandita semplice (S.a.s.).
• Società di capitali: è la forma giuridica assunta per lo più da imprese di medie e grandi

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dimensioni. Richiede di solito un’attività già ben avviata, collaboratori da coinvolgere e un
buon capitale iniziale su cui contare. È sicuramente l’opzione più complessa a livello buro-
cratico e amministrativo.
La legislazione prevede quattro tipi di società di capitali:
• Società a responsabilità limitata semplificata (S.r.l.s.),
• Società a responsabilità limitata (S.r.l),
• Società per azioni (S.p.A.),
• Società in accomandita per azioni (S.a.p.A.).
• Società cooperativa.

Analizziamo nel dettaglio le principali forme giuridiche, evidenziandone anche i pro e contro.

1. Ditta individuale
La forma giuridica ditta individuale è molto semplice e spesso utilizzata dalle piccole attività
che aprono in Italia.

Come possiamo dedurre dal termine, si tratta di un’attività che è condotta da un’unica persona:
sarai soltanto tu il titolare e il gestore della ditta. Non possono esserci soci, ma eventualmente
solo dipendenti o collaboratori.

Per avviare questa forma giuridica di attività non ti verrà richiesta alcuna di sottoscrivere un
regolamento o uno Statuto.

Pro:
• rapidità delle tempistiche di costituzione,
• ridotte spese per la costituzione,
• velocità, flessibilità e rapidità decisionale,
• minori costi di tenuta della contabilità.
Contro:
• responsabilità senza limiti per il titolare,
• risorse apportate solo dell’imprenditore,
• più difficoltà ad accedere al credito.

Per ulteriori informazioni sulla ditta individuale e capire le differenze con la libera professione,
leggi l’approfondimento “Ditta individuale o libero professionista: quale scegliere?”.

2. Società in nome collettivo (Snc)


La forma giuridica Snc è una società di persone, quindi a guidarla, oltre a te, ci saranno essere
uno o più soci.
Ogni socio in questa forma giuridica gestisce l’attività in forma personale, condividendo sia
profitti che perdite.

Pro:
• spese di costituzione non elevate,
• formalità di apertura semplici,

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• capitale minimo non richiesto,
• regime contabile semplificato.
Contro:
• responsabilità illimitata e solidale dei soci,
• possibilità di stallo decisionale.

3. Società in accomandita semplice (Sas)


Anche la forma giuridica Sas rientra nelle società di persone, quindi richiede uno o più soci.
Rispetto alla snc, le tipologie di soci sono due: gli accomandatari, che si assumono la responsa-
bilità d’impresa, e gli accomandanti, i quali agiscono in veste di soli investitori.

Pro:
• tassazione ridotta;
• assenza di cifra minima da versare come capitale sociale;
• nessun obbligo di deposito di bilancio nel Registro delle Imprese.
Contro:
• impresa percepita come piccola attività;
• responsabilità illimitata e solidale dei soci accomandatari.

4. Società a responsabilità limitata semplificata (Srls)


La Srls è la società per capitali più indicata per una piccola impresa: semplice da gestire e può
essere a socio unico. Ecco i principali pro e contro.

Pro:
• assenza di spese notarili per l’avvio,
• bassi costi iniziali,
• capitale sociale tra 1€ e 9.999€,
• i soci non rispondono con il patrimonio personale,
• può essere unipersonale.
Contro:
• ha gli stessi costi di gestione di una Srl ordinaria,
• i soci non possono essere persone giuridiche,
• difficoltà di accesso ai finanziamenti a causa della responsabilità limitata e del basso capi-
tale sociale.

5. Società a responsabilità limitata (Srl)


La forma giuridica Srl ha il vantaggio di limitare a ogni socio la responsabilità in base al proprio
capitale sociale.
Per avviare questa forma giuridica dovrai sbrigare qualche formalità legale in più, ad esempio
la stesura di un atto costitutivo con all’interno lo Statuto, sia tu che gli altri titolari non avrete
responsabilità personale per i debiti aziendali.

Pro:
• patrimonio personale non intaccato;
• ampia libertà statutaria;

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• possibilità di costituirla online.
Contro:
• costi superiori;
• organizzazione della società più complessa.

6. Società per azioni (Spa)


La società per azioni è una delle forme giuridiche più complesse, poiché è una società di capitali
dotata di personalità giuridica.

Un soggetto si distingue dagli altri soci in quanto dotato di piena autonomia patrimoniale, men-
tre le partecipazioni degli altri soci sono rappresentate dalle azioni.

Pro:
responsabilità limitata dei soci,
nessun rischio di fallimento dei soci,
principio di maggioranza nelle deliberazioni,
tassazione del reddito prodotto in capo alla società.
Contro:
maggiore burocrazia nella tenuta dei libri sociali,
presenza di organi sociali con formalità superiori.

7. Società in accomandita per azioni (Sapa)


La società in accomandita per azioni è una forma giuridica societaria in cui coesistono due
gruppi diversi di azionisti:
• i soci accomandanti, che sono esclusi dall’amministrazione e responsabili in modo limitato
al proprio conferimento;
• i soci accomandatari, amministratori di diritto, responsabili personalmente e senza limiti.

Pro:
può emettere titoli obbligazionari;
responsabilità limitata al capitale investito.
Contro:
costi piuttosto proibitivi da fronteggiare.

8. Società Cooperativa
La società cooperativa è la forma giuridica che inquadra società a capitale variabile e con fina-
lità mutualistiche il cui compito è di produrre beni e servizi. Queste vengono create da soggetti
giuridici o fisici con l’intento di soddisfare i propri bisogni sociali, culturali ed economici.

Pro:
diritto di partecipazione ben definito;
grande trasparenza.
Contro:
transazioni societarie svantaggiose;
accesso limitato al mercato del capitale.

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Come hai potuto constatare di persona, le variabili da considerare nella scelta della forma giuri-
dica sono diverse.

Per questo motivo, sia nella scelta della forma giuridica che più in generale nell’apertura di una
Partita Iva, conviene affidarsi a un Commercialista.

Stabilita la forma giuridica, c’è un’altra scelta da compiere: quella del nome dell’azienda, a cui
dedicheremo il prossimo capitolo.

Domande frequenti sulla forma giuridica

1. Quale forma giuridica scegliere?


Non esiste una forma giuridica migliore delle altre, ma solo la più adatta alla tua attività. Nella
scelta della forma giuridica possono intervenire diversi fattori, come il contesto in cui viene inse-
rita la società, i prodotti da commercializzare e la scelta di avere o non avere soci.

2. Come scegliere la forma giuridica?


Considera la tipologia di attività che vorresti aprire, analizza pro e contro delle varie forme giu-
ridiche (snc, sas, srl, etc.) e, per non sbagliare, valuta insieme a un commercialista la forma
giuridica per la tua Partita IVA.

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Na
mi
ng

Nome di un’azienda:
cos’è e come
si sceglie
Scegliere il nome di un’azienda non è un’operazione facile,
né da sottovalutare. Scopri cosa s’intende con nome
dell’azienda e come creare il nome per la tua attività,
commerciale o di servizi, individuale o società.

CAPITOLO 5
Il percorso per aprire la tua Partita Iva prosegue: sai quando sussiste o no l’obbligo di partita
IVA, hai verificato di rispettare i requisiti e hai valutato pro e contro delle varie tipologie di forma
giuridica.

Prima di procedere con le pratiche burocratiche per l’apertura della Partita Iva, c’è un’altra scelta
da compiere: quella del nome dell’azienda. Semplice, vero? Annoti il primo nome che ti viene in
mente e il gioco è fatto.

In realtà la decisione non è affatto scontata. Infatti, il nome dell’azienda:


• può violare delle disposizioni legali,
• viene associato ai prodotti e ai servizi che offri,
• ti identifica e ti distingue dai concorrenti,
• viene memorizzato dai clienti e influenza la percezione che hanno di te,
• può diventare anche limitante per le tue aspirazioni future.

Analizziamo tutte le informazioni utili per scegliere in modo consapevole e oculato il nome della
tua nuova azienda.

Ragione sociale, denominazione o ditta: cos’è il nome dell’azienda

Iniziamo con il capire a cosa ci riferiamo quando parliamo del nome di un’azienda o di una so-
cietà.
I concetti da considerare sono tre:

• ragione sociale: è il nome che identifica le società di persone sia in forma collettiva che
individuale, seguito dall’acronimo che ne identifica la tipologia;
• denominazione sociale: è il nome delle società di capitali;
• ditta: è il nome commerciale di una ditta individuale.

Le disposizioni legali da rispettare nella scelta del nome

Nella scelta del nome della tua nuova azienda o società, non puoi solamente affidarti alla cre-
atività, ma prima devi considerare alcuni importanti “criteri” che possono circoscrivere la tua
possibilità di scelta.

Forma giuridica
Come abbiamo già visto, alla tua Partita Iva devi attribuire una forma giuridica, scegliendo tra
quelle messe a disposizione dalla legislazione italiana. Questa decisione può avere ripercussio-
ni anche sul nome che puoi dare all’azienda.

Infatti, in base alla forma giuridica:


• ditta individuale: la legge impone che il nome della ditta individuale debba coincidere con
quello dell’imprenditore, oppure essere associato a un termine di fantasia a cui deve fare
seguito il nome e il cognome dell’imprenditore (o le iniziali).
• Società in nome collettivo: il nome della società, in questo caso definito ragione sociale,

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deve contenere almeno il nome di uno dei soci e l’indicazione che si tratta di una S.n.c. Oltre
al nome di uno dei soci, puoi inserire il nome del prodotto venduto o del servizio offerto (ad
esempio “Impiantistica Idraulica di Tizio Caio”).
• Società in accomandita semplice: la ragione sociale deve contenere il nome di almeno uno
dei soci accomandatari, seguito dalla sigla S.a.s. Nel caso in cui il socio accomandante
chiede che anche il suo nome venga indicato, anche lui risponderà immediatamente nei
confronti di terzi, così come avviene per i soci accomandatari.
• Società a responsabilità limitata: in questo caso puoi scegliere liberamente il nome della
società srl, quindi non è necessario inserire il nome di un socio, ma la sigla S.r.l. deve essere
contenuta.
• Società per azioni: valgono le stesse disposizioni della società a responsabilità limitata,
ossia non è necessario inserire il nominativo di uno dei soci, ma la sigla S.p.a. deve essere
obbligatoriamente riportata.
• Società in accomandita per azioni: la ragione sociale della società in accomandita per azio-
ni deve essere costituita dal nome di almeno uno dei soci accomandatari, con l’indicazione
di società in accomandita per azioni, ossia S.a.p.A.
• Società Cooperativa: il nome, in qualunque modo formato, deve contenere l’indicazione di
società cooperativa, quindi non è obbligatorio inserire alcun nominativo. L’indicazione di co-
operativa non deve essere utilizzata da società che non hanno scopo mutualistico.

Verità, novità e liceità del nome


Altri tre criteri imposti dalla legge e da rispettare nel momento in cui scegli il nome della tua
società o azienda sono:

• Verità. È vietato indicare nel nome di un’azienda un’attività diversa da quella esercitata, per
non trarre in inganno i clienti, i fornitori e i concorrenti. Ad esempio, non puoi chiamare la
tua attività con un nome che richiama la produzione di tessuti, quando in realtà ti occupi di
meccanica.
• Novità. Devi scegliere un nome diverso da quello già posseduto da un tuo concorrente, per
eliminare il rischio di confusione sul mercato e tra i tuoi clienti. I tuoi concorrenti sono quelli
che:
• producono beni o servizi simili ai tuoi,
• si rivolgono alla stessa clientela,
• operano sul tuo stesso territorio.
Per assicurarti che il nome che desideri dare alla tua azienda non sia già stato scelto da
qualche concorrente, puoi consultare il Registro delle Imprese e l’Ufficio Italiano Brevetti. Fai
questi controlli con la dovuta attenzione, perché potresti rischiare sanzioni e procedimenti
legali.
• Liceità. Il nome della tua azienda non deve contrastare né con l’ordine pubblico, né con il
buon costume.

Fase creativa: scegli il nome della tua azienda in base a cosa vuoi comunicare

Ora che hai compreso i limiti entro cui puoi muoverti, è giunto il momento di trovare il nome della
tua azienda o società. Di seguito elenchiamo una serie di tecniche che ti possono tornare utili.

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• Nome dei fondatori. Puoi dare all’azienda il tuo nome, a cui aggiungere eventualmente quel-
lo degli altri fondatori o dei soci. Trasmette di certo una forte identità e la collega inequivo-
cabilmente a te e alla tua professionalità. Potrebbe diventare un limite nel momento in cui
decidi di cedere l’azienda a un’altra persona, che sia esso un compratore oppure un tuo ere-
de. Come abbiamo già visto, assegnare il tuo nome o di quello di uno dei soci è obbligatorio
se la tua Partita Iva è una ditta individuale, snc, sas o sapa.
• Descrizione del settore, dei prodotti e dei servizi. Per dare alla tua azienda o società un’i-
dentità forte e immediatamente comprensibile dai clienti, puoi dargli un nome che descrive
il settore in cui opera, oppure i prodotti e i servizi che offre. Questa scelta può diventare un
vincolo quando scegli di espandere il tuo campo d’attività, oppure di aggiungere nuovi pro-
dotti o servizi alla tua proposta commerciale.
• Aggettivi che descrivono i vantaggi offerti. Puoi attribuire alla tua azienda un nome che
mostra quali vantaggi offri ai tuoi clienti e ti distinguono dalla concorrenza. Ad esempio, il
nome “Pizza Fast” indica immediatamente che il tuo servizio di preparazione e consegna
delle pizze sarà più rapido rispetto a quello di una comune pizzeria. Assicurati però che la
caratteristica sia davvero distintiva della tua attività e che venga sempre rispettata, per non
trasmettere false aspettative.
• Nomi composti, abbreviazioni e acronimi. Se vuoi dare un nome originale alla tua azienda e
che non sia vincolante nel tempo, puoi ricorrere a diversi espedienti linguistici.
• Nome composto: puoi unire due termini nella loro forma intera, oppure selezionare solo
alcune sillabe. Ad esempio, TripAdvisor è l’unione di Trip + Advisor, mentre Netflix deriva
da “internet” e “flicks”.
• Abbreviazioni: consistono nella versione accorciata di un determinato termine o espres-
sione. Ad esempio, Lego è l’abbreviazione di “Leg Godt”, ossia “gioca bene” in Danese.
• Acronimi: sono composti dalle iniziali di alcuni termini selezionati. Ad esempio, IKEA è
l’acronimo di Ingvar Kamprad Elmtaryd e Agunnaryd, nome e cognome del fondatore,
della fattoria e del villaggio in cui viveva.
Questi nomi sono meno immediati rispetto a quelli creati con i metodi precedenti, quindi non
è automatico che i clienti riescano ad associarli a te e all’offerta della tua azienda o società.
Proprio per questo motivo, dovrai investire di più in marketing e pubblicità.
• Nomi totalmente inventati. Puoi anche decidere di inventare un nome, che sia del tutto origi-
nale, accattivante e persino ad effetto. Ad esempio, Spotify è un nome nato per caso. Anche
qui, come nel punto precedente, dovrai investire in marketing e pubblicità, affinché i clienti
riescano a collegare la denominazione con la tua attività e la tua offerta.
• Forme miste. Per superare i vincoli dei punti precedenti, puoi creare il nome della tua azien-
da combinando tra loro più metodi. Ad esempio, puoi inserire sia un termine inventato, sia la
tua tipologia di attività, come in “Il chiodo in testa - ferramenta”.

Una precisazione sui generatori di nomi


Oggi sono sempre più diffusi e utilizzati i generatori di nomi aziendali. Si tratta di siti web che, a
partire da un termine, ti restituiscono una serie di nomi con cui puoi chiamare la tua azienda.

A nostro parere possono tornare utili in una fase iniziale, come fonte di ispirazione.
Tuttavia, per giungere al nome finale, ti consigliamo di applicare i metodi che abbiamo illustrato
e sottoporre le tue ipotesi ai minimi criteri legali. Solo così riuscirai a creare un nome efficace e

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che non ti esponga a potenziali sanzioni.

