Scarica in formato pdf o txt
Scarica in formato pdf o txt
Sei sulla pagina 1di 5

IL FASCISMO

IL DOPOGUERRA IN ITALIA E IL "BIENNIO ROSSO"


• Qual era la situazione del dopoguerra in Italia?
Il dopoguerra in Italia è caratterizzato da difficoltà economiche, dovute al debito pubblico
contratto per far fronte ai costi della guerra e al problema della riconversione delle industrie di
guerra a produzioni civili. Si creò cosi un profondo malcontento popolare, che si tradusse in
scioperi e tumulti. Anche dal punto di vista politico, la perdita di voti dei liberali, nelle elezioni del
1919, rese instabile il governo.
L'esperienza della guerra aveva poi generato e diffuso una cultura della forza che trovò
espressione nell'occupazione di Fiume, tra Istria e Dalmazia, da parte di ex combattenti guidati dal
poeta Gabriele d'Annunzio. I nazionalisti, infatti, rivendicavano la città e contestavano le trattative
condotte dal governo a Parigi.

• Che cosa fu il "biennio rosso"?


Il biennio 1919-1920 (noto come "biennio rosso") fu caratterizzato, nelle campagne e nelle città
industriali, da un intenso conflitto sociale, in cui le rivendicazioni economiche si intrecciavano a
richieste politiche. I contadini procedettero all'occupazione di terre. Nelle fabbriche si
intensificarono gli scioperi, mentre si costituivano consigli di fabbrica, ossia organizzazioni di
lavoratori che, ispirandosi ai soviet russi, intendevano controllare la produzione e l'organizzazione
del lavoro. Il movimento dei consigli era sostenuto dal gruppo di socialisti vicini alla rivista "L'Ordine
Nuovo" e ad Antonio Gramsci. Nel settembre 1920 si giunse all'occupazione operaia delle
fabbriche di Milano e di Torino. L'esperienza si concluse tuttavia in una sostanziale sconfitta del
movimento operaio.

I PARTITI DI MASSA E IL FASCISMO


• Quali forze politiche si confrontarono nel dopoguerra?
La mobilitazione della società a seguito della guerra portò con sé una crescita dei partiti di massa.
Nelle elezioni del 1919 il Partito socialista restò spaccato al proprio interno tra l'ala rivoluzionaria e
l'ala riformista, più moderata, del leader Filippo Turati. Una novità sulla scena politica italiana fu
l'ascesa del Partito popolare, una formazione cattolica fondata da don Luigi Sturzo. Un'alleanza
fra queste due forze popolari, che avrebbero avuto la maggioranza assoluta in Parlamento, era
però impossibile, a causa dell'atteggiamento rivoluzionario dei socialisti, rifiutato dai cattolici. I
socialisti, inoltre, furono indeboliti da un'ulteriore scissione interna: una corrente ispirata al
socialismo sovietico, contraria sia ai rivoluzionari sia ai riformisti, si separò, dando origine nel 1921
al Partito comunista d'Italia.

• Come nacque il fascismo?


