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Diritto Sindacale Persiani

DIRITTO DEL LAVORO - RELAZIONI SINDACALI (Università telematica Unitelma


Sapienza)

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CAPITOLO I: NOZIONE ED ORIGINE DEL DIRITTO SINDACALE

NOZIONE DI DIRITTO SINDACALE

Per diritto sindacale si intende il diritto che regola lÕattivitˆ e


lÕorganizzazione dei sindacati e, cio•, delle tradizionali associazioni
volontarie dei lavoratori dei datori di lavoro che si caratterizzano, rispetto
a tutte le altre associazioni ancorchŽ costituite dagli stessi soggetti, in
quanto la loro attivitˆ consiste nella stipulazione del contratto collettivo
e, per il sindacato dei lavoratori, anche nella proclamazione dello
sciopero o di altre forme di lotta sindacale. Oggi lÕattivitˆ sindacale ha
superato i tradizionali conÞni della gestione dei rapporti individuali di
lavoro. La tradizionale nozione del diritto sindacale pu˜ essere
mantenuta ferma essendo qui sufÞciente lÕindicazione di alcuni aspetti di
quei fenomeni e la presa dÕatto di quella tendenza e della conseguente
possibilitˆ di una diversa deÞnizione. LÕesposizione che segue
riguarderˆ la struttura e lÕazione dei sindacati dei pubblici dipendenti
posto che, a seguito della c.d. privatizzazione del pubblico impiego e
della conseguente evoluzione della disciplina che li riguarda, quei
sindacati hanno assunto una posizione sono chiamati ad assolvere il
funzioni per molti aspetti identiche a quelle dei sindacati dei lavoratori
dipendenti ai privati. Il diritto sindacale, anche se inteso nella sua pi•
tradizionale accezione, si caratterizza per essere il prodotto di
unÕinterpretazione giurisprudenziale in funzione normativa e dellÕopera
della dottrina. Il diritto sindacale • stato deÞnito da un autorevole
insegnamento un Ò diritto senza nomeÓ in quanto manca una disciplina
legislativa, non avendo il legislatore ordinario data ancora attuazione ai
principi espressi dagli artt. 39 e 40 Cost.. Il fenomeno sindacale nacque
e si svilupp˜ tra gli operai dellÕindustria e dellÕagricoltura. Pi• di recente
• il sindacalismo degli impiegati. Ancor pi• recente • il sindacalismo dei
dipendenti dello stato delle pubbliche amministrazioni.

LÕORIGINE DEL SINDACATO

NellÕultimo quarto del XIX secolo, le profonde trasformazioni


economiche e sociali determinate dalla rivoluzione industriale polvere in
primo piano lÕesigenza di una disciplina speciÞca del contratto e del
rapporto di lavoro, per i quali Þno ad allora si riteneva sufÞciente il diritto
comune dei contratti. La legislazione ottocentesca nemmeno prevedeva
una disciplina propria del contratto di lavoro. Il codice civile di allora
assiduitˆ a vietare lÕassunzione dellÕobbligo di lavorare senza termine.

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Anche la prima legislazione speciale della materia tendeva pi• a


realizzare lÕinteresse pubblico che a tutelare lÕinteresse dei lavoratori,
limitandosi a porre limiti in tema di occupazione delle donne e fanciulli e
di orario di lavoro. I lavoratori ben presto si resero conto che la
debolezza economica e sociale che caratterizzava la posizione di uno di
loro nei confronti del proprio datore di lavoro poteva essere superata
esclusivamente con una azione collettiva. Nacque cos“ il sindacato che
• la volontaria, e perci˜ libera, associazione dei lavoratori alla quale •
afÞdata alla tutela degli interessi collettivi di questi. LÕassociazionismo
operaio fu osteggiato a lungo dallo stato sia per la sua connessione con
movimenti politici ritenuti eversivi dellÕordine pubblico, sia per lÕidea che
lÕazione coalizzata dei lavoratori potesse impedire lo spontaneo
equilibrio del mercato. Il sindacato crebbe tanto che giˆ aveva
acquistato una notevole capacitˆ di pressione sul datore di lavoro ed
avevo ottenuto riconoscimenti dellÕordinamento giuridico.

LÕAZIONE SINDACALE NEL PERIODO PRE-CORPORATIVO

Anche il sindacato italiano impose il suo riconoscimento alla controparte


mediante lo sciopero che • il tipico mezzo di lotta sindacale. Lo sciopero
era considerato un delitto e lavoratori scioperanti perseguiti penalmente.
Sono secondo momento, quando il movimento sindacale si era
maggiormente diffuso, lo sciopero viene tollerato essendone esclusa la
rilevanza penale. Tuttavia, lÕ astensione dal lavoro continua ad essere
considerata un inadempimento dellÕobbligazione di lavorare e repressa
con vari forme di intimidazione e di rappresaglie. LÕazione sindacale, se
pure realizzava momenti di lotta, tendeva alla stipulazione del contratto
collettivo con il quale venivano soltanto determinate le retribuzioni
minime che il lavoratore di lavoro si obbligava a derogare ai suoi
dipendenti ( contratto di tariffa). Il contratto collettivo non solo era uno
strumento nuovo, ma soprattutto era uno strumento forgiato dalla stessa
realtˆ sociale, in quanto non era nŽ previsto nŽ regolato dalla legge. I
suoi effetti dovevano essere individuati avendo esclusivamente riguardo
al diritto allora vigente e al diritto comune dei contratti. Rest˜ impossibile
estendere lÕefÞcacia del contratto collettivo al di lˆ dei singoli lavoratori
iscritti al sindacato stipulante; rispetto ai datore di lavoro non iscritti ai
sindacati stipulanti, il contratto collettivo Ð come res inter alios acta Ð
non era idoneo a produrre effetti giuridici, secondo la regola generale
per cui il contratto ha effetto soltanto per i soggetti che ne sono parti.Al
contratto collettivo, in assenza di una legge che ne prevedesse effetti

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adeguati alla sua funzione, non poteva essere attribuita che unÕefÞcacia
obbligatoria. La tutela realizzata con il contratto collettivo non pu˜
essere considerata efÞcace se la disciplina del rapporto di lavoro con
esso dettata non si applica a tutti rapporti di lavoro e pu˜ essere
derogata. Tanti problemi trovarono soluzione nella giurisprudenza dei
collegi probivirali che, nellÕesercizio delle loro funzioni di equitˆ, e se
per˜ assegnare rilevanza alla contrattazione collettiva, assumendola a
punto di riferimento per la decisione dei singoli casi concreti.

IL SINDACATO DELLÕORDINAMENTO CORPORATIVO

AllÕavvento del fascismo, il movimento sindacale costitu“ un momento di


resistenza al nuovo regime. Il fascismo utilizza il sindacato come
strumento per realizzare la sua politica di ordine pubblico e lo inser“
nellÕorganizzazione stessa dello stato. LÕorganizzazione sindacale
corporativa aveva come presupposto il concetto di categoria
professionale; questa era conÞgurata come lÕinsieme di tutti i soggetti
( datori e prestatori di lavoro) che operano nello stesso settore della
produzione. Le categorie professionali erano individuate e deÞnite per
legge. Tutti soggetti che appartenevano alla stessa categoria
professionale erano considerati da leggi titolari dello stesso interesse
collettivo professionale. Per ogni categoria professionale era ammesso il
riconoscimento giuridico di una sola associazione sindacale, per i datori
di lavoro, e di una sola associazione sindacale, per i lavoratori. Il
contratto collettivo stipulato dei sindacati corporativi era efÞcace nei
confronti di tutti gli appartenenti alla categoria professionale, proprio
perchŽ sindacati agivano come rappresentanti legali di chiunque
facesse parte di questÕultima. Il contratto collettivo corporativo, in quanto
destinato a perseguire interessi pubblici, e era annoverato tra le fonti di
diritto e e era inderogabile se non a favore dei lavoratori (art.2077 cc).
Peraltro, lo stato, onde garantire il perseguimento dei Þni pubblici
afÞdato a sindacati corporativi, si riservava il potere di revocare i
dirigenti sindacali e esercita poteri di vigilanza di tutela sullÕattivitˆ delle
associazioni sindacali corporative. Il sindacato dei datori di lavoro e
quello contrapposto dei prestatori di lavoro costituivano la
ÒcorporazioneÓ, organo chiamato a realizzare lÕorganizzazione unitaria
delle forze di produzione e a designare, insieme con il consiglio
nazionale del partito fascista, i membri della camera dei fasci e delle
corporazioni, che costitu“ la camera dei deputati. Il sistema corporativo
prevedeva una magistratura e del lavoro in sede collettiva; alla

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magistratura decideva le controversie giuridiche e cio•, le controversie


in materia di interpretazione e di applicazione della legge e dei contratti
collettivi corporativi; poteva essere chiamata anche decidere le
controversie collettive economiche che concernevano le richieste di
nuovo condizione di lavoro. Previsione di tale competenza
giurisdizionale consent“ di sanzionare penalmente sia lo sciopero dei
lavoratori che la serrata dei datori di lavoro.

IL SINDACATO NELLA COSTITUZIONE REPUBBLICANA ITALIANA

Caduto il regime fascista vennero soppresse le corporazioni e seguirono


la stessa sorte sindacati corporativi. Vennero costituiti i nuovi sindacati,
libera espressione degli interessi dei lavoratori. Si torn˜ anche ad
esercitare lo sciopero; i sindacati si trovarono ad operare in una
situazione analoga a quella che aveva caratterizzato il periodo
precorporativo. La costituzione repubblicana, entrata in vigore il 1 ¡
gennaio 1948, contiene due disposizioni speciÞcatamente relative alla
materia sindacale:

a) lÕart. 39 Cost. : stabilisce il principio fondamentale per cui


lÕorganizzazione sindacale • libera. Tale principio segna il ripudio della
concezione corporativa e della concezione secondo la quale il sindacato
appartiene a allÕorganizzazione pubblica ed • destinato a perseguire
interessi pubblici. Libera pu˜ essere soltanto una organizzazione privata
e libero passo soltanto il perseguimento di interessi privati. Tale articolo
traccia le linee di un nuovo sistema che avrebbe dovuto prevedere la
registrazione di una pluralitˆ di sindacati per ogni categoria
professionale e la possibilitˆ, per essi, di stipulare contratti collettivi
efÞcaci per tutti gli appartenenti alla categoria.

b) art. 40 Cost. : stabilisce lÕun altro regime fondamentale del diritto


sindacale repubblicano per cui il diritto di sciopero si esercita nellÕambito
delle leggi che lo regolano. Principio anche questo che segna il ripudio
della concezione corporativa.

Solo la seconda delle due disposizioni di cui ora si • fatto cenno ha


trovato attuazione ad opera del legislatore ordinario.

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IL SINDACALISMO DEI DIPENDENTI PUBBLICI

I sindacalismo dei dipendenti da enti pubblici economici, prove perchŽ


questi erano giˆ stati considerati come espressione dallÕordinamento
corporativo e da queste inquadrati allo stesso modo o delle imprese
private, non si differenzia da quello dei dipendenti da privati.
NellÕimmediato dopoguerra i dipendenti degli altri enti pubblici
cominciarono ad organizzarsi sindacalmente. Titolo sindacati rimasero a
lungo estranei allÕorganizzazione sindacale dei lavoratori privati e non
furono in grado di esercitare le tipiche attivitˆ sindacali. LÕattivitˆ
sindacale a favore dei pubblici dipendenti venne a lungo realizzata
soltanto attraverso lÕesercizio di forma di pressione destinate ad inßuire
sul potere politico al quale esclusivamente competeva di dettare la
disciplina di quei rapporti. I limiti di cui era sedette avendo ben presto
superati per lÕazione sindacale dei dipendenti degli enti pubblici non
economici. A questa sono state estese le stesse garanzie e prerogative
previste per lÕazione sindacale dei lavoratori dipendenti da privati datori
di lavoro. Per i dipendenti dello stato, la legge n. 93 del 1983 introdusse
la c.d. contrattazione del lavoro pubblico, individuando materie che
continuavano ad essere riservate alla legge materie afÞdate al confronto
sindacale e regolate da una speciale contrattazione collettiva. I sindacati
furono abilitati a stipulare contratti collettivi. Il 1 pubblico • ormai
regolato dallo stesso diritto del lavoro che regola i rapporti di lavoratori
dipendenti da un datore di lavoro privato. Il contratto collettivo che
regola il rapporto di lavoro dei dipendenti delle pubbliche
amministrazioni alla stessa natura della stessa funzione del contratto
collettivo stipulato per i lavoratori privati. Si realizza un assetto di opposti
interessi determinato anche dal gioco delle forze e dalla capacitˆ di lotta
delle organizzazioni sindacali.

