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Menti Diffuse
Menti Diffuse
BIOLO GIA
Menti
diffuse
Minuscoli grumi di cellule sono in grado di imparare,
Illustrazioni di Natalya Balnova
di Rowan Jacobsen
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Rowan Jacobsen è giornalista e autore di vari libri, tra cui Truffle Hound
(Bloomsbury, 2021). Ha scritto un articolo, pubblicato su «Le Scienze»
a settembre 2021, sulla decifrazione del codice che crea le proteine artificiali.
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campo medico intravedono prospettive allettanti per risvegliare to il paradigma. La vera sfida proviene dai nostri parenti senza
le capacità innate delle cellule di guarire e rigenerarsi. cervello, che manifestano comportamenti più sofisticati del pre-
E dal punto di vista filosofico la cognizione basale getta una lu- visto. «Il neurone non è una cellula miracolosa», afferma il bota-
ce nuova sul mondo. Forse il pensiero nasce da un punto di par- nico Stefano Mancuso dell’Università di Firenze, autore di vari li-
tenza semplice. Forse avviene tutto intorno a noi, ogni giorno, in bri sull’intelligenza delle piante. «È una cellula normale, in grado
forme che non abbiamo individuato perché non sapevamo che di produrre un segnale elettrico. Nelle piante quasi tutte le cellu-
cosa cercare. Forse le menti sono ovunque. le ne sono capaci».
La sensitiva è una pianta con foglie pennate, che normalmen-
nche se oggi sembra un’idea degna dei secoli bui, fino a po- te quando sono toccate si ripiegano e si abbassano (un meccani-
A chi decenni fa molti scienziati credevano che gli animali non
umani fossero incapaci di sentire dolore o altre emozioni. Un pen-
smo di difesa per non farsi mangiare). Quando però un gruppo di
scienziati dell’Università della Western Australia e dell’Universi-
siero vero e proprio? Neanche per sogno. La mente era il terreno tà di Firenze ha condizionato la pianta, maneggiandola per tutto
esclusivo degli esseri umani. «Era l’ultima roccaforte», racconta il giorno senza danneggiarla, questa ha imparato rapidamente a
Pamela Lyon, dell’Università di Adelaide, studiosa di cognizio- ignorare lo stimolo. L’aspetto più sorprendente è che, quando la
ne basale che nel 2018 ha coniato il termine per indicare que- pianta è stata sottoposta a nuovi test dopo essere rimasta indistur-
sto settore. Secondo Lyon il concetto di una differenza qualitati- bata per un mese, si è ricordata l’esperienza. Altre piante hanno
va dell’intelligenza umana, difeso con insistenza dagli scienziati, altre capacità. Una dionea, o venere acchiappamosche, è in grado
non è altro che l’ennesima forma di eccezionalismo destinata a di contare: si chiude di scatto solo se nella trappola si urtano due
crollare. Osserva: «Tutte le posizioni centrali che abbiamo occu- peli tattili in rapida successione, e secerne succhi digestivi nella
pato ci sono state portate via». La Terra non è il centro dell’uni- trappola chiusa solo se si toccano i peli tattili altre tre volte.
verso. Gli esseri umani non sono altro che una specie animale tra Nelle piante, proprio come negli animali, queste reazioni sono
tante. La cognizione vera e propria, però, doveva essere esclusi- mediate da segnali elettrici. Se si collegano una sensitiva e una ve-
vamente nostra. nere acchiappamosche, basta toccare un pelo tattile di quest’ul-
Adesso anche quel concetto è in declino, via via che i ricerca- tima per far chiudere completamente la sensitiva. Inoltre queste
tori documentano la complessità della vita interiore di creature piante, come altre, si possono mettere KO con il gas anestetico: la
sempre più lontane da noi. Le scimmie antropomorfe, i cani, i del- loro attività elettrica si azzera e smettono di reagire, come se aves-
fini, i corvi e perfino gli insetti si stanno dimostrando più brillan- sero perso conoscenza.