Errori da evitare nella scelta del nome


Ora che hai seguito i nostri consigli e hai controllato le disposizioni legali, puoi scegliere il nome
da assegnare alla tua Partita Iva.
Aspetta un attimo: hai controllato di non aver commesso nessun errore? Ecco quelli più comuni:

• Scegliere nomi cacofonici, difficili da pronunciare e da ricordare. Prova a comunicare il


nome ad amici o conoscenti: se ti chiedono di fare uno spelling o di ripetere ciò che hai det-
to, allora è probabile che tu debba rivedere la tua scelta.
• Creare giochi di parole. Non è mai una buona idea inventare nomi che si prestano a doppi
sensi o creano confusione: potrebbero causarti dei problemi nel tempo.
• Utilizzare parole straniere in modo errato o tradotte approssimativamente. L’influenza di
altre lingue e culture potrebbe incentivarti a chiamare la tua azienda con un nome straniero.
Assicurati di utilizzare un termine idoneo, che si possa adattare al tuo settore e contesto, e
di tradurlo correttamente: non è mai positivo fare una brutta figura, soprattutto con il nome
di un’azienda, che abbiamo già visto essere molto importante.
• Seguire troppo le tendenze. Se rimani troppo fedele alle mode del momento, rischi di trovar-
ti con un nome aziendale che risulterà fuori luogo nei mesi o anni successivi. Ricordati, ad
esempio, di non focalizzarti mai su un prodotto o servizio di grande tendenza nel periodo in
cui decidi di aprire l’azienda: al calare della domanda di mercato, il tuo nome, prima di moda,
si trasformerà in un vincolo. Inoltre, non adottare alla lettera i canoni estetici del momento:
un nome lungo o straniero potrebbe funzionare in un primo momento, ma diventare mono-
tono con il trascorrere del tempo.
• Scegliere il nome senza assicurarsi il dominio web. La comunicazione online è fondamen-
tale per un’azienda, piccola o grande che sia, che vuole attirare clienti. Anche se non im-
mediatamente, probabilmente ti ritroverai a promuovere la tua attività tramite un sito web.
Prevedi questa opzione a monte: trova per la tua azienda un nome che corrisponda a un do-
minio web libero e registra oggi stesso quel dominio, per averlo a tua disposizione quando
deciderai di aprire un tuo sito.

Ora non ti ferma più nessuno: puoi creare un nome per la tua azienda davvero efficace. Lo sen-
tirai tuo e non te ne pentirai, anche a distanza di tempo.

Le scelte da compiere prima di aprire Partita IVA non sono finite qui: oltre al nome, c’è anche da
stabilire la sede aziendale. Non si tratta semplicemente di selezionare un edificio tra gli annunci
immobiliari, ma di avere la consapevolezza delle implicazioni che comporta questa decisione .

Quindi, cos’è la sede legale e dove collocarla? Cosa sono la sede operativa e amministrativa e in
cosa si differenziano da quella legale? Nel prossimo capitolo ti aiuteremo a rispondere a queste
domande.

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Partita Iva
Domande frequenti sulla scelta del nome dell’azienda

1. Come si può chiamare una ditta individuale?


Il nome della ditta individuale deve coincidere con quello dell’imprenditore, oppure essere asso-
ciato a un termine di fantasia a cui deve fare seguito il nome e il cognome dell’imprenditore (o
le iniziali).

2. Come si può chiamare una snc?


Il nome deve contenere almeno il nome di uno dei soci e l’indicazione che si tratta di una S.n.c.
Oltre al nome di uno dei soci, si può inserire il nome del prodotto venduto o del servizio offerto.

3. Come si può chiamare una società?


In base alla tipologia di società (snc, sas, srl, etc.), sono in vigore delle disposizioni legali che
forniscono delle precise indicazioni su cosa deve contenere il nome.

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Partita Iva
Sede legale
e operativa
di un’azienda:
cosa sono e
dove stabilirle
Cos’è la sede legale di un’azienda? Deve coincidere con
quella operativa? E quali sono le differenze con la sede
amministrativa? Leggi le risposte e tutto ciò che ti serve per
scegliere in modo consapevole la sede della tua azienda.

CAPITOLO 6
Tra i dati da indicare al momento di aprire Partita IVA, c’è la sede legale (o sociale). Cosa signifi-
ca esattamente? Dove posizionarla? Deve corrispondere a dove effettivamente si svolgeranno le
attività, quindi alla sede operativa? E che differenze ci sono con la sede amministrativa?

In questo capitolo spieghiamo i concetti essenziali in merito alla scelta della sede dell’azienda,
con le implicazioni che può avere sulla tua nuova Partita Iva.

Sede legale: cos’è e dove stabilirla


La sede legale (sede principale, oppure sede sociale per le società) è l’indirizzo di residenza
dove registri la tua attività professionale. Corrisponde al “centro degli affari”, dove gestisci
l’amministrazione della tua attività. Qui riceverai la notifica della corrispondenza legale.

Puoi stabilire la sede legale presso la tua abitazione o lo studio del tuo commercialista, ma
anche scegliere una sede legale virtuale o posizionarla presso un coworking.

La devi riportare nell’atto costitutivo e nello statuto della tua società e comunicarla al Registro
delle Imprese e all’Agenzia delle Entrate. Non hai l’obbligo di indicare l’indirizzo completo, ma
puoi limitarti anche al Comune.

Ti consigliamo di scegliere la sede legale con molta attenzione, perché:


• Può precludere l’accesso ad alcune agevolazioni. Oggi è sempre più diffusa la moda di
stabilire la sede legale in Svizzera, a San Marino o in altri stati con vantaggi fiscali; tuttavia
per aver diritto alle agevolazioni previste dallo Stato Italiano, ad esempio quelle sulle startup,
devi avere la sede legale in Italia.
• Può diventare un dato utile ai fini di marketing. Molte aziende decidono di posizionare la
propria sede legale in un luogo o in un indirizzo particolare per averne dei benefici a livello
di immagine. Ad esempio, avere la sede legale in via Montenapoleone a Milano restituisce
un’aura di prestigio, posizionarla nell’area in cui operi può trasmettere l’idea di radicamento
al territorio.
• Deve essere cambiata se ti sposti in un altro comune. Dovrai quindi aggiornare sia l’atto
costitutivo che lo statuto della tua società, oltre ad affrontare altri adempimenti burocratici,
ad esempio comunicare la variazione al Registro delle Imprese.

Sede operativa: cos’è


La sede operativa è il luogo in cui effettivamente svolgi la tua attività imprenditoriale. Il suo
indirizzo va comunicato alla Camera di Commercio competente.

Nell’accezione più tradizionale del termine, è un ufficio, una sede produttiva o un altro locale
adibito dove lavori tu, fai operare i dipendenti e ricevi i clienti. Può anche però essere la stanza
di casa tua dove hai stabilito il tuo piccolo ufficio o lo spazio di coworking che hai deciso di
affittare.

Differenza tra sede legale e sede operativa


Sede legale e sede operativa si riferiscono sostanzialmente a due luoghi dove si svolgono ope-
razioni diverse:

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• nella sede legale vengono prese decisioni a livello amministrativo,
• nella sede operativa vengono svolte le attività quotidiane dell’azienda.

Questi spazi possono coincidere, trovandosi allo stesso indirizzo e nel medesimo locale, oppure
no.

Inoltre, a differenza della sede legale, che è sempre e soltanto una, la sede operativa può essere
più di una. Ciò vuol dire che puoi stabilire quante sedi operative vuoi per svolgere al meglio la
tua attività.

Per chiarire meglio il concetto, facciamo un esempio. Un’azienda che produce giocattoli, a cui
daremo il nome di fantasia “Giocheria Srl”, si trova in via Delle Piave a Milano.

All’interno di un locale molto ampio è stata organizzata l’esposizione al pubblico, ma è anche


presente un piccolo ufficio per l’archiviazione dei documenti amministrativi e per discutere di
sconti, promozioni e per pianificare i turni lavorativi e le strategie di marketing.
In questo caso, lo spazio espositivo corrisponde alla sede operativa, mentre l’ufficio è la sede
legale. Trovandosi entrambe allo stesso indirizzo, possiamo dire che sede legale e operativa
coincidono.

Discorso diverso se l’ufficio si trova, ad esempio, in via Garibaldi a Milano. In questo caso, la sede
operativa di Giocheria Srl è in via Delle Piave, mentre la sede legale si posiziona in via Garibaldi.

Possono però esserci anche due spazi espositivi, in via delle Piave e in via Roma. In tale circo-
stanza, le sedi operative sono due, identificate con i rispettivi indirizzi, mentre la sede legale è
stabilita in via Garibaldi.

Sede amministrativa: definizione


La sede amministrativa è un modo diverso di definire la sede operativa.

Dove stabilire la sede operativa


Chiariti i principali concetti relativi alla sede aziendale, con definizioni e differenze, passiamo ad
alcuni consigli su dove stabilire la sede operativa, per soddisfare al meglio le esigenze della tua
attività.

1. Sede aziendale “tradizionale”


L’ufficio in un palazzo, oppure un capannone in un’area industriale: sono questi alcuni esempi
della classica sede aziendale.

Nel momento in cui decidi dove posizionarla, ti suggeriamo di non lasciarti guidare esclusiva-
mente dalla logica del prezzo più basso, di considerare anche altri criteri:

• Distanza dall’abitazione. Quanto è lontana la sede da dove abiti tu, i tuoi soci e i tuoi dipen-
denti? Calcola che dovrete percorrere quel tragitto spesso, se non ogni giorno: più è lungo e
più probabilmente arriverete in sede stanchi, con inevitabili ripercussioni negative sul lavoro.

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• Vicinanza alle fermate dei mezzi pubblici. La sede dell’azienda è raggiungibile con pullman,
treni e altri mezzi pubblici? Quanto dista la fermata più vicina? La comodità in questo senso
può tornare utile non solo a te, ai tuoi soci e ai tuoi dipendenti, ma anche ai tuoi clienti, che
potranno raggiungerti con più facilità.
• Parcheggi. Avere all’esterno un parcheggio ampio e gratuito è certamente un plus apprez-
zato da tutti, anche dai clienti.
• Comfort. Anche la vicinanza a ristoranti, bar e negozi è un fattore da considerare.
• Metratura. Quanto è spazioso il locale che stai valutando? Rispondi alla domanda non solo
in base al numero attuale dei tuoi dipendenti, ma anche sulle prospettive di ampliamento
del personale, almeno a breve termine. Cambiare sede aziendale è un costo e quindi è bene
prevenirlo.
• Struttura. Com’è configurato il locale che vorresti adibire a sede aziendale? Ha servizi igie-
nici, una zona pranzo e stanze da trasformare in sale riunioni? Prestare attenzione a questi
aspetti ti eviterà interventi in un secondo momento, che dovrai sostenere a tue spese.

2. Ufficio e produzione in casa


Avere un ufficio o una sede di produzione può diventare un costo insostenibile per un libero
professionista, una ditta individuale o un’attività da poco avviata. Ecco perché molti decidono di
stabilire la sede produttiva all’interno della propria casa.

Puoi trasformare una stanza in un ufficio oppure un garage in uno spazio produttivo, dove non
solo lavorare, ma anche accogliere i clienti.

Tuttavia questa scelta potrebbe renderti difficile separare la vita lavorativa da quella privata,
con ripercussioni sulla concentrazione e sul rendimento.

3. Coworking (ufficio condiviso)


Per superare le difficoltà insite nel lavoro da casa, puoi ricorrere al coworking. Il coworking è uno
spazio condiviso dove puoi stabilire il tuo ufficio.

Tra i vantaggi principali di questa scelta, ci sono:


• costi limitati, certamente inferiori a quelli di una sede aziendale tradizionale;
• flessibilità: puoi decidere di affittare il tuo spazio per cinque giorni alla settimana oppure per
poche ore, in base alle tue necessità;
• compresenza: per definizione il coworking è uno spazio condiviso tra più persone. Potrai
incontrare professionisti che operano nel tuo stesso settore, oppure in uno totalmente diffe-
rente; in ogni caso, potrai stringere con loro relazioni in grado di arricchirti non solo dal punto
di vista personale, ma anche professionale.

La tua azienda è sempre più definita: dopo aver scelto il nome (ragione o denominazione socia-
le) hai anche capito dove posizionare sede legale e sede operativa.

Ci sono altre decisioni però da prendere prima di aprire Partita Iva. Una di queste è quella del
regime fiscale: nel prossimo capitolo troverai informazioni preziose in merito.

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Partita Iva
Domande frequenti su sede legale e sede operativa

1. Cos’è la sede legale?


La sede legale è l’indirizzo dove registri la tua attività professionale e, di solito, gestisci l’ammi-
nistrazione della tua attività.

2. Dove stabilire la sede legale?


Puoi stabilire la sede legale presso la tua abitazione, lo studio del tuo commercialista, posizio-
narla presso un coworking, oppure scegliere una sede legale virtuale. Inoltre, puoi posizionarla
in Italia o all’estero.

3. Che cosa si intende per sede operativa?


La sede operativa è il luogo in cui si svolgono le attività quotidiane dell’impresa, lavorano i di-
pendenti e si ricevono i clienti.

4. Che differenza c’è tra sede legale e sede operativa?


Nella sede legale solitamente si stabiliscono le scelte strategiche e amministrative dell’azien-
da, mentre nella sede operativa si svolgono le attività quotidiane. La sede legale è una sola,
mentre possono esserci più sedi operative.

33
PG.

Guida per aprire


Partita Iva
Regime fiscale per
Partita Iva: cos’è,
tipologie e quale
scegliere
La scelta del regime fiscale e contabile è un passo molto
importante per chi apre la partita IVA. Scopriamo i pro
e i contro dei tre regimi a tua disposizione: forfettario,
semplificato e ordinario.

CAPITOLO 7
Tra le varie scelte da compiere prima di aprire la Partita Iva, rientra quella del regime fiscale e
contabile.
Come le altre viste nei capitoli precedenti, anche questa decisione è da prendere con molta
attenzione e, ti consigliamo, con l’aiuto di un Commercialista. Infatti, in base al regime fiscale
scelto, dovrai seguire regole e obblighi ben precisi nella gestione della tua Partita Iva.

Cosa s’intende con regime fiscale? E quali sono i regimi fiscali previsti dall’ordinamento italiano?
In questo capitolo rispondiamo alle varie domande, fornendoti le informazioni essenziali sull’ar-
gomento e indicazioni per l’approfondimento.

Cos’è un regime fiscale?


Il regime fiscale è l’insieme delle regole fiscali e contabili da rispettare per essere in regola con
il fisco e con la legge.

In base alle caratteristiche di un’attività, a quelle personali e alla scelta della forma giuridica che
vuoi adottare, puoi scegliere uno tra i vari regimi.

La scelta del regime influenza direttamente alcuni aspetti della gestione della partita IVA.

Ad esempio, se scegli il regime forfettario, operi con un’unica aliquota e pagherai il 15% di impo-
ste su una base imponibile calcolata in modo forfettario.

Invece, se scegli quello ordinario, dovrai pagare tasse quali l’IRPEF o l’IRES e l’IRAP (ne parliamo
in modo approfondito nel capitolo dedicato alle tasse per Partita Iva) .

Regime ordinario e semplificato: cosa sono?


Tra i tipi di regime previsti dall’ordinamento italiano ci sono il regime ordinario e il regime sem-
plificato.

Il regime ordinario è obbligatorio per:


• le società di capitali
• le società di persone che nell’anno precedente hanno conseguito ricavi superiori a 500.000
euro nel caso di prestazione di servizi e a 800.000 euro in caso di altre attività.

Con questo regime viene richiesta una contabilità articolata e diversi registri sia da tenere che
da presentare alle autorità competenti.

Il regime semplificato è, invece, un regime che riduce notevolmente gli obblighi contabili per le
attività che rientrano entro un certo limite di volume di affari.
Il vantaggio di questo regime consiste nella sua semplicità di applicazione, che rende in questo
modo la gestione della tua Partita IVA molto meno onerosa.

Per rientrare nel regime semplificato, la tua ditta individuale o società di persone deve avere un
limite di ricavi di 500.000 euro nell’ambito dei servizi e un limite di ricavi di 800.000 euro se la
tua attività si occupa di altro.

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PG.

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Partita Iva
Approfondiamo l’argomento nel capitolo successivo, dedicato interamente al regime ordinario
e semplificato.

Regime fiscale forfettario: cos’è?


Il regime fiscale forfettario, che viene disciplinato dalla Legge n. 190/2014 e modifiche succes-
sive, è un regime agevolato dedicato a tutti coloro che hanno Partita Iva individuale.

Se rientri nella categoria di chi ha Partita Iva individuale e vuoi avviare una nuova attività oppure
ne hai già una in possesso, puoi avvalerti del regime forfettario, purché rispetti determinati re-
quisiti. Tra questi, i ricavi o compensi percepiti nell’anno precedente, che devono rientrare nel
limite di 85.000 euro.

Per quanto riguarda la tassazione, è prevista un’imposta sostitutiva pari al 15% del reddito impo-
nibile che, per i primi 5 anni di attività e a determinate condizioni, si riduce al 5%.

