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5 principi per la

DDI
e come metterli in
pratica con la
Google Suite

DIDATTICA DIGITALE

WeTurtle - 2021
Autore: Michele Storti

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5 principi per la DDI E
COME METTERLI IN PRATICA CON LA GOOGLE SUITE

I cambiamenti drammatici che stiamo attraversando come insegnanti, educatori o


formatori impegnati nel lavoro educativo con bambini e ragazzi, hanno comportato forti
limitazioni agli spazi di libertà entro i quali muoversi nella pratica didattica.
Ma allo stesso tempo, la crisi ci ha dato l’opportunità di comprendere meglio il valore
aggiunto che l’uso del digitale può offrire alle esperienze didattiche, se ben progettato e
bilanciato con le altre forme di esperienza d’apprendimento.
Come sottolineato nel modello SAMR (Puentedura, 2006) (fig. 1), il ruolo del digitale
non può infatti limitarsi a sostituire in modo più smart strumenti e pratiche
“analogiche”, ma dovrebbe permettere un ampliamento funzionale o perfino, in alcuni
casi, una ridefinizione profonda dell’esperienza di apprendimento, dei ruoli
insegnante/studente, delle metodologie e dei prodotti creati dagli studenti.

Figura 1

2
In questo ebook vi proponiamo una riflessione che parte da 5 principi che possono
guidare l’insegnante nella sua pratica didattica, sia in presenza integrata dal digitale,
che svolta a distanza. A partire da questi principi, accenneremo ad alcune possibilità di
metterli in pratica facendo uso della suite Google, un set di applicazioni di facile
accessibilità per l’insegnante che offre molto spazio di attivazione anche agli studenti.
Una precisazione necessaria: per poter usare le app della suite Google è necessario
disporre di un account Google, istituzionale se la scuola a cui si appartiene ha adottato
Google Classroom come piattaforma di istituto, o personale.

1. Granularità (MODULARITÀ)
La granularità è il principio per cui i contenuti di apprendimento assegnati agli studenti -
quelli espositivi (es. videolezioni, mappe, slide…), le attività applicative (es. esercizi,
problemi) e altre risorse di approfondimento - vengono “segmentati” in piccole porzioni
tematicamente ben definite e facilmente accessibili dagli studenti. Questo consente con
più facilità di:
• organizzare e recuperare le risorse archiviate;
• selezionarle e porle in sequenza nel percorso di apprendimento di volta in volta
scelto per gli studenti;
• costruire percorsi di apprendimento personalizzati (es. per studenti con BES o
altre difficoltà) aggiungendo o
togliendo singoli “moduli”;
• dare agli studenti la possibilità di fruire
dei contenuti in modo flessibile nei
tempi, stimolando l’autonomia dello
studio e una percezione di controllo sul
percorso che sta compiendo.
Un’idea semplice e di aiuto è proporre alla
classe fin da subito una mappa che
rappresenti il percorso sequenziale
composto di più step, o piuttosto una
struttura reticolare esplorabile in molti Figura 2
modi (a seconda di come è stato
progettato il percorso). Se siamo in storia, potrebbe avere le fattezze di una carta
geografica antica; se in fisica, potrebbe essere un percorso tra stelle o pianeti di una
galassia… Perché non prendere spunto anche dal mondo dei videogame?

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VIDEO DIDATTICI CON YOUTUBE
L’utilizzo di brevi video didattici è uno dei modi più efficaci per “segmentare” i
contenuti di apprendimento e rendere la fruizione flessibile secondo le esigenze del
singolo studente. Ogni video dovrebbe avere una durata limitata (variabile in genere tra
2-3 e 10-15 minuti in base all’età e le caratteristiche dello studente), un tema ben
definito e una collocazione chiara in relazione ad altri contenuti associati, secondo un
percorso sequenziale o reticolare che consenta allo studente di orientarsi e stabilire
connessioni tra essi.
YouTube è un universo di contenuti, tra i quali esistono molti canali di qualità con scopi
educativi e didattici. Possiamo ricercare e assegnare video lezioni da canali e playlist su
YouTube decidendo come condividerle con i nostri studenti (se tramite una bacheca
virtuale, creando liste di link sul mini sito di classe o della disciplina, inserendoli dentro
ambienti ad hoc per le lezioni online come Blendspace o TED-Ed).
Se siamo più ferrati, potremmo anche creare un nostro canale YouTube come
insegnanti (o della disciplina gestito da più insegnanti) per gestire i video caricati da noi
dentro delle playlist tematiche.