CAPITOLO II - LÕORGANIZZAZIONE DEL LAVORO PRIVATO

LA LIBERTË SINDACALE

Il principio che costituisce la struttura portante dellÕintero diritto sindacale


italiano • quello della libertˆ dellÕorganizzazione sindacale; principio
consacrato dalla costituzione ( art. 39 ). é espresso nel primo comma
dellÕart. 39 Cost. che lÕorganizzazione sindacale • portatrice
esclusivamente di interessi privati, sia pure collettivi, e non giˆ di
interessi pubblici. Nella concezione pluralistica accolta la nostra
costituzione riconosciuta libertˆ di iniziativa privata economica ( art.41

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Cost. ) e la libertˆ di organizzazione sindacale ( art. 39 Cost.),


considerata come un contropotere rispetto al potere economico. Il
riconoscimento della libertˆ dellÕorganizzazione sindacale postula anche
il riconoscimento della legittimitˆ dei Þni perseguiti da
quellÕorganizzazione e la valutazione a priori della idoneitˆ di
questÕultima al loro perseguimento. La libertˆ dellÕorganizzazione
sindacale signiÞca la libertˆ dei singoli lavoratori e datori di lavoro di
costituire organizzazioni sindacali allÕinterno di una medesima categoria
professionale, o meglio di uno stesso settore della produzione. Libertˆ di
deÞnire, e di modiÞcare, lÕambito di applicazione del contratto collettivo.
La libertˆ di organizzazione sindacale dei essere intesa anche come
libertˆ dei singoli di scegliere la organizzazione sindacale alla quale
aderire perÞno come libertˆ di non aderire ad alcuna associazione. Dal
nostro ordinamento, non sarebbero valide quelle clausole, diffuse nella
contrattazione collettiva dei paesi anglosassoni, che subordinano la
costituzione (closed shop) o la risoluzione ( union shop) del rapporto di
lavoro allÕiscrizione al sindacato presente in azienda. I militari Ó non
possono esercitare il diritto di sciopero, costituita associazioni
professionali a carattere sindacale, aderire ad altre associazioni
sindacaliÓ. La legge tutela la libertˆ sindacale sono gli di lavoro:
garantendo a tutti lavoratori, il Ó diritto di costituire associazioni sindacali,
di aderirvi e di svolgere attivitˆ sindacaleÓ; riconoscendo il diritto
lavoratori di costituire rappresentanze sindacali aziendali in ogni attivitˆ
produttiva; vietando gli atti discriminatori per ragioni sindacali.

LA MANCATA ATTUAZIONE DELLÕART 39 COST.

La mancata attuazione del sistema previsto dal secondo, terzo e quarto


comma dellÕart. 39 Cost. • dipesa da ragioni politiche e dal fatto che
quel sistema riproponeva modelli e concezioni che avevano
caratterizzato lÕordinamento corporativo. Un delicato problema costituite
da ci˜ che sistema preÞgurato dallÕart.39 Cost., a seconda di come
fosse stato attuato, avrebbe potuto costituire un attentato alla libertˆ
dellÕorganizzazione sindacale. Il sistema delineato dallÕart. 39 Cost.
prevedeva che i sindacati registrati, rappresentati unitariamente in
proporzione ai loro iscritti, avrebbero potuto stipulare contratti collettivi
con efÞcacia erga omnes. Ove si fosse veriÞcato un dissenso tre
sindacati registrati con riguardo alla congruitˆ 1 del contratto collettivo
da stipulare, due erano le possibili soluzioni:

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a) o si adottava il metodo della maggioranza ˆ in questo caso si ritenne


che sarebbe stata attentati alla libertˆ del sindacato registrato
dissenziente, ancorchŽ minoritario;

b) o si adottava il metodo dellÕunanimitˆ ˆ in questo caso si sarebbe


reso impossibile la stipulazione del contratto collettivo.

La mancata attuazione dellÕart. 39 Cost. ha consentito, allÕazione e


lÕorganizzazione sindacali, di esplicarsi secondo modelli via via diversi.

LA TEORIA DELLÕINTERESSE COLLETTIVO

LÕazione e lÕorganizzazione sindacale si sono sviluppate intorno ad una


costante culturale. Trattasi della nozione di interesse collettivo, la tutela
del quale • dalla legge afÞdata al sindacato e che trova soddisfazione
soprattutto nella stipulazione del contratto collettivo, ma anche nella
proclamazione del diritto di sciopero. Travolto lÕordinamento corporativo
e venuta meno la funzione pubblicista ( art. 39 Cost.), il contratto
collettivo viene ricondotto al diritto privato al quale deve essere
ricondotto anche fenomeno sindacale. La rilevanza dellÕinteresse
collettivo e la sua preminenza sugli interessi individuali, nellÕambito del
diritto privato, trovano riconoscimento in tutti gli istituti e le norme che
suppongono collettivitˆ organizzata. Organizzazione speciÞca disciplina
e subordinazione degli interessi degli organizzati a quelli
dellÕorganizzazione (Santoro Ð Passarelli). Le societˆ commerciali
esprimono lÕattribuzione della personalitˆ giuridica, una connessione tra
gli interessi individuali dei soci. Vi sono dei casi in cui la connessione
degli interessi individuali determina una sintesi di interessi Þscali, e non
soltanto di interessi strumentali, onde si parla di interesse collettivo e
non pi• di interesse comune. Riguardo al fenomeno sindacale, si deve
osservare il che di interesse collettivo si pu˜ parlare soltanto in quanto
lÕordinamento giuridico dispone che il contratto collettivo sia inderogabile
da parte dei singoli. Si deve osservare che la soddisfazione
dellÕinteresse collettivo coincide con la migliore soddisfazione degli
interessi individuali dei singoli lavoratori, iscritti o non iscritti al sindacato,
onde lÕinteresse che assuma rilevanza e che • destinata ad essere
realizzato con la contrattazione collettiva e con ogni altra forma
sindacale • un interesse individuale Þnale. LÕinteresse collettivo
indivisibili, dato che il suo soddisfacimento • condizionato dal
soddisfacimento dello stesso interesse di tutti gli altri componenti del

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gruppo. LÕinteresse collettivo indivisibile perchŽ non pu˜ essere


soddisfatto soltanto per alcuni e non per tutti i componenti del gruppo.

INTERESSE COLLETTIVO DEI LAVORATORI E INTERESSE DEI


DATORI DI LAVORO

LÕ i n t e r e s s e c o l l e t t i v o c h e a s s u m a r i l e v a n z a n e l l Õ a z i o n e
nellÕorganizzazione sindacale • lÕinteresse riferibile a al gruppo di
lavoratori e non anche quello riferibile al gruppo dei datori di lavoro.
LÕordinamento corporativo, il sindacato dei prestatori di lavoro e quello
dei datori di lavoro erano stati collocati sullo stesso piano a perchŽ
entrambi • afÞdato il monopolio del potere contrattuale collettivo e
perchŽ i sindacati corporativi erano portatori pi• dellÕinteresse pubblico
alla produzione nazionale che di quello proprio delle rispettive categorie
rappresentate. Attualmente, lÕorganizzazione sindacale dei datori di
lavoro e quella dei lavoratori sono poste sullo stesso piano soltanto a
determinati e limitati effetti. UnÕequivalenza esiste per quanto concerne
la garanzia di libertˆ che la costituzione riconosce per tutti sindacati,
senza alcuna distinzione. Se si ha riguardo allÕinteresse del quale con
lÕorganizzazione sono portatrice dÕespressione, ma non titolari, ogni
possibilitˆ di completa equiparazione viene meno. Per i datori di lavoro
assume rilievo determinante e costante interesse pu˜ essere che
sinteticamente descritto come interesse al proÞtto e che corrisponde
allÕesercizio di quella libertˆ di sedile economica privata riconosciuta
dallÕart. 41 Cost. Questo interesse pu˜ essere qualiÞcato come
interesse di gruppo solo soltanto sul piano sociologico e in quanto
comune a tutti gli appartenenti al gruppo. Per i lavoratori, invece,
lÕinteresse che assume rilevanza sul piano giuridico e la cui tutela
afÞdata allÕorganizzazione sindacale, riguarda sia le condizioni stesse in
cui la persona umana chiamata a svolgere attivitˆ di lavoro subordinato,
sia il trattamento economico idoneo a realizzare quelle esigenze di
libertˆ di dignitˆ umana, garantite, con un signiÞcato sicuramente pi•
ampio di quello letterale, dallÕart. 36 Cost. e dallÕart. 3, 2 comma, Cost.

LÕORGANIZZAZIONE SINDACALE

LÕorganizzazione sindacale tradizionale • di tipo associativo. Il sindacato


nasce come associazione volontaria di lavoratori o di datori di lavoro
che ad essa aderiscono per ottenere la migliore realizzazione possibile
dei rispettivi interessi collettivi e professionali. In mancanza in legge
sindacale che lo deÞnisca e lo regoli, il sindacato di tipo associativo •

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considerato una associazione non riconosciuta dotato di soggettivitˆ


giuridica e di autonomia patrimoniale ma non giˆ di personalitˆ giuridica.
Il sindacato, nel porre in essere la sua azione, esercita poteri che gli
sono stati conferiti dai singoli iscritti allÕatto stesso di divenirne soci.
LÕiscrizione dei singoli al sindacato comporterebbe il conferimento del
c.d. mandato sindacale, nellÕesercizio del quale il sindacato si
porterebbe anche il contratto collettivo in nome e per conto dei suoi
associati. Questa concezione non • idonea a spiegare la possibile
estensione dellÕefÞcacia e del contratto collettivo ai lavoratori e ai datori
di lavoro non iscritti al sindacato stipulante. Non tiene conto del fatto che
la struttura associativa e • rimasta tipica soltanto per lÕorganizzazione
sindacale dei datori di lavoro. Strutture sindacali di tipo istituzionale :
sono strutture costituite destinate ad operare non giˆ su base
associativa, ma o perchŽ liberamente elette dai lavoratori interessati o
perchŽ ritenute dallo stesso legislatore idonee a svolgere una efÞcace
azione sindacale dellÕinteresse collettivo di un gruppo di lavoratori.
LÕesistenza di strutture sindacali dei lavoratori di tipo istituzionale
conferma conforta alla nozione di interesse collettivo dinanzi accennata;
prove perchŽ sintesi e non somma di interessi individuali ( e proprio
perchŽ interesse comune Þnale e non soltanto strumentale), lÕinteresse
collettivo pu˜ essere realizzato anche con attuazione poste in essere da
unÕorganizzazione sindacali tipo istituzionale e a prescindere da un
mandato sindacale.

LA FUNZIONE TIPICA DELLÕORGANIZZAZIONE SINDACALE.


LÕORGANIZZAZIONE SINDACALE DI TIPO ASSOCIATIVO.

La funzione tipica dellÕorganizzazione sindacale

LÕorganizzazione sindacale presenta la caratteristica di essere


Þnalizzata alla tutela di interessi professionali e cio• di interessi
connessi alla costituzione, allo svolgimento e allÕestinzione del rapporto
di lavoro. LÕorganizzazione sindacale invece si caratterizza rispetto a
qualsiasi altra struttura associativa per gli strumenti che utilizza e per il
tipo di attivitˆ giuridica svolta e per il Þne che persegue. Lo strumento
comune sindacato dei prestatori dei datori di lavoro • il contratto
collettivo. Sotto altro proÞlo lÕorganizzazione sindacale dei lavoratori si
caratterizza per lÕulteriore elemento: la proclamazione dello sciopero e di
altri mezzi di lotta sindacale.

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LÕorganizzazione sindacale di tipo associativo

Questo tipo di organizzazione sindacale si caratterizza per la volontaria


iscrizione dei soci, siano essi lavoratori o datore di lavoro. Lo rende
azione sindacale non solo deve consentire lÕesercizio dei diritti di libertˆ
nel suo interno, ma deve anche garantire il rispetto dei principi
democratici. Quello che conta • che in ogni caso sia rispettato il metodo
democratico e cio• venga meno garantito lÕeventuale rinnovo della
struttura, anche di vertice. La struttura dellÕode dÕazione sindacale di tipo
associativo • rimasta legata modelli che caratterizzavano i sindacati e
durante lÕordinamento pre corporativo: lÕelemento strutturale tipico
dellÕorganizzazione sindacale • ancora costituito dal sindacato
nazionale per categoria merceologica o per settore della produzione. La
diversitˆ, rispetto a quanto accadeva vigente lÕordinamento corporativo,
sta in ci˜ che le categorie professionali non sono predeterminate dalla
legge o dallÕautoritˆ amministrativa. Esse vengono liberamente
determinate dagli stessi sindacati. AllÕinterno della categoria, opera una
pluralitˆ di organizzazioni sindacali che rappresentano i lavoratori a
livello nazionale. Ciascun sindacato nazionale costituisce una
federazione di unitˆ e di base che rappresentano i lavoratori ai livelli
territoriali a livello aziendale. In mancanza di una disciplina legislativa,
lÕorganizzazione dei rapporti tra le diverse unitˆ di base • strutturata,
almeno di regola, secondo modello verticale e una orizzontale:

Ð quello verticale prevede che le unitˆ sindacali di base rappresentative


degli interessi di categoria a livello aziendale, provinciale, regionale
conßuiscano a livello nazionale della federazione.

Ð quello orizzontale prevede la costituzione di strutture territoriali


rappresentative degli interessi di lavoratori appartenenti a diverse
categorie che sono espressione della pi• ampia solidarietˆ, a livello
locale, tra tutti i lavoratori.

NellÕesercizio della libertˆ sindacale e sussiste, per ogni settore o


categoria, una pluralitˆ di organizzazioni sindacali che fanno capo: alla
confederazione italiana generale del lavoro (C.G.I.L.), alla
confederazione italiana sindacati liberi (C.I.S.L.), allÕunione italiana
lavoratori (U.I.L.). Queste sindacati si sono federati ( federazione
C.G.I.L. Ð C.I.S.L. Ð U.I.L.)con un patto di azione comune. Accanto alle
tre confederazioni altre ne sono state aggiunte: tra queste lÕunione
generale del lavoro (U.G.L.) e la confederazione italiana dei sindacati

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autonomi dei lavoratori (C.I.S.A.L.). Discorso a parte deve essere fatto


per la confederazione italiana dirigenti di azienda (C.I.D.A.) in quanto
tutela gli interessi di quella che pu˜ essere considerato una vera e
propria minoranza professionale. Diversamente • stato per
lÕorganizzazione sindacale della categoria dei quadri: • stato escluso
che il requisito della maggiore rappresentativitˆ potesse essere
assegnato a confederazioni che non sarebbero in grado di garantire il
corretto necessario contemperamento tra le esigenze di un gruppo di
lavoratori e gli interessi di questi, nel loro insieme. LÕorganizzazione
sindacale dei datori di lavoro • unica.