A livello di semplificazione contabili e fiscali, non hai l’obbligo di tenuta delle scritture contabili,
né di applicazione, liquidazione e versamento dell’IVA e non devi operare ritenute d’acconto.

Infine, artigiani e commercianti possono chiedere la riduzione del 35% dei contributi INPS da
pagare in un anno.

Per scoprire tutto su questo regime fiscale, leggi la guida completa di Fatture in Cloud al regime
forfettario.

Quale regime scegliere e perché è importante farlo con attenzione?


Quale regime conviene scegliere: ordinario, semplificato o forfettario? Non esiste una risposta
valida per tutti i casi.

Come abbiamo detto in precedenza, puoi accedere a determinati regimi solo se rispetti determi-
nati requisiti, tra cui rientrare in certi limiti di ricavi o compensi.

Inoltre, prima di decidere quale regime adottare, dovrai anche considerare il codice ATECO del-
la tua attività. Si tratta di un codice alfanumerico utilizzato per la classificazione delle attività
economiche e che deve essere indicato nella domanda di apertura della Partita IVA. Il codice
ATECO è fondamentale perché, soprattutto in regime forfettario, le tasse da versare vengono
calcolate in base al coefficiente di redditività associato a tale codice.

Come vedi, non è facile affermare quale sia il regime migliore per te, poiché i fattori da prendere
in considerazione sono diversi.
Per questo motivo, il nostro consiglio è di aprire partita IVA con un Commercialista, che, grazie
alle sue competenze ed esperienze, potrà aiutarti nella scelta.

Nel prossimo capitolo approfondiremo due dei regimi che abbiamo appena esaminato: il regime
ordinario e il regime semplificato.

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PG.

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Partita Iva
Domande frequenti sul regime fiscale

1. Cos’è un regime fiscale?


Il Regime Fiscale è l’insieme di regole fiscali e contabili da seguire per essere in regola con il
fisco e con la legge.

2. Quali sono le tipologie di regime fiscale e contabile?


I principali regimi in vigore in Italia sono il regime ordinario, il regime semplificato e il regime
forfettario.

3. Quale regime conviene?


Non esiste una risposta univoca. La convenienza di un regime, infatti, dipende da vari fattori,
come i ricavi o compensi che pensi di percepire e la stima dei costi da sostenere per gestire
l’attività.

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PG.

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Partita Iva
Regime ordinario e
regime semplificato:
tassazione e
contabilità
Regime ordinario e semplificato sono due dei regimi che
puoi scegliere per la tua Partita Iva. Vediamo caratteristiche,
tassazione e contabilità previste per ognuno e quando puoi
applicare il regime semplificato.

CAPITOLO 7b
Regime ordinario e semplificato sono due dei regimi fiscali e contabili ad oggi in vigore in Italia
che puoi applicare alla tua Partita IVA.

Sono diversi tra di loro e si distinguono per i requisiti d’accesso, i documenti da redigere, la tas-
sazione prevista, gli obblighi e le regole da rispettare. Vediamo quindi in cosa consistono, quale
è il più conveniente e quando puoi scegliere tra uno e l’altro.

Regime ordinario: obbligo, tassazione e adempimenti


Il regime ordinario è obbligatorio per le società di capitali e facoltativo per le società di persone
e ditte individuali che nell’anno precedente non abbiano conseguito ricavi superiori a:
• 500.000 €, nel caso di prestazione di servizi;
• 800.000 €, negli altri casi.
Superati questi limiti il regime ordinario diventa obbligatorio anche per le società di persone.

Tassazione nel regime ordinario


Le imposte previste nel regime ordinario sono le seguenti:
• le persone fisiche pagano l’IRPEF;
• per il reddito annuo societario si paga l’IRES;
• dal 1° gennaio 2022 soltanto sulle società viene applicata l’IRAP (Imposta Regionale sulle
Attività Produttrici);
• su tutte le fatture passive e attive si paga l’IVA.

Approfondiremo IRPEF, IRES e IRAP nel capitolo dedicato alla tassazione delle Partite IVA.

Inoltre, per il calcolo delle tasse nel regime ordinario vengono applicati una serie di parametri:
• il principio di competenza;
• i costi deducibili: nel regime ordinario è possibile dedurre diversi costi relativi alla gestione
dell’attività, concorrendo all’abbassamento del reddito imponibile;
• il sistema di proporzionalità.

Contabilità e adempimenti del regime ordinario


La contabilità di una Partita IVA in regime ordinario prevede alcuni adempimenti obbligatori, tra
cui:
• fatturazione elettronica,
• applicazione dell’IVA in fattura,
• dichiarazione IVA, una comunicazione telematica annuale da inviare all’Agenzia delle Entra-
te,
• il versamento dell’IVA, a cadenza mensile o trimestrale,
• compilazione di libri e registri contabili.

Fatturazione elettronica in regime ordinario


A partire dal 1° gennaio 2019 la fatturazione elettronica è diventata obbligatoria per tutti i con-
tribuenti in regime ordinario.

Tra i pochi soggetti esclusi, rientrano coloro che sono tenuti all’invio dei dati al Sistema Tessera

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PG.

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Partita Iva
Sanitaria. Per loro, infatti, vige il un divieto di fatturazione elettronica.

Per ulteriori informazioni, leggi l’approfondimento sull’obbligo di fatturazione elettronica.

Regime semplificato: requisiti, tassazione e adempimenti


Il regime semplificato ha la funzione esclusiva di monitorare l’andamento economico di un’at-
tività.

Dopo il regime forfettario, questo è il regime fiscale meno dispendioso, soprattutto in termini di
adempimenti burocratici.

Vi possono rientrare tutte le imprese individuali e le società di persone se i loro ricavi nell’arco
di un anno solare non superano i seguenti limiti:
• 500.000 € per le prestazioni di servizi;
• 800.000 € per tutte le altre attività.

I professionisti, invece, non hanno invece alcun limite di ricavi da rispettare per accedere a que-
sto regime.

Al momento dell’apertura della Partita IVA, puoi entrare nel regime contabile semplificato se, al
momento dell’istanza per l’attribuzione del numero di partita IVA, indichi un volume d’affari pre-
sunto che non supera le soglie di ricavi elencate sopra. Se la tua impresa svolge più di un’attività,
si prenderà in considerazione l’attività prevalente, ovvero quella che produce il maggior ricavo.

Tassazione nel regime semplificato


Premesso che nel regime semplificato le imposte sono uguali a quelle del regime ordinario, le
aliquote di tassazione variano partendo dalla percentuale minima del 23% a quella massima del
43% in base alla fascia di reddito.

La tassazione viene determinata in modo progressivo, basandosi sulle aliquote IRPEF in vigore.

Per ulteriori dettagli, leggi l’articolo sulle tasse per Partita IVA.

Contabilità e adempimenti del regime semplificato


La caratteristica principale della contabilità nel regime semplificato rispetto a quella del regime
ordinario è la sua semplificazione.

Infatti, nel regime semplificato non hai l’obbligo di redigere a fine anno il bilancio e una serie di
scritture contabili.

Invece, gli obblighi di contabilità in questo regime prevedono:


• la tenuta del registro dei beni ammortizzabili;
• la tenuta del registro IVA;
• la tenuta del registro degli incassi dei pagamenti;
• la tenuta del libro unico del lavoro.

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PG.

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Partita Iva
Inoltre, anche nel regime semplificato la fattura elettronica è obbligatoria.

Regime ordinario o semplificato: quale scegliere?


È difficile dare una risposta valida in assoluto.

I fattori da prendere in considerazione sono tre:


• la forma giuridica che intendi adottare, ossia individuale (impresa o professionista) o asso-
ciata (società di capitali, di persone e società tra professionisti);
• il volume di affari presunto, ossia quello che comprende tutte le operazioni attive;
• la possibilità di avvalersi di agevolazioni per il calcolo delle imposte e per la tenuta dei regi-
stri contabili.

In base a queste variabili puoi stabilire se ti conviene il regime ordinario oppure quello semplifi-
cato. Il nostro consiglio è comunque di rivolgersi a un Commercialista, che saprà indirizzarti sul
regime fiscale più conveniente per la tua attività.

Dopo aver scelto la forma giuridica, il nome dell’azienda, la sede legale e il regime fiscale, hai
tutto ciò che ti serve per affrontare il momento tanto atteso: quello di aprire la tua Partita IVA.
Nel prossimo capitolo vedremo come fare, con tutti i passaggi da seguire per completare questa
operazione.

Domande frequenti su regime ordinario e semplificato

1. Che cos’è il regime ordinario?


Il regime ordinario è un regime obbligatorio per le società di capitali e facoltativo per le società
di persone e ditte individuali che nell’anno precedente hanno conseguito ricavi inferiori a deter-
minati limiti. Comporta diversi adempimenti contabili obbligatori ed è sottoposto a IRPEF, IRAP
e altre imposte.

2. Cosa si intende per regime semplificato?


Il regime semplificato è un regime fiscale che ha la funzione esclusiva di monitorare l’andamen-
to economico di un’attività e prevede un numero più limitato di adempimenti burocratici rispetto
al regime ordinario.

3. Quando si può fare la contabilità semplificata?


Possono rientrare nel regime semplificato tutte le imprese individuali e le società di persone i
cui ricavi in un anno solare non superano i 500.000 € per le prestazioni di servizi e i 800.000 € in
caso di tutte le altre attività.

4. Che differenza c’è tra regime ordinario e regime semplificato?


Il regime semplificato impone meno adempimenti burocratici rispetto al regime ordinario. Ad
esempio, adottando la contabilità semplificata non vi è l’obbligo di redigere il bilancio e il libro
degli inventari.

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PG.

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Partita Iva
Aprire Partita Iva:
come si fa e
quanto costa?
L’apertura di una Partita Iva ha una procedura ben precisa da
seguire e può richiedere di sostenere delle spese. Vediamo
quali documenti servono, dove aprirla, quanto tempo richiede
e quanto costa aprire Partita Iva.

CAPITOLO 8
Ci siamo, è arrivato il momento tanto atteso: quello di aprire la tua nuova Partita IVA.

La procedura di per sé è abbastanza semplice e il costo pari a zero. Infatti, per la richiesta di
apertura della Partita Iva è sufficiente compilare uno dei modelli messi a disposizione dall’Agen-
zia delle Entrate e inviarlo all’Agenzia stessa.

Tuttavia, tale procedura può complicarsi e i costi aumentare, perché:


• prima di aprire Partita Iva bisogna compiere delle scelte a monte e i moduli possono risul-
tare difficili da compilare. Può quindi diventare necessario chiedere supporto a una figura
esperta, quale il Commercialista o un CAF;
• Per determinate professioni è obbligatoria l’iscrizione ad albo o alla Camera di Commercio,
dovendo sostenere delle spese.

In questo capitolo ti mostreremo il percorso che porta all’apertura della Partita Iva e aiutandoti
ad affrontarlo al meglio.

Cosa fare prima di aprire Partita Iva

1. Requisiti
Se vuoi aprire la partita IVA in Italia, devi assicurarti di rispettare i seguenti requisiti:
• avere almeno 18 anni;
• possedere requisiti psichici, ossia la capacità di intendere e di volere.
• risiedere sul suolo italiano;
• soddisfare i requisiti specifici richiesti dalla specifica professione o settore in cui vuoi av-
viare la tua attività.

Abbiamo approfondito questi e altri requisiti nel capitolo “requisiti per aprire partita IVA”.

2. Forma giuridica
Prima di aprire la partita IVA, devi scegliere la forma giuridica della tua attività. La decisione deve
essere presa in modo ponderato, poiché ci sono diversi elementi da considerare, ossia:
• dimensioni dell’azienda,
• giro d’affari,
• settore di attività,
• responsabilità giuridica degli eventuali soci,
• capitale iniziale.

Una volta quantificato e valutato quanto detto sopra, potrai scegliere tra:
• ditta individuale: impresa familiare o Impresa coniugale,
• società di persone: Società in Accomandita Semplice, Società Semplice (la quale tuttavia
può avere ad oggetto esclusivamente l’esercizio di un’attività economica non commerciale),
Società in Nome Collettivo,
• società di capitali (Società a responsabilità limitata, Società per Azioni, Società in accoman-
dita per azioni),
• cooperative.

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PG.

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Partita Iva
Puoi trovare spiegate queste forme giuridiche, con le loro caratteristiche, i pro e i contro nel ca-
pitolo “Forma giuridica​: cos’è e quale scegliere”.

3. Regime contabile e fiscale


Un’altra scelta da compiere prima dell’apertura della Partita Iva è quella del regime contabile e
fiscale.

In Italia attualmente sono in vigore tre regimi:


• Regime Forfettario: è l’unico agevolato, con una tassazione ridotta al 15% e una serie di
semplificazioni che lo rendono conveniente, soprattutto per le attività più piccole.
• Regime Semplificato: che offre diverse semplificazioni, tra cui l’esonero dalla redazione del
bilancio e di una serie di scritture contabili.
• Regime Ordinario, con cui dovrai adempiere a vari obblighi e adempimenti, tra cui la compi-
lazione del bilancio annuale, di registri e di libri contabili .

Trovi una descrizione più approfondita degli ultimi due regimi fiscali nel capitolo “Regime ordi-
nario e regime semplificato: dettagli e differenze”

Per decidere se aprire partita Iva in regime forfettario, semplificato oppure ordinario, ci sono
alcuni fattori da tenere in considerazione, tra cui:
• il reddito d’impresa che prevedi di raggiungere, poiché va a incidere direttamente sui requi-
siti di ogni regime fiscale;
• i costi da sostenere: in linea di massima, più aumentano le tue spese più diventa convenien-
te il regime ordinario rispetto a quello forfettario.

4. Codice ATECO
Tra le tante decisioni da prendere, una riguarda il codice ATECO per la partita Iva. Si tratta di un
codice alfanumerico usato per classificare le attività economiche in Italia e adottato dall’ISTAT
per rilevare le statistiche nazionali in ambito economico.

Puoi trovare il codice ATECO relativo alla tua attività economica sul sito ufficiale dell’ISTAT. Qui,
una volta inserite le parole chiave inerenti alla tua attività, puoi identificare quale codice (uno o
più di uno) descrive meglio ciò che desideri fare.

Questo codice è essenziale per aprire una qualsiasi attività economica, poiché la classifica dal
punto di vista fiscale e ha un’enorme rilevanza quando bisogna calcolare i contributi.

Il codice ATECO è fondamentale anche:


• ai fini dei bonus statali e delle agevolazioni fiscali.
• Per la sicurezza sul lavoro, poiché a ogni codice viene attribuita una determinata fascia di
rischio da cui poi definire le misure di prevenzione, protezione e sicurezza dei lavoratori, ma
anche l’adeguata formazione sulla sicurezza e sulla salute sui posti di lavoro.
• Per il calcolo del reddito imponibile nel regime forfettario: infatti, in base al codice ATECO
che sceglierai, avrai un coefficiente di redditività ben definito e da applicare ai ricavi.

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PG.

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Partita Iva
Se sbagli la scelta del codice ATECO, la tua attività non solo può venire inquadrata in modo
erroneo in ambito fiscale e contributivo, ma anche essere resa incompatibile con l’iscrizione
obbligatoria a un ordine per poter esercitare professionalmente il tuo lavoro.

Per questo motivo, ti consigliamo di chiedere riscontro a un Commercialista.

La procedura di apertura della Partita Iva


Ora che abbiamo visto le valutazioni da fare e le scelte da compiere prima di aprire Partita Iva,
passiamo alla procedura vera e propria per completare questa operazione.

1. I documenti per aprire Partita Iva


La richiesta di apertura della partita IVA è corredata da diversi documenti, che vanno in base al
tipo di richiesta.

Innanzitutto, dovrai compilare il modello, scegliendo tra


• Modello AA9/12 per le persone fisiche,
• Modello AA7/10 per soggetti diversi da persone fisiche.

I modelli sono reperibili gratuitamente sul sito dell’Agenzia delle Entrate o in una delle sue sedi
fisiche.

Una volta compilato il modello, dovrai consegnarlo all’Agenzia delle Entrate entro 30 giorni dalla
data di inizio attività.

Se hai l’obbligo di iscriverti al Registro delle imprese (perché rientri in queste condizioni) o al REA
(ad esempio, per aprire un negozio), dovrai presentare invece la Comunicazione Unica (modello
ComUnica), un documento che ti permette di adempiere a quattro doveri amministrativi:
• iscrizione al Registro delle Imprese;
• richiesta dell’apertura della partita IVA;
• presentazione della SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) al competente ufficio
SUAP (Sportello Unico delle Attività Produttive) per le attività che sono soggette a questo
adempimento (come un sito di e-commerce);
• iscrizione all’INPS e all’INAIL, se richiesto.