Figura 3

Figura 4

4
OGGETTI DI APPRENDIMENTO CON I MOD ULI GOOGLE
Un’altra possibilità per attuare il principio della granularità è usare l’app Google Moduli
per creare degli “spazi di apprendimento” organici, ciascuno dei quali potrà integrare
uno o più oggetti di apprendimento come articoli, video o esercizi.
Un modulo, ad esempio, nella prima sezione potrebbe assegnare allo studente la visione
di un video o la lettura del testo da slides.

Figura 5

Nella sezione successiva, potremmo assegnare un test (fig. 6) per verificare la


comprensione sui contenuti tramite domande di diverso formato, che (a seconda del
formato e dei nostri obiettivi) potremo valutare in modo automatico o correggere in
modo manuale, impostando la modalità “quiz” del modulo che consente di assegnare un
punteggio a ciascuna risposta (fig. 7).

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Figura 6

Figura 7

6
In alternativa, a seguito di un contenuto didattico potremmo chiedere di svolgere un
compito più articolato come scrivere una relazione, risolvere un problema matematico o
creare un breve prodotto audio o video: in questo caso potremmo usare la modalità
“Caricamento di file” prevista tra i formati di risposta, che consente allo studente di
caricare il suo file dal pc direttamente dentro il modulo (fig. 8).

Figura 8

2. FEEDBACK E DIDATTICA PERSONALIZZATA


Un’altra grande opportunità che possiamo cogliere dall’aumento della digitalizzazione
nelle pratiche didattiche è quella di accrescere le occasioni di feedback che possiamo
scambiare con gli studenti. Se i software a disposizione sono usati con efficacia, può
aumentare la possibilità dell’insegnante di monitorare le azioni degli studenti, così come
di inviare messaggi per informarli sulle loro performance e fornire loro assistenza. Gli
strumenti software ci permettono di inviare e ricevere feedback con gli studenti sia in
modalità sincrona, come quando siamo connessi in videoconferenza o nelle chat, sia in
modalità asincrona, ad esempio assegnando restituzioni di un compito via email,
registro elettronico o inviando commenti in formato testo, audio o video. Questa
maggiore capillarità di comunicazioni può essere sfruttata anche in ottica di didattica
personalizzata.

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GOOGLE MEET: FEEDBACK SINCRONI PER RIDURRE LE DISTANZE
L’app Google Meet, scoperta da molti insegnanti in questi mesi, consente di organizzare
videochiamate e si presta bene sia a scambiare feedback che a organizzare momenti di
didattica personalizzata in modalità sincrona.
Possiamo usarla:
• per svolgere sessioni didattiche personalizzate con studenti che ne abbiano
bisogno;
• per dare feedback in itinere a singoli studenti o gruppi nel corso del lavoro
progettuale e monitorare i loro progressi a distanza;
• per contattare le famiglie e aggiornarle riguardo i loro figli.
Tutte queste possibilità aumentano la frequenza dei feedback con cui orientare
l’apprendimento degli studenti, rendono possibile una personalizzazione della didattica
e contribuiscono ad avvicinare l’insegnante alle famiglie nel corso dell’anno scolastico.

Figura 9

GOOGLE DOCUMENTI E GOOGLE PRESENTAZIONI: FEEDBACK


TESTUALI E LAVORO COLLABORATIVO
Per i compiti che prevedono la scrittura di un testo o la preparazione di una
presentazione da parte degli studenti, il word editor Google Documenti e l’editor di

8
slide Google Presentazioni permettono di aggiungere commenti con cui inviare i nostri
feedback (commenti, correzioni, indicazioni per proseguire il lavoro).

Figura 10

Se il lavoro di scrittura si svolge in modalità collaborativa tra più studenti, per facilitare
gli scambi tra l’insegnante e i singoli studenti possiamo assegnare i commenti a specifici
studenti (a cui verranno notificati via email).

Figura 11

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È presente anche la modalità Suggerimento che consente di aggiungere proposte di
modifica del testo che potranno essere accolte o rifiutate, opzione utile nel corso di un
lavoro di gruppo per consentire agli studenti di valutare varie proposte prima di
sceglierne una definitiva.

