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Appunti lezioni di storia contemporanea

Storia contemporanea

APPUNTI DELLE LEZIONI PARTE II

Dalila Belvedere | storia e filosofia | 22/23

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Appunti lezioni di storia contemporanea

03/04 sedicesima lezione

Guerra di Etiopia: Mussolini da tempo pensava che l’Italia per motivi di orgoglio, di prestigio,
economici e culturali, dovesse espandersi in Africa. Sicuro era che egli localizzasse quest’espansione
coloniale in Etiopia, perché? Era l’unico stato del corno d’africa rimasto indipendente e non
assoggettato alle grandi potenze e su di esso l’Italia avanzava diritti di vecchia data di tipo
commerciale che, almeno formalmente, sia la Francia che la Gran Bretagna riconoscevano. Poi,
geograficamente, l’Etiopia era lo stato che si saldava ai pochi possedimenti coloniali italiani,
l’Eritrea e la Somalia italiana. Era pur sempre una guerra che Mussolini voleva portare avanti e
bisognava che gli italiani credessero a questa campagna.

Fino al 1932 non si ritrovano nei documenti dei segni tangibili di un interesse di iniziare seriamente
questa guerra, anche se per oltre un decennio prima Mussolini aveva intenzione di allargarsi sul suolo
africano. A partire dal 32 si nota un interessamento perché anche la Francia comincia ad essere
interessata all’Etiopia. In quell’anno Mussolini manda Emilio De Bono a fare una visita ispettiva in
Etiopia per valutare la situazione e preparare un eventuale piano di espansione. E dal suo diario risulta
che Mussolini accenna al 1935 come anno della spedizione militare. Ma sul piano militare e
propagandistico ancora non viene fatto nulla, avviene poi una sorta di accelerazione improvvisa che
preclude ad un quasi immediato inizio della operazioni. Si comincia a parlare del pericolo giallo, di
una possibile rivoluzione bolscevica in Africa, della necessità che tutti i paesi europei si mettessero
d’accordo per la spartizione del continente africano… insomma, vengono messi in campo molti
motivi per sensibilizzare l’opinione pubblica, con un elemento in più: l’Etiopia può essere una colonia
di popolamento, cioè, non solo un territorio da sfruttare sotto il profilo delle materie prime e della
manodopera a basso prezzo ma addirittura si sarebbero potuti dirigere gli italiani per abitarci, per
prendersi il loro “posto al sole”.
A partire dal 1934 si comincia a dare il via ai primi stanziamenti, nonostante Mussolini la facesse
passare come una passeggiata sempre di guerra si trattava. Stanziamenti che a inizio dell’anno non
prevedono un inizio rapido, anzi, Mussolini fa capire che ci vorranno un altro paio d’anni. Invece a
dicembre consegna a Badoglio un piano per iniziare subito la guerra. Quali sono i fattori che gli fanno
cambiare idea?
1. La situazione interna dell’Etiopia: dalla visita e dai rapporti che Mussolini riceveva, aveva
capito che l’Etiopia era uno stato che sempre di più si stava rafforzando all’interno e si stava
sempre di più modernizzando, risultando più forte e più in crescita rispetto alle altre colonie
africane;
2. l’attenzione delle altre nazioni europee sull’Etiopia; in quel momento le grandi nazioni
erano impegnate in affari molto più importanti di una guerra coloniale e perciò per Mussolini
quello è il momento adatto per attaccare; siamo al 34 e la Germania in quel momento tentava
di affermarsi in Europa; la Francia aveva problemi con la Jugoslavia; la Gran Bretagna era
sugli altri fronti coloniali; per altro l’Italia aveva siglato con la Francia un accordo che per il
momento metteva a riparo da intromissioni (c’era stato già un patto proposto da Mussolini nel
33 a Francia, Germania e Gran Bretagna, come se loro fossero padroni del continente, per dire
di adottare una politica comune nelle questioni coloniale e anche una politica di revisione dei
trattati di pace) e nel gennaio del 35 sigla lui insieme all’ambasciatore francese un accordo
che prevede uno scambio di territori limitrofi all’Etiopia; questo accordo non comprende
l’Inghilterra, non favorevole ovviamente all’ingrandimento dei territori coloniali italiani;

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Appunti lezioni di storia contemporanea

Mussolini, quindi, era convinto che nessuna delle grandi nazioni si sarebbe opposta e che la società
delle nazioni non si sarebbe mossa o se l’avesse fatto non avrebbe potuto mettere in campo le forze
necessarie. La debolezza della società era sotto gli occhi di tutti e i primi problemi risultarono evidenti
già all’indomani della sua creazione. Da tenere presente: in tutto questo l’Etiopia fu trattata come
fosse merce, come una posta in gioco, senza tenere alcun conto dei diritti di una nazione che faceva
parte della società delle nazioni. Qual era l’obiettivo di Mussolini? Guerra totale e la distruzione
dell’impero Etiopico per poter creare l’impero italiano. Quest’operazione doveva essere non solo
definitiva e di completo annientamento, ma doveva essere anche rapida, per impedire l’intromissione
di altre forze. Gli italiani utilizzarono in Etiopia per la prima volta armi di distruzione di massa come
il gas, non solo contro i militari, ma fu utilizzato per avvelenare le acque, per far morire i pascoli e
contro le popolazioni civili.
Tutti i preparativi di questa guerra dovevano essere ultimati nell’autunno del 35, momento designato
per cominciare l’attacco. Altri motivi che indussero Mussolini ad anticipare la guerra furono la crisi
economica e per ricompattare le masse italiane attorno ad un tema che le vedesse partecipi e convinte:
la strada del riarmo avrebbe potuto rimetter in funzione l’economia italiana. Mussolini stava
ricevendo sempre più sfiducia, mai esplicitata, da quelle parti di popolazione che invece prima delle
elezioni aveva conquistato, ma con il fascismo non si erano avvantaggiate come speravano, ma
soprattutto, come Mussolini stesso aveva promesso.
Poi c’erano nella società italiana delle spinte nazionaliste e imperialiste molto forti, e che avevano
costituito una delle basi del fascismo. Questi guardavano all’Etiopia con grande interesse perché
bruciava ancora la ferita di Adua (nel 1896 c’era stata una quasi vergognosa resa dell’esercito
italiano), e per l’Italia questa sconfitta brucia come aveva bruciato per la Francia la questione
dell’Alsazia e della Lorena. Dunque, c’erano anche motivi di ordine culturale che insistevano.
Come inizia la guerra? Nell’ottobre del 35 ci fu l’incidente di Ual Ual: in questi territori c’erano
dei pozzi di cui usufruivano sia popolazioni dell’Etiopia sia dell’Eritrea; c’erano stati già degli
incidenti sia perché venivano rivendicati sia da parte italiana perché ritenuti appartenenti al territorio
somalo italiano sia da parte etiope; non c’era però un trattato che assegnasse quei pozzi a uno o
all’altro. In quel momento, questo incidente dei pozzi determina l’inizio delle operazioni belliche.
Non raggiungendo un accordo, nell’ottobre del 35 l’Italia aggredisce l’Etiopia. Gli ultimi mesi del 35
e i primi del 36, videro il popolo italiano stretto attorno a questa missione e attorno a Mussolini come
mai prima, e questa sorta di entusiasmo collettivo cresceva man mano che la società delle nazioni si
mostrava inefficace. Alcuni andarono contro tendenza e pensarono non valesse la pena investire nella
questione etiopica, anche fascisti. Non la ritenevano giustificata e avevano paura delle conseguenze
probabilmente drammatiche. Nel maggio del 36 l’Italia vince ma guerra e conquista l’Etiopia. In
questo periodo lo sforzo propagandistico è portato allo stremo, e anche grazie a questo riesce a
vincere. La radio ormai era presente in tutte le case italiane, i giornali presentavano l’impresa etiopica
in modo con grande spolvero; Mussolini deteneva ovviamente il monopolio dei mezzi di
comunicazione. Ci furono parate, eventi scolastici che dovevano sostenere e propagandare la
campagna militare e venivano celebrati quelli che erano l’orgoglio nazionale e la speranza di un futuro
migliore per quegli italiani che vivevano la crisi più di altri.
Per partire in Etiopia bisognava essere volontario, si faceva domanda e poi si poteva partire.
Un altro elemento che gli storici sottolineano è la neutralità della chiesa a riguardo, non la condanna
ma nemmeno approva la guerra in Etiopia. Ufficialmente la santa sede tiene un atteggiamento
distante. Poi ci furono preti e vescovi che in pubblico avvaloravano la campagna d’Etiopia, anche se