LÕORGANIZZAZIONE SINDACALE DI TIPO ISTITUZIONALE

La presenza del sindacato allÕinterno della fabbrica risale allÕimmediato


dopoguerra. Nel 1947, un accordo interconfederale previde la
costituzione, allÕinterno di ogni azienda di ogni stabilimento, di una
struttura sindacale che evocava lÕesperienza delle commissioni interne.
QuestÕultima • prevista la cura accordo realizzarono un modello di
organizzazione sindacale istituzionale perchŽ destinate ad operare
nellÕinteresse di tutti lavoratori dellÕazienda e dello stabilimento e sulla
base di una sorte di rappresentanza politica. Le commissioni interne
furono il risultato del compromesso tra aspirazione del sindacato ad
entrare in fabbrica e lÕopposizione dei datori di lavoro a consentirne
lÕingresso. Furono costituiti esclusivamente dagli stessi lavoratori della
fabbrica onde non sempre risultano efÞcacemente collegate con i
sindacati. Le commissioni interne avevano generici compiti di tutela dei
lavoratori, mentre lo stesso accordo e interconfederale che le prevedeva
e regolava, negava ad esse una vera e propria rappresentanza
sindacale e la legittimazione a stipulare contratti collettivi, ancorchŽ
aziendali. La giurisprudenza non neg˜ la legittimitˆ di tali contratti e li
qualiÞc˜ come veri e propri contratti collettivi. Successivamente, si •
affermato lÕistituto dei delegati di reparto. Questo istituto • rimasto pi•
strettamente collegato con le organizzazioni sindacali. Ai delegati di
reparto • afÞdato il compito di tutelare gli interessi di determinati gruppi
omogenei di lavoratori. I delegati di reparto i consigli dei delegati
costituirono un ulteriore esempio di organizzazione sindacale di tipo
istituzionale e non associativo.

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LÕORGANIZZAZIONE SINDACALE DI TIPO ISTITUZIONALE:

LE RAPPRESENTANZE SINDACALI AZIENDALI (RSA/RSU)

Una struttura istituzionale dei organizzazione sindacale a livello


aziendale • stata prevista dalla legge 20 maggio 1970, n. 300 che
consente ai lavoratori di costituire rappresentanze sindacali in ogni unitˆ
produttiva sempre che abbia 15 dipendenti. é stata soddisfatta, per
legge, lÕaspirazione del sindacato ad essere presente fabbrica, mentre
lÕiniziativa di lavoratori e volta costituire rappresentanze sindacali •
garantita in modo rigoroso e con una procedura giuridica di particolare
efÞcacia. La legge nulla dice in ordine alla struttura delle rappresentanze
sindacali aziendali, si che spetta agli stessi lavoratori che prendono
lÕiniziativa per la loro costituzione stabilire se debbano avere o no
struttura associativa. La legge, pur prevedendo espressamente i
dirigenti, nulla dice nemmeno in ordine ai criteri in base quali essi
debbano essere designati o eletti e da chi. Quando rappresentanze
sindacali furono previste, la legge richiedeva la costituzione ad iniziativa
di una pluralitˆ di lavoratori e che la costituzione avvenisse nellÕambito
di associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente
rappresentative sul piano nazionale, ovvero di associazioni sindacali
che fossero Þrmatarie di contratti collettivi nazionali o provinciali di
lavoro applicati nellÕunitˆ produttiva. La ratio selettiva era la base
dellÕart. 19 della legge n. 300 del 1970 la quale ha suscitato la
proposizione di due referendum popolari. In ogni unitˆ produttiva
possono essere costituite pi• rappresentanze sindacali aziendali. I
contratti collettivi prevedono organi di coordinamento aziendale tra le
varie rappresentanze. Altre volte, i compiti e le competenze delle
rappresentanze sindacale aziendali sono stati esercitati dei consigli di
fabbrica. La tendenza allÕunitarietˆ della rappresentanza sindacale
aziendale trova conferma nellÕaccordo sul costo del lavoro, stipulato in
sede governativa nel luglio 1993 e nellÕaccordo interconfederale del 20
dicembre 1993. Tali accordi ribadiscono intese precedenti e prevedono
una rappresentanza unitaria, destinata a sostituire le rappresentanze
sindacali aziendali e subentrare nella titolaritˆ dei diritti ad essi attribuiti.
La rappresentanza unitaria • composta, per due terzi, da membri eletti
da operai e impiegati e quadri non in prova e per un terzo dei
rappresentanti sindacali Þrmatarie del contratto collettivo nazionale
applicato nellÕunitˆ produttiva. La rappresentanza unitaria pu˜ essere
costituite su iniziativa, congiunta o disgiunta, delle associazioni sindacali

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Þrmatarie del protocollo del luglio 1993 o di quelle Þrmatarie del c.c.n.l.
applicato nellÕunitˆ produttiva ovvero di quelle associazioni che
raccolgono un numero di Þrme pari al 5% dei lavoratori dipendenti
dellÕunitˆ produttiva. La rappresentanza unitaria • composta, per due
terzi, da membri eletti e tutti lavoratori dellÕunitˆ produttiva e, per un
terzo, da membri designati o eletti dalle organizzazioni sindacali che
stipulano il contratto collettivo. Rappresentanze sindacali aziendali sono,
per legge, abilitate alla contrattazione collettiva aziendale a svolgere
una attivitˆ sindacale nei confronti e nellÕinteresse di tutti lavoratori
occupati nellÕunitˆ produttiva per la quale sono costituite e sono
destinatarie degli obblighi di informazione e consultazione sindacale. I
soggetti che hanno lÕiniziativa sono anche gli unici legittimati a
presentare le liste per lÕelezione dei due terzi dei componenti delle
rappresentanze sindacali unitarie. é la stessa legge ad attribuire a
questi organismi sindacali funzioni di rappresentanza dellÕintera
comunitˆ di lavoratori dellÕimpresa, ad esempio, quello di stipulare gli
accordi che autorizzano lÕistallazione di impianti audiovisivi,
allÕesecuzione delle visite personali di controllo e, oppure di convocare
lÕassemblea, o di indire il referendum. Pi• di recente la legge ha previsto
un ulteriore struttura istituzionale alla quale • afÞdato il perseguimento
degli interessi collettivi dei lavoratori: il rappresentante per la sicurezza
che • eletto o designato dei lavoratori di ciascuna azienda o unitˆ
produttiva. Le sue funzioni sono quelle di concorrere allÕattuazione di
misure di sicurezza e di prevenzione, controllandone e promuovendone
lÕapplicazione.

LÕATTIVITË SINDACALE NEI LUOGHI DI LAVORO

LÕattivitˆ sindacale allÕinterno dellÕimpresa • svolta dalle rappresentanze


sindacali aziendali o da quelle unitarie. La legge espressamente
prevede che spetti alle rappresentanze sindacali aziendali e valutare
casi e modi nei quali sia consentito al datore di lavoro e di far prevalere
le esigenze organizzative e produttive, ovvero le esigenze di
salvaguardia del patrimonio aziendale e della sicurezza del lavoro. Le
rappresentanze sindacali aziendali sono legittimate a indire assemblee
nei luoghi di lavoro. Le assemblee possono essere convocate sia fuori
che durante lÕorario di lavoro. A queste hanno diritto di parteciparvi tutti i
lavoratori dellÕunitˆ produttiva. Le assemblee, salvo casi speciÞci, non
hanno poteri deliberativi per quanto concerne lÕazione sindacale vera e
propria, ma si limitano ad esprimere una generica valutazione di politica

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sindacale. Alle assemblee aziendali non pu˜ essere riconosciuto potere


contrattuale ne competenza per una negoziazione. La legge abilita tutte
le rappresentanze sindacali aziendali o la rappresentanza sindacale
unitaria ad indire referendum su materie inerenti allÕattivitˆ sindacale,
con diritto di partecipazione di tutti lavoratori dellÕazienda. Per consentire
alle rappresentanze sindacali aziendali lo svolgimento della loro attivitˆ,
la legge riconosce alle rappresentanze sindacali aziendali il diritto di
afÞggere pubblicazioni, testi e comunicati inerenti a materie di interesse
sindacale e del lavoro. Le rappresentanze sindacali aziendali cos“ come
quello unitarie hanno diritto a disporre permanentemente di un idoneo
locale e di usufruire di luogo dove effettuare le riunioni sindacali. LÕart.
18 della legge n. 300 del 1970 afferma che • previsto che il giudice
disponga con ordinanza la provvisoria reintegrazione del dirigente nel
posto di lavoro quando ritenga irrilevanti o insufÞcienti gli elementi di
prova forniti dal datore di lavoro come fatti costitutivi del licenziamento
stesso. Per svolgere lÕattivitˆ sindacale, i dirigenti hanno diritto di fruire
di permessi retribuiti e non retribuiti. I primi sono concessi per lo
svolgimento del mandato sindacale e la loro fruizione deve essere
comunicata al datore di lavoro con ventiquattrÕore di anticipo. I secondi
possono essere richiesti per la partecipazione a trattative sindacali o
congressi o a convegni di natura sindacale, con preavviso di tre giorni.
La legge prevede garanzie e tutele sia pure minori per lÕesercizio dei
diritti sindacali in azienda da parte di tutti lavoratori. I lavoratori hanno
diritto a di partecipare alle assemblee e ai referendum. Tutti i lavoratori
hanno diritto a svolgere opera di proselitismo per le loro organizzazioni
sindacali allÕinterno dei luoghi di lavoro e di chiedere il versamento,
mediante trattenuta sulla retribuzione, del contributo sindacale
allÕassociazione da loro indicata. Tuttavia uno dei referendum popolari
tenutisi lÕ11 giugno 1995 ha abrogato la disposizione dellÕart. 26 della
legge n. 300 del 1970 che imponeva al datore di lavoro lÕobbligo di
riscuotere i contributi sindacali, operando una trattenuta sulla
retribuzione, e di versarlo al sindacato designato dal lavoratore. La
trattenuta sindacale •, ora, consentita soltanto alle organizzazioni
sindacali stipulanti un contratto collettivo che preveda lÕobbligo del
datore di lavoro di eseguire la ritenuta richiesta dal lavoratore. In
mancanza di tale pattuizione il datore di lavoro potrebbe legittimamente
riÞutare la delegazione di pagamento. Il sistema di tutela dellÕazione
sindacale aziende si completa con il divieto di qualsiasi discriminazione
per ragioni sindacali e con la nullitˆ di qualsiasi atto o fatto idoneo

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arrecare pregiudizio al lavoratore in ragione della sua afÞliazione o


attivitˆ sindacale.

LE GARANZIE DELLÕAZIONE SINDACALE

La tradizionale garanzia dellÕazione sindacale consiste nella possibilitˆ


del ricorso allo sciopero, che ha consentito al sindacato di affermare la
sua posizione confronti dei datori di lavoro e di realizzare la tutela dei
suoi interessi e dellÕinteresse collettivo di cui • portatore. La legge di
sostegno allÕattivitˆ sindacale ha previsto anche un particolare
procedimento giudiziario volto a garantire lÕeffettivo godimento dei diritti
sindacali e garantire la libertˆ dellÕazione sindacale e del diritto di
sciopero. La legge non dˆ una nozione del comportamento
antisindacale del datore di lavoro, onde deve ritenersi sia reperibile
qualsiasi comportamento idoneo ad impedire o limitare la libertˆ e
lÕattivitˆ sindacale o il diritto di sciopero. Non ogni comportamento del
datore di lavoro che limiti o impedisca cui diritti pu˜ essere qualiÞcato
come anti sindacale. Per essere tale il comportamento del datore di
lavoro deve eleggere un diritto previsto dalla legge o dal contratto
collettivo. Anche nelle attivitˆ antisindacali dei primi vi sono da
ricomprendere anche quelle che abbiano la duplice attitudine di leggere
un diritto di un singolo lavoratore e di impedire lÕazione sindacale. Non
esiste nel nostro ordinamento un principio di paritˆ tra sindacati.

LA PARTECIPAZIONE DEL SINDACATO ALLA FUNZIONE PUBBLICA.


LA CONCENTRAZIONE DEL SINDACATO.

La partecipazione del sindacato alla funzione pubblica

Il sindacato attuale • chiamato a partecipare a funzioni pubbliche. Ci˜


avviene in vari modi:

sul piano politico generale la prassi per cui il potere statale non
sovrappone autoritativamente lÕinteresse pubblica quelli collettivi gestiti
dai sindacati, nellÕesercizio della libertˆ di cui allÕart. 39 Cost. ma tende a
coinvolgere il pi• importanti interessi organizzativi nelle scelte di politica
economica e sociale. Lo strumento pi• importante di questo intervento •
la concentrazione. Il sindacato ha chiamato a partecipare alla gestione
di alcune attivitˆ amministrative e di quelle riguardanti la gestione degli
enti pubblici ai quali • afÞdata la realizzazione della tutela previdenziale.
Le organizzazioni sindacali sono anche chiamati a partecipare al

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procedimento previsto da legge per lÕemanazione di importanti atti


amministrativi in tema di interventi della cassa integrazione guadagni,
gestione straordinaria. Il sindacato • chiamato a partecipare anche la
funzione giudiziaria: nel rito del lavoro, la legge prevede che il sindacato
possa rendere osservazioni o informazioni orali o scritte, su istanza di
parte o su richiesta del giudice.

La concentrazione

La forma di partecipazione del sindacato alle funzioni pubbliche si


realizza con le procedure dette di concentrazione. Queste coinvolgono
le rappresentanze sindacali dei datori e prestatori di lavoro
nellÕindividuazione e nella realizzazione della politica economica del
paese. Il riconoscimento della libertˆ sindacale ( art. 39 Cost., 1 comma)
non consente alla legge di inßuire sul contenuto della contrattazione
collettiva, se non temporaneamente e per soddisfare improrogabili
esigenze di tutela dellÕinteresse generale. Le organizzazioni sindacali
dei lavoratori concorrono con lÕautoritˆ di governo e con la contrapposta
organizzazione dei datori di lavoro alla formazione delle scelte da cui
dipende la realizzazione di dellÕinteresse pubblico dellÕeconomia.
Esperienza • stata deÞnita ÒneocorporatismoÓ. In quel regime lÕinteresse
pubblico dellÕeconomia • deÞnito autoritativamente. La concentrazione •
il consenso delle parti sociali sui provvedimenti di politica economica. I
procedimenti di concentrazione hanno la funzione di governare le
relazioni industriali disciplinando anche rapporti tra contratti collettivi di
livello diverso e i diritti sindacali nei luoghi di lavoro.