2. Dove aprire Partita Iva


Puoi decidere di compilare e inoltrare la richiesta di apertura della Partita Iva:
• Online: registrandoti a Fisconline per l’invio telematico del modulo.
• Tramite CAF, che ti può supportare nello svolgere le pratiche.
• Con il Commercialista, che ti guida non solo nella procedura, ma in generale a compiere le
scelte migliori per avviare e gestire la tua Partita IVA.

3. Le tempistiche di apertura
Il rilascio della Partita IVA avviene di solito in tempi brevi, anche nel giro di qualche ora. L’iscri-
zione in Camera di Commercio può richiedere tempi più lunghi.

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PG.

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Partita Iva
I costi di apertura di una Partita Iva
I costi da sostenere per aprire Partita Iva dipendono dalla tipologia di attività che intendi avviare.

Ad esempio, se sei un libero professionista che esercita un’attività non regolamentata da albo,
dovrai semplicemente presentare in forma gratuita presso l’Agenzia delle Entrate il modulo di
apertura della Partita Iva (in questo caso il modello AA9/12). In questo caso, gli eventuali costi
potrebbero essere connessi al compenso richiesto dal Commercialista o al prezzo di listino del
CAF che ti supporta nella pratica.

Invece, se sei un professionista che esercita un’attività protetta, (notaio, architetto, avvocato,
etc.), insieme alla richiesta da presentare all’Agenzia delle Entrate, devi anche iscriverti all’albo
di appartenenza a seconda della professione che svolgi, sostenendo i costi di iscrizione inerenti,
i quali variano da albo ad albo.

Inoltre, sono previsti dei costi per l’iscrizione al Registro delle Imprese, quindi alla Camera di
Commercio.

Dopo aver presentato i documenti e atteso i tempi tecnici necessari, la tua Partita Iva è finalmen-
te aperta. Attenzione, però, gli adempimenti non sono finiti qui: ce ne sono alcuni che potrebbero
esserti richiesti in un secondo momento. Approfondiremo l’argomento nel capitolo 9, dedicato
agli adempimenti dopo l’apertura della Partita Iva. Prima però rispondiamo a una domanda che
molti aspiranti imprenditori e imprenditrici si pongono: perché rivolgersi a un Commercialista
per aprire partita IVA?

Domande frequenti su come aprire Partita Iva

1. Come si fa ad aprire la partita Iva?


È necessario compilare e inoltrare all’Agenzia delle Entrate il modello di richiesta di apertura
della Partita Iva (Modello AA9/12, AA7/10), oppure presentare il modello ComUnica, in caso di
obbligo di iscrizione al Registro delle Imprese.

2. Quali documenti servono per aprire partita IVA?


Servono carta d’identità, codice fiscale e uno tra i modelli AA9/12, AA7/10 o ComUnica.

3. Quanto tempo serve per aprire partita IVA?


Il rilascio della Partita IVA avviene di solito in tempi brevi, anche in poche ore. L’iscrizione in Ca-
mera di Commercio invece può richiedere alcuni giorni.

4. Dove andare ad aprire Partita IVA?


Puoi aprirla online, oppure rivolgerti a un CAF o a un Commercialista per ricevere supporto.

5. Quanto costa aprire partita IVA?


La presentazione del modello di richiesta di apertura è gratuito. Tra i costi da considerare in fase
di apertura, vi sono: iscrizione all’albo professionale di appartenenza, iscrizione al Registro delle
Imprese, compenso per il Commercialista e prezzo del servizio CAF.

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PG.

Guida per aprire


Partita Iva
Aprire Partita Iva
con il Commercialista:
perché conviene
Si può aprire Partita Iva da soli e online, oppure chiedere
supporto a Caf o ad associazioni di categoria. Perché è
meglio invece affidarsi a un Commercialista? Quali vantaggi
può portare la sua consulenza?

CAPITOLO 9
Quando si sente parlare di adempimenti burocratici, contabili e fiscali, il pensiero va inevitabil-
mente alle lunghe code, alle scartoffie, alle tempistiche lunghe e alle risposte poco esaurienti.
Questo vale sempre, in qualsiasi momento della vita della tua attività, ma ancor di più in fase di
apertura della Partita Iva.

Perché aprire la partita IVA con il Commercialista? Le motivazioni sono molteplici:


• le domande possono essere molte ed è fondamentale ottenere risposte chiare e precise e
specifiche per il caso, che solo un esperto può fornire;
• affidarsi a un professionista eviterà di compiere scelte non idonee all’attività che vuoi intra-
prendere e di incorrere in sanzioni.

Prima di entrare nel merito, però, proviamo a vagliare le altre strade a tua disposizione per l’a-
pertura della partita IVA.

Aprire Partita Iva da soli: cosa comporta


Se decidi di aprire la partita IVA senza commercialista, dovrai compiere in autonomia alcune
scelte che influiranno sulla gestione della tua attività.
In particolare, dovrai decidere da solo/a:
• il codice ATECO, ossia la sequenza di 6 cifre che inquadra l’attività svolta e influisce sul cal-
colo dei contributi, sull’accesso ad agevolazioni e su altre operazioni contabili;
• la forma giuridica;
• il nome dell’azienda, prestando attenzione a non violare le disposizioni legali;
• il regime fiscale tra ordinario, semplificato o forfettario;

Inoltre, sempre in autonomia dovrai compilare e inviare all’Agenzia delle Entrate il modello per
l’apertura della Partita Iva (scegliendo tra AA9/12, AA7/10 o ANR/3), oppure presentare la Co-
municazione Unica (ComUnica). Abbiamo parlato di questi documenti nel capitolo sulla proce-
dura per aprire Partita Iva.

Come vedi, aprire la partita Iva da soli non è semplice e comporta molta attenzione, poiché un
solo errore potrebbe compromettere l’iter.

Ovviamente, il vantaggio è l’assenza di costi inerenti al compenso del Commercialista, ma vale


veramente la pena risparmiare col rischio di commettere errori?

Aprire Partita Iva tramite CAF


Un’alternativa ad aprire Partita Iva da soli è rivolgersi a un CAF, che ti può fornire aiuto nello
svolgere le pratiche.

Dovrai sostenere dei costi, in base a un tariffario che può variare da ufficio a ufficio.

Aprire Partita Iva agricola con la Coldiretti


Se intendi avviare un’attività nell’ambito agricolo, sia come azienda che come libero professioni-
sta, puoi aprire partita iva agricola con l’aiuto della Coldiretti.

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PG.

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Partita Iva
La Coldiretti (Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti) è la maggiore associazione che rap-
presenta e assiste l’agricoltura italiana.

Perché rivolgersi al Commercialista per l’apertura della partita IVA?

Anche se l’apertura della partita IVA è un’operazione di per sé abbastanza semplice, non si tratta
però di un atto unico fine a sé stesso.

Ci sono delle scelte da fare sia prima che dopo, che richiedono una valutazione molto attenta.
Quindi, ciò che in apparenza può sembrare semplice improvvisamente può trasformarsi in qual-
cosa di complicato, poiché i fattori da valutare sono tanti.

Il Commercialista ti può aiutare a risolvere molte questioni, ad esempio:


• stabilire il codice ATECO corretto per la tua attività (può essere anche più di uno) e capire
con precisione cosa si può o non si può fare con ciascun codice;
• scegliere la forma giuridica più idonea per la tua attività, aspetto determinante, tra l’altro,
per prevedere e calibrare il carico fiscale e contributivo;
• optare per il regime fiscale che meglio si adatta alla tua situazione;
• assegnare alla tua azienda un nome unico (non già utilizzato da altri) e che non violi alcuna
disposizione legale;
• compilare le pratiche per l’apertura della partita Iva (l’iscrizione al Registro delle Imprese, la
SCIA), spesso molto tecniche e complesse;
• svolgere pratiche e adempimenti;
• e tante altre ancora.

L’aiuto del Commercialista per la gestione della Partita Iva


Oltre che in fase di apertura della partita Iva, l’aiuto del Commercialista è prezioso anche succes-
sivamente e nella gestione quotidiana di un’azienda.

Ad esempio, il Commercialista assume un ruolo attivo nell’individuare e suggerire forme di so-


stegno per la tua impresa, fornendoti grande aiuto nelle procedure per accedervi.

Questo grazie alle sue competenze e conoscenze, che gli permettono di interpretare al meglio le
normative locali di riferimento, quelle nazionali, regionali o comunitarie in materia di contributi.

Stiamo parlando di quella che viene definita finanza agevolata, ossia tutti i provvedimenti nor-
mativi che definiscono le agevolazioni fiscali, economiche e finanziarie a favore delle imprese.
Oltre alle detrazioni e agli incentivi fiscali, queste forme di contributo rappresentano un valido
aiuto per un’impresa che attraversa un periodo di difficoltà o che intende espandersi.

Inoltre il Commercialista può anche formulare dei giudizi per quanto riguarda il bilancio ai fini
dell’accesso e riconoscimento di finanziamenti o contributi pubblici.

Non solo: sempre grazie alle sue competenze, al suo modo di operare che si basa sui dati e
al suo punto di vista di consulente esterno, può fornire una valutazione generale dello stato di

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PG.

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Partita Iva
salute della tua impresa, aiutandoti a gestire la tua attività nel modo migliore. È in grado di ana-
lizzare in modo accurato il bilancio d’impresa, ma anche predisporre e diffondere delle ricerche
e degli studi di analisi finanziaria con previsioni dettagliate sull’andamento futuro, che possono
fornire un consiglio d’investimento.

Costo del servizio di un commercialista: i fattori che lo determinano


Quanto costa aprire partita IVA con il Commercialista?
L’importo può variare in base a:
• prestazioni erogate: ad esempio, la scelta di un regime fiscale anziché un altro, comporterà
degli obblighi fiscali e contabili diversi, di conseguenza dei costi differenti;
• tariffa oraria e listino prezzi applicati dal singolo professionista.

Qualsiasi sia il prezzo, affidarsi a un Commercialista conviene sempre, per evitare errori e scelte
sbagliate che potrebbero costare caro.

Domande frequenti su aprire Partita Iva con il Commercialista

1. Come aprire una partita iva senza Commercialista?


Si può aprire Partita da soli, senza l’ausilio di un Commercialista. Tuttavia, le scelte da prendere
sono molte e spesso richiedono competenze tecniche; per questo motivo, è elevata la possibi-
lità di prendere decisioni non idonee e di incorrere in errori, che possono ripercuotersi sull’atti-
vità anche nel lungo periodo.

2. Quanto costa aprire una Partita IVA dal commercialista?


Il costo dipende sia dalle prestazioni erogate (che variano in riferimento al regime fiscale adot-
tato), sia dalla tariffa oraria e dal listino applicati dal singolo professionista.

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PG.

Guida per aprire


Partita Iva
Adempimenti
successivi
all’apertura
di una Partita Iva:
quali sono?
Esistono degli adempimenti da svolgere contestualmente
o subito dopo l’apertura della Partita Iva, per evitare
problematiche di vario tipo e possibili sanzioni.
Vediamo i principali.

CAPITOLO 10
Ci sono degli adempimenti, contestuali o immediatamente successivi ad aprire Partita Iva, da
portare a termine prima di iniziare la tua attività d’impresa o di libero professionista. Andiamo a
vedere con ordine quali sono i principali.

Iscrizione al Registro delle Imprese


Il primo tra gli adempimenti è l’iscrizione al Registro delle Imprese, che avviene nei termini se-
guenti:
• per un’impresa commerciale, entro 30 giorni dall’inizio dell’attività;
• per le società di persone, entro 30 giorni da quando viene stipulato l’atto costitutivo;
• per le società di capitali, entro 20 giorni dalla stipula dell’atto costitutivo.

Nel caso in cui il termine cade di sabato oppure in un giorno festivo, il termine viene prorogato al
primo giorno successivo lavorativo.

Sono obbligati ad iscriversi al Registro delle Imprese determinate categorie di Partite Iva, come
i commercianti o gli artigiani. In caso di omissione o ritardo nell’iscrizione obbligatoria, sono
previste sanzioni.

Puoi iscriverti al Registro delle Imprese usando la ComUnica (Comunicazione Unica d’Impresa).

Questo documento ti permette non solo l’iscrizione al Registro delle Imprese, ma anche di:
• richiedere l’apertura della partita iva,
• eseguire gli adempimenti amministrativi previdenziali, fiscali e assicurativi necessari per
avviare l’impresa (Agenzia delle Entrate, INPS, INAIL, Registro imprese e Albo artigiani, Mi-
nistero del Lavoro).

Iscrizione all’INPS o a una Cassa Professionale


Per la copertura previdenziale e il versamento dei contributi, bisogna iscriversi:
• alla Cassa Professionale di riferimento se sei un professionista iscritto ad Albi professionali
(ad esempio, se sei architetto, avvocato, medico, psicologo, etc.);
• alla Gestione Separata INPS se sei un lavoratore autonomo che non può riferirsi a un ente
previdenziale specifico per la propria categoria professionale.
• alla Gestione INPS commercianti o artigiani: se vuoi esercitare la professione di commer-
ciante o artigiano

Iscrizione all’INAIL
L’iscrizione all’INAIL è obbligatoria per i datori di lavoro che assumono lavoratori subordinati e
dipendenti, mentre non lo è per il libero professionista che ha aperto uno studio associato.

Bisogna effettuare questa pratica contestualmente all’avvio dell’attività o, in caso di ritardo,


entro i 5 giorni successivi, accompagnando una motivazione.

La mancata denuncia comporta l’applicazione di sanzioni.

Per iscriverti sia all’INPS che all’INAIL, puoi utilizzare il modello ComUnica.

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PG.

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Partita Iva
Iscrizione all’archivio VIES
Il VIES (VAT information exchange system) è un sistema elettronico di scambio dati sull’IVA che
consente al fisco il tracciamento delle operazioni ai fini IVA all’interno della CE.

Sono obbligati a iscriversi al VIES i soggetti titolari di partita IVA che svolgono attività d’impresa,
professione o arte nel territorio di uno Stato, ai fini dell’attività intra-UE.

Puoi effettuare l’iscrizione al VIES:


• nel momento in cui apri Partita Iva: compilando il campo “Operazioni Intracomunitarie” del
quadro I dei modelli AA7 (soggetti diversi dalle persone fisiche) o AA9 (imprese individuali e
lavoratori autonomi). Abbiamo parlato di questi modelli nel capitolo “come aprire Partita Iva”
• Dopo l’apertura della Partita Iva: tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate.

La domanda di inclusione nel VIES può essere inviata da te stesso in quanto titolare della partita
IVA oppure tramite un intermediario abilitato.

Dopo avere inviato la richiesta, l’Agenzia delle Entrate inserisce la partita IVA all’interno della
banca dati telematica.

Intestazione dei contratti


Nel nostro Paese esistono diverse tipologie di contratto di lavoro che, in linea di massima, si
possono dividere in due “macrocategorie”: subordinato e parasubordinato. Nel primo caso, il
lavoratore si impegna a prestare il proprio lavoro alle dipendenze e sotto la direzione di un altro
soggetto. Nel secondo caso, il lavoro presenta caratteristiche intermedie tra il subordinato e
autonomo.

Alcuni tra più diffusi tipi di contratti del lavoro subordinato sono: contratto a tempo indetermi-
nato, contratto a tempo determinato, lavoro part-time, contratto di apprendistato, contratto di
lavoro intermittente e contratto di somministrazione.

Approfondiremo il tema nell’ultimo capitolo di questa guida, dedicato al tema “Assunzione Di-
pendenti o collaborazione con Partita IVA?”.

Predisposizione dei registri contabili obbligatori


I registri contabili obbligatori sono previsti dal Codice Civile all’art.2214, il quale afferma che l’im-
prenditore che esercita attività commerciale deve tenere il libro degli inventari, il libro giornale e
le altre scritture contabili richieste dalle dimensioni e dalla natura dell’impresa.

Sono esclusi da tale obbligo i piccoli commercianti, gli artigiani e coloro che esercitano un’attivi-
tà professionale organizzata esclusivamente come lavoro in proprio e dei componenti familiari.

A questi vanno aggiunti quelli che la normativa fiscale prevede, ossia:


• le scritture ai fini IVA (corrispettivi, vendite, acquisti),
• le scritture di magazzino ausiliarie,
• il libro cespiti ammortizzabili.

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PG.