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mai esplicativamente dire “guerra”. Un vescovo milanese diceva che il popolo doveva sostenere e
seguire il capo. C’era anche la missione civilizzatrice dell’Italia cattolica, moderna e civilizzata che
andava quasi a fare un favore a quel popolo africano.
In quegli anni la Germania si stava preparando all’Anschluss, che poi attuerà nel 38. Se prima l’Italia
non era d’accordo ad un ingrandimento della Germania, successivamente i rapporti tra Hitler e
Mussolini si fanno sempre più amichevoli, quindi quando la Germania gli concede pieno appoggio
per la compagnia d’Etiopia, nel 38 Mussolini non farà una piega davanti le mosse espansionistiche
del terzo Reich. Quando la società delle nazioni condanna l’Italia, la Germania corre in suo aiuto.
Neanche il re all’inizio era convinto della guerra, ma Mussolini riesce a fargli cambiare idea.
L’Etiopia si dimostrò in grado di fronteggiare l’avversario, non solo in campo militare, per la quale
però soffrì moltissimo, ma non bastò a vincere contro l’esercito italiano, molto più preparato e
avanzato tecnologicamente. Così, nel maggio del 36 Mussolini può annunciare trionfalmente che sul
colle statale di Roma è tornato l’impero. Vittorio Emanuele terzo diventa imperatore d’Etiopia.
Parallelismi tra Germania e Italia: entrambi sono regimi fascisti; il nazismo imitò molti aspetti del
fascismo, come fecero anche molti governi nati alla fine degli anni Venti in Europa.
Furono dei regimi che volevano essere una terza via, distanti sia dai governi liberali sia dal
bolscevismo sovietico. La novità veniva presentata dalla Germania e dall’Italia. In entrambi i casi
ebbero importanza fondamentale l’unità del popolo, che i fascisti basarono sull’unità della nazione e
i nazisti sull’ideologia razzista, sull’affermazione della superiorità della razza ariana. Un’altra
analogia è che entrambi si presentano come movimenti rivoluzionari, che poi si rivelerà falso su
entrambi i casi, soprattutto nel caso del fascismo che spesso e volentieri utilizzò le vecchie istituzioni.
La chiesa e il Re avevano un peso nella società non immune: ad esempio l’esercito era fedelissimo
alla corona. Di nuovo Mussolini crea poco. Hitler a contrario agiva con molta maggiore libertà:
innanzitutto non aveva il papato al suo interno quindi nessuna influenza religiosa così forte come
poteva essere in Italia; anch’egli fa un accordo con la chiesa, ma molto più a suo favore di come erano
stati i patti lateranensi. Il nazismo riuscì ad imporre la sua ideologia su tutti gli ambiti e in questo fu
più rivoluzionario del fascismo.
Mussolini varerà le leggi razziali non solo per compiacere l’alleato tedesco ma perché ci crede nella
politica razzista. Crede che potrebbe attribuire all’ideologia fascista una marcia in più.
05/03 diciassettesima lezione

Un’altra analogia tra i due regimi sono le organizzazioni di massa, soprattutto quelle giovanili; in
Italia le organizzazioni furono più strutturate, alle quali Mussolini dedicò più cura, insieme alle
riforme scolastiche. Ma perché la necessità di istituire organizzazioni di massa, ma soprattutto
organizzazioni giovanili di massa? Lo scopo principale era ovviamente quello di inculcare nei giovani
i principi del fascismo (o nazismo), accanto, però, a quello di contrapporle alle istituzioni
maggiormente radicate nella società: la famiglia e la chiesa. Voleva che ci fosse un modello
alternativo di socializzazione e di aggregazione, all’apparenza affascinanti poiché offrivano
addestramento fisico, premilitare e paramilitare.

Abbiamo i GUF, ONB, i fasci giovanili poi (poi assorbiti nei GIL), nel 1937 contavano circa 7 milioni
e mezzo di iscritti. Entrare in queste organizzazioni poteva significare anche andare nelle colonie.
Erano utili anche da un punto di vista sanitario. Mussolini pensa a metà degli anni 30 che queste
organizzazioni debbano essere migliorate sia quantitativamente sia qualitativamente, perché in questo
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momento lui vuole mettere nell’angolo l’influenza che famiglia e chiesa continuano ad esercitare,
con principi spesso molto lontani da quelli del fascismo.

1937, nasce la GIL, gioventù italiana del Littorio, per quei ragazzi che non si iscrivevano
all’università, ed era un organizzazione che racchiudeva tutte le altre. Bottai, ministro
dell’educazione, voleva che la GIL fosse posta sotto la direttiva del suo ministero, fu messa invece
sotto legge del segretario del partito. La GIL conosce un grande incremento sotto la segreteria di
Achille Starace. Adotta nuovi ordinamenti più rigidi. Istituisce per esempio i littoriali dello sport,
strumento per lui più idoneo per finalizzare i consensi dei giovani. Inquadrava tutti i giovani di ambi
i sessi, c’erano i figli della lupa dai 6 ai 8, balilla e piccole italiane dagli 8 ai 14, avanguardisti e le
giovani italiane dai 14 ai 17, giovani fasciste e fascisti per gli universitari. La GIL aveva vari compiti:
preparazione spirituale, disciplina alimentare, sportiva e igienica. Si svolgeva sia fuori dalla scuola
che dentro. Nonostante questo incremento che riceve, la GIL fu spesso oggetto di critiche, anche da
membri stessi del fascismo. Questo modello viene replicato in Germania, dove le organizzazioni
naziste giovanili arrivano già nel 34 a due milioni e nel 38 a sette milioni, su una popolazione di 9
milioni di studenti. Ragazzi compresi fra i 10 e i 18 anni, mentre in Italia si cominciava prima ed
erano divisi per età, in Germania questo non avviene. Come in Italia c’era questa preparazione fisica,
militare e sportiva; i ragazzi imparavano a marciare, portare un fucile. La Germania li stava
preparando a combattere una guerra. Al contrario dell’Italia, dove la chiesa era fortemente presente,
le organizzazioni naziste ebbero la meglio. In Germania, inoltre, ci fu una partecipazione degli
insegnanti molto cospicua rispetto a quanto avvenne in Italia, costretti in molti casi a giurare. In Italia
gli intellettuali in genere godettero di una certa autonomia, per vari motivi, ma soprattutto per l’effetto
boomerang avrebbe creato. I nazisti produssero un epurazione molto più profonda: qualsiasi docente
antinazista, o presunto, veniva immediatamente allontanato. Inoltre, i nazisti introdussero un
contenuto ideologico nei programmi molto più spinto, soprattutto nelle università. Molti aspetti della
scienza furono piegati all’ideologia della razza ariana e della sua superiorità. Un altro punto di
contatto: sia i fascisti sia i nazisti scoraggiarono gli studi universitari soprattutto gli umanistici,
favorendo istituti tecnici.

In tutti e due i paesi una parte molto sostanziale delle istituzioni sopravvisse alla dittatura e alla guerra
e transitò nella forma istituzionale successiva. In Italia la continuità fu molto più marcata tra la
repubblica e l’epoca fascista, ad esempio l’INI, il codice Rocco, ripulito solo di alcuni tratti
estremamente fascisti. Anche il dopo lavoro era un organizzazione fascista, e sopravvive alla caduta
del regime. L’art.7 della costituzione eredita i patti lateranensi. La Germania, invece, ebbe una sorte
diversa post guerra fu innanzitutto denazificata e governata da quattro potenze, che impedirono la
resistenza di istituzioni naziste. Il fascismo, dal canto suo, era durato in Italia vent’anni, il doppio del
periodo del nazismo, e questo getta delle radici in modo molto più forte e spiega il perché dei due
destini diversi. Poi c’è stata una rinascita del fascismo, nonostante la costituzione vieta qualsiasi
apologia al fascismo, ma già nel 46 nasce un partito che si rifà al PNF, partito che ha piena visibilità
in parlamento ma nessuno dice niente.

Erano regimi nati malati fin dall’inizio, è antistorico dire che evitando certe scelte sarebbero stati
governi giusti e sani, perché non si tiene conto di come entrambi hanno preso il potere e cosa
predicavano fin dall’inizio.

In Germania il ruolo del partito fu molto più forte, ci fu una repressione ancora più feroce contro gli
altri partiti.

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Rivoluzione culturale: o polemica della borghesia, Mussolini voleva cancellare tutti gli
atteggiamenti per lui sbagliati e dannosi, e in un discorso afferma di voler dare cazzotti alla borghesia
per cambiare il loro modo di stare al mondo, con una serie di provvedimenti:

1. Abolizione del lei e sostituito con il voi;


2. Depurare la lingua da termini stranieri ed eliminare i dialetti;
3. L’introduzione del passo romano (in Germania Hitler adopererà il passo dell’oca);
4. Questione razziale.