RAPPRESENTANZA E RAPPRESENTATIVITË DEL SINDACATO

Rappresentanza e rappresentativitˆ del sindacato

Il termine rappresentanza sindacale designa attitudine del sindacato


svolgere lÕattivitˆ di tutela degli interessi professionali. La
rappresentanza volontaria degli iscritti costituisce il supporto tecnico sul
quale la dottrina quale precorporativa costru“ la Þgura, ignorata dal
diritto statuale, del contratto collettivo, allo stesso modo in cui la
rappresentanza legale della categoria professionale costitu“ il supporto
teorico sul quale il legislatore corporativo costru“ tanto lÕefÞcacia erga
omnes a che lÕinderogabilitˆ del contratto collettivo. Tale nozione sembra
ormai inadeguata; il sindacato ha, quando stipula contratto collettivo,
esercita un potere che gli • originariamente proprio e quindi • un potere

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diverso da quello dei singoli lavoratori iscritti gli avrebbero potuto


conferire. Si riconosce natura ed efÞcacia di contratto collettivo anche
contratti o agli accordi stipulati dalle organizzazioni sindacali di tipo
istituzionale e da parte dei singoli lavoratori. A livello aziendale, uno dei
canali di legittimazione • stato costituito dal requisito della Òmaggiore
rappresentativitˆÓ. Lo stesso fenomeno si riscontra a livello nazionale.
La rappresentanza sindacale ha esaurito la sua funzione storica non
solo sul piano tecnico. Il nostro sistema sindacale sembra ruotare e far
perno sulla nozione di rappresentativitˆ, la quale costituisce spesso il
titolo per lÕattribuzione per lÕesercizio dei poteri sindacali e dei poteri di
autonomia collettiva.

I sindacati maggiormente rappresentativi

La legge nazionale e le leggi regionali facevano riferimento ai sindacati


maggiormente rappresentativi. LÕaccertamento della maggiore
rappresentativitˆ era demandato alla giurisprudenza che escludeva la
necessitˆ di una comparazione tra sindacati e generalizzando i dati
dellÕesperienza storia, considerava indici della maggiore
rappresentativitˆ: la consistenza numerica, un ampio arco di settori
produttivi, lÕeffettiva partecipazione alla contrattazione collettiva. In
questa prospettiva dovevano essere considerate maggiormente
rappresentative le confederazioni C.G.I.L.,C.I.S.L. e U.I.L.

La crisi della nozione di maggiore rappresentativitˆ

LÕorientamento del legislatore a sostenere lÕazione dei sindacati


maggiormente rappresentativi ha suscitato adesioni e critiche. Secondo
lÕart.19 della legge n.300 del 1970, i sostenitori della scelta legislativa
riconobbero a quellÕordinamento il merito di avere collocato esigenze di
libertˆ dei singoli lavoratori, ai quali veniva attribuita la facoltˆ di
iniziativa per la costituzione della rappresentanza sindacale aziendale,
con lÕesigenza di promozione delle associazioni sindacali ritenute in
grado di offrire adeguate garanzie di stabilitˆ e afÞdabilitˆ per lÕintero
sistema delle relazioni industriali. Quella scelta legislativa • stata
criticata in quanto attribuiva rendite di posizione a favore di associazioni
sindacali che erano sottratte allÕaccertamento della loro effettiva
rappresentativitˆ soltanto perchŽ derivano confederazioni sindacali
maggiormente rappresentative. La corte costituzionale chiamata a
veriÞcare lÕinfondatezza di tali critiche, affermava che lÕattribuzione di
una posizione privilegiata al sindacato maggiormente rappresentativo

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contrastava nŽ con il principio di eguaglianza ( art. 3 Cost.), nŽ con il


principio di libertˆ sindacale ( art. 39 Cost.). Il privilegio attribuito dalla
legge sindacati maggiormente rappresentativi a quello confederale o
nazionale era stato ritenuto dai giudici costituzionali e coerente con il
principio di solidarietˆ, art. 2 Cost.. Nel corso degli anni Õ80 e negli anni
successivi, la maggiore rappresentativitˆ di talune associazioni
sindacali, presunta a livello confederale o nazionale, 8 risultava spesso
in contrasto con il riÞuto dellÕoperato di quelle stesse associazioni da
parte della base dei lavoratori nelle singole aziende. Tra i fenomeni che
hanno determinato la crisi abbiamo: le ricorrenti crisi economiche e le
difÞcoltˆ della gestione dei loro effetti sul piano dei rapporti di lavoro; la
progressiva diversiÞcazione e frammentazione delle Þgure professionali
e lÕimpossibilitˆ della loro rappresentanza unitaria; la nascita di nuovi
mestieri. Lo stesso giudice costituzionale aveva Þnito per affermare, che
Ó • andata progressivamente attenuandosi lÕidoneitˆ del modello
disegnato nellÕart. 19 a rispecchiare lÕeffettivitˆ della rappresentativitˆÓ,
segnalando la necessitˆ di Þssare nuove regole ispirate alla
valorizzazione dellÕeffettivo consenso come metro di democrazia anche
nellÕambito dei rapporti tra lavoratori e sindacato. Quel richiamo ha
indotto legislatore a elaborare la nuova nozione di sindacato
comparativamente pi• rappresentativo. Tale nozione • viene in rilievo in
tutte quelle ipotesi nelle quali il legislatore delega speciÞche funzioni alla
contrattazione collettiva.

LA RAPPRESENTANZA SINDACALE E LÕESITO DEI REFERENDUM,


POPOLARI

RideÞnendo il criterio della maggiore rappresentativitˆ mediante il


metodo elettorale o sul numero degli iscritti, le parti sociali hanno
provveduto ad autoriformare la disciplina delle rappresentanze sindacali
aziendali, prevedendo lÕistituzione di rappresentanze unitarie
direttamente elette da tutti i lavoratori in azienda. Furono promossi
proprio al Þne di abrogare le disposizione di legge che privilegiato al
sindacato maggiormente rappresentativo dei referendum di iniziativa
popolare.

I requisiti referendari erano tre:

a) aveva ad oggetto lÕabrogazione integrale di entrambi i criteri selettivi


previsti dalla lett.a) e b) dellÕart. 19 della legge n. 300 del 1970, con la

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Þnalitˆ di rendere possibile la costituzione della rappresentanza


sindacale a aziendale qualsiasi gruppo di lavoratori;

b) aveva ad oggetto lÕabrogazione integrale della lett. a) e lÕabrogazione


parziale della lett. b) dellÕart. 19.

c) aveva ad oggetto lÕabrogazione dellÕart. 47 del d.lgs. n. 29 del 1993,


che, in materia di pubblico impiego, e demandava allÕaccordo tra il
presidente del consiglio dei ministri e le stesse confederazioni sindacali
ritenute maggiormente rappresentative in base la disciplina previgente il
compito di deÞnire la maggiore rappresentativitˆ sul piano nazionale
delle confederazioni e delle organizzazioni sindacali.

LÕ11 giugno 1995 la consultazione referendaria ha approvato il secondo


e il terzo. Per i sindacati dei lavoratori privati • previsto che le
rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad
iniziativa dei lavoratori in ogni unitˆ produttiva, nellÕambito delle
associazioni sindacali che siano Þrmatarie di contratti collettivi di lavoro
applicati nellÕunitˆ produttiva. Il requisito consistente nellÕessere Þrmatari
del contratto collettivo non si realizza se il sindacato si sia limitato a
sottoscrivere per adesione contratto collettivo stipulato da altri, ma
soltanto quando abbia effettivamente trattato deÞnito il contenuto del
contratto collettivo.

CAPITOLO III- LÕORGANIZZAZIONE SINDACALE DEL PUBBLICO


IMPIEGO

LA LIBERTË SINDACALE NEL PUBBLICO IMPIEGO.


ORGANIZZAZIONE SINDACALE DI TIPO ASSOCIATIVO E DI TIPO
ISTITUZIONALE.

La libertˆ sindacale nel pubblico impiego

La privatizzazione del pubblico impiego ha determinato il deÞnitivo


abbandono della concezione per cui una azione sindacale nei pubblici
impieghi contrasterebbe con riserva di legge in materia di
organizzazione dei pubblici ufÞci e con la garanzia dellÕimparzialitˆ della
pubblica amministrazione ( art. 97 Cost.). Di recente, la legge ha
stabilito che la contrattazione collettiva del pubblico impiego si svolge su
tutte le materie relative al rapporto di lavoro e alle relazioni industriali.
Ha previsto che, anche delle pubbliche amministrazioni, la libertˆ e

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lÕattivitˆ sindacali sono tutelate nelle forme previste dalle disposizioni


della legge n. 300 del 1970 con la conseguenza che i pubblici
dipendenti e le loro organizzazioni sindacali hanno gli stessi diritti e le
stesse prerogative dei dipendenti da datori di lavoro privati e dei loro
sindacati.

Organizzazione sindacale di tipo associativo e di tipo istituzionale

Anche lÕorganizzazione sindacale dei dipendenti delle pubbliche


amministrazioni, allo stesso modo di quella dei dipendenti da datori di
lavoro privati, • articolata su base associativa e su base istituzionale.
LÕorganizzazione sindacale di tipo associativo • costituita dalle
associazioni sindacali alle quali i pubblici dipendenti e hanno il diritto e
la libertˆ di iscriversi. Per quanto riguarda invece quella di tipo
istituzionale, stabilendo che, in ciascuna amministrazione le
organizzazioni sindacali ammesse alle trattative per la sottoscrizione dei
contratti collettivi possano costituire rappresentanze sindacali aziendali
in ciascuna amministrazione o ente che occupi oltre 15 dipendenti e
nelle sedi o strutture periferiche considerate livelli decentrati di
contrattazione collettiva, la legge prevede che, in ciascuna
amministrazione o ente o struttura amministrativa, possa essere istituito,
allÕiniziativa anche disgiunta, delle organizzazioni sindacali un
organismo di rappresentanza unitaria del personale, che assorbe e
sostituisce quelle istituite. I componenti di tali rappresentanze sono eletti
con procedure e criteri che sono individuati dalla contrattazione
collettiva e; deve essere comunque garantita sia la partecipazione di
tutti lavoratori e la facoltˆ di presentare liste anche allÕorganizzazioni
sindacali che non siano ammesse alla trattativa per la sottoscrizione dei
contratti collettivi. PoichŽ le rappresentanze sindacali, aziendali unitari,
possono essere costituite soltanto in amministrazioni o enti che
occupano pi• di 15 dipendenti, la legge abilita gli accordi e i contratti
collettivi a favorire la costituzione di rappresentanze unitarie del
personale comuni a pi• amministrazioni o enti di modeste dimensioni.
Gli accordi e contratti collettivi disciplinano le modalitˆ con le quali le
rappresentanze unitarie esercitano i diritti di informazione e di
partecipazione.

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LÕ O R G A N I Z Z A Z I O N E S I N D A C A L E D E L L E P U B B L I C H E
AMMINISTRAZIONI. LA RAPPRESENTATIVITË DEI SINDACATI DEI
PUBBLICI DIPENDENTI.

La legge attribuisce la rappresentanza legale delle pubbliche


amministrazioni alla agenzia per la rappresentanza negoziale delle
pubbliche amministrazioni (A.R.A.N.) . LÕA.R.A.N. ha personalitˆ
giuridica di diritto pubblico e autonomia organizzativa e contabile. Essa
esercita, a livello nazionale, ogni attivitˆ relativa alle relazioni industriali,
alla negoziazione dei contratti collettivi e allÕassistenza dell pubbliche
amministrazioni. Inoltre, nellÕesercitare poteri di rappresentanza legale
delle pubbliche amministrazioni, deve tener conto degli indirizzi da
queste formulati, prima di ogni rinnovo contrattuale, attraverso le loro
istanza associativa rappresentative. A tal Þne le pubbliche
amministrazioni danno vita a comitati di settore.

La rappresentativitˆ dei sindacati dei pubblici dipendenti

La legge attribuisce soltanto ai sindacati rappresentativi il potere di


costituire rappresentanze sindacali aziendali e pi• intense prerogative
dello ai di lavoro. La legge ammette alle trattative per la stipulazione dei
contratti collettivi soltanto i sindacati che siano rappresentativi. Diversi
sono stati gli nei previsti dalla legge per accertare la rappresentativitˆ
dei sindacati dei dipendenti pubblici. LÕ art. 42 del d.lgs, n.165 del 2001
aveva attribuito alle stesse confederazioni sindacali il compito di
individuare criteri per lÕaccertamento della maggiore rappresentativitˆ.
La disposizione che prevedeva tale sistema • stata abrogata dal
referendum popolare svoltosi lÕ11 giugno 1995. Attualmente, la legge
prevede che la rappresentativitˆ dei sindacati dei dipendenti pubblici
debba essere accertata sulla base della loro consistenza associativa e
non attribuita.