ti di quanto si potesse immaginare. Nel suo libro del 2022 Nella Le piante hanno una capacità sorprendente di percepire l’am-
mente di un’ape (pubblicato in Italia da Carocci Editore), l’ecolo- biente che le circonda. Sanno se ricevono ombra da una parte di
gista comportamentale Lars Chittka racconta decenni del suo la- sé o da qualcos’altro. Riescono a udire l’acqua corrente (e cresco-
voro con le api, dimostrando che sanno usare la lingua dei segni e no verso di essa) e il volo delle api (e si preparano al loro arrivo
riconoscere singoli volti umani, oltre a ricordare e comunicare la producendo nettare). Sanno quando gli insetti le stanno mangian-
posizione di fiori lontani. Possono essere di buono o cattivo umo- do, quindi per difendersi producono sostanze chimiche tossiche.
re, e anche subire traumi per esperienze ai confini della morte, E sanno perfino se le loro vicine subiscono un attacco: quando al-
per esempio essere afferrate da un animatrone a forma di ragno cuni scienziati hanno fatto sentire a una pianta di crescione il ru-
Michael Levin
nascosto in un fiore. (Chi non lo sarebbe?) more registrato di bruchi che masticavano, è bastato per indurla a
Naturalmente però le api hanno un cervello vero e proprio, riempire di olio di senape le foglie.
quindi il loro pizzico di intelligenza non mette in discussione tut- Il comportamento più straordinario delle piante spesso è sot-
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tovalutato, perché lo vediamo ogni giorno: a quanto pare sanno quella sostanza che prima non sopportavano. Avevano superato
esattamente che forma hanno e programmano la crescita futura le proprie inibizioni e imparato dall’esperienza, mantenendone il
in base a ciò che si può vedere, udire e odorare nell’ambiente cir- ricordo perfino dopo avere trascorso un anno in uno stato di ani-
costante, prendendo decisioni complesse sulla possibile posizio- mazione sospesa.
ne di risorse e pericoli futuri con modalità non riducibili a sem- E così torniamo alla planaria decapitata. Come fa ad avere ri-
plici formule. Paco Calvo, direttore del Minimal Intelligence cordi qualcosa che è privo del cervello? Dov’è archiviata la memo-
Laboratory all’Università di Murcia, in Spagna, e autore di Plan- ria? Dov’è la mente?
ta sapiens: perché il mondo vegetale ci assomiglia più di quanto cre-
diamo 8 pubblicato in Italia da il Saggiatore), lo spiega in questi econdo la concezione ortodossa, la memoria è archiviata nel
termini: «Per raggiungere i loro obiettivi le piante devono pro-
grammare in anticipo, integrando a questo scopo enormi quanti-
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muoversi in avanti
testa. E, soprattutto, quando Levin ha ta-
gliato a metà il nuovo verme, a entrambe le
teste se n’è aggiunta un’altra. Anche se ge-
Grafica di Brown Bird Design; fonte: A Scalable Pipeline for Designing Reconfigurable Organisms,
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programmazione dei computer, una chiamata di sottoprogramma ry of a Self, in cui ha sfruttato i risultati dei suoi esperimenti per
è un pezzo di codice – una specie di stenografia – che ordina a una sostenere che tutti noi siamo intelligenze collettive, costituite da
macchina di iniziare un’intera serie di azioni meccaniche di livel- agenti più piccoli e molto competenti che risolvono problemi. Co-
lo inferiore. Il bello di questo livello di programmazione superio- me ha detto al «New York Times» Bongard, dell’Università del
re è che ci permette di comandare miliardi di circuiti senza dove- Vermont, «siamo macchine intelligenti, fatte di macchine intelli-
re aprire la macchina e modificarli meccanicamente uno per uno. genti, fatte di macchine intelligenti e così via».