Figura 12

Fin qui abbiamo capito come mettere in pratica i principi metodologici


della DDI attraverso le app della Google Suite.
Siamo partiti dal modello SAMR (Puentedura, 2006) per notare come
l’introduzione di strumenti tecnologici nella didattica (in presenza e a
distanza) non equivalga necessariamente a introdurre innovazioni
positive. Piuttosto, si tratta di comprendere quale ruolo svolga lo
strumento tecnologico dentro un’attività didattica e quale valore
aggiunto apporti sul piano delle esperienze di apprendimento, delle
metodologie e della relazione educativa (docente-studente o studente-
studente).

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Dopo aver approfondito granularità e feedback e personalizzazione della didattica, ci
focalizzeremo qui su un terzo principio guida per la DDI, il lavoro con i compiti di realtà.

3. COMPITI DI REALTÀ
La trasformazione della relazione docente-studente nella DAD ha messo in evidenza i
limiti delle tradizionali prove di verifica “trasmissive” in cui si richiede allo studente di
memorizzare e riprodurre di fronte all’insegnante un set di nozioni durante un compito
scritto o un’interrogazione. Questa modalità, spesso proposta agli studenti anche in fase
di esercitazione, nella DAD spesso non consente di verificare l’autenticità della
prestazione dello studente. Si è rafforzata quindi - anche per motivi di necessità - la
tendenza a progettare esercitazioni e verifiche nella forma della prova complessa o
compito di realtà, in cui gli studenti apprendono conoscenze e attivano competenze
mentre affrontano problemi fortemente connessi alle situazioni, le sfide e le criticità del
mondo reale e percepiti da loro come significativi.

Figura 13

PROGETTARE E CURARE SITI CON GOOGLE SITE S


Qualunque sia il problema e/o il progetto svolto con la classe, può essere interessante
coinvolgere attivamente gli studenti nel progettare, costruire e curare un sito web
dedicato al tema affrontato. Ciò consente “in un colpo solo” di far esercitare gli studenti
a vari livelli:
• rielaborare in modo complesso i contenuti appresi

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• acquisire competenze digitali (navigazione, creazione di oggetti digitali creativi,
scrittura per il web…)
• divulgare dentro le comunità del web (scolastica, locale o globale) i risultati di
un progetto e fare esperienze di cittadinanza digitale
• riflettere ed esercitarsi sui linguaggi della comunicazione online
• allenarsi a lavorare in team e in modo progettuale.

L’app Google Sites permette agli studenti – già dalla fine della scuola primaria - di creare
siti web tramite un editor estremamente intuitivo ma al contempo ricco di possibilità e
in tempi estremamente ridotti. L’app si interfaccia in modo istantaneo con le altre app
della suite Google, ad esempio consente di incorporare video da YouTube, documenti
archiviati in Google Drive (di testo, presentazioni, moduli Google) o mappe da Google
Maps.

Figura 14

Figura 15

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Inoltre, la funzione Incorpora permette di inserire nelle pagine (tramite URL o codice
embed) altri oggetti digitali presenti online come video, grafiche, tour interattivi, quiz
didattici.

Figura 16

La facilità tecnica nella creazione del sito, se può essere limitante dalla fine della
secondaria di primo grado in poi, ci consente però di dedicare più attenzione al lavoro
sui contenuti, sulla ricerca e analisi dei dati online, sulla progettazione e gestione del
sito, sui processi di lavoro in team.
Una volta creato il sito, dovrà essere pubblicato per renderlo accessibile a chiunque
possieda l’URL (nelle impostazioni di pubblicazione possiamo decidere se farlo
indicizzare su Google o no).

Che cosa ne potrà nascere, quindi? Ad esempio:


• un diario di bordo della classe per aggiornare le famiglie sulle attività
• un sito di informazione della scuola curato dagli studenti
• webzine e blog con articoli, interviste, curiosità… sugli interessi degli studenti

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• spazi espositivi digitali per mostrare gli elaborati degli studenti (video, collage,
racconti, spot di sensibilizzazione, sfide digitali…).

Figura 17

I siti ovviamente possono variare per complessità, anche in funzione dell’età e delle
competenze degli studenti. Con i più grandi, ad esempio, si potrebbe affiancare un
canale YouTube per la pubblicazione dei contenuti più in vista che rimandi gli utenti al
sito per approfondire i temi trattati nei video (qui un esempio di TG scolastico online
svolto da una scuola).
Un’altra possibilità è integrare il sito Google con un canale social (ad esempio con
Telegram) a cui sia possibile iscriversi per ricevere gli aggiornamenti, tramite post, sui
nuovi contenuti pubblicati nel sito.