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CAPITOLO IV - LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA DEL LAVORO


PRIVATO

IL CONTRATTO COLLETTIVO POST-CORPORATIVO DETTO DI


ÒDIRITTO COMUNEÓ. LÕINDEROGABILITAÕ DEL CONTRATTO
COLLETTIVO

Il contratto collettivo post-corporativo detto di Òdiritto comuneÒ

Soppresso lÕordinamento corporativo fu necessario mantenere in vigore


i contratti collettivi corporativi salvo le successive modiÞche. Il codice
civile si limitava a denunciare per quanto attiene alla materia del lavoro,
disposizione di principio, demandando, allÕepoca della sua entrata in
vigore, alle fonti corporative di stabilire lÕanalitica disciplina dei vari
aspetti del rapporto di lavoro e di stabilire i livelli dei trattamenti
retributivi. NellÕ immediato dopoguerra, le associazioni sindacali
costituite in regime di libertˆ riprese rassicurare contratti collettivi.
Vennero introdotte quelle successive modiÞche previste nellÕarticolo.43
del d.lgs. n. 369 del 1944. QuestÕultima disposizione ha consentito che
venissero modiÞcati contratti collettivi corporativi prorogati i quali erano e
restavano fonti di diritto. Questi contratti vennero designati, in assenza
del diritto speciale, come Ó contratti collettivi di diritto comune Ò, in
quanto regolati soltanto dalla disciplina dettata dalla legge per i contratti
in genere. Questa situazione esaltava il recuperato carattere della
libertˆ sindacale.

LÕinderogabilitˆ del contratto collettivo

Una aspirazione del sindacato dei lavoratori che assicura contratto


collettivo • quella di evitare che un lavoratore possa accettare condizioni
inferiori di quelle previste dalla disciplina sindacale. Durante
lÕordinamento corporativo, la legge prevede espressamente
lÕinderogabilitˆ del contratto collettivo da parte del contratto individuale.
Caduto lÕordinamento corporativo e ricondotto il contratto collettivo
nellÕambito del diritto comune, fu possibile individuare lÕesistenza di un
vincolo che impedisse ai singoli lavoratori di derogare alle condizioni
dettate dalla disciplina sindacale. La teoria dellÕinteresse collettivo
consente di individuare nel sindacato il portatore originario del potere
dellÕautonomia privata collettiva; infatti, Ó i contratti individuali di lavoro
stipulati tra lavoratori e datori iscritti ai sindacati, che hanno concluso il
contratto collettivo, non possono derogare al contratto collettivo, perchŽ

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il singolo associandosi, ha subordinato lÕinteresse individuale


allÕinteresse della collettivitˆ professionale o partecipava. Con ci˜ egli
sia sottoposto a regole, la cui osservanza non dipende dal suo arbitrio
individuale, giacchŽ si tratta di regole poste non soltanto nellÕinteresse
individuale di ciascuno, ma invece dellÕinteresse individuale di ciascuno
e insieme di tutti i gli altriÓ (F.Sartoro-Passarelli)

LÕEFFICACIA ERGA OMNES DEL CONTRATTO COLLETTIVO E


LÕESTENSIONE DELLÕEFFICACIA SOGGETTIVA

LÕefÞcacia erga omnes del contratto collettivo

LÕaltra aspirazione del sindacato dei lavoratori • quella di una


applicazione non solo vincolante, ma anche generalizzata del contratto
collettivo. Vigente lÕordinamento corporativo, la legge, conferendo i
sindacati corporativi la rappresentanza legale di tutti gli appartenenti alla
categoria, aveva adottato il contratto collettivo di una efÞcacia generale.
Caduto lÕordinamento corporativo, la costituzione prevede un contratto
collettivo efÞcace per tutti gli appartenenti alla categoria alla quale si
riferisce, ma, tale previsione non • stata attuata dal legislatore ordinario.

LÔestensione dellÕefÞcacia soggettiva del contratto collettivo ad


opera della giurisprudenza

La giurisprudenza ha cercato di dare una soluzione al problema


dellÕestensione dellÕefÞcacia soggettiva del contratto collettivo. Ci˜
almeno in due modi:

a) uno • stato quello di prendere le mosse dalla disposizione dellÕart. 36


Cost.., dove la retribuzione deve essere proporzionata alla quantitˆ e
alla qualitˆ del lavoro prestato e sufÞciente a garantire al lavoratore e
alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa. Nel sistema vigente il
giudice determina la retribuzione utilizzando il trattamento retributivo
previsto dagli attuali contratti collettivi.

b) lÕaltro • stato quello di non condizionare i tale efÞcacia


esclusivamente alla iscrizione del datore di lavoro al sindacato
stipulante. A tale iscrizione • stata ritenuta equivalente sia lÕapplicazione
di fatto del contratto collettivo sia applicazione di alcuni soltanto degli
istituti regolati in sede sindacale.

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LÔestensione dellÕefÞcacia soggettiva del contratto collettivo ad


opera del legislatore

Dopo circa dieci anni dallÕentrata in vigore della costituzione


repubblicana e constatata lÕimpossibilitˆ di attuare lÕart. 39 Cost., il
legislatore ritenne di dover provvedere alla soddisfazione dellÕinteresse
pubblico a che tutti lavoratori cogliessero di un minimo di trattamento
economico e normativo. La legge 14 luglio 1959, n. 741 deleg˜ il
governo ad emanare decreti legislativi per stabilire i minimi di
trattamento economico e normativo che dovevano essere garantite a
tutti i lavoratori. Con la legge n. 1027 del 1960 si ebbe lÕimpressione che
questa avesse fatto nemmeno originario carattere di transitorietˆ della
disciplina di cui trattasi, tendendo quali introdurre un sistema che
realizzava gli stessi effetti. La corte costituzionale supera quei dubbi,
con riguardo la legge n. 741 del 1959 a condizione che si fosse trattato
di un sistema provvisorio. Dichiar˜ quindi incostituzionale la legge n.
1027 del 1960. I giudici non solo potevano condannare il datore di
lavoro che non avesse rispettato i trattamenti minimi normativi, ma per
condannarlo al pagamento delle differenze di trattamento economico
non dovevano pi• fare riferimento al principio dellÕart. 36 Cost., in
quanto decidevano unÕazione di inadempimento a un obbligo previsto
dalla legge. Il parere degli anni ha Þnito per rendere inadeguati i minimi
di trattamento economico che, nel corso degli anni successivi, erano
stati periodicamente rinnovati e quindi prevedevano retribuzioni pi•
elevate. In questa relazione, la corte costituzionale ha dichiarato
lÕillegittimitˆ della legge n. 741 del 1959 nella parte in cui non consente
al giudice di dare applicazione alla art. 36 Cost., facendo riferimento ai
vigenti contratti collettivi di diritto comune. Ne deriva un ulteriore
dilatazione dellÕazione del giudice volta ad estendere lÕefÞcacia
soggettiva del contratto collettivo. Deve ritenersi che la contrattazione
collettiva ad efÞcacia generale tutte le volte che la stessa legge la abilita
a disporre in deroga alla disciplina in essa contenuta.

AUTONOMIA PRIVATA COLLETTIVA E CONTRATTO COLLETTIVO

Autonomia privata collettiva e contratto collettivo

La funzione tradizionale e tipica del contratto collettivo • quella di


dettare la disciplina dei rapporti individuali di lavoro. Il contratto collettivo
non • una somma di contratti individuali di lavoro, ma • destinato a
trovare applicazione ad una serie aperta e indeÞnita di soggetti. Il

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contratto individuale non • relegato in una posizione marginale rispetto


a quello collettivo. In realtˆ, entrambi contratti sono idonei a dare
direttamente assetto alla medesima situazione e al rapporto di lavoro.
Se lÕordinamento attribuisce al sindacato il potere di autonomia
collettiva, il concreto esercizio di quel potere • subordinato al
riconoscimento come agente contrattuale ad opera della controparte, la
collaborazione • necessaria perchŽ possa essere stipulato il contratto
collettivo.

Nuove funzioni del contratto collettivo

Alla tradizionale funzione del contratto collettivo, che sempre stata


quella di migliorare le condizioni di lavoro, si • aggiunta quella di
concorrere allÕorganizzazione del lavoro e di gestire le vicende e le crisi
aziendali e i conseguenti problemi dellÕoccupazione. La legge ha
previsto che possano essere deÞniti i limiti nei quali mantenere
lÕoccupazione nellÕ impresa in crisi che sia trasferita a un nuovo
imprenditore o possa essere regolato il riassorbimento, totale o parziale,
dei lavoratori eccedenti quando lÕimpresa • in crisi. Emerge cos“ la
nuova dimensione dellÕautonomia collettiva, rispetto a quella
tradizionale. Cos“ come lÕinderogabilitˆ comporta il sacriÞcio
dellÕinteresse individuale del disoccupato che pure sarebbe disposto ad
accettare il di lavorare a condizione inferiori da quelle previste in sede
sindacale, lÕesigenza che non vada dispersa la capacitˆ di occupazione
delle imprese in crisi comporta il sacriÞcio dellÕinteresse individuale di chi
vorrebbe continuare a lavorare e viene posto in cassa integrazione
guadagni o in mobilitˆ.

LEGGE E CONTRATTAZIONE COLLETTIVA

Il contratto collettivo, come atto di autonomia privata, ancorchŽ


collettiva, • subordinato alla legge, onde la sua contrarietˆ questÕultima
ne determina la nullitˆ. Nel nostro sistema la funzione dÕautonomia
collettiva • stata a lungo individuata nella costante acquisizione in capo
ai singoli lavoratori di vantaggi. Il perdurante e lÕapprofondirsi della crisi
economica hanno determinato interventi del legislatore speciÞcatamente
volti a limitare lÕautonomia collettiva, nel senso di vietare trattamenti pi•
favorevoli di quelli previsti dalla disciplina legale. Il legislatore ha
consentito espressamente allÕautonomia collettiva di derogare anche in
pejus alla disciplina dettata dalla legge o ha abilitato quellÕautonomia a
regolare, con efÞcacia generale, alcuna materia (c.d. contratti collettivi Ó

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delegatiÓ o Ó regolamentiÓ). Ci˜ • avvenuto: con il decreto legge 10


marzo 1978, n. 80, convertito in legge 26 maggio 1978, n. 215 che ha
consentito, per un periodo determinato, di derogare, con accordo
stipulato dei sindacati maggiormente rappresentativi, in caso di
trasferimento delle imprese in crisi. La legge ha utilizzato la
contrattazione collettiva per attenuare la rigiditˆ di alcune norme
garantiste al Þne di promuovere una maggiore ßessibilitˆ del lavoro. La
legge ha devoluto alla contrattazione collettiva la materia del contratto di
formazione e lavoro, nonchŽ aspetti essenziali della disciplina del
contratto di fornitura di lavoro temporaneo. Parte della dottrina, e i
giudici costituzionali, hanno ritenuto che i contratti collettivi Ó delegatiÓ o Ó
regolamentoÓ appartererebbero a un tipo di contratto collettivo diverso
da quello dei contratti collettivi e normativi, sia perchŽ produrrebbero
effetti diversi da quelli di questi ultimi ed avrebbero efÞcacia generale,
sia perchŽ non regolerebbero i rapporti individuali di lavoro, ma
porrebbero limiti al potere del datore di lavoro. LÕinteresse collettivo
perseguito con i contratti collettivi Ó delegatiÓ o Ó regolamentoÓ • diverso
da quello perseguito da quelli normativi in quanto individuabile in una
prospettiva pi• ampia dal caratterizzata dal conßitto di interessi tra
capitale e lavoro.

IL CONTRATTO COLLETTIVO DI DIRITTO COMUNE NEL SISTEMA


DELLE FONTI. PARTE NORMATIVA E PARTE OBBLIGATORIA DEL
CONTRATTO COLLETTIVO

Il contratto collettivo di diritto comune nel sistema delle fonti

Il contratto collettivo di diritto comune • stipulato nellÕesercizio


dellÕautonomia collettiva a e presenta caratteristiche che lo differenziano
dagli atti di autonomia privata individuale: differenze determinate della
attitudine a disciplinare dallÕesterno i rapporti individuale di lavoro senza
che le sue clausole vengano ad incontrarsi nei contratti individuali che a
quei rapporti hanno dato origine; dalla inderogabilitˆ della sua disciplina
dalla tendenza a unÕefÞcacia generalizzata estesa cio• anche ai non
iscritti ai sindacati stipulanti. Il sistema delle fonti anzi sarˆ aperto che
tollera lÕesistenza di fonti atipiche ( extra ordinem), mentre • comunque
consentito alla legge, che • la fonte di livello primario, creare nuove fonti
secondarie del diritto. Il contratto collettivo, stante la mancata attuazione
dellÕart. 39 Cost., non ha di per sŽ efÞcace erga omnes, in quanto
questa viene attribuita, direttamente o indirettamente, da speciali
disposizioni in della legge, onde manca uno dei requisiti qualiÞcanti le

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fonti del diritto. QuestÕultime, anche se extra ordinem, costituiscono un


sistema nel quale ognuna di essa deve essere interpretata secondo il
canone della coerenza sistematica e cio• modo risultare omogenea al
senso di quel sistema.

Parte normativa e parte obbligatoria del contratto collettivo

Al suo primo apparire, il contratto collettivo si limitava regolare soltanto


un elemento del rapporto di lavoro e cio• la retribuzione. In seguito il
contratto collettivo ha Þnito per dettare la disciplina non solo di ogni
singolo elemento del rapporto, ma anche di ogni sua vicenda
(costituzione, sospensione, estinzione). Nella sua evoluzione, il
contratto collettivo ha Þnito anche per regolare i rapporti tra i
contrapposti sindacali. Questa parte del contratto collettivo regola i rinvii
ad altri livelli contrattuali, le procedure di conciliazione e arbitrato, le
commissioni tecniche, alla riscossione dei contributi sindacali e delle
quote di servizi, i diritti di informazione, le procedure di consultazione.

Oggi nel contratto collettivo possono essere distinte le parti:

a) Ó normativaÓ, corrispondente allÕesercizio della autonomia collettiva; si


compone di tutte le clausole che dettano la disciplina dei rapporti
individuali di lavoro. Non produce effetti giuridici nei confronti dei
sindacati stipulanti in quanto essa regola direttamente rapporti
individuali di lavoro.

b) Ó obbligatoriaÓ, contiene le clausole che producono effetti giuridici


esclusivamente nei confronti dei sindacati stipulanti per i quali
prevedono lÕobbligo di tenere comportamenti che sono stati
pattiziamente deÞniti come necessari allÕamministrazione del contratto
collettivo e al corretto svolgimento delle relazioni tra le parti che lÕhanno
stipulato.