Ed è stato così con la formazione degli occhi nei girini: nessuno ha Levin se n’è reso conto anche osservando il corpo degli xeno-
dovuto gestire a livello microscopico la costruzione di lenti, reti- pi lisci durante il loro sviluppo. Nella trasformazione dal girino
ne e tutte le altre parti di un occhio. Tutti i comandi sono avvenuti
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all’adulto, il volto della rana subisce modifiche notevoli: la testa
a livello bioelettrico. «È davvero la colla cognitiva», commenta Le- cambia forma, mentre occhi, bocca e narici migrano verso nuove
vin. «È ciò che permette ai gruppi di cellule di collaborare». posizioni. Secondo l’ipotesi finora più diffusa, queste riorganizza-
Levin crede che questa scoperta possa avere conseguenze ri- zioni sono innate e seguono semplici algoritmi meccanici esegui-
levanti, permettendoci non solo di capire come si sia evoluta la ti dai geni, ma Levin sospettava che il tutto non fosse così prede-
cognizione, ma anche di aprire nuove strade nella medicina uma- terminato. Quindi ha alterato con l’elettricità il normale sviluppo
na. Imparare il «linguaggio delle cellule» – cioè a coordinarne il degli embrioni di rana per ottenere girini con gli occhi, le narici
comportamento attraverso la bioelettricità – potrebbe aiutarci e la bocca al posto sbagliato. Levin li ha chiamati «girini Picasso»:
a curare il cancro, una malattia che si sviluppa quando una par- un soprannome davvero azzeccato.
te del corpo smette di cooperare con le altre. Le cellule norma- Se la riorganizzazione fosse stata preprogrammata, la rana
li sono programmate per funzionare all’interno del collettivo, se- adulta avrebbe dovuto avere un aspetto deforme come il girino.
guendo il compito loro assegnato, per esempio di cellula epatica, Nel passato evolutivo della rana non c’è niente che le abbia dato
epidermica e così via. Le cellule tumo-
rali, invece, smettono di fare il proprio
lavoro e cominciano a trattare il corpo Grumi di cellule staminali prelevate dalla pelle
circostante come un ambiente estra-
neo, colpendo intorno a sé di loro ini- di una rana hanno usato le ciglia per spostarsi
ziativa per cercare nutrimento, re-
plicarsi e difendersi dagli attacchi. In
nel loro nuovo mondo, orientandosi in labirinti
altre parole, si comportano come orga-
nismi indipendenti.
Perché queste cellule perdono l’identità del gruppo? Secondo i geni per affrontare una situazione così insolita. Eppure, duran-
Levin, un motivo è che i meccanismi alla base della fusione men- te la trasformazione dei girini in rane, Levin ha osservato con stu-
tale tra cellule possono smettere di funzionare. «Stress, agenti pore che gli occhi e la bocca assumevano la posizione giusta. Le
chimici e mutazioni genetiche possono interrompere questa co- cellule avevano un obiettivo astratto e hanno collaborato per rag-
municazione», spiega. Al suo gruppo è bastato imporre uno sche- giungerlo. «Questa è l’intelligenza in azione, – ha scritto Levin – la
ma bioelettrico «cattivo» a un tessuto sano per provocare tumo- capacità di arrivare a un determinato obiettivo o risolvere un pro-
ri nelle rane. È come se le cellule tumorali smettessero di ricevere blema compiendo azioni nuove a fronte di circostanze diverse».
ordini e si ribellassero. Fuse in una mente collettiva dalla bioelettricità, le cellule hanno
E c’è un aspetto ancora più promettente: Levin ha fatto scom- compiuto imprese di bioingegneria nettamente superiori a quelle
parire i tumori reintroducendo lo schema bioelettrico giusto, so- dei nostri migliori esperti di genetica.