Di tutte queste cose la battaglia del lei fu quella che ottenne più successo, perché poco utilizzato di
per sé nel territorio, soprattutto al meridione.

Questione razziale: era un’altra cosa da infliggere alla borghesia; successivamente diventerà
questione antisemita, non si tratta più di razze ma di sola razza ebraica. Questo si rifà agli antichi
romani, che furono molto razzisti. Mussolini voleva convincere gli italiani di essere migliori degli
altri, e si inventa che gli italiani altro non erano che ariani venuti dalle alpi di tipo mediterraneo.
Mussolini inizia a covare questa ideologia già dai tempi della guerra d’Etiopia, perché accettano che
l’Italia governi e ritiene che uno dei motivi fondamentale sia un mescolamento di razze che avvenne
tra uomini italiani e donne etiope (madamato). Tra i giovani trovarono molta opposizione le leggi
razziali del 38. Anche persone non giovani all’interno del partito accolsero questa presa di posizione
con scetticismo; ciò non vuol dire che gli italiani fossero buoni perché le appoggiarono comunque.
Molti videro un vantaggio politico, contro i francesi e inglesi era necessario essere compatti e uniti.
Per esempio, Farinacci subito dopo la firma del manifesto della razza, va da Mussolini dicendo si
trattasse di un’idiozia. In Germania non fu così; un indottrinamento terrificante cominciato molto
prima, già nelle scuole elementari. Dovevano convincere i bambini che l’ebreo fosse il nemico,
paragonandolo a un fungo velenoso, come un fungo velenoso può ammazzare un intera famiglia, un
solo ebreo può distruggere un paese intero.
12/04 diciottesima lezione

Politica hitleriana: Hitler teneva a dare un’idea di sé quasi mitica; dividere i centri di potere, quasi
seguendo la formula latina dividi et impera, creò apparati paralleli tra di loro per evitare di concentrare
grandi poteri nelle mani di pochi. Ad esempio, c’era la polizia di stato affiancata dalle SS, e questo
creava conflitto, voluto. La politica economica venne gestita dal ministro dell’economia ma anche da
un fantomatico ufficio del quadro quadriennale (istituito nel 36, sotto la supervisione di Göring); a
livello diplomatico c’era il ministro degli esteri, ambasciate e consolati ma furono create agenzie di
partito che si occupavano di politica estera. A questo proposito gli storici parlano di “doppio stato” e
“non stato”, un modo per confondere. Cosa tipica del nazismo. Questa proliferazione di centri di
potere che erano rivali, Hitler non si fidava di nessuno, quindi, preferiva separare e metterli gli uni
contro gli altri. Un’altra caratteristica fu l’assenza di una costituzione; varò una costituzione
d’emergenza, che svuotava di fatto la costituzione della repubblica. Il Führer aveva potere di vita e
di morte su tutti perché il suo agire era per il meglio della nazione. Un’altra creazione originale furono
i governatori delle province ed erano legati ad Hitler con rapporti di strettissima fedeltà e servivano
per governare i posti più lontani dai centri di poteri come Berlino e Norimberga. Andarono sempre
più a snaturare i poteri provinciali e tutti gli organismi intermedi vengono superati. Hitler anche in
questo senso spacciò l’introduzione di questa figura come un elemento della rivoluzione nazional
socialista. Piano gigantesco di lavori pubblici, guardando agli stati uniti: piano del lavoro, e si parlò
di miracolo economico tedesco perché il numero dei disoccupati era sceso di molto. Così come
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Appunti lezioni di storia contemporanea

un’altra peculiarità fu l’incremento delle organizzazioni femminili e del lavoro delle donne, questo a
differenza del fascismo; però questa propensione arrivò fino a prima della guerra, dopodiché anche
Hitler si ritrovò ad accarezzare l’ideale di una donna come angelo del focolare. Una componente
essenziale fu senz’altro la propaganda, che il nazismo seppe sfruttare guardando al caso italiano ma
potenziandola.
È bene ricordare che fin dalla fine del XIX secolo la Germania aspettava un uomo forte, un uomo che
sapesse riscattare l’impero e c’era quest’attesa quasi messianica. È indice delle radici
antidemocratiche che albergavano nella Germania del tempo. Hitler sapeva questo e lo sfruttò
attraverso la propaganda, con i media, con le rappresentazioni fittizie che ne esaltavano le
caratteristiche, ma lontane dalla realtà; e questo mito del dittatore veniva coltivato soprattutto nelle
occasioni delle celebrazioni pubbliche. C’erano poi commemorazioni di date, come in Italia, per
esempio il 24 febbraio c’era una festa che ricordava la promulgazione del programma del nazional
socialismo. Anche in politica estera, la figura che Hitler vuole propagandare è quella di un capo che
non solo vuole ristabilire la grandezza della Germania, umiliata dal trattato di Versailles, ma vuole
ristabilire anche la pace, e il 6 settembre del 39 (il giorno prima era stata annunciata la disfatta della
Polonia) ha l’ardire di chiedere alla Gran Bretagna di farsi promotrice di un’iniziativa di pace.
Pensava che la cancellazione delle Polonia non avrebbe smosso l’equilibrio europeo; invece, fu la
goccia che fece traboccare il vaso. Con tutti questi mezzi Hitler riuscì, facendosi anche forte di un
consenso popolare mostrato attraverso i plebisciti, a giustificare violazioni gravissime dei diritti
internazionali, dicendo che è quello che il suo popolo vuole. L’immagine di infallibilità di Hitler
cominciò a sgretolarsi solo dopo l’inizio della guerra, presentata anche questa come un’epopea nel
quale il popolo tedesco si sarebbe riscattato, ma quando le città tedesche cominciano ad essere
bombardate c’è il segno che qualcosa non va; ancor di più nel gennaio del 43 quando l’esercito
tedesco fu costretto a ritirarsi, durante la battaglia di Stalingrado.

I gruppi dai quali provenne il maggiore dissenso, seppur sempre limitato e non efficace, erano i gruppi
giovanili: contraddicevano quella che era soprattutto la morale nazista, ad esempio, fumando in
pubblico e ascoltando musica di “negri”, però non si tradusse in un azione politica concreta.

Questi modelli, nazismo e fascismo, lo sono soprattutto negli anni Trenta per una serie di stati europei.
Queste due realtà nazionali che spesso venivano percepite come un unico grande progetto ebbero
moltissimo stimatori, diversa gente moderata fu attratta dai programmi e dalla cultura di entrambi i
regimi. Nacquero partiti e governi che si richiamavano apertamente al fascismo e al nazismo. Anche
in Gran Bretagna, culla della democrazia, nacque un movimento fascista e l’esponente di questo
movimento era Mosley, un baronetto un po' squilibrato. Prima conservatore, poi passò con i laboristi
e nel mentre si avvicina al fascismo dopo aver effettuato un viaggio in Italia. Mussolini gli dà pure
dei soldi per creare un partito fascista in Gran Bretagna. Seppur con minor fortuna anche in Belgio ci
fu un personaggio simile, Henri de Man, che non abbandonò il partito operaio belga, ma cercò di
trasformarlo in un partito corporativista, ed ebbe un grande seguito. Il corporativismo è un’altra parola
chiave del fascismo e del nazismo, nonostante i risultati tutt’altro che eccellenti. Fu una delle
suggestioni più diffuse e potenti. Il sistema economico proposto era completamente nuovo e diverso.

Corporazioni: veri e propri gruppi di interesse, e prendono il nome dalle antiche organizzazioni
medievali. Idea di armonia all’interno di ogni corporazione. Sono tutti insieme associati e l’interesse
è comune, si deve essere uniti e si deve marciare insieme verso lo stesso obiettivo. I fascisti italiani
puntarono molto anche all’estero, e nei primi anni Trenta i primi paesi che per primi si avvicinarono

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Appunti lezioni di storia contemporanea

al fascismo attuarono anche loro un sistema corporativista: prima il Portogallo nel 1933 e l’anno
dopo l’Austria. Si assiste a una fascistizzazione di regimi autoritari; in Portogallo Salazar impose
questo sistema politico stato nuovo affiancando subito al parlamento una camera delle corporazioni.
In Austria nel 33 c’era un leader del partito cristiano sociale di estrema destra, Engelbert Dollfuss
che era da circa un anno alla guida del governo e attuò un colpo di stato per mettere al governo un
partito di ancora più estrema destra. A Mussolini andava benissimo uno stato fascista ai suoi confini,
in modo tale che si potesse espandere questo modello.