Solitamente si distingue assolta la parte normativa in parte economica e


in parte normativa: per parte economica si intenda la parte del contratto
collettivo in quei stabilito quale debba essere lÕammontare della
retribuzione; per parte normativa si intende la parte che disciplina gli altri
aspetti del rapporto di lavoro. Questa distinzione • tradizionalmente
usata per deÞnire le scelte della strategia sindacale. La distinzione della
parte normativa del contratto collettivo parte normativa parte economica

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ha assunto particolare rilievo • ai Þni della durata del contratto a seguito


del protocollo 23 luglio 1993.

I DIVERSI LIVELLI DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA.


LÕINTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO COLLETTIVO

I diversi livelli della contrattazione collettiva

La contrattazione collettiva del settore privato si svolge a vari livelli


dellÕorganizzazione sindacale. A livello di confederazioni vengono
stipulati i grandi contratti nazionali, che riguardano le grandi masse di
lavoratori indipendentemente dal settore della produzione e al quale
sono addetti. Questi contratti prendono il nome di accordi
interconfederali, la loro funzione • quella di regolare esclusivamente
singoli istituti (ad es. e lÕindennitˆ di contingenza, i licenziamenti
collettivi). A livello delle federazioni vengono stipulati i contratti collettivi
nazionali di categoria. Questi contratti sono contratti collettivi per
antonomasia, il rinnovo dei quali interessa spesso anche lÕopinione
pubblica e richiede la mediazione dellÕautonomia governativa. In
passato • accaduto che il contratto collettivo nazionale dei mandasse la
pi• completa determinazione della disciplina di qualche istituto alla
contrattazione di livello inferiore, territoriale o aziendale. In questi casi
parla di contrattazione articolata o di contrattazione a rinvio. Alla
contrattazione collettiva integrativa • demandata allÕindividuazione di
trattamenti economici connessi alla produttivitˆ dellÕimpresa.

LÕinterpretazione del contratto collettivo. Le questioni concernenti


lÕefÞcacia, la validitˆ, lÕinterpretazione di un contratto o accordo
collettivo nazionale nellÕimpiego privato

Particolari e delicati problemi pone lÕindividuazione dei criteri di


interpretazione del contratto collettivo, tanto nel suo settore privato che
in quello pubblico. Da un lato, la natura di atto di autonomia privata,
ancorchŽ collettiva e la conseguente impossibilitˆ di considerare il
contratto collettivo come fonte del diritto, escludono la possibilitˆ di una
interpretazione condotta secondo i criteri propri dellÕinterpretazione della
legge. DallÕaltro la funzione sostanzialmente normativa cui il contratto
collettivo assolve, dettando la regola di una serie aperta e determinata
dei rapporti di lavoro, nonchŽ la circostanza che i destinatari di quella
disciplina non sono gli autori, sconsigliano unÕinterpretazione secondo i
criteri propri dellÕinterpretazione del contratto; sconsigliano cio• di

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assegnare un rilievo determinante a quella che • stata storicamente la


volontˆ comune delle parti stipulanti senza tener conto del signiÞcato
delle parole. Secondo la corretta giurisprudenza ha , il consenso che si
forma sul testo Þnale del contratto, assorbe e rende irrilevante ogni altra
manifestazione di volontˆ che pure sia stata resa nel corso delle
trattative. La soluzione del problema • quella di interpretare il contratto
collettivo secondo le regole dettate dalla legge per lÕinterpretazione del
contratto, privilegiando quelle regole che conducono alla c.d.
interpretazione oggettiva. Tra queste: il canone secondo il quale le
clausole si interpretano le una mediante le altre attribuendo a ciascuna il
senso che risulta dal complesso dellÕatto (art.1363 cc), e il canone per
cui la clausola di signiÞcato dubbio deve essere interpretata nel senso in
cui pu˜ avere qualche effetto, anzichŽ quello secondo cui non avrebbe
alcuno ( art.1367 cc), il canone secondo il quale • da preferire
lÕinterpretazione pi• conveniente alla natura e allÕoggetto del contratto
(art.1369 cc). Secondo la giurisprudenza la comune volontˆ delle parti
stipulanti il contratto collettivo deve essere desunta solo a partire da ci˜
che nelle clausole contrattuali appare obiettivamente voluto.

Disdetta, ultrattivitˆ e decorrenza del contratto collettivo

LÕefÞcacia del contratto collettivo ha una durata determinata nel tempo.


NellÕesperienza italiana, il periodo di vigenza del contratto collettivo •
normalmente di 3 anni, ma non mancano casi in cui quel periodo di
durata superiore e inferiore. Il protocollo sul costo del lavoro del luglio
1993 ha posto una distinzione tra la parte normativa, intesa nel senso in
cui il termine • usato un linguaggio sindacale, per la quale prevista una
durata quadriennale e la parte retributiva o economica, per la quale •
prevista una durata biennale. In assenza di un termine Þnale, il contratto
collettivo consenta comunque recesso unilaterale o disdetta.

Al momento della scadenza, sia normale che una delle parti dia
disdetta, non sempre viene tempestivamente stipulato lÕaccordo di
rinnovo. Per i contratti collettivi corporativi • previsto dallÕart. 2074 cc
che essi continuavano ad essere efÞcaci Þno alla stipulazione del nuovo
contratto collettivo. Il protocollo sul costo del lavoro del luglio 1993 che,
nellÕintento di evitare i periodi di c.d. vacanza contrattuale, ha stabilito
che le ipotesi di rinnovo devono essere presentate almeno tre mesi
prima della scadenza del contratto collettivo nazionale di categoria.
NellÕipotesi in cui siano trascorsi 3 mesi da tale scadenza senza che le
parti abbiano stipulato lÕaccordo di rinnovo, ai lavoratori spetta un

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elemento provvisorio della retribuzione, denominato indennitˆ di


vacanza contrattuale, pari al 30% del tasso di inßazione programmata e,
superati i tre mesi, pari al 50% del medesimo tasso.

SUCCESSIONE DI CONTRATTI COLLETTIVI DEL TEMPO.


RAPPORTI TRA CONTRATTI COLLETTIVI DI DIVERSO LIVELLO

Successione di contratti collettivi del tempo

I contratti collettivi hanno efÞcacia limitata nel tempo e alla loro


scadenza si procede alla stipulazione di un nuovo contratto. Il nuovo
contratto collettivo prevede condizioni pi• favorevoli del vecchio. Nel
contesto attuale • accaduto che in occasione del rinnovo del contratto
collettivo sia stato introdotto una disciplina peggiorativa anche al solo
Þne di rendere pi• ßessibile la struttura produttiva. Questa inversione di
tendenza ha fatto sorgere dubbi sulla legittimitˆ del nuovo contratto
collettivo. Il contratto collettivo, non diversamente dal contratto
individuale, • idoneo a dare assetto al rapporto di lavoro e nel caso di
conßitto tra contratto collettivo e contratto individuale, prevale la fonte di
miglior favore. Il contratto collettivo, purchŽ sul rispetto dei diritti
derivanti da norme inderogabili della legge, ben pu˜ validamente
prevedere un trattamento economico collettivo meno favorevole ai
lavoratori di quello previsto dal contratto collettivo precedente. Mentre i
patti individuali perseguono esclusivamente lÕinteresse individuale, la
disciplina collettiva persegue sempre un interesse collettivo che non •
somma di interessi individuali. Il perseguimento dellÕinteresse collettivo e
ben potrebbe comportare il che un qualche interesse individuale venga
sacriÞcato nel tentativo di realizzare un interesse di tutti: ad esempio
quello dellÕoccupazione.

Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello

Problemi si pongono per la contrattazione collettiva del settore privato,


in relazione allÕeventuale contrasto tra disciplina dettata, per uno stesso
istituto, da contratti collettivi di diverso livello. Fino a qualche tempo fa,
la giurisprudenza • orientata nel senso di assegnare prevalenza alla
disciplina collettiva pi• favorevole al lavoratore, a prescindere dal livello
che lÕavesse espressa. La disposizione dellÕart. 2077 cc regola
esclusivamente il conßitto tra contratto collettivo e contratto individuale
ed esclusivamente per tale conßitto detta il criterio della prevalenza del
contratto di miglior favore. I casi che si possono prospettare sono due: il

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contratto collettivo ad ambito minore • pi• favorevole di quella dÕambito


maggiore. Questo caso prevarrˆ contratto collettivo da ambito minore
quanto la speciÞca realtˆ alla quale si riferisce spiega e giustiÞca il
miglior trattamento. Il contratto collettivo ad ambito minore • meno
favorevole di quello ad ambito maggiore. Anche questo caso prevarrˆ
contratto di ambito minore. La problematica sembra oggi ridimensionata
dal principio, ha introdotto il protocollo del 20 luglio 1993, in base al
quale la competenza della contrattazione aziendale • limitata a materie
ed istituti diversi e non ripetitivi rispetto a quelli regolati dal contratto
collettivo nazionale. In quel protocollo • espressamente confermato che
la contrattazione aziendale o territoriale • prevista secondo le modalitˆ e
dagli ambiti di applicazione che saranno deÞniti dal contratto nazionale
di categoria.

CRITERI DI INDIVIDUAZIONE DEI CONTRATTI DI MIGLIOR FAVORE

La complessitˆ lÕampiezza delle materie regolate dei contratti collettivi e


la stessa articolazione della relativa disciplina rendono difÞcile stabilire
se e Þno a qual punto possa parlarsi di trattamento di migliore o
peggiore favore. Il problema • di facile soluzione nel caso in cui, ad
esempio il contratto individuale preveda un numero di giorni di ferie
inferiore a quello stabilito dal contratto collettivo. Il problema • invece di
pi• complessa soluzione qualora si dovesse constatare che, in quello
stesso contratto individuale che prima il lavoratore di un giorno di ferie,
sia, per˜, anche previsto, ad esempio un orario di lavoro settimanale pi•
breve di quello sindacale o una retribuzione pi• elevata di quella stabilita
dal contratto collettivo. Nel primo caso sussiste un trattamento
individuale di peggior favore. In questo caso troverebbero applicazione il
principio dellÕart. 1339 e dellÕart. 1419, 2 comma cc il quale impone la
sostituzione della clausola contrastante con norme imperative, salva la
conservazione delle altre parti del contenuto negoziale individuale e
collettivo, eventualmente pi• favorevoli. Il criterio che appare e le
sembra essere quella per cui il confronto deve essere eseguito tenendo
conto soltanto delle clausole che realizzano la funzione di tutela
garantita con lÕinderogabilitˆ. Cos“ le discipline delle ferie e dellÕorario di
lavoro andrebbero valutate e confrontate nel loro complesso.

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Disponibilitˆ da parte dellÕautonomia collettiva di posizioni


giuridiche dei singoli lavoratori

LÕestendersi delle funzioni del contratto collettivo, Þno a ricomprendervi


anche la gestione di aspetti della crisi e delle imprese, ha posto il
delicato problema dellÕesistenza o no di un potere del sindacato di
disporre di posizioni soggettive di cui sono titolari i singoli lavoratori. Il
problema che qui si pone • quello posto dei dubbi di legittimitˆ di quegli
accordi sindacali in materia di sospensioni per intervento della cassa
integrazione guadagni che hanno inevitabilmente disposto delle
posizioni giuridiche dei lavoratori interessati a quelle sospensioni.
LÕesercizio dellÕautonomia collettiva non si basa affatto sul conferimento
di un potere di rappresentanza da parte di singoli lavoratori.

CAPITOLO V - LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA DEL PUBBLICO


IMPIEGO

LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA PER I DIPENDENTI DELLE


PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI

La legge quadro ( legge n. 93 del 1983), prevedeva una speciale


contrattazione collettiva per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni
la cui efÞcacia era condizionata al recepimento ed un atto avente forza
di legge e i contenuti della quale erano limitati a materie tassativamente
individuate rispetto a quelle necessariamente riservate alla legge. La
privatizzazione del pubblico impiego ha consentito di superare anche
quella esperienza, prevedendo una contrattazione collettiva del pubblico
impiego che si svolge su tutte le materie relative al rapporto di lavoro e
alle relazioni industriali. La durata, la struttura ai rapporti tra diversi livelli
della contrattazione sono determinati, per quella del pubblico impiego, in
coerenza con il settore privato dalla stessa contrattazione collettiva. I
contratti collettivi del pubblico impiego disciplinano anche rapporti
sindacali e gli istituti della partecipazione nonchŽ le materie agli atti
interni organizzazione aventi rißesso sul rapporto di lavoro.

La contrattazione collettiva del pubblico impiego pu˜ essere assimilata


quella del diritto comune perchŽ il contratto collettivo dei dipendenti
delle pubbliche amministrazioni • previsto e regolato dalla legge che
detta una disciplina speciale, non ha diritto comune e non •
esclusivamente regolato dalle disposizioni della legge che disciplinano il
contratto in genere.

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EfÞcacia e inderogabilitˆ della contrattazione collettiva del


pubblico impiego

La speciale disciplina di legge che tengono la contrattazione del


pubblico impiego nŽ risolve il problema dellÕefÞcacia generale e
dellÕinderogabilitˆ. La legge attribuisce allÕA.R.A.N. la rappresentanza
legale dellÕamministrazioni pubbliche e rende efÞcace del loro confronti
la contrattazione collettiva e a prescindere dalla loro adesione e impone
alle pubbliche amministrazioni di adempiere agli obblighi derivanti dai
contratti collettivi nazionali o integrativi e di assicurarne lÕosservanza
delle forme previste dai rispettivi ordinamenti. Inoltre, la legge obbliga
quelle amministrazioni a garantire ai propri dipendenti paritˆ di
trattamento contrattuale. LÕapplicazione del contratto collettivo deriva,
non giˆ da una generalizzata previsione di obbligatorietˆ di questo,
bens“ da dovere di imparzialitˆ gravante sulle pubbliche
amministrazioni. I giudici hanno ritenuto che lÕobbligatorietˆ del contratto
collettivo deriva da ci˜ che questÕultimo rinviene nel contratto individuale
di lavoro, costituente la fonte regolatrice del proprio rapporto: lÕobbligo di
conformarsi nasce proprio dal rinvio alla disciplina collettiva.