AUDIO PODCAST CON GOOGLE SITES


Un altro modo di utilizzare l’app Google Sites in chiave di compito di realtà è il lavoro
con l’audio podcast: si tratta di produrre playlist di puntate audio (per avere un’idea,
basta esplorare uno dei tantissimi podcast di Rai Radio 3) pubblicate online e quindi
ascoltabili dagli utenti in qualsiasi momento. Anche questa possibilità, come quella di
creare un sito o un canale di video sharing, si presta praticamente a qualsiasi progetto
(inter)disciplinare.
Podcast, a che utilità? Ad esempio, possiamo immaginare di coinvolgere gli studenti
nella creazione di un programma “radiofonico” che racconti la loro vita scolastica nel
periodo del Coronavirus, ciò che fanno nel tempo libero, le loro emozioni e speranze.

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Potrebbero scrivere e poi leggere ad alta voce storie di loro creazione. Piccoli gruppi
potrebbero produrre audio-pillole di divulgazione sulle scienze, la storia o temi di
attualità. Oppure, registrare audio-lezioni a uso dei compagni.

Esistono molte piattaforme specifiche per creare i propri podcast (una delle più note in
Italia è Spreaker) ma la maggior parte prevede un account gratuito limitato (es.
imponendo un tempo massimo di pubblicazione).
Ma possiamo ricreare un podcast “artigianale” con lo stesso Google Sites, ad esempio
sfruttando la funzione Pulsante per poter accedere con un clic a una risorsa audio, un
file audio .mp3 che avremo precedentemente prodotto e caricato su Google Drive. Lo
strumento Pulsante richiede infatti di indicare l’URL della risorsa a cui accedere
cliccando sullo stesso, la quale può corrispondere appunto a una puntata di un podcast,
oltre che a una pagina web, come accade di solito.
Se si vuole rendere il podcast pubblico, oltre a pubblicare il sito, dovremo rendere
pubblico anche l’accesso ai brani audio.

Figura 18

Nella creazione del podcast, dovremo strutturare le pagine in modo che siano
facilmente fruibili e navigabili, ad esempio mostrando per ciascuna puntata il titolo, una
breve descrizione, un’immagine di anteprima e il pulsante per l’ascolto.

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Figura 19

A questo punto possiamo capire come stimolare esperienze di apprendimento


collaborativo e dotate di interattività applicabili sia nella didattica in presenza che nella
DAD.

4. APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Anche a distanza, possiamo far usare agli studenti le app della Google Suite per
condurre esperienze di apprendimento collaborativo.

Un esempio è quello della scrittura collaborativa. Google Documenti si presta


facilmente a questo grazie ad alcune funzioni:
• la possibilità di aggiungere collaboratori
• gli strumenti commenti e suggerimento modifiche
• la possibilità di assegnare commenti a singoli utenti.
Questi strumenti elementari già da soli permettono a un piccolo team, ad esempio, di
creare a più mani una relazione al termine di un progetto o di svolgere un lavoro di
scrittura collaborativa.

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Google Presentazioni - che prevede le stesse funzionalità di Google Documenti -
consente di preparare a più mani una presentazione da esporre in fase di verifica, o a
supporto di una lezione tenuta dagli studenti in classe.
Con i più piccoli, Google Presentazioni può venirci in aiuto per le attività di storytelling,
magari integrando le famose carte di Propp che illustrano le fasi, le funzioni e i ruoli
tipici delle storie. Nel lavoro con le storie le possibilità di lavoro collaborativo sono
infinite, ad esempio:
-far scrivere diversi finali a partire da una stessa storia (se la storia è raccontata in più
slide, ciascun finale sarà creato in n slide della presentazione poste in fondo)
-lavorare sullo sviluppo di trame narrative alternative (se la storia presenta degli snodi
narrativi in corrispondenza di alcune slide, gli studenti possono sostituirne alcune con il
loro percorso narrativo alternativo)
-scrittura creativa collaborativa (si crea da zero una storia in cui ogni studente aggiunge
un pezzo inserendo n slide per cui la storia si svilupperà in modo cumulativo)
-storytelling a partire da immagini poste su diverse slide che potranno essere
ricombinate e ispireranno il testo della storia.