stanzialmente ripristinando la comunicazione tra il cancro fuo- Le ricerche di Levin hanno suscitato particolare interesse nei
ri controllo e il corpo, come se avesse riportato nei ranghi una settori dell’intelligenza artificiale (IA) e della robotica, che consi-
scheggia impazzita. Immagina che prima o poi si potrà applica- derano la cognizione basale un modo per affrontare alcune debo-
re la terapia bioelettrica al cancro negli esseri umani, fermando la lezze di fondo. Pur con tutta la loro straordinaria abilità nell’ela-
crescita tumorale. E potrebbe contribuire anche alla rigenerazio- borazione del linguaggio o nei giochi con regole ben definite, le
ne degli organi colpiti da insufficienza, per esempio i reni o il cuo- IA hanno ancora enormi difficoltà a capire il mondo fisico. Rie-
re, se gli scienziati riusciranno a decifrare il codice bioelettrico scono a sfornare sonetti in stile shakespeariano, ma non sanno
che ordina alle cellule di iniziare a crescere con le forme giuste. In che cosa rispondere se si chiede loro come si cammina, o di preve-
effetti, con i girini Levin ha dimostrato che gli animali colpiti da dere come rotolerà una palla lungo una discesa.
forti danni cerebrali alla nascita sono riusciti a sviluppare un cer- Secondo Bongard il motivo è che queste IA sono, in un certo
vello normale dopo avere ricevuto lo stimolo bioelettrico giusto. senso, troppo cerebrali. «Se si gioca con queste IA, si comincia a
capire quali sono i loro punti deboli. E per lo più riguardano co-
e ricerche di Levin hanno sempre avuto applicazioni con- se come il buon senso e il rapporto causa-effetto, il che fa intui-
L crete, come la terapia anticancro, la rigenerazione degli arti
e la guarigione delle ferite. Da qualche anno, però, nei suoi artico-
re perché ci sia bisogno di un corpo. Avendo un corpo si possono
scoprire causa ed effetto, proprio perché si causano effetti. Questi
li e discorsi ammette anche una vena filosofica. Confessa: «È sta- sistemi di IA invece non possono scoprire il mondo tastandolo».
to, per così dire, uno sviluppo graduale. Ho queste idee da decen- Bongard è all’avanguardia del movimento della «cognizio-
ni, ma i tempi non erano ancora maturi per esporle». ne incorporata», che cerca di progettare robot in grado di impa-
La situazione ha cominciato a cambiare nel 2019 con un arti- rare sorvegliando l’interazione tra la loro forma e il mondo. Dice
colo di notevole risonanza, intitolato The Computational Bounda- che, per avere un esempio di cognizione incorporata al lavoro, ba-
Le piante usano
la bioelettricità per
comunicare e agire. Se si
sfrega un pelo tattile su una
dionea (a destra) collegata
a una pianta di sensitiva
(a sinistra), le foglie di
quest’ultima si ripiegano e si
abbassano.
sta guardare il suo bebè di un anno e mezzo, «che probabilmente Allora perché quelle cose fanno tutto ciò quando sono al mondo
adesso sta distruggendo la cucina. È ciò che fanno i bambini pic- da meno di 24 ore? Secondo me è perché l’evoluzione non pro-
coli. Tastano il mondo, sia letteralmente sia metaforicamente, e duce soluzioni specifiche a problemi specifici. Produce macchine
poi guardano come reagisce. È un processo costante». che risolvono problemi».