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Partita Iva
In generale, i soggetti assoggettati dall’obbligo di predisposizione e tenuta dei registri contabili
sono:
• le società soggette a IRES (Spa, Sapa, Srl, società cooperative e di mutua assicurazione);
• gli enti pubblici e privati diversi da quelle di cui sopra;
• le associazioni non riconosciute, i consorzi e le altre organizzazioni che non appartengono
ad altri soggetti passivi e che hanno per oggetto principale ed esclusivo l’esercizio di attività
commerciali;
• le organizzazioni di società stabili e gli enti non residenti nel territorio italiano;
• le Snc, le Sas e i soggetti ad esse equiparati;
• le persone fisiche che esercitano imprese commerciali.

Tale obbligo è variabile in base anche al regime fiscale scelto.

Nella categoria dei libri contabili rientrano Il libro giornale, il libro degli inventari, i registri IVA, il
registro dei beni ammortizzabili e il registro delle scritture ausiliarie di magazzino.

In generale, fatto salvo quanto previsto specificamente in ordine ai singoli libri e registri, le scrit-
ture contabili possono essere tenute:
• in formato cartaceo;
• tramite procedure informatiche, con la conservazione che può essere effettuata in modalità
analogica (stampa su carta) e in modalità elettronica.

Per via della complessità dell’argomento, il nostro consiglio è non solo di aprire Partita Iva con
il Commercialista, ma di rivolgersi a questa figura anche per la gestione degli adempimenti suc-
cessivi e in generale per la gestione contabile dell’attività.

Altri adempimenti specifici per attività


Tra gli altri adempimenti, che devi tenere ovviamente in considerazione in base alla tua attività,
ci sono le eventuali esposizioni di mezzi pubblicitari, la richiesta per occupare un suolo e uno
spazio pubblico.

Una volta portato a termine la procedura per aprire Partita Iva e gli adempimenti immediatamen-
te successivi, puoi iniziare ad operare con la tua attività in regola con le principali disposizioni
di legge.

Tra le tante questioni che ti ritroverai ad affrontare nella gestione della tua Partita Iva, c’è quella
delle “tasse”. Quante e quali tasse bisogna pagare? La risposta varia in base al regime fiscale
che hai scelto. Approfondiremo l’argomento nel prossimo capitolo, dedicato proprio alle tasse
per Partita Iva.

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PG.

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Partita Iva
Tasse Partita Iva:
quante se ne pagano
e come si calcolano?
Le tasse da pagare variano a seconda della forma giuridica
e del regime fiscale scelti. Vediamo qual è la tassazione
prevista per una Partita Iva in regime ordinario, semplificato
e forfettario, con esempi di calcolo.

CAPITOLO 11
Quante tasse paga una Partita IVA in Italia? Questa è una delle domande che più di frequente
si pongono le aziende, non solo in fase di valutazione e di apertura dell’attività, ma anche suc-
cessivamente.

La tassazione di una Partita IVA si differenzia molto in base al regime fiscale prescelto. Vedia-
mo quindi quali sono le principali tasse previste da ogni regime e come si calcolano.

Quali sono i regimi fiscali e contabili in Italia


Nel momento in cui decidi di aprire e gestire la tua Partita IVA, è necessario adottare un regime
fiscale e contabile. Con il termine regime fiscale intendiamo un insieme di procedure e regole da
seguire per essere a norma dal punto di vista fiscale e legale.

I regimi attualmente in vigore in Italia tra cui poter scegliere sono tre:
• regime ordinario;
• regime forfettario;
• regime semplificato.

Li abbiamo già visti nelle caratteristiche fondamentali nel capitolo dedicato ai regimi fiscali. Qui
approfondiamo la tassazione prevista da ciascuno dei tre regimi.

Tassazione in regime ordinario


Le principali tasse che si applicano in contabilità ordinaria sono le seguenti:
• IVA (Imposta sul valore aggiunto);
• IRPEF (Imposta sul reddito delle persone fisiche);
• IRES (Imposta sul reddito delle società)
• IRAP (Imposta regionale sulle attività produttive).

IVA
Tra gli obblighi imposti alle Partite Iva in regime ordinario vi è il versamento dell’IVA (Imposta
sul valore aggiunto).

Questa imposta deve essere applicata in fattura, con un’aliquota (percentuale) variabile in base
alla tipologia di bene o servizio trattato. Ad esempio, i beni di prima necessità sono soggetti all’I-
VA del 4%, mentre gli alimentari in genere, i semilavorati, il settore edile e il turismo prevedono
l’IVA del 10%; tutti gli altri beni e servizi, invece, richiedono l’applicazione dell’IVA al 22%.

Per capire come funziona l’applicazione e versamento dell’IVA, facciamo un esempio.

Possiedi un negozio di abbigliamento e hai acquistato capi dai tuoi fornitori per un valore di
40.000 euro, sulla quale hai pagato 8.800 euro di IVA (al 22%).

L’IVA sugli acquisti viene definita a credito perché sei stato tu a pagarla e, di conseguenza, vanti
un credito nei confronti dello Stato.

Quando inizi a vendere la merce, il prezzo in fattura è maggiorato dell’IVA. Ipotizziamo che tu ab-

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PG.

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Partita Iva
bia venduto 2.000 capi di abbigliamento a 80 euro cadauno, accumulando un’IVA pari a 35.200
euro di IVA. Questa è l’IVA a debito perché l’hai incassata e, quindi, adesso sei in debito nei
confronti dello Stato.

A scadenze prefissate (in regime ordinario la scadenza è solitamente mensile), dovrai calcolare
il saldo dell’IVA, scorporando quella a credito da quella a debito. Nel nostro esempio, ti ritroverai
con IVA a debito di 26.400 euro, che dovrai versare allo Stato.

IRPEF: cos’è e come si calcola


L’IRPEF è l’imposta sul reddito delle persone fisiche.
Pagano l’IRPEF tutte le persone fisiche che producono almeno uno di questi tipi di reddito:
• redditi fondiari;
• redditi di capitale;
• redditi da lavoro dipendente;
• redditi di lavoro autonomo;
• redditi di impresa;
• redditi diversi.

Dovrai pagare l’IRPEF se hai scelto la forma giuridica di libero professionista o ditta individuale.
Se invece la tua attività è una società, di persone o di capitali, non dovrai versare questa imposta.

L’IRPEF non si applica alla “No Tax Area”, ossia un valore di reddito al di sotto del quale la perso-
na fisica è esente da imposizione fiscale. Per il 2023 rientrano nella no tax area i redditi da lavoro
autonomo fino a 8.174€ all’anno.

L’IRPEF è un’imposta progressiva. Questo vuol dire che l’importo da pagare aumenta man mano
che aumenta il tuo reddito.

Gli scaglioni e le relative aliquote IRPEF 2023 sono:

Scaglioni di reddito in € Aliquota Imposta dovuta

da 0 a 15.000 23% 23%

da 15.000,01 a 28.000 25% 3.450€ + 25% sulla parte eccedente i 15.000€

da 28.000,01 a 50.000 35% 6.700€ + 35% sulla parte eccedente i 28.000€

oltre 50.000 43% 14.400€ + 43% sulla parte eccedente i 50.000€

Ricorda che, a partire dal secondo scaglione, le aliquote successive vengono applicate solo per
la parte di reddito eccedente. Un esempio pratico ti aiuterà a capire meglio.

Se hai dichiarato 60.000 euro di reddito imponibile, per calcolare l’IRPEF dovrai seguire questi
procedimenti:

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PG.

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Partita Iva
• primo scaglione 3.450€ (15.000 x 23%);
• secondo scaglione 3.250€, con il 25% applicato sulla differenza tra 28.000 e 15.001€;
• terzo scaglione 7.700€, con il 35% applicato sulla differenza tra 50.000 e 28.001€;
• quarto scaglione 4.300€, con il 43% applicato sulla differenza tra 60.000 e 50.000€.
Quindi, andrai a pagare complessivamente 18.700 €.

IRES: cos’è e quanto si paga


L’IRES è l’imposta sul reddito delle società.
Devono pagarla:
• le s.p.a. (società per azioni),
• le s.a.p.a. (società in accomandita per azioni),
• le s.r.l. (società a responsabilità limitata),
• le società cooperative,
• le società di mutua assicurazione,
• gli enti pubblici e privati diversi dalle società,
• i trust, le società e gli enti di ogni tipo con o senza personalità giuridica, non residenti nel
territorio dello Stato.
Se la tua attività ha la forma di una delle società nell’elenco, devi pagare l’IRES.

L’aliquota IRES è attualmente pari al 24% del reddito della società. Il calcolo del reddito sul quale
applicare la percentuale IRES è abbastanza complicato. Per evitare errori (e quindi multe salate)
ti consigliamo di farti assistere da un commercialista.

IRAP: cos’è e chi la deve pagare


L’IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive) è il tributo che le imprese devono pagare
ogni anno alla Regione.

Devono pagare questa imposta:


• le s.p.a. (società per azioni),
• le s.r.l. (società a responsabilità limitata),
• le s.a.p.a.: (società in accomandita per azioni),
• le s.n.c.: (società in nome collettivo),
• le s.a.s.: (società in accomandita semplice).

La Legge di Bilancio 2022 ha escluso da IRAP le persone fisiche, stabilendo che l’imposta “non
è dovuta dalle persone fisiche esercenti attività commerciali ed esercenti arti e professioni”.
Rientrano quindi tra i soggetti esclusi i liberi professionisti e le ditte individuali.

L’aliquota ordinaria IRAP è pari al 3,9%. Ogni regione può però decidere di aumentarla o ridurla
fino a un massimo di 0,92 punti percentuali anche in base al tipo di attività svolta dall’impresa.
Per avere il conteggio corretto ti consigliamo di rivolgerti a un commercialista o un consulente
di fiducia.

Tassazione in regime semplificato


Il regime semplificato prevede le stesse imposte di quello ordinario.

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PG.

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Partita Iva
Per calcolare la tassazione di una Partita IVA in contabilità semplificata, se si tratta di una per-
sona fisica, si fa riferimento alle aliquote IRPEF 2023, suddividendo il reddito imponibile in base
agli scaglioni che abbiamo visto nel paragrafo dedicato all’IRPEF.

Da ricordare il fatto che nel regime semplificato il calcolo del reddito imponibile avviene seguen-
do il principio di cassa, mentre nell’ordinario si fa riferimento al principio di competenza.

Per ulteriori informazioni sul regime ordinario e semplificato e su ciò che li differenzia, leggi il
capitolo “regime ordinario e semplificato: dettagli e differenze”.

Tasse in regime forfettario


Le tasse per una Partita Iva in regime forfettario si riducono ad un’unica aliquota sostitutiva.
Si tratta di un’imposta del 15% che va a sostituirsi a IRPEF, IRAP e addizionali regionali e comu-
nali.

Per i primi cinque anni di un’attività, a determinate condizioni, l’aliquota è ridotta al 5%.

Per calcolare il reddito imponibile su cui applicare l’imposta sostitutiva, si deve individuare il
coefficiente associato al proprio codice ATECO e moltiplicarlo per i ricavi calcolati secondo il
principio di cassa.

Per scoprire di più, leggi l’approfondimento dedicato alla tassazione in regime forfettario.

Ora che hai le idee più definite sulle imposte che contribuiscono ai costi della tua Partita IVA,
passiamo ad un altro argomento. Esaminiamo un documento essenziale nella gestione di un’at-
tività: la fattura. Vediamo cos’è, chi la deve emettere e quale tipologia scegliere in base all’ope-
razione che intendi fatturare.

Domande frequenti sulle tasse di una Partita Iva

1. Quante tasse si pagano con Partita Iva?


Dipende da alcuni fattori, come il regime fiscale e la forma giuridica scelti per la Partita Iva. Ad
esempio, le ditte individuali e liberi professionisti in regime ordinario pagano l’IRPEF, mentre le
società di capitali pagano l’IRES. Le Partite Iva in regime forfettario, invece, pagano un’aliquota
sostitutiva.

2. Quante tasse si pagano con il regime ordinario?


Le principali tasse imposte a una Partita Iva in regime ordinario sono: IVA, IRPEF, IRES e IRAP.
Devono pagare l’IRPEF le persone fisiche (ditte individuali e liberi professionisti), mentre l’IRES è
applicata al reddito delle società.

3. Quante tasse si pagano con regime forfettario?


Le Partite Iva in regime forfettario pagano un’aliquota sostitutiva del 15%, ridotta al 5% per i
primi cinque anni di attività che rispettano determinati requisiti.

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PG.

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Partita Iva
Fattura: cos’è, chi la
emette, quali sono le
tipologie e come si fa
Una guida di base sulla fattura, con: definizione, tipi
(immediata, differita, di acconto o di saldo), formati
(elettronica o cartacea) e indicazioni per la compilazione.

CAPITOLO 12
La fattura è uno dei documenti più importanti nella gestione di una partita IVA poiché, con la sua
emissione, si concretizza il momento in cui un contratto di acquisto di un servizio o di un bene
si conclude con la richiesta di pagamento al cliente.

Vediamo nel dettaglio in cosa consiste una fattura, chi ha l’obbligo di emetterla, le principali tipo-
logie tra cui è possibile scegliere e infine alcune indicazioni di base per la compilazione.

Definizione di fattura
La fattura è un documento fiscale e contabile emesso dai soggetti con Partita Iva che comprova
la vendita di una merce o la prestazione di un servizio.

Tramite la fattura si attesta la regolarità delle operazioni commerciali che vengono effettuate
nei confronti del fisco in quanto, una volta emesso il documento di fatturazione, il relativo impor-
to incassato viene automaticamente sottoposto a tassazione.

La gestione corretta e la registrazione delle fatture sono utili a:


• analizzare i dati di vendita e le entrate, prevedere i guadagni futuri e monitorare le tasse da
pagare (a partire delle fatture emesse);
• analizzare e monitorare i costi, esaminando le fatture ricevute;
• compilare la dichiarazione dei redditi.

Chi deve emettere la fattura e quando lo deve fare?


L’emissione della fattura è obbligatoria per tutte le imprese e i liberi professionisti possessori di
Partita Iva che si trovano sul territorio italiano e cedono beni o servizi:
• alla Pubblica Amministrazione
• tra di essi
• a privati cittadini che risiedono in Italia.

Sono esonerati dall’emissione della fattura solo:


• commercianti al dettaglio,
• agricoltori per beni di propria produzione,
• prestazioni alberghiere,
• somministrazione al pubblico di alimenti e bevande,
• autotrasporti di persone
• transito sulle autostrade,
• coloro che prestano servizi in forma ambulante o nell’abitazione dei clienti.

Per questi operatori hanno invece l’obbligo di rilasciare al cliente altri documenti utili al controllo
fiscale, ad esempio la ricevuta fiscale e lo scontrino fiscale.

Le principali tipologie di fattura


Quali sono i principali tipi di fattura? Ne esistono diversi, a cui corrispondono differenti funzioni.
Anche se la tipologia di fattura cambia, la modalità di emissioni resta la stessa.
Tutte le principali tipologie di fattura possono essere emesse sia in formato cartaceo che in
formato elettronico. Le Partite Iva possono scegliere tra i due formati, oppure avere l’obbligo

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PG.

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Partita Iva
dell’emissione del documento elettronico, in base al regime fiscale di appartenenza e ad altre
caratteristiche (ad esempio, i ricavi/compensi percepiti l’anno precedente).

La fattura immediata
La fattura immediata è un documento fiscale da emettere e consegnare al cliente nello stesso
giorno in cui acquista un bene oppure gli è stato fornito un servizio.

In formato elettronico, la fattura immediata può essere emessa entro i 12 giorni successivi alla
data di effettuazione dell’operazione (cioè della vendita del bene o prestazione del servizio).

È la tipologia di fattura più diffusa e non richiede un documento di trasporto.

La fattura differita
La fattura differita è un documento che viene emesso in un momento diverso rispetto a quello
bene è stato ceduto o un servizio è stato erogato.

Puoi emettere questa fattura e registrarla entro il 15 del mese successivo a quello in cui hai
ceduto il bene o prestato il servizio, indicando il mese di riferimento, che è valido a fini della
liquidazione IVA.

Questa tipologia di fattura rende la gestione dell’attività decisamente più semplice. Attraverso
l’emissione di documento fiscale riepilogativo soltanto puoi fatturare diverse operazioni che av-
vengono nello stesso mese solare da parte di un cliente specifico.

La fattura assume la forma differita soltanto se è accompagnata da documenti che attestano


l’avvenuta cessione di beni o prestazione di servizi, come il documento di trasporto o il rapporto
d’intervento.

Inizialmente, la fatturazione differita veniva soltanto usata per la cessione di beni; soltanto con
la Legge di Stabilità L.228/2012 del 2013 è stata consentita la sua emissione anche per la pre-
stazione di servizi.