In questo decennio i movimenti fascisti continuarono a proliferare e quelli già esistenti si


rafforzarono. Sorsero in Norvegia, in Finlandia, in Ungheria, in Polonia e in Spagna. C’erano in
Lituania i lupi d’acciaio. Anche in Francia nascono moltissime organizzazioni di estrema destra;
ognuno di questi movimenti combinava valori autoctoni con principi e valori comuni del fascismo,
quindi adattava al proprio contesto nazionale motivi largamente condivisi all’estero, quindi si slava
la tradizione. Nella falange spagnola, ad esempio, c’erano punti copiati dal discorso di Mussolini,
però comparivano elementi completamente estranei al fascismo italiano come il clerico fascismo.
Questo non aveva precedenti del fascismo italiano, ancora di più nel nazismo tedesco. Tutti i
movimenti fascisti comunque ebbero una visione totalitaria, convinti di voler purificare l’anima
borghese, e forniscono un’alternativa non solo politica ma antropologica, per la costruzione di un
uomo nuovo. Fascismi europei:
1. Ungheria, colonnello Horty; 8. Albania;
2. Bulgaria di re Boris III; 9. Iugoslavia;
3. Turchia di Mustafa Kemal; 10. Austria;
4. Polonia, falanga polacca; 11. Estonia;
5. Portogallo con Salazar; 12. Lettonia;
6. Spagna di Franco; 13. Grecia;
7. Lituania; 14. Romania.

All’alba del 39 le dittature nazionaliste dominavano su tutta l’Europa mediterranea, salvo la Francia,
e su tutta l’Europa centro orientale dai Balcani fino al baltico, esclusa la Cecoslovacchia. Costruita a
tavolino dopo la Prima guerra mondiale fu l’unico stato a rimanere democratico. L’Europa era
diventato ormai un continente nero. La democrazia resiste a stento in Francia, in Gran Bretagna, in
Irlanda, in Svizzera, in Olanda, in Belgio e nelle nazioni scandinave.

La Francia era per tutti un modello di democrazia moderna ma anche essa agli inizi degli anni Venti
fu travolta da questo vento fascista, da movimenti che contestavano la natura liberale dello stato. Il 6
febbraio del 1934 anche le destre francesi raggruppate in organizzazioni come l’action Francaise,
tentarono un colpo di stato per sostituire il governo della terza repubblica con un governo autoritario.
Ci furono morti e feriti ma si riuscì a fermare il colpo, uno sciopero generale permise ciò. Fece enorme
scalpore perché la Francia era la patria della grande rivoluzione, quella che aveva dato all’Europa i
suoi principi, la divisione dei poteri; quindi, se perfino in Francia si registrava un tentativo di questo
tipo le cose dovevano preoccupare; questa risposta dei lavoratori e delle forze democratiche fu la
prima risposta unitaria in tanti anni. Forze soprattutto socialiste, comuniste, radicali, che credevano
ai valori della repubblica. Il presidente della repubblica che in quel momento era Lebrun patrocina
un governo di unione repubblicana. Di fronte a questo rischio concreto di scomparire e di essere
sostituito da un governo fascista, forma un governo che comprende vari esponenti delle varie forze
politiche democratiche. La crisi economica nella quale si dibatteva la Francia però, vicina anch’essa
all’economia statunitense, accanto a questa destra aggressiva rendeva la situazione molto difficile. I

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Appunti lezioni di storia contemporanea

giornali scrivevano che il colpo di stato era stato fermato ma niente poteva assicurare che non si
ripetesse e magari con un esito diverso.

Fino a quel momento il partito comunista francese, come del resto quelli di tutti gli altri paesi, aveva
sempre mantenuto un atteggiamento di opposizione nei confronti dei socialisti della social
democrazia, che venivano definiti social fascisti. Erano, negando la rivoluzione e proponendo un
percorso che negava quello rivoluzionario, più pericolosi dei fascisti perché confondevano i lavoratori
e allontanavano la meta finale dell’aspirazione comunista che era l’istituzione di una società
socialista; quindi, non volevano avere niente a che fare con questi partiti. La comune origine socialista
dei due schieramenti veniva completamente dimenticata, relegata a un ambito di disconoscimento. I
comunisti erano convinti di essere i più puri. L’assalto al parlamento provoca un certo ripensamento
di questo odio e di questa ostilità così forte tra i comunisti e i socialisti; ci si rese conto in quel
momento che la situazione era veramente critica e che le istituzioni democratiche potevano essere
salvate solo grazie a un movimento unito, che unisse non solo comunisti e socialisti, ma tutte le forze
democratiche della nazione. La prima cosa da fare era superare questo distacco e così il 31 maggio
del 34 il partito comunista francese rivolse un appello unitario per fare un fronte comune con i
socialisti e le altre forze democratiche, e il 27 luglio fu firmato un patto di unità d’azione contro il
fascismo e contro la guerra. Nasceva in sostanza il fronte popolare¸ una coalizione che si opponeva
alla minaccia fascista e questo fronte popolare si presentò unito alle elezioni del 36 e le vinse.
Ottengono quindi la maggioranza e questo permette la formazione di un governo presieduto da un
socialista, Blum. La sua prima mossa fu quella di sciogliere tutte le organizzazioni di estrema destra.
Questa politica del fronte popolare non rispondeva soltanto alla necessità di fermare il fascismo in
Francia, ma volevano aiutare tutte le forze democratiche del continente nei quali i fascismi si erano
affermati o si stavano affermando. Questa era l’indicazione del settimo congresso del Comintern, nel
maggio del 1935 la terza internazionale (pure Stalin aveva capito che questa contrapposizione con i
socialisti non era vantaggioso), e sostiene la necessità di tutte le forze antifasciste possibili. Fino
all’ascesa di Hitler l’internazionale comunista si era mossa sulla scia di una lotta non solo contro le
destre, ma anche contro i socialisti.
13/04 diciannovesima lezione

Il fronte popolare si costituisce in Francia per rispondere all’avanzata nazifascista in Europa;


indicazione del Comintern del 35 di formare un fronte comune di tutte le forze comuniste. Alleanza
che vince in Francia nel 36, ma il governo aveva tante facce e quindi si creano diversi conflitti. La
politica che il fronte adotta comincia ad ingenerare. Quindi questa alleanza cominci a deteriorarsi
quando la Spagna entra in una guerra civile.

Anche la Spagna aveva visto nascere un fronte popolare, anche prima della Francia, e accoglieva al
suo interno comunisti, socialisti, radicali, addirittura pure gli anarchici… a dimostrazione che il
pericolo di una presa del potere da parte di una destra fascista era fortissimo al punto tale di spingere
pure gli anarchici che erano contro lo stato a inserirsi attivamente in questo progetto. Ma la spagna
era un paese molto diverso, molto più arretrato e sofferente della Francia e la vittoria del fronte
popolare non poteva passare incontrastata come in Francia.
La vittoria non poteva essere accettata pacificamente, ed è per questo che scoppia la guerra civile. Di
fronte a questa emergenza il governo fratello del fronte popolare che avrebbe dovuto intervenire,
(quello francese di Blum) era invece molto timoroso di una reazione della Germania, quindi il
governo francese non intervenne, e questo mostrò il sostanziale fallimento dei fronti popolari. Quindi

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Appunti lezioni di storia contemporanea

mentre fascisti e nazisti correvano in Spagna, i francesi non si mossero. Perché in Spagna la guerra
civile, e non in Francia? Quando scoppia la guerra civile nel luglio del 36, la Spagna viveva una
situazione di isolamento, forse la più grave d’Europa. In età moderna era stata un grande impero ma
col tempo divenne un paese marginale. Inaugura il suo ingresso nel XX secolo con una guerra contro
gli Stati Uniti e perdono Cuba, l’ultima colonia rimasta a loro.
Questo comportò un ulteriore isolamento, si chiuse in sé stessa evitando i rapporti con gli altri paesi
e con una monarchia che era una delle più autoritarie, che governava grazie al favore di una chiesa
anch’essa molto autoritaria, la cattolicissima (si aveva quindi un’oligarchia spagnola). Era una società
arcaica, sorda ai bisogni manifestati che nel resto dell’Europa venivano perlomeno ascoltati. In
Spagna il marxismo si sente molto poco e molto tardi perché privi di operai e grandi aziende. Quindi
la nascita di partiti comunisti e socialisti non era stata per niente facilitata; al contrario il movimento
anarchico spagnolo era il più forte d’Europa.