Il laboratorio di Bongard usa programmi di IA per progettare Ovviamente gli xenobot e gli antrobot hanno capacità piutto-
robot formati da cubi flessibili, simili a LEGO, che chiama «Mine- sto limitate, ma forse permettono di immaginare come l’intelli-
craft per la robotica». I cubi si comportano come muscoli squa- genza potrebbe crescere naturalmente quando singole unità con
drati e permettono ai robot di muoversi come bruchi. I robot determinati scopi ed esigenze si aggregano per collaborare. Se-
progettati dall’IA imparano per prove ed errori: aggiungono e sot- condo Levin, questa tendenza innata all’innovazione è una del-
traggono cubi, «evolvendosi» in forme sempre più mobili via via le forze propulsive dell’evoluzione, che spingono il mondo verso
che scartano i design peggiori. uno stato – per dirla con Charles Darwin – di infinite forme estre-
Nel 2020 l’IA di Bongard ha scoperto come far camminare i ro- mamente belle. «Non abbiamo ancora una terminologia davvero
bot. Ispirato da quell’impresa, il laboratorio di Levin ha usato la adeguata per parlarne – commenta – ma credo sinceramente che
microchirurgia per prelevare cellule staminali vive dalla pelle di in futuro tutto questo somiglierà più a un discorso sulla psichia-
uno xenopo liscio e raggrupparle nell’acqua. Le cellule si sono fu- tria che a uno sulla chimica. Finiremo per avere un conglomerato
se in un grumo grande come un seme di sesamo, comportando- di pressioni, ricordi e attrazioni».
si come un tutt’uno. Le cellule epidermiche sono dotate di ciglia,
cioè minuscoli peli che di solito mantengono uno strato di muco evin spera che questa visione ci aiuti a superare le nostre dif-
protettivo sulla superficie di una rana adulta, ma queste creature
le usavano come remi con cui spostarsi nel loro nuovo mondo. Si
L ficoltà nel riconoscere le menti, non importa se di melma o
di silicio, che hanno un contenitore diverso dalla nostra. Secon-
sono orientate nei labirinti e hanno perfino rimarginato ferite. Li- do Lyon, dell’Università di Adelaide, la vera promessa della cogni-
bere dai vincoli dell’esistenza in una gabbia biologica, sono diven- zione basale è poter riconoscere quella somiglianza. E aggiunge:
tate qualcosa di nuovo, approfittando al meglio della nuova situa- «Pensiamo di essere il capolavoro della creazione. Se però comin-
zione. Di certo non erano rane, pur avendo il loro stesso genoma. ciamo a renderci conto che abbiamo molto più in comune con i fili
Dato che però le cellule provenivano da rane del genere Xenopus, d’erba e i batteri presenti nel nostro stomaco, cioè che il nostro le-
Levin e Bongard hanno soprannominato quelle cose xenobot. Nel game è davvero molto profondo, cambia completamente il signifi-
2023 hanno dimostrato di poter ottenere risultati simili con pezzi cato della nostra esistenza come esseri umani su questo pianeta».
di un’altra specie: cellule polmonari umane. Grumi di cellule uma- In effetti, continua Lyon, l’atto stesso di vivere è per definizio-
ne si sono autoassemblati, per poi muoversi con modalità precise. ne uno stato cognitivo. Ogni cellula deve valutare i dintorni co-
Il gruppo della Tufts University li ha battezzati antrobot. stantemente, prendendo decisioni su cosa fare entrare oppure no
Secondo Levin, gli xenobot e gli antrobot sono un altro indi- e programmando le fasi successive. La cognizione non è arrivata
zio della necessità di riconsiderare le modalità su cui si basa la dopo nel corso dell’evoluzione. È ciò che ha reso possibile la vita.
cognizione nel mondo reale. «Di solito, quando di un certo esse- «È qualcosa di straordinario che fanno tutti gli esseri viventi»,
re vivente si chiede: “Perché ha proprio quella forma? Perché si osserva Lyon. «È come se un aereo si rifornisse di carburante e
comporta proprio così?”, naturalmente la risposta standard è l’e- materie prime dall’esterno, producendo al tempo stesso non solo
voluzione. È stato selezionato in quel modo per lunghissimo tem- i propri componenti ma anche i macchinari necessari per fabbri-
po. Ma sapete una cosa? Gli xenobot non erano mai esistiti prima. carli, ed eseguisse anche le riparazioni, tutto questo durante il vo-
Non c’è mai stata alcuna pressione per essere un buono xenobot. lo. Quello che facciamo è un vero e proprio miracolo…». Q
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