Ma oltre alle storie, le forme di creatività digitale sono tantissime: collage di


immagini/foto, “poesie visive”, racconti scritti arricchiti con audio e/o video, album
fotografici…

Figura 20

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In tutti i casi, per guidare gli studenti a collaborare in modo costruttivo nella creazione di
un elaborato, sarà importante stressare la fase di scambio di feedback tra i membri del
team o tra team diversi, precisando quali tipi di feedback possono essere scambiati e la
loro funzione.
Ad esempio:
• suggerimenti di modifica
• domande di chiarimento
• richieste di aggiunta di nuove informazioni
• opinioni personali (da motivare)
• link a risorse utili riferite all’argomento esposto.

5. APPRENDIMENTO INTERATTIVO
L’ultimo principio guida per la DDI che trattiamo è l’interattività, quella qualità degli
oggetti digitali che permette allo studente di esplorare, “manipolare” liberamente
l’oggetto di apprendimento, sperimentare, fare scelte e in generale attivarsi. La
componente attiva dell’esperienza di apprendimento dovrebbe essere conservata, per
quanto possibile, anche quando lo studente non ha a che fare con oggetti tangibili
fisicamente (come quando fa un esperimento di fisica o analizza una pianta).
Contrariamente all’idea diffusa che si debba fruire degli oggetti digitali per definizione in
modo passivo, esistono molti modi anche semplici per portare l’interattività nella
didattica con il digitale.

ESCAPE ROOM DIDATTICHE CON GOOGLE MODULI


Tra le forme più interessanti di didattica basata sul gioco, anche nel contesto italiano si
sta affermando l’utilizzo dell’escape room. L’escape room è un’esperienza per gruppi in
cui giocatori devono risolvere una serie di sfide, problemi ed enigmi, tipicamente per
uscire dal luogo in cui sono “intrappolati” in un tempo stabilito. Nel corso del gioco,
ambientato in un tempo e uno spazio che ne definiscono l’ambientazione (es. in una
piramide egizia, in un castello medievale…) gli enigmi risolti permettono di acquisire
informazioni necessarie per sbloccare delle “serrature” e accedere alla fase successiva
del gioco.

Accanto alle escape room negli spazi fisici, possiamo progettarne anche in modalità
ibrida (fisica/digitale) o completamente digitale, ad esempio con l’app Google Moduli.
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Sfruttando la funzione “chiave di risposta” presente nelle impostazioni delle domande
del modulo, possiamo infatti usare le sezioni del modulo come “serrature” sbloccabili
solo quando lo studente inserisce la risposta corretta necessaria per accedere alla
sezione successiva del modulo. Google Moduli, in sostanza, ci serve semplicemente per
“vincolare” l’accesso alle fasi del gioco: il resto dell’esperienza potrà essere svolta, a
seconda della progettazione, nei luoghi fisici o in altre piattaforme digitali.
In questo progetto descriviamo più in dettaglio come impostare le serrature nell’app con
un semplice esempio applicativo.
Ovviamente, lavorando in chiave di apprendimento collaborativo e basato su progetti,
sarebbe ancora più stimolante se fossero gli studenti in team a progettare le loro escape
room da far giocare ai compagni! Ma ciò sarà possibile solo dopo aver familiarizzato con
il formato di gioco e aver assimilato i contenuti disciplinari alla base degli enigmi.

Figura 21

TOUR E GIOCHI DIDATTICI IMMERSIVI


Una strada più complessa, ma senz’altro molto motivante per gli studenti, consiste
nell’uso dei videogiochi didattici. Ovviamente programmare videogames professionali è
fuori della nostra portata, ma usando un po’ di creatività possiamo sfruttare lo stesso

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Google Moduli in integrazione con altri software web per creare semplici videogiochi
immersivi.
In questo tutorial presentiamo un esempio di gioco ottenuto integrando il software
Thinglink, usato per costruire l’ambiente di gioco esplorabile, Google Moduli per
introdurre le serrature, e Learning Apps per incorporare esercizi la cui risoluzione
consente di ottenere le “chiavi” per passare agli step successivi.

Qui la vera sfida non è sviluppare il gioco tecnicamente, ma progettare l’esperienza di


gioco in modo che sia avvincente e al giusto grado di difficoltà per i giocatori.

Figura 22

Figura 23

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Siamo arrivati alla fine di questo percorso: che ne dici di provare a
mettere in pratica qualcuno di questi suggerimenti con la tua classe?
Se invece ti dovessero ispirare idee ancora diverse, saremo felici di
ascoltare le tue esperienze.

Buona sperimentazione… e se vuoi prosegui la tua formazione su


WeTurtle!

Autore: Dott. Michele Storti – Psicologo


Contatto: [email protected]

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