LIVELLI DI CONTRATTAZIONE COLLETTIVA DEL PUBBLICO


IMPIEGO. LA PROCEDURA PER LA STIPULAZIONE DEI CONTRATTI
COLLETTIVI DEL PUBBLICO IMPIEGO

I livelli di contrattazione collettiva del pubblico impiego

La legge prevede che la contrattazione collettiva del pubblico impiego si


svolga normalmente a livello nazionale e che sia articolata per comparti.
NellÕambito dei comparti sono previste aree contrattuali, come quella dei
dirigenti, dei dipendenti iscritti ad albi professionali e dei dirigenti del
ruolo sanitario. Sono anche previsti accordi intercompartimentali,
destinati a regolare istituti comuni a pi• comparti o a tutte le pubbliche
amministrazioni. é prevista una contrattazione collettiva integrativa, la
quale • subordinata a quella nazionale che stabilisce anche rapporti tra
diversi livelli di contrattazione. La legge dispone che le pubbliche
amministrazioni non possono sottoscrivere contratti integrativi in
contrasto con i vincoli risultanti dei contratti nazionali o che comportino
oneri non previsti negli strumenti di programmazione.

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La procedura per la stipulazione dei contratti collettivi del pubblico


impiego

Nella stipulazione dei contratti collettivi, le pubbliche amministrazioni fa


presentare per legge dallÕA.R.A.N. alla quale, mediante comitati di
settore, forniscono indirizzi sugli obiettivi da raggiungere nella trattativa
sindacale. Iniziate le trattative e raggiunta lÕipotesi di accordo, lÕA.R.A.N.
acquisisce il parere favorevole del comitato del settore sul testo
contrattuale e sugli oneri Þnanziari diretti e indiretti. LÕA.R.A.N. •
rappresentante legale, e non volontario delle pubblica amministrazione.
Se il parere favorevole, lÕA.R.A.N. trasmette la quantiÞcazione dei costi
derivanti dallÕipotesi di accordo alla corte dei conti che certiÞca la loro
attendibilitˆ. Se la certiÞcazione della corte dei conti • positiva, il
presidente dellÕA.R.A.N. sottoscrive contratto collettivo. I contratti
collettivi nazionali, una volta sottoscritti, sono pubblicati sulla gazzetta
ufÞciale della repubblica. Se la certiÞcazione della corte dei conti non •
positiva, lÕA.R.A.N., sentito il comitato di settore, assuma le iniziative
necessarie per adeguare costi contrattuali ai Þni della certiÞcazione. Tali
iniziative devono sempre essere comunicate al governo e la corte dei
conti. Se lÕA.R.A.N. non ritiene possibile adeguare i costi contrattuali,
convoca le organizzazioni sindacali ai Þni della riapertura delle trattative.
La legge dispone che, nei contratti collettivi, debba essere prevista con
apposita clausola, la possibilitˆ di prorogare lÕefÞcacia temporale del
contratto ovvero di sospenderne lÕesecuzione, parziale o totale, in caso
di accertata esorbitanza dei limiti di spesa. La previsione dei limiti di
spesa costituisce una forma di tutela della Þnanza pubblica.

LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA DEI PUBBLICI DIPENDENTI

La formazione del consenso per la contrattazione collettiva del


pubblico impiego

LÕA.R.A.N. ha la rappresentanza legale delle pubbliche amministrazioni.


Il legislatore ha stabilito che lÕa.r.a.n. sottoscrive i contratti collettivi
quando sullÕipotesi di accordo aderiscono organizzazioni sindacali che
rappresentano almeno lÕil 51% dei dipendenti con media tra dato
associativo e dato elettorale del comparto o nellÕarea contrattuale, o
almeno il 60% del dato elettorale nel medesimo ambito. Questa scelta
consente di superare gli inconvenienti di unÕeccessiva frammentazione
del sindacalismo dei pubblici dipendenti e garantisce la stipulazione e
rinnovo dei contratti collettivi, anche in presenza di estese posizioni di

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dissenso. LÕadozione di quel modello non viola il principio della libertˆ


sindacale perchŽ quel principio deve essere contemperata con il
necessario perseguimento dellÕinteresse pubblico allÕandamento delle
pubbliche amministrazioni ( art. 97 Cost.).

La specialitˆ della contrattazione collettiva dei pubblici dipendenti

La contrattazione collettiva del pubblico impiego differisce dalla


contrattazione collettiva dellÕimpiego privato perchŽ non compone un
conßitto fra capitale e lavoro, ma tende allÕequilibrato contemperamento
fra lÕinteresse pubblico e quello privato dei dipendenti. Resta confermata
lÕimpossibilitˆ di conÞgurare il contratto collettivo dei dipendenti delle
pubbliche amministrazioni come atto di autonomia privata.

Le procedure per lÕinterpretazione dei contratti collettivi e per la


soluzione delle questioni relative alla loro validitˆ ed efÞcacia

In relazione alla speciale funzione della contrattazione collettiva nel


pubblico impiego, la legge attribuisce, qualora insorgano controversie
sullÕinterpretazione di questÕultima, alle parti stipulanti potere di deÞnire
consensualmente il signiÞcato della clausola controversa. é questo un
caso di interpretazione autentica esclusa per il contratto collettivo dei
dipendenti da privati datori di lavoro. La legge prevede altres“ una
particolare procedura per il caso in cui sorga una controversia
individuale per la quale necessario decidere una questione concernente
lÕefÞcacia o di interpretazione del contratto nazionale sottoscritto
dallÕA.R.A.N. Quando • stata proposta una di quelle questioni
pregiudiziali, il giudice ordinario dispone, con ordinanza non
impugnabile, la comunicazione allÕA.R.A.N. LÕA.R.A.N. deve convocare
le organizzazioni sindacali Þrmatarie del contratto collettivo della cui
interpretazione, efÞcacia e validitˆ si discute, per veriÞcare il la
possibilitˆ di un accordo sullÕinterpretazione autentica ovvero la modiÞca
della clausola controversa. Se lÕaccordo si raggiunge, il testo
dellÕaccordo • trasmesso alla cancelleria del giudice a quo. Se non
interviene lÕaccordo, il giudice decide con sentenza soltanto sulla
questione pregiudiziale e impartisce distinti provvedimenti per lÕulteriore
istruttoria o per la prosecuzione della causa. La sentenza che decide la
questione pregiudiziale • impugnabile con ricorso per cassazione, la
notiÞca del quale determina la sospensione del processo. Il ricorso per
cassazione pu˜ essere proposto anche dallÕA.R.A.N. e dalle
organizzazioni sindacali Þrmatarie.

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CAPITOLO VI - LO SCIOPERO

LIBERTË E DIRITTO DI SCIOPERO. LA PROCLAMAZIONE DELLO


SCIOPERO

Lo sciopero • lÕastensione collettiva dal lavoro e costituisce il


tradizionale mezzo di lotta sindacale. Esso era stato visto con difÞdenza
nel periodo pre corporativo e considerato delitto dallÕordinamento
corporativo. Caduto lÕordinamento corporativo e ancor prima che la
costituzione repubblicana venisse approvata e entrasse in vigore
( 1948), nessun giudice italiano ritenne di dover applicare la legge
penale che pure continuava a considerare lo sciopero come reato. LÕart.
40 Cost. riconosce il diritto di sciopero nellÕambito delle leggi che lo
regolano. La nostra costituzione non si limita a prevedere una libertˆ di
sciopero, ma prevede un diritto di sciopero, e cio• il diritto del lavoratore
scioperare nei confronti del datore di lavoro, nel senso che lÕastensione
dal lavoro conseguente allo sciopero non pu˜ pi• essere considerato
nemmeno un inadempimento dellÕobbligazione di lavorare. AncorchŽ
lÕesercizio del diritto di sciopero non possa essere considerato
inadempimento, essa determina il venir meno dellÕobbligazione del
datore di erogare la retribuzione ed il diritto del lavoratore a riceverla,
per i periodi in cui lo sciopero • stato esercitato. LÕesercizio di quel diritto
infatti determina una astensione del rapporto di lavoro onde si sospende
anche lÕobbligazione di retribuire.

La proclamazione dello sciopero

é opinione valida quella secondo la quale la legittimitˆ dello sciopero •


condizionata dallÕesistenza di un atto collettivo di deliberazione, detto
appunto proclamazione dello sciopero. Anche se lo sciopero potrebbe
essere attuato da un solo lavoratore, esso deve essere deciso da una
pluralitˆ di lavoratori e sulla base di una valutazione collettiva. Non
importa se quella collettivitˆ trovi espressione in una struttura sindacale
associativa o istituzionale. In questo contesto, la proclamazione deve
essere qualiÞcata come un negozio di autorizzazione. Negozio perchŽ •
resta atto di privata autonomia; il negozio di autorizzazione perchŽ il suo
effetto soltanto quello di rimuovere un ostacolo allÕesercizio del diritto di
sciopero (art.40cost). Tutti lavoratori sono comunque titolare del diritto di
sciopero e possono legittimamente esercitarlo solo che uno dei

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sindacati lo proclami. Quello che conta • che la valutazione delle


esigenze di sciopero sia collettiva e e che poi singoli lavoratori siano
liberi di scioperare o no. La legge vieta e commina sanzioni penali per le
discriminazioni determinate dalla partecipazione o no ad uno sciopero.
La legge impone un preavviso per lo sciopero nei servizi pubblici
essenziali, proprio per che a tutela non giˆ degli interessi del datore di
lavoro, ma dei diritti costituzionalmente protetti degli utenti di quei
servizi.

LA STRUTTURA E LA TITOLARITË DEL DIRITTO DI SCIOPERO

La struttura del diritto di sciopero

Lo sciopero • lÕastensione dal lavoro e deve essere costruito come


diritto soggettivo potestativo. Diritto soggettivo per si • nello stesso art.
40 Cost. a deÞnirlo come tale; diritto potestativo perchŽ lÕeffetto del suo
esercizio • quello di sospendere il rapporto di lavoro mentre il datore di
lavoro nulla pu˜ o deve fare perchŽ quel diritto si realizzi. La
quantiÞcazione dello sciopero nei termini ora riferiti • stata criticata a;
cos“ si • preferito deÞnire lo sciopero come diritto della personalitˆ o
come diritto di libertˆ o addirittura come semplice fatto giuridico. Il diritto
di sciopero viene anche deÞnito come comportamento non attuativo di
una prestazione di lavoro. Con tale formula viene descritto soltanto il
modo con cui il diritto di sciopero • esercitato e cio• mediante
lÕastensione dellÕadempimento della obbligazione di lavorare. LÕart. 40
Cost. prevedeva lÕemanazione della legge ordinaria per disciplinare le
modalitˆ di esercizio del diritto di sciopero. Nulla, per˜, la norma
costituzionale dice in ordine alla titolaritˆ del diritto di sciopero e cio•
nulla dice in ordine allÕindividuazione dei soggetti ai quali quel diritto
compete. Non vÕ• dubbio che il diritto di scioperare spetti a tutti
lavoratori subordinati. Invece, in ordine alla possibilitˆ di riconoscere la
titolaritˆ del diritto di sciopero anche piccoli imprenditori che non abbia
lavoratori alla prova dipendenze, ma soprattutto ai lavoratori autonomi,
ancorchŽ si trovino in posizione di parasubordinazione e cio• svolgano
una attivitˆ prevalentemente personale, coordinata e continuativa a
favore dellÕimpresa committente. Quante piccoli imprenditori, i dubbi
sono stati risolti da una sentenza della corte costituzionale che li ha
riconosciuti titolari del diritto di sciopero ( 17 luglio 1975, n.222). Per i
lavoratori parasubordinati i dubbi invece persistono: questi dubbi per˜
ben potrebbero essere superati considerando che nel nostro sistema il
lavoro • tutelato in tutte le sue forme ed applicazioni ( art. 35 Cost.). La

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titolaritˆ del diritto di sciopero deve essere negata a chi sia investito di
una funzione sovrana, come magistrati ( artt. 101 , 2 comma, e 104,1 co
Cost.), o a chi appartiene ad un corpo armato dello stato e di altro ente
pubblico. é il caso dei militari e degli appartenenti alla polizia di stato. La
titolaritˆ del diritto di sciopero deve essere anche negata ai marittimi e
tutte le volte dello sciopero possa compromettere la sicurezza della
navigazione.