Nel marzo 1919, a Milano, l'ex socialista Benito Mussolini (1883-1945) fondò i Fasci di
combattimento, un movimento basato su un programma ambiguo e confuso che si rivolgeva in
particolare agli ex combattenti. Inizialmente, l'ala estrema del movimento, organizzata in squadre
d'azione formate dalle cosiddette "camicie nere", si occupò di reprimere le proteste contadine: a
bordo di camion e armate di manganelli e armi da fuoco.
Le squadre d'azione prendevano d'assalto le leghe contadine, i circoli socialisti e le
manifestazioni di piazza.
Questa attività repressiva intrapresa dai fascisti, nota come squadrismo, fu ampiamente tollerata
dalle forze dell'ordine, ostili alle rivendicazioni popolari, e trovò consenso presso la piccola e
media borghesia e i ceti più agiati, agrari e industriali, timorosi delle rivendicazioni operaie e
contadine del biennio rosso. Nel novembre 1921 Mussolini ritenne giunta l'ora di trasformare il
movimento in Partito nazionale fascista (PNF), cercando un'alleanza con i liberali.
VERSO LA DITTATURA
• In che modo il fascismo giunse al potere?
Nel corso del 1922 i fascisti, forti dell'appoggio dell'esercito, erano convinti che sarebbe stato
possibile prendere il potere senza ricorrere alla forza, ma compiendo semplicemente un atto
dimostrativo. Il 28 ottobre i fascisti marciarono su Roma. Il re, Vittorio Emanuele III,
invece di disperderli con l'esercito, decise di affidare l'incarico di governo a Mussolini. Questi
allora legalizzò le sue squadre, ribattezzandole Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, e
istituì il Gran consiglio del fascismo che aveva il compito di indirizzare l'azione del governo.
Nel 1923 venne approvata una legge elettorale che riconosceva un premio di maggioranza alla
coalizione che avesse preso almeno il 25% dei voti, e Mussolini prese accordi con i liberali per
formare una lista unitaria, il cosiddetto "listone". Le elezioni del 1924 segnarono la vittoria del
listone.

• Quali episodi segnarono l'instaurarsi della dittatura?


Nel corso delle elezioni del 1924 si registrarono brogli e violenze da parte dei fascisti.
Il deputato socialista Giacomo Matteotti denunciò l'accaduto in Parlamento e come reazione una
squadra fascista lo rapì e lo uccise. L'episodio aprì una polemica interna al partito fascista, e lo
stesso Mussolini parve vacillare di fronte all'indignazione pubblica; ma in un discorso del gennaio
1925, egli rivendicò la piena responsabilità del delitto.
Da quel momento, tra il 1925 e il 1926, fu emanata una serie di leggi (leggi "fascistissime")
finalizzate a istituire e consolidare la dittatura fascista: il capo del governo ottenne il potere di
emanare leggi senza l'approvazione del Parlamento: le autonomie locali furono smantellate; la
Camera dei deputati doveva essere nominata con elezioni plebiscitarie, in cui si poteva accettare o
respingere in blocco un'unica lista preparata dal Gran consiglio; venne sospesa la libertà di
stampa; vennero sciolti tutti i partiti tranne il PNF; venne istituito un Tribunale Speciale per la
difesa dello Stato per reprimere il dissenso al governo fascista.

IL TOTALITARISMO FASCISTA E IL PNF


• In che senso si può dire che il fascismo fu un totalitarismo imperfetto?
Un totalitarismo è un regime politico che si propone una mobilitazione e un controllo
totale delle masse all'interno delle sue strutture. Il fascismo aspirò a essere un totalitarismo, ma
dovette sempre fare i conti con due autorità estranee alla sua struttura: la monarchia e la Chiesa.
Con la Chiesa Mussolini sottoscrisse nel 1929 i Patti lateranensi, che includevano un concordato
in base al quale il cattolicesimo veniva riconosciuto come religione di Stato. Gli accordi con la
Chiesa accrebbero la popolarità di Mussolini. Una ragione di attrito tra il fascismo e la Chiesa fu
invece l'attività dell'Azione cattolica, un'organizzazione laica della Chiesa, che ottenne il
riconoscimento ufficiale del fascismo.
Agli occhi di Mussolini essa rappresentava un fattore di disturbo rispetto al suo disegno di
inquadrare la gioventù nelle organizzazioni del Partito fascista, come l'Opera nazionale
Balilla.

• Come era organizzato il Partito nazionale fascista?