Negli anni Venti del 900 la monarchia vive una sorta di dittatura militare di Primo De Rivera,
condizionata dalla chiesa e dalla vecchia classe dirigente, di tipo più autoritario che fascista; questo
perché molte delle misure repressive intraprese in Italia e Germania, in Spagna mancarono e per
questo la sua fu chiamata dicta blanda, cioè una dittatura più debole. Erano state varate importanti
iniziative sul piano delle opere pubbliche, che cercavano di portare il paese sulla via della
modernizzazione, così com’era stato fatto in Italia con la bonifica integrale. Questo tentativo però si
blocca con la grande crisi del 29 e così la dittatura, il 14 aprile del 31, crolla assieme alla secolare
monarchia. C’era stato un patto, il patto di San Sebastian, nella primavera del 30 tra formazioni
politiche repubblicane, radicali, destra liberale che avevano costituito un comitato rivoluzionario che
avrebbe dovuto traghettare il paese dalla fase monarchica a quella repubblicana. Erano stanchi di De
Rivera e della monarchia; anche alcuni militari si unirono a questo progetto, tra cui il fratello di
Franco. Nelle elezioni politiche amministrative dell’aprile del 31 vincono i repubblicani, contro ogni
previsione. Ci sono in tutto il paese manifestazioni di grande giubilo e questo tonfo aveva determinato
l’esilio del re, che lascia il paese in questa seconda repubblica. Per la prima volta la Spagna diventa
una repubblica moderna e il governo è formato da forze politiche molto diverse tra loro.

Iniziano le rivendicazioni autonomiste delle popolazioni spagnole, dell’Andalusia e della Catalogna


(che la ottiene) naturalmente, dei paesi baschi; c’è moltissimo movimento nel paese perché
improvvisamente si vuole diventare qualcosa di diverso, si vuole approfittare di questa vittoria nel
paese delle forze repubblicane. Queste si impegnarono in opere di miglioramento del paese. Per
esempio, in base all’articolo 26 della nuova costituzione spagnola si prevede nel 31 (noi già con
Cavour) la separazione della chiesa dallo stato, quindi la sua laicità e la venuta meno dei privilegi
della chiesa stessa. Ci fu pure lo scioglimento dell’ordine dei gesuiti; venivano vietate le scuole
cattoliche, molte e molto frequentate. Veniva quindi abolita l’influenza sull’istruzione che la chiesa
aveva da sempre esercitato. L’odio verso la chiesa cattolica è così forte perché rappresenta il suo
vecchio legame con la monarchia.
Ci fu un’importante legislazione sul lavoro, come quelli adottati in Francia. C’era anche il tribunale
del lavoro. Malgrado questa legislazione il governo è continuamente attaccato: dall’esterno le forze
della reazione che non erano scomparse e dall’interno dagli anarchici perennemente insoddisfatti, i
quali premevano per la rivoluzione sociale. Erano entrati nella formazione governativa nella speranza
che vincesse l’estrema sinistra rivoluzionaria e che quindi il paese avesse una rivoluzione tale da
cambiarlo completamente. Il governo cerca anche di attuare una riforma agraria; c’era un piccolo
gruppo di nobili che deteneva la grande maggioranza delle terre e il governo decide per un esproprio
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Appunti lezioni di storia contemporanea

che viene chiamato redistribuzione delle terre. quelle dei nobili venivano confiscate senza nessun
risarcimento, gli altri venivano espropriati con un indennizzo. Soprattutto venivano confiscate se mal
ridotte e quindi sfruttabili. Questa riforma iniziò lentamente e con mille ostacoli; i radicali non erano
favorevoli. Nel 33 si ferma e fino a quel momento solo 10000 contadini ricevettero un piccolo pezzo
di terra e questo mise in evidenza la debolezza della repubblica. Era la povertà dello stato che
impediva questa riforma. Pure in Italia negli stessi anni la bonifica integrale comincia ad avere
problemi.

Gli ostacoli non venivano soltanto dalla situazione economica, ma venivano molto anche dalla
politica stessa. Problemi politici sia dall’estrema destra che dall’estrema sinistra. I sindacati
capeggiati dagli anarchici promuovevano scioperi che interrompevano attività… l’entusiasmo
iniziale per la repubblica cominciò prestissimo ad essere offuscato, e di questa situazione ne
approfittano gli agrari, i monarchici e i nostalgici, l’estrema destra e approfittando di una debolezza
del governo nel governo del 33 lo fanno cadere, la destra ottiene la maggioranza e nasce un nuovo
governo. Vogliono muoversi sulla scia di Mussolini, creare uno stato corporativo e vogliono anche il
ritorno della Chiesa ai suoi privilegi. Questa azione di questo governo di destra provoca
un’opposizione molto accesa tradotta in scioperi e manifestazioni, soprattutto degli operai e dei
contadini, che furono violentemente repressi dagli eserciti. Il malumore non si placò e i minatori si
ribellarono, creando una vera rivoluzione e riuscirono per un po' di tempo a tenere il controllo del
territorio. Volevano e chiedevano:

1. risoluzione della situazione agraria, quindi la nazionalizzazione delle terre dei lati fondisti,
neanche iniziata;
2. riorganizzazione completa e democratica dell’esercito, in quel momento infiltrato da elementi
conservatori; si voleva che fosse al servizio del popolo e non dell’élite che comandava. Più in
generale proponevano la democratizzazione dello stato;
3. (i rivoluzionari) volevano la fine del potere dell’oligarchia spagnola che per secoli aveva
sottomesso il paese e che sembrava fosse tornata con questo governo di destra.

Questo periodo, tra il novembre del 33 fino al febbraio del 36, viene chiamato biennio nigro. Un
biennio nel quale la Spagna ripiomba nella sopraffazione, nell’illegalità, nella violenza nei confronti
dei cittadini più svantaggiati e privi di tutele; tutte le manifestazioni vengono represse con estrema
brutalità. Accanto al leader di estrema destra appare un altro leader, capo della falange, José Calvo
Sotelo. Dopo questa rivoluzione mancata del 34 la destra diventò ancora più feroce. Alle elezioni del
febbraio del 36 i socialisti, la sinistra repubblicana, la sinistra radicale, i comunisti e gli anarchici
presentano i propri candidati in una lista di fronte popolare, ed è un successo. Ottenne 278 deputati.
Ed è proprio l’affermazione di una vittoria del fronte popolare che la destra non aveva preventivato,
fu abbastanza inattesa e questo spinge i militari a mettere in atto un piano che avevano organizzato
da tempo. Nel marzo del 36 a Madrid si era tenuta una riunione nella quale avevano partecipato
generali, ufficiali, tra cui lo stesso Francisco Franco, ed Ernesto Mola che fu la vera anima e ideatore
del golpe. Contrariamente a quanto si pensa, non fu Franco a idearlo, anzi secondo alcuni documenti
risulta essere pure abbastanza scettico. Solo dopo l’assassinio di Sotelo si convince. Il governo
repubblicano aveva scoperto che alcuni militari stavano tramando un colpo di stato, però non aveva
trovato prove sufficienti per poter inchiodare i colpevoli. E così il governo si limitò a prendere delle
misure per smorzare questo sentimento, ovvero trasferire gli alti ufficiali dalle zone di loro
competenza in altre zone. Ci fu una sottovalutazione della cospirazione.

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Appunti lezioni di storia contemporanea

Questo governo così osteggiato e che la destra doveva ribaltare è importante perché per la prima volta
si vedono i comunisti al governo in uno stato che non è l’Unione sovietica. Era anche un esperimento
politico; c’era una convivenza difficile tra formazioni molto diverse. Questa apertura democratica del
governo spaventò di nuovo i possidenti così come era stato nel 31. Per questo il fronte popolare in
Spagna non poteva sperare di sopravvivere. Soprattutto il rafforzamento della classe operaia è un
altro campanello d’allarme fortissimo, la fortissima richiesta di democrazia da parte del popolo, che
impensierisce moltissimo.

Però, la causa scatenante del colpo di stato è l’assassinio di Sotelo (ex ministro sotto la dittatura e
parlamentare monarchico) e questo fa rompere gli argini: di fronte all’assassinio di questo leader di
estrema destra non si può restare fermi, anzi c’è un’accelerazione del piano iniziale. Il 18 luglio del
36, contingenti militari guidati da Franco, tornato segretamente in Spagna, si sollevarono contro il
governo in varie località del paese e iniziò così la guerra civile. Il governo provò l’impossibile per
ricondurre la popolazione all’ordine senza spargimenti di sangue ma senza successo. All’inizio non
si ha il coraggio di armare il popolo, perché questo avrebbe portato inevitabilmente a una situazione
incontrovertibile. Quindi ci sono una serie di governi che in brevissimo tempo si susseguono.