SCIOPERO A FINI CONTRATTUALI, SCIOPERO POLITICO,


SCIOPERO DI SOLIDARIETË

In assenza di legge che regoli lÕesercizio, dottrina e giurisprudenza


hanno individuato i limiti coessenziali allo sciopero. Nello opinione
tradizionale, lo sciopero era consentito per la tutela dellÕinteresse
collettivo professionale proprio di chi sciopera e come mezzo di lotta per
inßuire sul datore di lavoro al Þne di ottenere pi• favorevoli trattamenti
economici o normativi. é questo uno sciopero detto a Þni contrattuali o
economico- professionali, tendente a risolvere controversie economiche.
Prevalente • anche lÕopinione per cui lo sciopero • consentita anche per
la soluzione di controversie giuridiche, attinenti cio• allÕinterpretazione o
alla stessa applicazione della disciplina legale o di quella sindacale
vigente. I lavoratori non mirano al ricorso allo sciopero che soltanto il
giudice potrebbe dare (accertamento o condanna giudiziaria), ma
tendono ad ottenere una nuova disciplina contrattuale che elimini le
certezze della vecchia disciplina invocata dal datore o dai datori di
lavoro per giustiÞcare il loro atteggiamento. Lo sciopero continua ad
essere motivato esclusivamente con il perseguimento dellÕinteresse
collettivo. La corte costituzionale ha poi ritenuto legittimo lo sciopero
politico, a condizione che sia stato proclamato per Ó rivendicazioni
riguardanti il complesso degli interessi dei lavoratori che trovano
disciplina delle norme poste sotto il titolo III della parte prima della
costituzioneÓ. In tal modo, si ritiene che il diritto di sciopero rimanga
corrente alla sua tradizionale funzione. Gli scioperi esclusivamente a Þni
politici sono illegittimi in quanto costituiscono inadempimento
dellÕobbligazione di lavorare ( non vÕ• dunque un diritto allo sciopero).
Tuttavia essi sono penalmente illeciti ( e quindi vÕ• libertˆ di sciopero
politico), a meno che non siano diretti a sovvertire lÕordinamento
costituzionale ovvero ad impedire o ostacolare il libro esercizio dei poteri
legittimi nei quali si esprime la sovranitˆ popolare. Lo sciopero di
solidarietˆ • esercitato non giˆ nellÕinteresse diretto dei lavoratori

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scioperanti, ma per sostenere le rivendicazioni di altri gruppi di lavoratori


ovvero per protestare contro la violazione degli interessi o dei diritti di un
lavoratore. Per la corte costituzionale, lo sciopero di solidarietˆ •
legittimo ogni volta il giudice ordinario accerti che lÕafÞnitˆ delle esigenze
che motivano lÕagitazione sia tale da far ritenere che, senza
lÕassociazione di tutti in uno sforzo comune, esse rischino di rimanere
insoddisfatteÓ.

I LIMITI DI ESERCIZIO DEL DIRITTO DI SCIOPERO

LÕesercizio del diritto di sciopero consiste nellÕastensione dal lavoro. Tale


estensione costituisce sciopero legittimo anche quando non sia totale e
sia di durata inferiore allÕorario di lavoro giornaliero (c.d. sciopero a
singhiozzo). La giurisprudenza considera legittima anche lÕastensione
che riguardi soltanto singole mansioni (c.d. blocco delle mansioni)
ovvero riguardino svolgimento delle prestazioni di lavoro straordinario
(c.d. blocco del lavoro straordinario). é stato considerato sciopero
legittimo anche un modo di eseguire il lavoro Ð e cio• una non mansione
Ð che determini per˜ un calo del rendimento e della produzione abituale.
La giurisprudenza • orientata nel ritenere che lÕastensione dal lavoro sia
legittima pure quando non riguardi tutti i lavoratori dellÕimpresa o dello
stabilimento ma soltanto quelli addetti ad alcuni reparti (c.d. sciopero a
scacchiera). Nei casi di sciopero attuato con le modalitˆ di cui abbiamo
detto un ( a singhiozzo, a scacchiera, con blocco delle mansioni ecc.)
non pu˜ essere escluso che possano derivare ai lavoratori conseguenze
ulteriore rispetto alla perdita della retribuzione corrispondente alla durata
effettiva dello sciopero e che possano derivare conseguenze anche per
tutti lavoratori, compresi quelli che non hanno scioperato. é quanto pu˜
veriÞcarsi nel caso degli scioperi cosiddetti a singhiozzo o a scacchiera
attuati imprese con lavorazioni a ciclo continuo, o per quella scacchiera,
i reparti a monte del ciclo di produzione. Questi scioperi possono
determinare la inutilitˆ, quando lo sciopero • cessato, della prestazione
lavorativa di tutti i lavoratori, in utilitˆ necessariamente determinata dalla
intervenuta interruzione del ciclo produttivo e dal tempo necessario a
riattivarlo. Lo sciopero si realizza pur sempre nellÕambito del rapporto di
lavoro e, se determina lÕesonero temporaneo dallÕobbligazione di
lavorare, non per questo esonera i lavoratori dagli obblighi di buona fede
e correttezza (artt.1175 e 1375 cc). La giurisprudenza ammette
lÕesistenza di limiti esterni allo sciopero nel senso che questo non pu˜
essere legittimamente esercitato quando leda altri diritti essenziali. In

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questo contesto, si ritiene che le modalitˆ di esercizio dello sciopero, se


possono arrecare danno alla produzione, e non devono provocare per˜
danno agli impianti. Per evitare tale danneggiamento sono spesso
stipulati accordi aziendali per cui, in caso di sciopero, un gruppo di
lavoratori ( comandata) scelti a volte dallo stesso sindacato, non si
astiene dal lavoro. Quando accordi del genere non siano raggiunti •
legittima la fermata degli impianti per la loro messa in sicurezza. Il diritto
di sciopero non pu˜ essere esercitate modo tale da pregiudicare la
produttivitˆ dellÕazienda.

FORME DI LOTTA SINDACALE DIVERSE DALLO SCIOPERO.


LÕAUTOREGOLAMENTAZIONE DEL DIRITTO DI SCIOPERO

Forme di lotta sindacale diverse dallo sciopero

Sono estranee alla nozione stessa dello sciopero cui mezzi di lotta
sindacale, ai quali a volte si fa ricorso, che non consistono in una
astensione dal lavoro. Cos“ • da dire per lÕoccupazione dei locali
dellÕimpresa, trattasi di un comportamento sanzionato penalmente e
illegittimato al quale consegue lÕapplicabilitˆ anche difensore civili. E
queste per˜ quasi mai vengono applicate dal datore di lavoro;
questÕultimo • che subisce lÕoccupazione di azienda preferisce di solito
esperire i mezzi giudiziari a tutela del possesso (artt.1168 e 1170 e c c).
Ugualmente illegittimo • il c.d. blocco delle merci e cio• il
comportamento con cui, durante una agitazione sindacale, i lavoratori
impediscono che le merci esistenti in azienda siano portate allÕesterno,
al Þne di impedire al datore di lavoro di continuare ad alimentare il
mercato. Anche in questo caso, il datore di lavoro potrˆ esperire la tutela
del possesso una tutela generale di cui allÕart. 700 cod.proc.civ., mentre
sussistono ipotesi di reato per i lavoratori che hanno realizzato il blocco.
Illegittimi sono anche lÕostruzionismo ( applicazione pedante scade
regolamenti aziendali o delle istruzioni del datore di lavoro) e la non
collaborazione ( esecuzione della prestazione lavorativa senza diligenza
e senza assumere alcuna iniziativa). In tutti e due i casi si ha un vero e
proprio inadempimento dellÕobbligazione di lavorare. Il picchettaggio • il
comportamento dei lavoratori scioperanti volto di impedire lÕaccesso al
lavoro di quanti non vogliono scioperare. A seconda delle modalitˆ di
esecuzione, comportamento pu˜ essere lecito, ma pu˜ anche a
costituire reato.

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LÕautoregolamentazione del diritto di sciopero

Essendo mancata la legge di attuazione dellÕart. 40 Cost. • esclusa


qualsiasi possibilitˆ di regolare autoritativamente o di prevedere mezzi
di prevenzione obbligatori dello sciopero. é stata abbandonata anche la
pratica di inserire nei contratti collettivi speciÞche clausole che
regolavano il ricorso allo sciopero ( patti di tregua sindacale). Nel 1980,
la federazione unitaria C.G.I.L.-C.I.S.L.-U.I.L. e aveva predisposto una
procedura di carattere generale alla quale avrebbero dovuto ispirarsi le
procedure di autoregolamentazione da adottare dalle singole
associazioni di categoria. Quella procedura prevedeva che
lÕorganizzazione sindacale di categoria che intendesse proclamare uno
sciopero avrebbe dovuto darne comunicazione alle strutture territoriali,
indicando le modalitˆ di esecuzione. LÕesperienza di questa ipotesi di
autoregolamentazione non risulta positiva • mancato la condizione che
darebbe favorito lÕastensione. Soltanto in un secondo momento, il
fenomeno e ebbe maggiore di fusione con la stipula dei diversi protocolli
che hanno disciplinato lo sciopero nel settore dei trasporti pubblici. Dopo
lÕentrata in vigore della legge quadro sul pubblico impiego ( legge n. 93
del 1983) il fenomeno ha avuto unÕ ulteriore diffusione.

LO SCIOPERO NEI SERVIZI PUBBLICI ESSENZIALI

La limitata effettivitˆ della autoregolamentazione e dello sciopero ha


indotto il legislatore ad intervenire per regolare esercizio di questÕultimo
nei pubblici servizi essenziali a salvaguardia dei diritti della persona
costituzionalmente tutelati. Quei servizi gestiscono la salvaguardia
dellÕintegritˆ degli impianti. La legge dispone che, in quei servizi,
esercizio dello sciopero debba avvenire con modalitˆ tali da non
pregiudicare la realizzazione dei diritti. I servizi pubblici a essenziali
sono quelli, gestiti da imprenditori privati o soggetti pubblici, dei quali
destinatario diretto • pubblico e che realizzano interessi essenziali dei
cittadini. La legge dispone la procedimentalizzazione dellÕesercizio del
diritto di sciopero e pone al sindacato lÕobbligo di comunicare per
iscritto, con un preavviso di almeno dieci giorni, la durata, le modalitˆ di
attuazione nonchŽ le motivazioni della astensione collettiva dal lavoro.
Destinatari di tale comunicazione sono gli appositi ufÞci costituiti presso
lÕautoritˆ competente ad emanare lÕordinanza di precettazione delle
stesse amministrazioni o imprese erogatrici del servizio. Queste ultime
ricevuta la comunicazione devono a loro volta dare comunicazione agli
utenti almeno cinque giorni prima dellÕinizio dello sciopero, dei modi e

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dei tempi di erogazione di servizi nel corso dello sciopero e delle misure
per lÕattivazione degli stessi. La legge impone che, in quei servizi e
anche in caso di sciopero, siano comunque garantite le prestazioni
indispensabili e cio• le prestazioni idonee a realizzare i diritti degli
utenti. A seguito delle modiÞche introdotte con la legge n. 83 del 2000, la
contrattazione collettiva deve inoltre prevedere gli intervalli minimi tra
lÕeffettuazione dello sciopero e la proclamazione del successivo, al Þne
di evitare che per effetto di scioperi proclamati in successione da
soggetti sindacali diversi e che incidono nello stesso servizio o sullo
stesso bacino di utenza sia oggettivamente compromessa la
continuitivitˆ dei servizi pubblici. Le parti sociali devono concordare
apposite procedure di raffreddamento e conciliazione da esperire
obbligatoriamente prima della proclamazione dello sciopero. Qualora le
parti non intendano adottare queste procedure, la legge riconosce loro
la possibilitˆ di richiede un tentativo preventivo e di conciliazione alla
pubblica autoritˆ. A tutela degli interessi degli utenti che non partecipano
alla individuazione delle prestazioni indispensabili • istituita la
commissione di garanzia. QuestÕultima • composta da nove membri
scelti su designazione dei presidenti della camera dei deputati e del
Senato della repubblica, autoritˆ amministrativa indipendente chi ha il
compito di valutare il contesto degli accordi e dei codici di
autoregolamentazione. In ogni caso, quando esista un fondato pericolo
di pregiudizio grave ed imminente ai diritti della persona
costituzionalmente garantiti, lÕautoritˆ governativa, su segnalazione della
commissione di garanzia, pu˜ invitare le parti a desistere da
comportamenti che determinano la situazione di pericolo, a esperire un
tentativo di conciliazione e adottare con ordinanza le misure necessarie
e a prevenire il giudizio dei diritti degli utenti. Avversa lÕordinanza •
possibile promuovere ricorso al TAR entro sette giorni dalla sua
comunicazione onde ottenere la sospensione del provvedimento
impugnato. Sono previste sanzioni civili e amministrative: a per i
lavoratori che non collaborino allÕerogazione delle prestazioni
indispensabili concordate sindacalmente o deÞnite dellÕordinanza; per le
organizzazioni sindacali dei lavoratori e per i sindacalisti che proclamino
uno sciopero senza rispettare lÕobbligo del preavviso.

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LA SERRATA

La serrata • stato il tipico e tradizionale mezzo di lotta sindacale dei


datori di lavoro. Essa consiste nella sospensione dellÕattivitˆ
dellÕimpresa, realizzata da uno pi• imprenditori, di regola contro gli
stessi collettivi dei lavoratori. La costituzione repubblicana riconosce il
diritto di sciopero ma ignora invece la serrata ed esclude ogni possibile
equiparazione di questÕultimo al primo. Nel nostro ordinamento non pu˜
essere conÞgurato un diritto di serrata, mentre esiste un diritto di
sciopero. Non pu˜ essere penalmente perseguita la serrata a Þni
contrattuali, n• la serrata di solidarietˆ o di protesta. Il divieto penale di
serrata si giustiÞcava, nellÕordinamento corporativo, con esistenza di
una magistratura e del lavoro in sede collettiva, competente a risolvere
anche le controversie collettive economiche, onde, venuta meno, con
quellÕordinamento, anche questa competenza del giudice statale, si
deve ritenere che la serrata sia compresa nella libertˆ del singolo. La
libertˆ di serrata signiÞca legittimitˆ della serrata esclusivamente
confronti dello stato e ne esclude soltanto la perseguibilitˆ sul piano
penale. Mancando il riconoscimento di un diritto di serrata, questÕultima
costituisce inadempimento da parte del datore di lavoro degli obblighi
derivanti dal contratto di lavoro. Ne consegue che il datore di lavoro che
faccia serrata riÞuta illegittimamente la prestazione dei suoi lavoratori ed
• tenuto ugualmente retribuirli. La serrata • un mezzo di lotta sindacale
al quale i datori di lavoro fanno ricorso sempre meno frequentemente.
Alla serrata si ricorre quasi esclusivamente nei casi in cui le modalitˆ
dello sciopero determinano la impossibilitˆ di gestire lÕimpresa uno
stabilimento. In questi casi, la serrata si esercita nella forma del c.d. Ó
ritiro della direzioneÓ e cio• nellÕabbandono dellÕimpresa nelle mani di
lavoratori illegittimamente scioperanti.

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