Al Partito fascista, partito unico dello Stato, spettava il compito di inquadrare la vita dei cittadini in
tutti i suoi aspetti, dall'infanzia, alla scuola, al mondo del lavoro.
Se si considera il numero di iscritti al Partito, questo compito fu svolto con successo, anche se
l'adesione era spesso frutto di necessità: la tessera di partito, per esempio, era indispensabile per
chiunque aspirasse ad avere o mantenere un impiego pubblico. L'attività del Partito venne sempre
più condizionata da un'enorme macchina burocratica il cui scopo era propagandistico, ovvero
teso a orientare e controllare il consenso.
Al moltiplicarsi delle iniziative propagandistiche corrispose così un progressivo inaridimento del
dibattito politico interno al PNF, simboleggiato dalla politica di Achille Starace, segretario del
Partito dal 1931 al 1939.
OPPOSIZIONE AL FASCISMO E CREAZIONE DEL CONSENSO
• Da dove provenne l'opposizione al regime fascista?
Il regime fascista non riuscì a reprimere completamente l'attività delle opposizioni, che
continuarono a denunciare all'estero ciò che il regime stava facendo e a sostenere forme di
dissenso all'interno del paese, attraverso la diffusione di stampa clandestina.
A promuovere queste attività furono soprattutto il Partito comunista e la nuova formazione
Giustizia e libertà, nata dalle idee di Carlo Rosselli (in seguito assassinato dai fascisti), che
proponeva di accantonare le differenze ideologiche tra socialisti, liberali e repubblicani, per
combattere il regime. A questa attività il regime rispose con le condanne del Tribunale Speciale,
che inviava gli oppositori al carcere o al confino, condannandoli cioè a risiedere, sotto il controllo
della polizia del luogo, in località isolate del Sud d'Italia. Fra le vittime della persecuzione fascista vi
fu il leader e fondatore del Partito comunista, Antonio Gramsci, che morì in carcere.

• Quale fu la politica culturale e sociale del fascismo?


La società italiana nel periodo fascista fu organizzata in una fitta rete di associazioni che
inquadravano ogni segmento di età e ogni attività professionale. Particolare attenzione fu dedicata
alla scuola, riformata già nel 1922-1924, che divenne molto selettiva, privilegiando le materie
umanistiche. Alle donne fu riconosciuta una maggiore visibilità nella sfera pubblica, ma si continuò
a promuoverne un'immagine conservatrice e tradizionale. Nacquero le organizzazioni fasciste
femminili che promuovevano una maggiore natalità.
Anche i nuovi strumenti di comunicazione, cinema e radio, furono controllati e utilizzati a scopo
propagandistico dal regime. Il fascismo impose il monopolio di Stato sulle trasmissioni radiofoniche
e nel 1928 fondò l'Istituto LUCE, un ente finanziato dallo Stato che documentava le manifestazioni
del PNF e i discorsi di Mussolini.

LA POLITICA ECONOMICA ED ESTERA


• Quale fu la politica economica del regime fascista?
Nei primi anni del regime, Mussolini attuò una politica economica liberista. Negli anni Venti tentò
di costituire un regime corporativo, basato su associazioni che univano, nell'interesse superiore
dello Stato, lavoratori e imprenditori. La vera svolta nella politica economica del regime venne in
seguito alla crisi del 1929. Lo Stato, infatti, intervenne nell'economia istituendo l'IMI e l'IRI, enti
pubblici destinati rispettivamente a finanziare e a gestire le aziende in crisi. A questa politica di
intervento dello Stato appartiene anche la scelta dell'autarchia, ossia il raggiungimento del
massimo grado di autonomia economica, attraverso la sostituzione di materie prime d'importazione
con prodotti nazionali.

• Quale fu la politica estera di Mussolini?