La fattura proforma
Come dice lo stesso nome, la fattura proforma è un documento “per la forma”. Non si tratta di
una vera e propria fattura di vendita, ma la puoi utilizzare per informare il cliente preventivamen-
te dei beni o delle prestazioni, per i quali successivamente emetterai la fattura definitiva.

La fattura proforma non ha nessuna valenza ai fini fiscali e ti offre il vantaggio di poter verificare
insieme al cliente dati e importi, apportando eventualmente delle correzioni, aggiungendo o mo-
dificando qualcosa se necessario, prima dell’emissione di quella definitiva.

Nel caso di attività professionali (notai, avvocati, medici, dentisti, ecc.) assume il nome di “av-
viso di parcella” e permette di chiedere il pagamento delle spettanze e delle spese senza antici-
pare l’IVA, che invece viene versata al momento dell’emissione della fattura.

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PG.

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Partita Iva
La fattura accompagnatoria
La fattura accompagnatoria è una sorta di documento ibrido, poiché possiede contemporanea-
mente gli obblighi e le caratteristiche di una fattura immediata e di un documento di trasporto.

Puoi emettere questa tipologia di fattura in generale quando cedi un bene che deve essere tra-
sferito presso il cliente. Non puoi invece utilizzarla in caso di prestazione di servizi (in questo
caso è obbligatorio l’uso della fattura immediata o differita).

All’interno dovrai inserire tutti gli elementi propri della fattura immediata e del documento di
trasporto, quindi:
• le informazioni previste dalla normativa IVA con i relativi riepiloghi per aliquota;
• i riferimenti al trasporto: la data di consegna o spedizione, i soggetti tra cui viene eseguita
l’operazione, il soggetto incaricato al trasporto e la descrizione dei beni (con natura, qualità
e quantità).

La fattura di acconto
La fattura di acconto è un documento emesso prima che avvengano gli eventi che di solito de-
terminano l’effettuazione dell’operazione.

Questi eventi corrispondono:


• per i beni immobili: alla stipula del contratto;
• per i beni mobili: alla spedizione o consegna dei beni oggetto della transazione;
• per la prestazione di servizi: al pagamento del corrispettivo.

La fattura di acconto deve essere emessa se il cliente versa un acconto prima di ricevere la mer-
ce ordinata (nel caso dei beni mobili), per attestare l’importo già incassato.

Nel caso della prestazione dei servizi, bisogna emettere fattura di acconto entro e non oltre la
data in cui l’acconto è stato pagato l’acconto o, nel caso del formato elettronico, entro i 12 giorni
successivi.

La fattura a saldo
La fattura a saldo viene emessa a conclusione di un contratto o di una fornitura di servizi e con-
tiene l’importo ancora dovuto dal cliente dopo aver versato uno o più acconti.

La fattura a saldo deve contenere il totale pattuito fra le parti a cui viene sottratto quanto già
fatturato in fase di acconto.

Formati: fattura cartacea e fattura elettronica


La fattura può assumere due formati: cartaceo oppure elettronico.

La fattura cartacea può essere compilata a mano o tramite PC.

La fattura elettronica è invece documento informatico e strutturato che viene trasmesso te-
lematicamente al Sistema di Interscambio dell’Agenzia delle Entrate e recapitato al soggetto

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PG.

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Partita Iva
ricevente tramite lo stesso mezzo.

La fattura elettronica obbligatoria è in vigore dal 1° gennaio 2019 per tutti i rapporti con la Pub-
blica Amministrazione, verso Partite Iva e consumatori finali residenti, stabiliti e identificati nel
territorio italiano.

Dal 1° luglio 2022 è diventata un obbligo anche per i contribuenti in regime forfettario che nell’an-
no precedente hanno percepito ricavi o compensi superiori a 25.000€, fino a quel momento eso-
nerati.

Dal 1° luglio 2024 la fatturazione elettronica diventerà obbligatoria per tutti i forfettari ancora
esonerati.

Per ulteriori informazioni, leggi l’approfondimento sull’obbligo di fatturazione elettronica.

I campi obbligatori della fattura


I campi obbligatori che una fattura (sia elettronica che cartacea) deve contenere sono i seguenti:
• i tuoi dati, come ditta, denominazione o ragione sociale, nome e cognome, indirizzo e Partita
Iva;
• i dati del tuo cliente, come ditta, denominazione o ragione sociale, nome e cognome, e indi-
rizzo e Partita IVA (se in possesso);
• il numero univoco progressivo di fattura;
• la data di emissione della fattura;
• la descrizione, la quantità e i prezzi dei prodotti e dei servizi che sono oggetto della transa-
zione;
• l’aliquota IVA e l’imponibile
• il totale della fattura;
• eventuali sconti applicati.

Oltre a questi campi, nella fattura elettronica è necessario inserirne altri, come ad esempio il
Codice Destinatario o il tipo di documento. Per saperne di più, leggi l’approfondimento su come
compilare una fattura elettronica.

Come si compila una fattura


Per compilare una fattura cartacea devi inserire negli appositi campi tutti i dati obbligatori men-
zionati sopra.

Per quanto riguarda la compilazione fattura elettronica, è necessario avere innanzitutto un di-
spositivo con connessione a Internet, ma anche un software fattura elettronica abilitato alla
compilazione fattura e al suo invio.

A seconda del programma di fatturazione elettronica o della metodologia che scegli per emette-
re la fattura, la procedura potrebbe essere diversa.
I software di fatturazione elettronica come Fatture in Cloud hanno un’interfaccia intuitiva, che
ti consente di compilare la fattura con estrema facilità. Inoltre, traducono il documento nel for-

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PG.

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Partita Iva
mato XML, l’unico che il Sistema d’Interscambio dell’Agenzia delle Entrate è in grado di leggere.

Un file XML può essere anche creato manualmente, ma la procedura è piuttosto complessa.
Quindi, conviene sempre avvalerti di un software che faccia tutto in automatico.

Come abbiamo visto, gestire e registrare le fatture con precisione ti aiuta ad avere un’idea delle
entrate e delle uscite. Ci sono anche altri strumenti che ti possono tornare utili a questo scopo. Li
vedremo nel prossimo capitolo, dedicato a come gestire le entrate e le uscite della tua azienda.

Domande frequenti sulla fattura

1. Che cos’è la fattura?


La fattura è un documento che comprova la vendita di una merce o la prestazione di un servizio
e il diritto del fornitore di riscuotere il relativo importo.

2. Chi deve emettere la fattura?


Devono emettere fattura tutte le imprese e liberi professionisti con partita Iva per comprovare
le operazioni con la Pubblica Amministrazione, altri privati con partita Iva e consumatori finali.
Sono escluse dall’obbligo alcune categorie, che devono invece emettere ricevuta o scontrino
fiscale.

3.Quando si deve emettere una fattura?


La fattura si emette generalmente quando l’operazione fatturata è stata effettuata. La fattura
immediata va emessa il giorno stesso dell’effettuazione dell’operazione (o nei 12 giorni suc-
cessivi, in caso di fattura elettronica immediata). La fattura differita invece può essere emessa
entro il giorno 15 del mese successivo all’effettuazione dell’operazione.

4. Quali tipi di fattura esistono?


Esistono vari tipi di fattura, i principali sono: fattura immediata, fattura differita, fattura d’accon-
to, fattura a saldo e fattura proforma.

5. Cosa è obbligatorio indicare in fattura?


Alcuni campi obbligatori sono: data di emissione, numero univoco progressivo di fattura, dati
del mittente, dati del destinatario, descrizione dei prodotti o servizi oggetto della transazione,
aliquota IVA e imponibile.

6. Come si fa una fattura?


Puoi compilare una fattura cartacea a mano o tramite PC. Per compilare la fattura elettronica,
invece, devi dotarti di un software che ti consenta di codificare il documento in XML, l’unico for-
mato accettato dal Sistema d’Interscambio dell’Agenzia delle Entrate.

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PG.

Guida per aprire


Partita Iva
Gestione entrate
e uscite: perché
è importante e
come si fa
Gestire entrate e uscite è fondamentale, fin da prima di
aprire Partita Iva. Vediamo perché e come fare, scoprendo i
concetti di base, alcuni consigli e gli strumenti fondamentali.

CAPITOLO 13
Una sana gestione finanziaria è fondamentale per ogni azienda, grande o piccola che sia. Senza
di essa, falliscono anche le attività più promettenti e potenzialmente redditizie.

È importante gestire al meglio le entrate e le uscite fin dall’apertura della Partita IVA, e anche
prima, per evitare delle disattenzioni che a lungo andare potrebbero risultare fatali.

Vediamo insieme alcuni concetti e strumenti che possono tornarti utili per affrontare le prime
decisioni cruciali in ambito finanziario.

Monitorare il flusso di cassa delle piccole imprese


Il flusso di cassa è definito come la differenza tra i flussi monetari in entrata (entrate) e in uscita
(uscite) in un dato periodo temporale.

Il denaro entra ed esce costantemente dalla tua attività. Entra come “reddito” da clienti che
acquistano i tuoi prodotti e servizi e defluisce dall’attività sotto forma di “spesa”, come affitto,
salari, pagamenti mensili di prestiti, pagamenti a fornitori, ecc.

Il flusso di cassa è positivo se ottieni più entrate che uscite. È fondamentale cercare di mante-
nerlo sempre tale in quanto, se il flusso di cassa è positivo, la tua azienda sarà in grado di pagare
i costi fissi (ad esempio, le bollette, gli stipendi ai dipendenti, etc.) e di far fronte a eventuali costi
imprevisti.

Potrebbero esserci, però, periodi in cui si verifica un flusso di cassa negativo, ad esempio se
acquisti un nuovo macchinario o se un pagamento da un cliente è scaduto.

Potenzialmente, potresti dover fare affidamento su uno scoperto bancario o prestito a breve
termine per coprire questa carenza di flusso di cassa.

Tuttavia, fintanto che il flusso di cassa negativo viene pianificato e la tua attività ritorna a una po-
sizione di flusso di cassa positivo, non dovrebbe causare seri problemi alla tua piccola impresa.

Il flusso di cassa viene solitamente monitorato su un periodo di riferimento standard come un


mese, un trimestre o un anno.

Alcuni consigli per gestire entrate e uscite


Per gestire le entrate e le uscite della tua attività in modo oculato, devi porre molta attenzione a
diversi aspetti che sono fondamentali in un’impresa. Ecco alcuni suggerimenti in merito.

Crea un rendiconto finanziario e una previsione


Il modo migliore per tenere d’occhio le entrate e le uscite della tua attività è creare un rendiconto
e una previsione del flusso di cassa.

Questi documenti finanziari molto semplici ti daranno un’istantanea del tuo flusso di cassa men-
sile effettivo e del tuo flusso di cassa mensile previsto.

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PG.

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Partita Iva
Pensa ai termini di pagamento
Un altro grande passo nella gestione delle entrate e uscite della tua piccola impresa è la scelta
dei termini di pagamento appropriati.

Le aziende che vendono direttamente al cliente finale di solito richiedono il pagamento imme-
diato.

Ad esempio, un ristorante viene pagato una volta che i clienti finiscono il pasto, mentre un idrau-
lico o un elettricista si aspetterà di essere pagato non appena il lavoro sarà terminato.

Invece le aziende che vendono ad altre aziende spesso offrono credito sotto forma di termini di
pagamento di 7, 14, 30, 60 o anche 90 giorni.

Estendere il credito a clienti può essere un modo efficace per attrarre nuovi affari e creare fidu-
cia, ma avrà anche un impatto diretto sul flusso di cassa.

C’è anche il problema perpetuo dei ritardi di pagamento a cui pensare. I pagamenti in ritardo
sono una delle principali cause dei problemi inerenti al flusso di cassa, quindi vale la pena pen-
sare a come incoraggiare i tuoi clienti a pagare in tempo.

Esistono diverse strategie che potresti prendere in considerazione, come l’addebito di interessi
sui pagamenti in ritardo, l’offerta di sconti sui pagamenti anticipati per incentivare i clienti a
effettuare pagamenti rapidi o l’imposizione di termini di pagamento con scadenza alla ricevuta.

Puoi trovare e altri suggerimenti utili nell’approfondimento “come farsi pagare dai clienti”.

Scegli con molta attenzione con chi fare affari


È importante valutare attentamente i potenziali clienti. Controllare il credito è una delle operazio-
ni certamente da compiere prima di iniziare a lavorare con loro.

Rifiutare potenziali nuovi contratti sulla base di un controllo del credito non è certamente facile,
richiede una determinazione ferrea, ma potrebbe essere la cosa migliore che fai per la tua atti-
vità.

Immagina solo cosa accadrebbe alla tua situazione di flusso di cassa se passassi un mese a
soddisfare un ordine per un singolo cliente, che accetta la merce e si rifiuta di pagare.

Potresti intraprendere un’azione legale per recuperare il denaro che ti è dovuto, ma sarà costoso
e richiederà tempo.

Durante quel periodo, come manderai avanti la tua attività, sapendo di non avere a disposizione
risorse preziose per sostenere i costi?
Se vedi che un’azienda ha una storia creditizia tutt’altro che perfetta, potresti decidere di non
concedere loro credito o addirittura scegliere di non lavorare affatto con loro.

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PG.

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Partita Iva
Anche il monitoraggio del merito creditizio delle persone chiave coinvolte nell’azienda potrebbe
essere vantaggioso.

Se sono stati associati ad altre organizzazioni che hanno fallito o sono direttori di più società
contemporaneamente, potrebbe essere meglio starne alla larga.

Stabilisci le tue aspettative


Supponendo che un nuovo cliente abbia un eccellente merito creditizio e tu sia felice di fornirgli
i tuoi beni o servizi, ora devi assicurarti che comprenda i termini in base ai quali accetti di fare
affari.

Sebbene uno scambio verbale possa essere utilizzato per concordare inizialmente i termini di
pagamento, è necessario assicurarsi che sia seguito da termini e condizioni di pagamento ine-
quivocabili per iscritto.

Questo dovrebbe coprire tutto, dai termini di consegna a ciò che accadrà se non vieni pagato.

Sottoscrivere i termini di pagamento potrebbe sembrare dispendioso in termini di tempo, ma


a seconda della natura della tua attività, potresti scoprire che online è disponibile un insieme
standard di termini e condizioni che copre tutti i dettagli necessari.

Conosci le persone dietro i pagamenti


Per ridurre la probabilità di ritardi nei pagamenti, è sempre vantaggioso costruire relazioni con le
persone che effettueranno il pagamento.

Verificare che la fattura sia stata inviata al posto giusto e che tutti i dettagli necessari siano
corretti contribuirà a ridurre i ritardi.
Quando invii la fattura, vale anche la pena chiedere se c’è qualche motivo per cui il pagamento
non verrà effettuato in tempo, poiché la maggior parte delle persone farà tutto il possibile per
non tornare sulla parola data.

Strumenti per la gestione di entrate e uscite


Gli strumenti fondamentali per gestire le entrate e le uscite sono: la prima nota, il software di
gestione dell’attività, il budget e il forecast.

1. Prima nota
La prima nota è un documento contabile non obbligatorio, ma sempre consigliabile perché aiuta
a segnare i movimenti economici giornalieri.

Deve contenere la data dei movimenti, i riferimenti specifici in merito a ricevute, fatture, ecc., gli
importi singoli, gli importi totali, la descrizione esaustiva ed estesa della natura di ogni transa-
zione, il riferimento alla natura del documento contabile, le partite fuori cassa.

Tra le diverse operazioni finanziarie da annotare nella prima nota vale la pena ricordare gli incas-
si delle fatture, gli incassi dei corrispettivi giornalieri, il pagamento delle fatture e delle ricevute,

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PG.

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Partita Iva
il pagamento delle tasse e delle imposte.

Per approfondire l’argomento, leggi la guida alla prima nota.

2. Software di gestione dell’attività


È un software tramite cui puoi gestire diversi aspetti contabili e amministrativi della tua azienda,
tra cui:
• creare, emettere e gestire la fattura, le note di credito, i DDT e altri documenti,
• gestire le anagrafiche di clienti, fornitori, prodotti e servizi,
• registrare gli acquisti,
• analizzare report su acquisti e vendite,
• gestire i pagamenti.
• … e molto altro ancora.

Tratteremo l’argomento in modo più dettagliato nel capitolo dedicato al software di fatturazione
e gestione dell’attività.

3. Budget
Il budget serve a programmare, pianificare e controllare l’andamento finanziario della tua atti-
vità.

Materialmente si tratta di un documento in cui dovrai inserire tutte le entrate e le uscite che pre-
vedi per il periodo cui si riferisce. L’ideale è compilarlo a fine anno con i dati presunti per l’anno
in arrivo.