Sarebbe durata circa tre anni e fece della Spagna un campo militare di tipo ideologico, fascismo contro
antifascismo. La guerra di Spagna è una guerra ideologica e la cosa travalica i confini spagnoli. Franco
alimenterà sempre il ricordo della guerra civile, non ha cercato di cauterizzare le ferite o di chiudere
questo capitolo, il contrario. Franco ha sempre tenuto vivo questo ricordo, dei martiri, della guerra
civile e dei traditori repubblicani e anche la longevità di questo dittatore ha supportato un interesse
inspiegabile. Franco riesce a far restare fuori la Spagna dalla Seconda guerra mondiale.

Italia e Germania aiutano l’esercito di Franco: Mussolini manda circa 40.000 uomini, che verranno
utilizzati sostanzialmente come carne da macello, sotto la completa dipendenza dei generali spagnoli.
Questa altro non è che l’ennesima responsabilità che il fascismo ha. Mentre la Germania fornisce
aiuti militari come aerei da combattimento, carri armati, artiglieria pesante. Ugualmente importante
fu l’aiuto americano ai golpisti: nonostante Roosevelt avesse dimostrato simpatia nei confronti della
repubblica, aiutò il neo dittatore. Molti storici sono d’accordo che senza il petrolio americano, senza
le sue macchine quindi banalmente senza il supporto americano i franchisti non avrebbero avuto così
presto il sopravvento.

D’altra parte, la Francia non aiutò la repubblica, ma perché? I conservatori francesi coniavano il motto
“meglio Hitler che Blum”, ovvero per loro era meglio stare dalla parte di un dittatore che dalla parte
di un socialista che ha introdotto una legislazione sul lavoro troppo avanzata. Nemmeno l’Inghilterra
di Chamberlain si muove. Le due grandi potenze democratiche europee rimasero immobili, e questo
dimostra, soprattutto nel secondo conflitto mondiale, quanto queste siano deboli in confronto alle
dittature. La politica di accontentare non portò da nessuna parte.
17/04 ventesima lezione

Leggi razziali: in Italia c’era questa percezione che Mussolini le avesse fatte per accontentare o
perché costretto dall’alleato tedesco, ipotesi successivamente smontata. L’antisemitismo per quello
che riguarda la Germania fu uno dei punti fondanti del nazional socialismo; gran parte del Mein
Kampf è improntata al problema razziale, perché nella gerarchia di razza che Hitler individua nel
quale gli ariani stanno al vertice, il gradino più basso è occupato dagli ebrei. Daniel Goldhagen fece
un osservazione nel suo libro “i volenterosi carnefici di Hitler”, si pone un quesito: “ci si è sempre
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Appunti lezioni di storia contemporanea

chiesti come mai quegli ordini vennero dati ma non ci si è mai chiesti perché vennero eseguiti, in una
nazione nella quale la disobbedienza era contemplata”, cioè, dice Goldhagen per cose molto più
stupide i soldati erano abituati a disobbedire, tipo tenere la divisa per gli ufficiali dell’esercito sempre
assolutamente in ordine e ci sono ufficiali che non seguono quest’ordine. Questo smonta la
giustificazione di molti che “eseguivamo gli ordini”. I tedeschi sapevano dire di no, non erano automi
passivi. Anzi, seguivano questi ordini in maniera barbara, con grande determinazione, con un
sovrappiù di sadismo e piacere nel farlo. Non è vero che si obbediva soltanto agli ordini.
Non sono ancora molto chiari i motivi per cui la politica antisemita divenne elemento fondamentale;
è un pezzo di struttura molto importante se non la più importante. Goldhagen porta avanti la tesi
dell’antisemitismo sterminazionista, cioè egli dice che Hitler non volesse allontanare gli ebri dalla
Germania, ma afferma che fin dall’inizio c’era il desiderio di sterminarli tutti, sterminare anche la
cultura e qualsiasi documento che attestasse questa razza. Accusa i “tedeschi comuni”, responsabili
di aver compiuto l’olocausto in piena coscienza, quasi provando un certo piacere nel farlo, non
ponendosi mai problemi di tipo etico. Oppure dice, c’era violenza gratuita e volontà di umiliarli, per
esempio il fatto di tagliare la barba agli ebrei per strada, questo non rispondeva agli ordini di
rastrellarli, schedarli e portarli in un campo; per questo “volenteroso carnefice”.
Ci sono altre tesi che giustificano la centralità dell’antisemitismo nella politica di Hitler, per esempio
l’impellenza dei problemi alimentari, oppure il problema dell’attuazione delle politiche di
spostamento di questa come di altre minoranze per effettuare lo spazio vitale. Per cui lo sterminio
sarebbe stata una conseguenza subordinata, un danno collaterale perché per ottenere qualcosa serviva
che questa minoranza sparisse. Bisogna capire in che clima si fonda l’antisemitismo di Hitler, che
non era solo suo ovviamente. Egli vive nella Vienna dei primi anni del 900 ed è qui che respira per
la prima volta l’antisemitismo. Il secondo momento è quello successivo alla guerra; l’Austria aveva
perso e c’era il bisogno di addossare la colpa a qualcuno e viene in aiuto il complotto dell’ebrei
nemico. Hitler identifica la sconfitta con questi presunti complotti. E gli ebrei sono più pericolosi
rispetto alle altre minoranze perché non hanno terre, ed essendo ovunque vogliono controllare tutto,
e spesso ricoprono ruoli di potere non insignificanti. L’ebreo viene presentato come un parassita, un
“fungo velenoso”, ovunque si trovi l’ebreo vive sul lavoro degli altri.
Non tutti nel partito erano egualmente antisemiti; il più accanito era Goebbels, a cui Hitler affida il
compito di alimentare ancora di più l’antisemitismo con la propaganda. La vera svolta avviene nel
novembre del 38, quando c’è l’assassinio di un giovane diplomatico tedesco Ernst Eduard vom Rath
da parte di un ebreo polacco e questo fornisce la scusa per lo scatenarsi di una serie di violenze contro
gli ebrei. Anche in Russia l’antisemitismo era presente, e in particolari momenti c’era stato nei loro
confronti una rabbia cieca. In Germania tra il 9 e il 10 novembre avviene la notte dei cristalli, una
sorta di test ordita in tutto il paese, per vedere che grado di adesione raccoglie; moltissimi ebrei
vengono uccisi, molti altri torturati e trasportati nei già esistenti campi di lavoro, le sinagoghe
vengono distrutte, i negozi ebrei saccheggiati. Hitler voleva vedere se i tedeschi aderiscono o si
sarebbero allontanati dall’operazione. La conclusione più importante: i tedeschi non erano contrari al
fine (allontanare gli ebrei dal paese) ma erano contrari dai metodi utilizzati, ed è per questo che notti
come questa non ce ne furono più. La propaganda era riuscita, l’ebreo era ormai disumanizzato.
Questa consapevolezza della condivisione del progetto spinge Hitler ad attuare altri provvedimenti
contro gli ebrei come il divieto di guidare e di prendere la patente, divieto di accedere ai musei e
biblioteche; erano misure discriminatorie, non allineate al fine dichiarato, fatte solo per tramortirli,
per fargli perdere il posto nella società. Göring lancia la campagna dell’arianizzazione dell’economia,
sta a significare che gli ebrei più ricchi, ma via via tutti gli altri, venivano privati di tutti i loro averi