La politica estera del regime fu inizialmente caratterizzata da relazioni amichevoli con la Gran
Bretagna e dal tentativo di un riavvicinamento alla Francia. Dal 1932, però, Mussolini, che aveva
assunto direttamente il ministero degli Esteri, varò una politica di preparazione alla guerra
finalizzata a risollevare gli apparati industriali. Dopo l'affermazione del nazismo in Germania (1933),
che mirava a cambiare l'ordine geopolitico europeo, Mussolini si propose come elemento di
equilibrio sulla scena europea. Ma la conquista dell'Etiopia (1935-1936) avvicinò nettamente l'Italia
alla Germania. Uno degli effetti di questo avvicinamento, condannato dalla Società delle nazioni, fu
l'adozione, in Italia come già in Germania, di leggi razziali (1938) che discriminavano gli ebrei.
NAZISMO

DALLA REPUBBLICA DI WEIMAR AL GOVERNO DI HITLER


• Quali furono le conseguenze della crisi del 1929 in Germania?
Nel dopoguerra in Germania si era instaurata la Repubblica di Weimar, una repubblica federale
dalle basi politiche e sociali fragili. Nel 1929 la Germania fu sconvolta dalla Grande crisi, che porto
alla caduta del governo sostenuto da liberali, socialdemocratici e cattolici e alla formazione di un
nuovo governo appoggiato dai militari e dal presidente Hindenburg, ma privo di consenso.
Alle elezioni del 1930 si affermarono i partiti "estremi" di sinistra e di destra, che resero
impossibile la formazione di solide alleanze parlamentari. La reazione degli investitori internazionali
di fronte alla situazione politica tedesca fu quella di ritirare i loro capitali, e questo aggravò la già
precaria situazione economica della Germania. La forte disoccupazione inoltre provocò scontri
armati tra le formazioni paramilitari di sinistra e quelle di estrema destra.

• Come si arrivò all'ascesa del Partito nazionalsocialista di Hitler?


Le elezioni politiche del 1932 furono caratterizzate dall'avanzata del Partito nazionalsocialista,
una formazione di estrema destra guidata da Adolf Hitler (1889-1945).
Il presidente Hindenburg propose a Hitler la carica di vicecancelliere, sperando di dare un
riconoscimento parziale ai nazionalsocialisti e nel contempo assicurando il potere nelle mani della
destra tradizionale. Hitler tuttavia rifiutò, ma nel gennaio 1933 si vide offrire direttamente l'incarico
di cancelliere: a quel punto accettò, e cosi il nazismo, al pari del fascismo in Italia, giunse al potere
con mezzi legali.

IL TOTALITARISMO NAZISTA
• Come avvenne la costruzione del regime nazista?
Non appena giunto al potere, Hitler sciolse il Parlamento, strinse un'alleanza con i conservatori
tedeschi e nel marzo 1933 indisse nuove elezioni. Anche grazie al ricorso alla violenza delle
proprie squadre paramilitari, le SA ("reparti d'assalto"), i nazisti ottennero una maggioranza
assoluta.
Hitler ottenne dal Parlamento il riconoscimento dei pieni poteri, ossia la facoltà per il governo di
legiferare e di modificare la Costituzione.
Nel maggio-giugno 1933 vennero sciolti tutti i partiti e i sindacati e il 1° dicembre dello stesso
anno Stato e Partito nazionalsocialista si identificarono ufficialmente. Si instaurava così il regime
totalitario.

• Con quali strumenti i nazisti esercitarono il controllo sulla società?