Quanto alla struttura, non c’è una regola precisa: puoi creare una tabella con Word o Excel op-
pure utilizzare software specifici, l’importante è che nella compilazione tu sia il più accurato
possibile.

Se ti sembra di non avere ben chiare le tue fonti di reddito e di spesa, niente panico. Vedrai che
compilandolo ti verrà spontaneo fare mente locale e individuare le informazioni finanziarie che
ti servono. Inoltre, puoi aiutarti consultando i dati (bollette, contratti di affitto ecc.) degli anni
precedenti.

Quanto al contenuto del budget, anche per questo non c’è una regola fissa. Noi ti consigliamo di
inserire almeno queste macro-categorie:

• Entrate. Questa categoria conterrà tutte le voci di entrata che prevedi per l’anno successivo:
redditi da lavoro o da investimento. Prestiti che intendi richiedere oppure risparmi che hai
deciso di utilizzare per l’attività.
• Uscite fisse. Sono quelle che già sai che affronterai e di cui già conosci l’importo e la sca-
denza (anche in maniera approssimativa). Ad esempio, l’affitto del tuo ufficio e le relative
bollette. Oppure i costi per il mantenimento del tuo sito o le spese per il commercialista.
• Uscite variabili. In questa categoria puoi inserire voci che variano periodicamente in base
a diversi fattori, come ad esempio fiere di settore a cui intendi partecipare, viaggi di lavoro,

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PG.

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Partita Iva
marketing. Sono spesso spese “facoltative” ma fai attenzione: in alcuni casi sono utili ad
incrementare le entrate (pensa agli effetti della pubblicità). Nel valutarne la convenienza
quindi non dimenticare di tener conto di questo aspetto.
• Spese una tantum. Sono le spese che sai che dovrai effettuare una sola volta in tutto il
periodo di riferimento. Ad esempio, la mobilia per il tuo nuovo ufficio o un nuovo computer.

Una volta creato il tuo schema di budget, non ti resta che compilarlo nel modo più preciso possi-
bile. Trattandosi di una previsione che fai basandoti su entrate e uscite di anni precedenti è pos-
sibile (anzi, probabile) che non tutte le informazioni che inserisci saranno poi fedeli alla realtà.
Ed è per questo che devi periodicamente, diciamo ogni 3 o 4 mesi, aggiornare il tuo budget con
i dati reali (cd. “consuntivi”).

4. Forecast
Dalla revisione periodica del budget in base ai dati reali che man mano si registrano, nasce il
forecast: una previsione sempre più precisa della situazione economica, patrimoniale e finan-
ziaria della tua attività.

Con il passare del tempo infatti puoi utilizzare i dati dei mesi passati per prevedere quello che
avverrà (finanziariamente) in quelli futuri.

Il forecast si costruisce utilizzando:


• per i mesi passati: i dati del consuntivo (ovvero i dati reali);
• per i mesi in corso o futuri: il budget (quello iniziale o, meglio, quello aggiornato).

Se lo aggiorni con costanza e precisione costante, il forecast ti permetterà di gestire al meglio gli
ultimi mesi dell’anno, facendo quadrare i conti o sfruttando l’eccedenza di budget accumulata.
Ma non solo, puoi anche utilizzare i dati per iniziare a programmare il budget dell’anno succes-
sivo e valutare in anticipo quali e quante spese potrai permetterti.

Abbiamo analizzato alcuni concetti e strumenti che ti aiutano a monitorare le entrate e le uscite
della tua azienda. Nel prossimo capitolo invece vedremo alcuni indicatori fondamentali che ti
permettono di capire “come sta andando la tua Partita IVA”: fatturato, redditività, liquidità e sol-
vibilità.

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PG.

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Partita Iva
Come sta andando
il business?
4 indicatori per
capirlo
Fatturato, Redditività, Liquidità e Solvibilità: ecco 4 indicatori
che ti aiutano l’andamento dei tuoi affari e, quindi, a prendere
le decisioni migliori per la tua attività. Vediamo cosa sono e
come si calcolano.

CAPITOLO 14
È importante tenere traccia dei progressi che sta facendo la tua nuova attività per poter raggiun-
gere i tuoi obiettivi di business presenti e futuri.
Se ti limiti soltanto ad analizzare alcuni dati, potresti avere una visione parziale o distorta
dell’andamento aziendale, con il rischio di subire un tracollo quando meno te lo aspetti.

Ecco perché è importante avere un quadro chiaro degli indicatori che ti possono suggerire “come
sta andando il business”. Di questi, quattro sono fondamentali per qualsiasi attività, anche per
la più piccola. Vediamo quali sono.

1. Fatturato
Il fatturato aziendale indica l’ammontare dei ricavi ottenuti da un’impresa attraverso la vendita
di prodotti e/o la prestazione di servizi.
Per la precisione, corrisponde alla somma degli importi delle fatture emesse, a cui bisogna sot-
trarre l’IVA ed eventuali abbuoni e sconti inseriti in fattura.
Si riferisce a un determinato lasso temporale, che generalmente è l’anno di esercizio o l’anno
solare.

Non va confuso con il profitto, che invece viene calcolato togliendo dal fatturato i costi.
È un dato fondamentale in quanto ti consente di avere un’idea della capacità di mercato della
tua azienda. Non solo: le banche, prima di concedere un prestito, prestano molta attenzione a
questo dato.

È anche importante perché un potenziale collaboratore o partner, prima di accettare una propo-
sta dalla tua azienda, vuole conoscere il suo stato di salute.

Questo indicatore va monitorato con estrema attenzione, e non soltanto in termini di diminuzio-
ne o aumento.

Devi saper riconoscere la modalità con cui il fatturato è composto e il modo in cui vengono ge-
nerati i margini di guadagno che derivano dalle diverse tipologie di prodotti che vendi o di servizi
che eroghi.

Soltanto tramite tutte queste informazioni puoi conoscere l’andamento effettivo della tua azien-
da e prendere decisioni strategiche in merito agli investimenti da fare, all’allocazione delle risor-
se e alle scelte di vendita e di marketing.

2. Redditività
Per redditività si intende la capacità di un’azienda di usare le risorse in modo da creare ricavi
rispetto alle spese sostenute. In pratica, è la capacità di un’impresa di generare profitti dalle
operazioni che effettua.

Esistono specifici indicatori o indici di redditività che ti aiutano a misurare la capacità della tua
azienda nel produrre valore e reddito.
La loro funzione principale è quella di fornire degli indicatori sintetici per un facile confronto con
i differenti bilanci di annualità, anche di organizzazioni diverse.

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PG.

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Partita Iva
Alcuni degli indici di redditività più noti e utilizzati sono:
• ROE (Return on Equity): indica la redditività del capitale aziendale. In termini semplici, indi-
ca il ritorno dell’investimento da parte dei soci investitori; ad esempio, se il ROE di un’azienda
è del 5%, significa che il capitale investito direttamente dai soci guadagna 5 € ogni 100 €
investiti. Viene utilizzato soprattutto per analizzare le società quotate ed è molto importante
per valutare l’acquisizione di un’impresa, perché aiuta a capire quanto può essere proficuo
investire in quella determinata azienda.
• ROI (Return on Investment): indica la capacità degli investimenti di generare reddito. Si
riferisce alla redditività della società in rapporto ai mezzi finanziari investiti nella società per
sviluppare il business. Quindi, ad esempio, se il ROI di un’azienda è del 5%, significa che il
rendimento sarà di 5€ ogni 100€ investiti.
• ROS (Return on Sales): rappresenta quanto l’azienda guadagna direttamente dalle vendite.
Si può intendere come una media dei margini sulle vendite.

Se vuoi usare nel migliore modo possibile gli indicatori di redditività deve saperli inserire in un
più vasto contesto di analisi delle attività.

Un singolo indice non è in grado di offrire un quadro esaustivo e completo della situazione. Dun-
que, è fondamentale analizzare la redditività relazionandola agli altri indicatori di bilancio, come
quelli patrimoniali e finanziari.
Non è necessario che confronti molti indici, anzi ti conviene utilizzarne pochi, almeno quelli più
adeguati per il tipo di analisi che devi effettuare e collocarli poi in un contesto più ampio.
Altrettanto fondamentale è monitorare nel tempo le variazioni di questi indicatori, tramite l’ana-
lisi e il calcolo dello stesso indicatore su almeno tre bilanci annuali diversi.

Tutto ciò ti serve per l’analisi delle variazioni di bilancio e l’eventuale evoluzione, nonché capire
quali sono i fattori che le hanno provocate.

Liquidità
L’indicatore di liquidità è l’espressione della capacità dell’azienda di fronteggiare gli impegni
finanziari che ha assunto.

Ci sono due tipologie di indicatore: l’indice di liquidità primaria o immediata e l’indice di liquidità
secondaria totale.

1. Indice di liquidità primaria


Si calcola mettendo a rapporto:
• attività disponibili: il totale del denaro presente in cassa e in banca e dei crediti a breve ter-
mini. È il numeratore del rapporto.
• con i debiti a breve termine: i debiti che devi pagare subito a vista o a breve termine. È il
denominatore del rapporto.

Se il risultato del rapporto (quindi il valore dell’indicatore) è:


• uguale a uno: la tua azienda dispone in banca, in cassa o in crediti a breve disponibilità che

74
PG.

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Partita Iva
sono uguali all’ammontare del debito, quindi le condizioni di liquidità sono generalmente
soddisfacenti;
• maggiore di uno: la disponibilità a breve è superiore ai debiti;
• minore di uno: la disponibilità a breve è inferiore ai debiti.

2. Indice di liquidità secondaria totale


Nasce dal rapporto tra:
• attività disponibili + attività realizzabili (cioè le materie prime, le scorte e le merci che puoi
convertire in denaro vendendole),
• e debiti a breve termine.
Se il risultato del rapporto (quindi il valore dell’indicatore) è pari a due, la situazione risulta sod-
disfacente. Infatti, significa che l’impresa viene considerata “liquida” e l’attivo a disposizione è il
doppio dei debiti a breve termine.

L’indicatore di liquidità secondaria totale offre una situazione più chiara dell’azienda, perché per-
mette di capire quanto si può ottenere da una possibile liquidazione.

Solvibilità
In generale, la solvibilità è la capacità di far fronte agli impegni presi da un debitore con i propri
creditori, ossia di restituire loro tutto il denaro che ha ricevuto in prestito.

Considerando questo indicatore dal punto di vista aziendale, è di fondamentale importanza per-
ché ti aiuta a preservare e fare crescere il tuo business, visto che la presenza di debiti è un aspet-
to che tutte le aziende non possono evitare di considerare.

Se vuoi misurare il grado di solvibilità della tua azienda, devi usare l’indice di solvibilità, che ti
consente di stabilire la capacità della tua azienda di saldare i debiti al momento della scadenza
dei termini, che possono essere brevi, medi o lunghi.

Per calcolare l’indice di solvibilità aziendale, devi mettere a rapporto:


• attività disponibili + attività realizzabili,
• e debiti a breve termini + debito a medio e a lungo termine

Se il risultato, cioè l’indice di solvibilità è:


• uguale a uno: la tua impresa ha le risorse necessarie per ripagare la totalità dei debiti;
• minore di uno: l’impresa non riesce a saldare tutti i suoi debiti, dato che il totale delle attività
è minore rispetto a quanto richiesto;
• maggiore di uno: l’impresa riesce senza difficoltà ad estinguere tutti i suoi debiti.

Abbiamo visto quali sono i principali indicatori da tenere in considerazione per capire meglio
“come vanno gli affari”. Possono sembrare un po’ complessi all’inizio, ma, una volta presa fami-
liarità con i termini e con l’aiuto di un Commercialista, riuscirai a ricavare informazioni preziose
per gestire al meglio la tua attività.

Inoltre, un software completo per la gestione dell’attività può calcolare per te alcuni di questi

75
PG. indicatori, come ad esempio il fatturato. Approfondiremo il discorso nel prossimo capitolo.

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Partita Iva
Come scegliere
il miglior software
di fatturazione per
la tua attività
Hai da poco aperto Partita Iva e stai cercando un programma
per fatture? Scopri perché utilizzare un software di
fatturazione e come scegliere il migliore per te. E se desideri
qualcosa in più, ci sono i software di gestione dell’attività.

CAPITOLO 15
Hai aperto la tua Partita Iva e ora, finalmente, i clienti iniziano ad arrivare. Dopo aver venduto
alcuni prodotti e/o portato a termine i primi lavori, ti ritrovi a dover emettere fattura.

Abbiamo già dedicato un capitolo alla fattura, dove abbiamo visto cos’è e quali sono le principali
tipologie principali.

Qui invece ci soffermeremo su:


• gli strumenti che puoi utilizzare per compilare ed emettere fattura, vedendo perché e quan-
do impiegare un software di fatturazione;
• come scegliere il software di fatturazione che meglio soddisfa le esigenze della tua attività,
tra i tanti disponibili sul mercato
• cos’è un software di gestione dell’attività e come ti supporta non solo nella fatturazione,
ma anche per svolgere altre operazioni quotidiane e monitorare l’andamento dei tuoi affari.

Software di fatturazione: perché utilizzarlo


Puoi creare una fattura cartacea utilizzando vari strumenti: un foglio di carta, un file in Word
oppure una tabella in Excel.

In questi casi, devi inserire tutti i dati a mano, a partire dai campi obbligatori della fattura fino a
quelli facoltativi. Inoltre, se non utilizzi delle formule e dei modelli in Excel, devi eseguire manual-
mente anche i calcoli.
Tutto questo rende elevata la possibilità di tralasciare qualche dato o di commettere errori.

Il software di fatturazione semplifica la compilazione della fattura e previene gli errori, grazie
all’interfaccia intuitiva, ai calcoli e all’inserimento automatico di diversi dati.

Se invece hai l’obbligo di fatturazione elettronica (come la maggior parte delle Partite IVA e
diversi contribuenti in regime forfettario), devi necessariamente utilizzare un software.

Infatti, non puoi creare la fattura elettronica su un foglio di carta, né utilizzare un software “co-
mune” (come Word, Excel o simili), ma solo tramite un software di fatturazione elettronica, che
codifica il documento rispettando le specifiche indicate dall’Agenzia delle Entrate.

Come scegliere il miglior software di fatturazione per te


Ora che hai visto perché utilizzare un programma di fatturazione, è giunto il momento di sceglie-
re quello che più fa al caso tuo, tra le tante proposte offerte dal mercato.

Puoi aiutarti nella decisione rispondendo ad alcune domande.

1. Devi emettere fattura elettronica?


Come abbiamo visto prima, la maggior parte delle partite IVA (con poche eccezioni) e molti
forfettari hanno l’obbligo di emettere, ricevere e conservare le fatture in formato elettronico.

Se anche tu rientri tra i soggetti obbligati, dovrai necessariamente scegliere un software che
supporta la fatturazione elettronica.

77
PG.

Guida per aprire


Partita Iva
2. Vuoi inviare fatture dall’ufficio, oppure ovunque ti trovi?
Molti programmi di fatturazione richiedono di essere installati su un dispositivo, il che può diven-
tare un limite. Immaginiamo che tu sia fuori sede, oppure debba lavorare da casa. Se il software
è installato sul PC fisso dell’ufficio, dovresti aspettare prima di poter creare, inviare e registrare
le fatture.

I software di fatturazione in cloud ti permettono di accedere da qualsiasi luogo, indipendente-


mente dal dispositivo con cui stai lavorando. Basta inserire le credenziali (nome utente e pas-
sword) per entrare nel programma, ritrovare tutti i tuoi dati e compiere le operazioni che desideri.

3. Vuoi creare le fatture solo da PC, oppure anche da smartphone e tablet?


In alcune situazioni non puoi proprio aver a disposizione un PC. Ecco che quindi ti ritrovi a emet-
tere fatture dal tuo smartphone e tablet.

Molti software non sono compatibili con i dispositivi mobili, mentre altri lo sono, ma conten-
gono così tante funzioni che è spesso difficile gestirli con uno schermo di piccole dimensioni.

I programmi di fatturazione più evoluti hanno una propria app di fatturazione elettronica, che
puoi scaricare sul tuo smartphone e tablet.

L’applicazione non è semplicemente una “riduzione” della versione per PC, ma è studiata per
soddisfare le esigenze dell’utente nella particolare situazione in cui si trova.

Infatti, una persona che accede da un software di fatturazione da smartphone e tablet, probabil-
mente si trova in mobilità o comunque ha bisogno di compiere operazioni veloci.