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Appunti lezioni di storia contemporanea

e delle proprietà. L’arianizzazione viene messa in atto per la prima volta nell’Austria ormai divenuta
provincia orientale e qui avviene il primo allontanamento degli ebrei dallo stato. Tra i 100.000 e i
150.000 ebrei austriaci vengono cacciati dalla nazione.
Queste misure erano comuni a tutti quelli considerati stranieri, anche gli zingari e gli asociali erano
trattati allo stesso modo degli ebrei. Gli zingari, ad esempio, furono costretti alla sterilizzazione di
massa. Anche le persone più deboli, sotto il punto di vista fisico, che costituivano una vergogna
andavano discriminati, esclusi dalla società e messi in un luogo dove poterli controllare. Per le donne
che non avevano la certezza di poter dare alla luce un elemento adatto al regime erano costrette
all’aborto. Hitler dice che queste erano vite non degne di essere vissute. Se la sterilizzazione avvenne
alla luce del sole, l’eliminazione dei malati mentali incurabili, nota come eutanasia, venne avvolta da
un alone di mistero. Hitler chiama questi “omicidi compassionevoli” e venivano attuati anche nei
confronti dei minori malati di mente; i cattolici reagirono a questa operazione e cercarono in tutti i
modi di fermarla. Hitler si spaventò e infatti diede l’ordine di interrompere le uccisioni di massa, ma
in realtà continuarono attraverso la fame e la somministrazione di farmaci.
In Italia: Le leggi razziali furono promulgate pure in Italia, che non fu del tutto immune
dall’ideologia razzista che aveva attraversato l’Europa fin dalla fine dell’800, ma solo negli anni
Trenta del 900 fu improvvisamente trascinata in questa corrente della superiorità ariana. Si arriverà a
una politica simile, se non più precisa in alcuni punti, a quella tedesca. Gli ebrei come in Germania
vengono ritenuti dannosi, anche economicamente. Ci sono delle precisazioni da fare:
1. L’inaugurazione della politica antiebraica non provenì da nessuna spinta tedesca; Mussolini
prese questa scelta nel tentativo di rivitalizzare il regime dall’interno e rientra nel quadro della
politica culturale di dare un pugno alla borghesia; fu una decisione autonoma e ritenuta
efficace e positiva;
2. l’antisemitismo fungeva da collante del paese, l’avere un nemico pubblico;
3. l’Italia fascista voleva dimostrare di non essere seconda a nessuno, in un continente in cui
questa corrente razziale stava sempre più prendendo piede.
4. Mussolini voleva allontanare l’attenzione dai fallimenti della politica interna, come quella
della creazione dell’Impero.
Gli ebrei erano da secoli profondamente integrati nel paese, c’erano comunità ebraiche molto diffuse.
Trieste era la prima a ospitarne una per numero. Erano pochi, ma contavano molto nell’economia e
nella cultura e il primo decreto-legge riguardava questo: espulsero insegnanti e studenti ebrei da tutte
le scuole di ogni ordine e grado. Siamo nell’ottobre del 38. Il secondo decreto sanciva l’espulsione
degli ebrei stranieri dall’Italia e qualche mese dopo cominciò ad essere limitato per legge il loro diritto
di proprietà. Viene regolamentato l’esercizio delle professioni: gli ebrei non potevano più esercitare
le cosiddette professioni liberali.
Già nel 1937 in Italia cominciava una preparazione propagandista e nel corso di quest’anno Mussolini
e i suoi fedeli preparano gli italiani alle leggi razziali.
La prima mossa da effettuare era individuare questi ebrei e nella prima metà di febbraio del 37
Mussolini fa controllare la presenza di cognomi ebraici tra gli ufficiali, chiede ai rettori di segnalare
i docenti e gli studenti ebrei e il ministro della cultura popolare, all’epoca Alfieri, di istituire un ufficio
centrale che dovesse occuparsi di questo problema qui. Nel 38, anno terribile per gli ebrei d’Europa,
l’Italia vara un sistema normativo contro gli ebrei, e che conteneva alcune norme addirittura più
persecutorie di quello tedesco. Nel corso del 38 vennero espulsi dalla stampa, non potevano più fare
i giornalisti e anche la stampa ebraica cessò di esistere; ci fu una progressiva eliminazione. Venne
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Appunti lezioni di storia contemporanea

loro vietato l’accesso alle biblioteche pubbliche, se non discriminato, qui con accezione positiva
perché l’ebreo discriminato era colui che poteva tenere ancora alcuni vantaggi. Erano discriminati gli
ebrei che avevano partecipato alla grande guerra, quelli che si erano iscritti al fascio già prima del
1922. C’era un sistema che in qualche modo premiava la loro italianità e il loro credo nella patria. Un
documento importante fu il manifesto degli scienziati razzisti, noto anche come manifesto della
razza, pubblicato originariamente in forma anonima e poi fu ripubblicato i primi di agosto su La difesa
della razza dove veniva firmato da 10 scienziati italiani, ai quali la gente del popolo dava molto
credito. C’è una costruzione attenta della tesi.
Seconda fase dell’individuazione degli ebrei: si inizia a schedare gli ebrei sul territorio italiano, e
nelle grandi città come Roma si mandano i vigili a interrogare i portieri dei palazzi per farsi dire i
cognomi del condominio e qualunque cognome avesse qualche assonanza con cognomi considerati
ebraici veniva immediatamente schedato; lo scopo era di dimostrare che gli ebrei erano troppi. Fra il
settembre e l’ottobre del 38 si ipotizza di togliere la cittadinanza a una parte o alla totalità degli ebrei
italiani. Come i documenti anagrafici, le pagelle degli studenti dovevano portare una dicitura che
indicasse la loro razza.
C’è un famosissimo discorso che Mussolini tiene a Trieste di fronte a 150.000 persone, annuncia le
leggi razziali e definisce il problema ebraico. Primo atto mediatico del regime e introduce il segnale
che gli eventi stanno precipitando. Il 6 settembre il gran consiglio del fascismo fa una dichiarazione
sulla razza che anticipava e illustrava il prossimo quadro normativo. A differenza della legislazione
nazista, quello fascista non prevedeva la categoria di misti. In Italia o si era ariani o ebrei. In linea
con le leggi di Norimberga si vietano i matrimoni misti, privati della proprietà e si vieta
l’arruolamento. Si assegnava alle singole persone l’autodefinirsi; bisognava indagare sulla propria
discendenza e se si fosse scoperto ebreo si sarebbe dovuto dichiarare all’anagrafe.
Pio XI tenne due discorsi pubblici e si dichiarò contro il manifesto degli scienziati e accusò il regime
di imitare il regime nazista.
19/04 ventunesima lezione

Preparazione alla Seconda guerra mondiale: una tesi convenzionale sulle cause dello scoppio,
ovvero attribuire tutte le colpe a Hitler e alla Germania, diffusa moltissimo soprattutto subito dopo la
fine del conflitto e avvalorata ancora di più dopo il processo di Norimberga. Processo di enorme
risonanza mediatica perché viene trasmesso in televisione; famoso il processo ad Eichmann. Era la
prima volta nella storia che gli stati sconfitti venissero messi a processo così; si svolge dal novembre
del 45, immediatamente successivo alla fine della guerra, e finisce nell’ottobre del 46. Furono
processati 24 tra i capi più capi del nazismo, Hitler si era suicidato insieme a Himmler e Goebbels,
come fece anche Göring impiccandosi il giorno prima della sua esecuzione. Molti altri riescono a
fuggire. La decisione del processo era stata presa dai tre grandi (Stalin, Churchill e Roosevelt) e i
reati ascritti agli imputati erano guerra d’aggressione, crimini di guerra e crimini contro l’umanità;
tutti gli imputati furono condannati e i loro cadaveri vengono bruciati nei forni di Dachau, in maniera
simbolica.

Certamente la Germania nazista ebbe le maggiori responsabilità per quello che riguarda lo scoppio
del conflitto, ma ci furono responsabilità enormi da parte di chi quel conflitto avrebbe potuto evitarlo
o quanto meno ridimensionarlo, e non lo fece. Come avrebbe potuto un solo uomo politico, a capo di
un apese che qualche anno prima era stato sconfitto ed era uscito a pezzi dalla Grande guerra, causare
il conflitto più grande nella storia dell’umanità. Perché gli altri stati non si opposero per tempo? i

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Appunti lezioni di storia contemporanea

segnali c’erano tutti e nessuno si poteva illudere che il nazismo sarebbe in qualche modo rientrato in
modifiche tolleranti. Hitler aveva dimostrato più volte che non avrebbe rispettato i patti che lui stesso
ha firmato, come il trattato di Monaco. La Germania voleva la guerra e ne porta le maggiori
responsabilità, ma altrettante responsabilità le portano le potenze vincitrici, che in quel momento non
conveniva evocare, per questo la tesi forte fu quella della “Germania unica colpevole”; gli altri paesi
quando avevano l’occasione di farlo, anche sotto il profilo militare non solo politico, non mossero un
dito. L’Europa ne esce devastata, perde il suo ruolo di centralità, già in bilico dopo la Grande guerra,
diventa addirittura marginale, devastato sotto tutti i profili.

Ci sono quindi una serie di cause e concause che si legano a quella principale, che in quel momento
non conveniva ricordare perché avrebbe sottolineato la loro cecità politica e la loro vigliaccheria. Le
guerre scoppiano non perché qualcuno le vuole, ma perché qualcuno fa una scommessa
sbagliata.

Gli anni Trenta furono caratterizzati da un vuoto di potere internazionale dovuto non solo alle
difficoltà incontrate dal sistema capitalistico post crisi del 29, ma anche alla forza del conflitto sociale
che scaturisce da quella stessa crisi e che divenne presto transazionale. Tutta l’Europa incontrò
difficoltà nel sistema di rapporti internazionali, sia sotto il profilo politico sia sotto quello sociale.