Accanto allo scioglimento di partiti e sindacati, venne decretata l'esclusione dalla pubblica
amministrazione dei dipendenti politicamente non graditi o ebrei, e vennero soppresse le
autonomie locali degli Stati federali della Germania. Venne creata la Gestapo, la potentissima
polizia segreta di Stato, che, affiancata dalle squadre di SS ("squadre di protezione"), nate come
guardia personale di Hitler e assolutamente fedeli al leader nazista, si incarico di perseguitare
sistematicamente gli oppositori. Hitler riuscì anche a ottenere l'appoggio della Chiesa, che nel
1933 sottoscrisse un concordato con lo Stato tedesco.
Il regime nazista ebbe il pieno controllo anche sulla cultura: numerosi intellettuali e artisti
emigrarono all'estero, mentre il ministero della Propaganda e dell'Educazione popolare lanciò una
massiccia campagna per la diffusione dell'ideologia nazista e per l'organizzazione del
consenso, perseguendo l'obiettivo di nazificare integralmente la popolazione.
SUPREMAZIA DEL FÜHRER E PROPAGANDA
• Qual era per il nazismo il ruolo di Hitler?
Un principio cardine del nazismo fu il ruolo insostituibile di Hitler, il Führer, ossia il "capo" del
popolo tedesco. In una prima fase Hitler vide la sua autorità offuscata dall'estremismo dei capi delle
SA, che difendevano un'ideologia anticapitalistica e rischiavano di sottrarre al nazismo l'appoggio
della grande borghesia. Nella "notte dei lunghi coltelli" (30 giugno 1934) le SS eliminarono i
vertici delle SA.
Ormai privo di rivali all'interno del partito, Hitler assunse nello stesso 1934 i titoli di presidente del
Reich (lo Stato) e capo delle forze armate. Hitler vide così riuniti nella sua persona gli aspetti
fondamentali dello Stato, e si propose come simbolo della nazione, cui spettava un'assoluta
obbedienza.

• Come venne promossa la propaganda nazista?


L'indottrinamento delle masse sotto il regime totalitario nazista trovò un terreno particolarmente
fertile nelle scuole. Praticamente tutte le discipline vennero snaturate, e trasformate in strumenti
per diffondere l'ideologia di una comunità basata sul sangue. la terra, la razza ariana (che
comprendeva i nordici e in particolare i tedeschi). Alla scuola si affiancò la Gioventù hitleriana,
un'organizzazione giovanile che mirava a indottrinare le nuove generazioni, addestrandole anzitutto
all'uso delle armi. Il regime si dimostrò molto attento alla propaganda e al condizionamento delle
coscienze, facendo abile uso dei nuovi mezzi di comunicazione di massa, e in particolare della
radio. Alla stessa funzione di indottrinamento contribuivano eventi spettacolari, come parate e
raduni di massa, con la partecipazione di reparti militari e di folle di civili che salutavano con il
braccio teso, o iniziative come i roghi di libri proibiti (ossia giudicati contrari al nazismo).

LE RISPOSTE ALLA CRISI: ANTISEMITISMO E PIENA OCCUPAZIONE


• Quali furono le radici e gli effetti dell'odio contro gli ebrei?
Nella sua ascesa al potere, il nazismo espresse e sfruttò le paure e gli odi dei ceti medi tedeschi,
che avevano vissuto la crisi come una minaccia alla loro sicurezza. Un ruolo di primo piano ebbe
l'antisemitismo, cioè l'odio contro gli ebrei. Gli ebrei vennero infatti individuati come responsabili
di tutti i mali della società tedesca e fatti oggetto di una violentissima campagna di persecuzione
basata su una concezione biologica delle razze umane e della superiorità della razza "ariana".
Questo tema della propaganda nazista si concretizzò, nel 1935, nelle leggi di Norimberga. con le
quali agli ebrei venne negata la cittadinanza. Nel 1938, nella cosiddetta "notte dei cristalli", in
numerose città tedesche vennero distrutte sinagoghe e negozi ebraici.

• Quale fu la strategia economica del regime nazista?


Nato nel quadro di una disastrosa crisi economica, il nazismo persegui il consenso anche
attraverso un massiccio intervento dello Stato nell'economia. Venne varato un grande piano di
lavori pubblici, incentrato in particolare sulla realizzazione di una rete autostradale.
Le scelte economiche del regime ebbero anche un obiettivo di politica estera, la preparazione alla
guerra, da realizzare attraverso un massiccio riarmo e il rilancio dell'industria legata alla
produzione bellica (armi, aerei, carri armati). Attraverso questa politica economica il nazismo
riuscì, nel 1938, a raggiungere l'obiettivo della piena occupazione della popolazione. I tedeschi si
sentirono cosi tutelati dal nuovo regime, sebbene i diritti di sciopero e di organizzazione dei
lavoratori fossero aboliti.

Potrebbero piacerti anche