Fatturare in mobilità: come mi ha aiutato


Prima di lanciare sul mercato Fatture in Cloud, trascorrevo le mie giornate tra gli studi universitari
e la mia piccola startup di videogiochi. Avevo la necessità di emettere fatture e controllare la
gestione della startup ovunque mi trovassi, tanto dalla mia cameretta quanto dall’Università. Non
potevo limitarmi a un computer fisso, che rimaneva a casa, ma mi occorreva un programma che
potevo utilizzare, ad esempio, anche dallo smartphone. Poter gestire la mia startup da qualsiasi
luogo e in ogni momento mi ha aiutato a farla crescere, anche quando non avevo la possibilità di
dedicare ad essa tutto il mio tempo.

- Daniele Ratti
CEO di Fatture in Cloud

4. Come inviare le fatture al Commercialista?


Oltre che ai clienti, devi inviare le fatture anche al tuo Commercialista, per poterle inserire in
contabilità. L’operazione di solito è abbastanza veloce: dato che sei agli inizi, le tue fatture sono
poche al mese, non certo decine.

Eppure possono esserci degli imprevisti. Ad esempio, può capitare che, per qualsiasi motivo, si
presenti qualche difficoltà o errore nell’invio. Inoltre il commercialista potrebbe aver bisogno

78
PG.

Guida per aprire


Partita Iva
di altri documenti o dati, oltre alle fatture inviate e ricevute. Come se non bastasse, potresti
dimenticarti di mandare il materiale entro le scadenze prestabilite, con ripercussioni sul lavoro
del Commercialista.

Per risolvere tutti questi problemi, puoi far accedere il Commercialista al tuo software di fattu-
razione. La soluzione migliore non è certo condividere il nome utente e la password.

Infatti, alcuni programmi come Fatture in Cloud permette la connessione con il Commercialista,
in cui:
• il Commercialista può creare il proprio account, anche gratuito,
• puoi far visualizzare il tuo account al Commercialista e farlo accedere solo ai dati che tu
vuoi condividere con lui, in totale sicurezza.

Rapporto azienda-Commercialista: trasformare le difficoltà in collaborazione


Il videogioco di maggior successo della mia startup raggiunse oltre 3 milioni di downloads e si
stava diffondendo anche fuori dall’Italia, in particolar modo in Francia. In quel preciso momento
di crescita aziendale, mi resi conto che avevo la necessità di seguire la fatturazione in modo
migliore. La mia non era di certo una gestione ottimale: tenevo le fatture in modo disordinato e
spesso le inviavo in ritardo al Commercialista. Condividere le fatture in modo semplice e veloce
mi ha aiutato molto: io riuscivo a dedicare più tempo alla mia startup, mentre il Commercialista
poteva mantenere sotto controllo la mia fatturazione, per segnalarmi eventuali errori e darmi dei
suggerimenti su come migliorare i miei affari.

- Daniele Ratti
CEO di Fatture in Cloud

5. Vuoi limitarti alla fatturazione?


Hai controllato e tutto torna: il software di fatturazione che stai valutando ha la fatturazione
elettronica, è in cloud, lo puoi utilizzare anche da smartphone e ha persino l’accesso per il com-
mercialista.

Ti basta solo questo? Non vorresti, ad esempio, poter creare una fattura in modo automatico da
un preventivo, senza dover riscrivere i dati? Oppure monitorare i tuoi crediti e capire quali fatture
devono ancora essere saldate? O, ancora, avere una stima del fatturato e dei costi?

Per fare tutto ciò, ti serve un software di gestione dell’attività.

Software di gestione dell’attività: cos’è e come ti torna utile


Un software di gestione dell’attività è un programma che semplifica e velocizza alcune opera-
zioni e ti restituisce i dati sull’azienda. Nel nostro caso comprende la fatturazione e molte altre
funzionalità per mantenere gli affari sotto controllo.

I software di questo tipo non sono necessariamente complessi e costosi: anche una piccola
azienda se li può permettere.

Cosa non può mancare al tuo software di gestione dell’attività

79
PG.
Il mercato è ampio, ma con alcuni criteri puoi identificare il software più adatto alle tue esigenze.

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Partita Iva
Un software di gestione dell’attività, per essere funzionale al controllo degli affari, deve consen-
tire di:
• Creare documenti elettronici e non: fatture, preventivi, proforma, note di credito, ricevute,
etc.
• Convertire un documento in un altro: ad esempio, trasformare un preventivo in fattura e una
fattura in un ordine.
• Automatizzare il saldo delle fatture non appena ne viene effettuato il pagamento. In questo
modo, potrai sia dimenticare le procedure meccaniche di riconciliazione dei conti, sia avere
la situazione aggiornata in tempo reale delle fatture pagate e insolute.
• Analizzare i prodotti venduti e la loro incidenza sul fatturato.
• Avere una stima dei costi;
• Monitorare e i crediti e i debiti verso i clienti e i fornitori;
• Esaminare i principali indicatori di andamento dell’attività, come il fatturato e l’utile d’im-
presa.

Ora che hai scelto il software che più fa al caso tuo, hai lo strumento che ti serve per emettere
fatture e gestire al meglio i tuoi affari.

Nello svolgimento delle tue attività, appena aperta Partita Iva o in un secondo momento, potresti
aver bisogno di una persona che ti aiuti. Cosa fare in questo caso: meglio assumere dipendenti
oppure avvalersi di un collaboratore esterno con Partita Iva? Lo scopriremo nel prossimo capi-
tolo.

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Partita Iva
Assunzione dipendente
o collaborazione
con partita Iva:
cosa scegliere?
Puoi avvalerti del lavoro di un’altra persona scegliendo se
assumere un dipendente o rivolgerti a un professionista o
collaboratore con Partita IVA. Vediamo in cosa consistono le
due soluzioni e quali sono i pro e i contro di ognuna.

CAPITOLO 16
Per lo svolgimento delle tue attività quotidiane, oppure per realizzare un progetto particolare,
potresti avere la necessità di ricorrere al lavoro di un’altra persona.

In questo caso, le strade che puoi intraprendere sono due:


• assumere un dipendente, oppure
• avvalerti di un collaboratore con Partita Iva.

Analizziamo entrambe le possibilità, esaminando per ognuna le peculiarità, le implicazioni nor-


mative e legali e altri aspetti da tenere in considerazione.

Lavoratore dipendente: come si assume e quanto costa?


In qualsiasi Impresa, alla base dell’accordo tra datore di lavoro e lavoratore c’è sempre un “con-
tratto di lavoro”, che potremmo definire come un accordo scritto e perfezionato sulla base di un
Contratto Collettivo Nazionale di riferimento e integrato, dove possibile, da successivi accordi a
livello aziendale.

I contratti di lavoro di cui stiamo parlando si possono dividere, in linea di massima, in due “ma-
crocategorie”:
• Lavoro subordinato: in questo caso, il lavoratore si impegna a prestare il proprio lavoro alle
dipendenze e sotto la direzione di un altro soggetto.
• Lavoro parasubordinato: questa tipologia ha caratteristiche intermedie tra il “lavoro subor-
dinato” del punto precedente e il “lavoro autonomo”, di cui parleremo dopo. Si riferisce a
forme di collaborazione svolte in modo continuativo nel tempo, coordinate con la struttura
organizzativa dell’imprenditore, ma senza vincolo di subordinazione.

Nel caso di “lavoro subordinato”, il lavoratore assume la definizione anche di “prestatore di lavo-
ro subordinato” o, più comunemente, lavoratore dipendente.
Se il dipendente svolge le attività sotto la direzione di un’altra persona (definito “datore di lavo-
ro”), riceve una retribuzione, di solito a cadenza mensile, che gli viene erogata tramite un “cedo-
lino” o, più comunemente, “busta paga”.

Alcune tra le più diffuse tipologie di contratti del lavoro subordinato sono:
1. contratto a tempo indeterminato,
2. contratto a tempo determinato,
3. contratto di apprendistato,
4. contratto a chiamata.
Conoscere la differenza tra queste forme contrattuali ti permetterà di gestire al meglio il rappor-
to con il lavoratore dipendente.

1. Contratto a tempo indeterminato


Questa tipologia di rapporto di lavoro non ha una scadenza temporale. Tant’è che può essere in-
terrotto solo se e quando si verificano eventi “straordinari”, come, ad esempio, il pensionamento
del dipendente, per dimissioni volontarie del lavoratore o a causa del licenziamento da parte del
datore di lavoro.

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Quello a tempo indeterminato può essere considerato il contratto più vantaggioso per il lavorato-
re, in quanto offre maggiori tutele, garanzie, sicurezza e stabilità nel corso del tempo.

2. Contratto a tempo determinato


A differenza del contratto di lavoro a tempo indeterminato, quello a tempo determinato è carat-
terizzato da una specifica data di scadenza predeterminata del rapporto di lavoro.

Seppure più “flessibile” rispetto a quello a tempo indeterminato, l’uso del contratto a tempo de-
terminato presenta alcune limitazioni:
• Ha una durata massima di 12 mesi, estendibile a 24 mesi solo in determinate situazioni
e a specifiche condizioni (comprensiva di proroghe o per successione di più contratti). È
opportuno verificare eventuali previsioni diverse dei contratti collettivi nazionali, territoriali o
aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul pia-
no nazionale.
• Deve rispettare specifiche dinamiche aziendali: si possono assumere, cioè, dipen-
denti a tempo determinato in una quantità non superiore al 20% del numero dei la-
voratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione.
Questa previsione può essere eventualmente superata solo se previsto dai CCNL, oppure
in presenza di particolari condizioni (ad esempio, in un’azienda con meno di 5 dipendenti).

3. Contratto di apprendistato
L’apprendistato è un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato che si rivolge pre-
valentemente ai giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni, con lo scopo di garantire loro la
formazione per il mercato del lavoro in cui vorranno inserirsi.

Questo contratto di lavoro non deve essere confuso con il tirocinio.


Il tirocinio infatti consiste in un periodo di orientamento e di formazione svolto in un contesto
e/o lavorativo che può assumere due “forme” diverse di realizzazione:
• Tirocinio curricolare: rivolto a giovani che frequentano un percorso di istruzione o forma-
zione, con la possibilità di integrare l’apprendimento anche tramite un’esperienza lavorativa;
• Tirocinio extracurriculare: sempre rivolto ai giovani, ma per compiere le proprie scelte pro-
fessionali esclusivamente tramite un periodo di formazione in un contesto lavorativo.
Il tirocinio non si configura come rapporto di lavoro, mentre l’apprendistato, è una vera e propria
forma di contratto di lavoro subordinato con specifiche previsioni normative.

4. Contratto a chiamata
Infine, puoi prendere in considerazione il contratto a chiamata (noto anche come “contratto di
lavoro discontinuo” o “intermittente”).
È caratterizzato dalla discontinuità della prestazione. Pertanto, in questo caso, il lavoratore può
essere chiamato a lavorare in giorni od orari diversi, in modo non continuativo, secondo le esi-
genze del datore di lavoro, individuate tenendo sempre come riferimento i Contratti Collettivi di
appartenenza dell’azienda.

Per conoscere ulteriori tipologie di contratto di lavoro e scegliere la forma contrattuale che me-
glio risponde alle esigenze della tua azienda e della figura che stai cercando, ti consigliamo di

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PG. rivolgerti al tuo Consulente del Lavoro di fiducia.

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I costi di un lavoratore dipendente
Il costo complessivo di un lavoratore dipendente non è determinato solamente dalla retribu-
zione corrisposta su base mensile, ma anche da una serie di altri elementi, tra cui, possiamo
ricordare:
• i contributi previdenziali e assicurativi,
• il TFR (Trattamento di Fine Rapporto),
• la tredicesima e quattordicesima,
• i benefit di Welfare aziendale,
• le spese per ricerca, selezione e inserimento del personale,
• la formazione,
• altre spese e oneri correlati al dipendente

Per ulteriori informazioni, ti rinviamo all’articolo del blog di Dipendenti in Cloud dedicato al costo
del personale.

Collaborazione con partita IVA: in cosa consiste?


La collaborazione con un autonomo dotato Partita Iva può assumere la forma di prestazione
d’opera quando il lavoratore, dietro corrispettivo, si impegna a compiere un’opera o un servizio
tramite il suo lavoro senza essere subordinato a te, in quanto committente.

L’attività di cui stiamo parlando trova il proprio fondamento giuridico nel contratto d’opera, defi-
nito dall’art. 2222 del Codice Civile.

Le principali caratteristiche di un questa tipologia di contratto sono le seguenti:


• Non devono essere previsti vincoli d’orario durante il quale prestare la propria attività lavo-
rativa.
• Il collaboratore deve avere ampia libertà di scelta delle modalità con cui intende eseguire la
propria prestazione esecutive.
• Devono essere preventivamente predeterminati sia gli obiettivi da perseguire, sia il compen-
so da corrispondere al collaboratore.
• Il Collaboratore, dal canto suo, deve assumersi il “rischio professionale” correlato all’attività
da eseguire in favore del committente.
• Le prestazioni professionali non devono essere “ricorrenti”, ma avere una scadenza prede-
terminata, eventualmente rinnovabile a determinate condizioni.

Anche se non è obbligatoria la forma scritta, ti consigliamo di sottoscrivere per iscritto un con-
tratto di prestazione d’opera, che specifichi – come detto – sia la natura della prestazione, sia il
compenso del collaboratore.

Per quanto riguarda i costi del contratto di collaborazione con partita IVA, sono perlopiù ricon-
ducibili al compenso pattuito in sede contrattuale con il collaboratore esterno, oltre ad eventuali
oneri previdenziali ed assistenziali previsti per legge.

Lavoratore dipendente o collaboratore con partita IVA: quale conviene?


Il mondo del lavoro è sicuramente cambiato negli ultimi anni, anche grazie allo sviluppo e alla

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diffusione dello smart working e della tecnologia.

Dal punto di vista fiscale, per le aziende italiane è alcune volte più efficiente affidarsi a collabo-
ratori con partita IVA, piuttosto che assumere del personale dipendente, a causa della pressione
fiscale e previdenziale correlata al lavoro subordinato.

Sempre più aziende, nel momento in cui si stanno adoperando per cercare personale qualificato,
preferiscono spesso stabilire collaborazioni con liberi professionisti dotati di Partita Iva, anziché
assumere nuovi dipendenti.

D’altra parte, però, può risultare più vantaggioso assumere dipendenti dipendenti (anziché ri-
correre a professionisti esterni), per sviluppare competenze interne, considerate come risorse
preziose sempre a disposizione dell’imprenditore.

Inoltre, in determinate situazioni e secondo leggi vigenti tempo per tempo, se si ricorre al lavoro
subordinato, si possono beneficiare di alcuni sgravi contributivi e vantaggi fiscali da non sotto-
valutare.

Infine, non bisogna sottovalutare nemmeno l’ipotesi che le tariffe orarie di un autonomo possa-
no essere di gran lunga superiori rispetto al compenso orario di un lavoratore subordinato.

Una soluzione intermedia può essere avere un piccolo team interno di dipendenti, a cui affidare
le attività continuative e di primaria importanza, e ricorrere a collaboratori esterni a per attività
secondarie e/o progetti specifici.

Dipendente o partita Iva? La decisione se sia meglio assumere un lavoratore dipendente o avva-
lersi dell’aiuto di un collaboratore esterno con partita IVA deve essere analizzata attentamente
per capire quale delle due soluzioni è più conveniente per la tua attività. Per questo motivo, ti
suggeriamo di rivolgerti a un Consulente di fiducia.

Siamo alla fine di questa guida sull’apertura di una Partita Iva. Ripercorriamo in breve il percorso
che abbiamo affrontato insieme:
• All’inizio abbiamo esaminato le situazioni in cui sussiste l’obbligo di Partita Iva e i requisiti
che devi avere per aprirne una.
• È stato poi il momento di esaminare le scelte da compiere in merito alla tua Partita IVA: la
forma giuridica, il nome dell’azienda, la sede legale e operativa, il regime fiscale.
• Abbiamo risposto alla domanda “come aprire partita IVA”, approfondendo pratiche e docu-
menti, i vantaggi di aprire partita IVA con il Commercialista e gli adempimenti immediata-
mente successivi.
• L’ultima parte della guida ha trattato alcuni temi che ti tornano utili subito dopo aver aperto
l’attività: le tasse da pagare, la gestione di entrate e uscite, gli indicatori di andamento degli
affari, la scelta del software di fatturazione e infine l’assunzione di un dipendente o collabo-
razione con partita Iva.

Ora hai le informazioni essenziali per affrontare con più serenità l’apertura della Partita IVA e la

85
PG. gestione della tua attività.

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