I segnali che la Germania volesse la guerra per estendere il proprio dominio e il proprio potere c’erano
stati tutti ed era impossibile non coglierli:

1. nel 33 esce dalla società delle nazioni, cancellando tutti gli sforzi di riacquistare la fiducia
delle altre nazioni e fa capire che Hitler non rispetta e non rispetterà il trattato di Versailles e
infatti, tutto quello che farà dopo sono violazioni del trattato;
2. nel 34 tenta l’Anschluss; il trattato vietava severamente che Germania e Austria si unissero;
nel 34 non riesce m riuscirà nel 38;
3. nel 35 si riprende la Saar, ricca regione industriale controllata da britannici e francesi per
costringere la Germania a pagare le riparazioni; le sorti di questa regione sarebbero state
sancite dopo 15 anni da un plebiscito, ma così non avviene;
4. nel 36 avviene la rimilitarizzazione della Renania, che secondo gli accordi doveva restare
smilitarizzata.

Questi sono forse gli eventi minori, sebbene molto gravi. Nonostante la garanzia data alla
Cecoslovacchia, nel corso della conferenza di Monaco quando Hitler si vuole prendere parte di
territorio perché lì vive una minoranza tedesca, e dice che lui vorrà solo questo, ma violerà questo
patto. Anche in questo momento Gran Bretagna e Francia non si muovono.

Quelli che erano i naturali avversari del nazismo, i sovietici, arrivano a firmare un patto di non
aggressione, qualche settimana prima dell’inizio della guerra, il cosiddetto patto Molotov-
Ribbentrop, che al suo interno prevedeva anche una clausola segreta che stabiliva la ripartizione
della Polonia: la parte occidentale sarebbe andata alla Germania, quella orientale ai sovietici.

Ma perché Francia, Gran Bretagna e Unione Sovietica, in un primo momento, non riuscirono a
fermarlo? Era possibile batterlo, soprattutto militarmente e ancora di più con un azione preventiva.
Per giustificare in parte questa inazione delle democrazie europee c’è stata anche un’altra tesi
circolata a lungo e che riposa sulle motivazioni psicologiche dei due dittatori. Sostiene che Hitler e

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Appunti lezioni di storia contemporanea

Mussolini erano molto più energici, affascinanti e riuscivano a convincere i propri popoli mentre gli
altri erano vigliacchi. Ci sono elementi di verità: mentre in Gran Bretagna e in Francia i ricordi della
guerra alimentavano desideri pacifisti, al contrario una delle componenti culturali più vive nei due
regimi era il bellicismo. In questo senso, la politica dell’appeasement, proposta da Neville
Chamberlain, ovvero dell’accordo con i nazisti, cercare di trovare un compromesso non violento,
accontentarli nelle richiesto perché altrimenti si sarebbero inaspriti ancora di più i rapporti
internazionali, aumentando il rischio della guerra. È stata considerata dagli storici in passato non
come una debolezza morale e un errore gravissimo, ma come un errore trascurabile.

La Francia e la Gran Bretagna si dissero al tempo convinte di poter raggiungere l’obiettivo di ritornare
ad avere rapporti diplomatici con Italia, Germania e Giappone. Ciascuno dei tre possibili avversari
del nazismo perseguiva degli obiettivi propri, non erano d’accordo e ognuno di loro vuole arrivare a
un rapporto politico di tipo diverso. Le due potenze più minacciate erano Francia e Unione Sovietica:
la prima perché confinante, la seconda perché bolscevica. La linea politica estera francese fu molto
incerta fra una politica filo-sovietica e una più vicina al fascismo. La svolta nel 35 quando la Francia
firma un trattato di difesa con l’Unione Sovietica contro la Germania nazista. La difficoltà della
Francia di condurre una politica comune derivava anche dalle incertezze a livello interno: i
conservatori francesi avevano tantissima difficoltà ad accettare un patto con l’Unione Sovietica, per
loro il pericolo maggiore risiedeva non in Hitler, ma in Stalin e in una possibile diffusione del
comunismo. Questa difficoltà di accordarsi con i sovietici viene avvertita molto anche nei paesi
dell’est, che confinano con loro. In molti di loro hanno fatto la politica del cordone sanitario e sono
convinti anche loro che l’Unione rappresenti un pericolo potenziale non indifferente. Ad esempio,
quest’alleanza franco-sovietica era osteggiata sia dalla Jugoslavia che dalla Romania, però questi
insieme alla Cecoslovacchia formavano insieme alla Francia il sistema della piccola intesa.

Anche la Gran Bretagna aveva delle difficoltà ad aprire all’Unione Sovietica e soprattutto a ostacolare
la Germania, ma più di tutti aveva motivi per ostacolare la Francia in questa sua apertura filo-
sovietica. Erano convinti che una Germania forte poteva essere un’opportunità per ridimensionare il
bolscevismo.

Inoltre, la Gran Bretagna voleva un’intesa con gli stati europei, in oriente le sue colonie erano
minacciate dal Giappone e avere amiche le due potenze quali Italia e Germania poteva esserle utile.
Politica pragmatica, ma miope. Questa politica di concessioni, non fa che alimentare e poi saldare in
un'unica grande alleanza Germania, Italia e Giappone, con il nome di anti-Comintern. C’era stata
anche la sconfitta della Spagna repubblicana, che aveva modificato notevolmente il panorama politico
europeo. Nessuna democrazia le era andato in aiuto e così si cominciano a formalizzare dei patti: il
primo asse Roma-Berlino, il primo di questi, firmato il 1° novembre del 1936, allargata poi al
Giappone dopo qualche mese, contro il comunismo sovietico, a cui alla base stava l’attività ideologica
di Italia e Germania.

Durante la Prima guerra mondiale il Giappone aveva combattuto a fianco dell’intesa, per potersi
prendere le colonie tedesche nel pacifico, ma nel frattempo aveva cominciato a rivolgere le proprie
attenzioni alla Cina. Negli anni Venti le potenze europee e gli USA gli vietarono di intraprendere
azioni coloniali nei riguardi della Cina, perché avevano molti interessi nel paese; era stata
sostanzialmente smembrata e ognuna delle potenze europee aveva basi, territori, godeva di esenzioni
fiscali… se si fosse insediato il Giappone questo equilibrio sarebbe stato a rischio. Il Giappone però
era una potenza incredibilmente cresciuta, anche nella popolazione: si calcola che all’inizio del 900

17
Appunti lezioni di storia contemporanea

fino al 1930 la popolazione raddoppiò. E questo era un motivo di forte conflittualità all’interno del
paese. Era stato dato un grande impulso all’industria e questo spingeva ai nipponici di cercare nuovi
territori da cui estrarre manodopera e materie prime. Il modello che il Giappone aveva era quello
prussiano, anche per quello che riguardava l’aggressività e il militarismo: destina un terzo del suo
bilancio nel 1900 agli armamenti e al rafforzamento del suo esercito. Era uno stato fortemente
autoritario e voleva replicare in quella parte del mondo la politica tedesca. Era uscita come la
Germania dalla società delle nazioni, e così ebbe termine la subordinazione giapponese alla
supremazia della Gran Bretagna e degli Stati Uniti. Anche questo era un segnale molto preoccupante.
Per altro ebbe facile gioco nei movimenti anticolonialisti, motivo per il quale il Giappone inizia prima
una guerra con la Russia e poi con la Cina, che si trascinerà nel secondo conflitto mondiale. La
peculiarità del Giappone è di essere una riproposizione della Germania in territorio asiatico.

Tra il 36 e il 37 l’Italia e la Germania stipulano patti contro il comunismo internazionale, adatti a


fornire una copertura ideologica al loro espansionismo.

1. La guerra civile spagnola;


2. aggressione del Giappone alla Cina;
3. annessione dell’Austria alla Germania nel 38;
4. uscita dell’Italia dalla società delle nazioni nel 37;
5. la rimilitarizzazione della Renania;
6. lancio su grande scala della campagna anti ebraica in Germania e poi in Italia.

Di fronte a tutti questi avvenimenti non si fa nulla. A partire dal 37 il disegno hitleriano si delinea e
si manifesta e le iniziative che vengono prese da questo momento fino allo scoppio della guerra
appaiono come una serie di gesti pre ordinati con il fine di preparare al conflitto. Le potenze
antinaziste restarono completamente disunite di fronte all’azione di Hitler, incapaci di prevenire la
catastrofe. La cosa più grave era la frattura fra le democrazie occidentali e l’Unione Sovietica, che
viene capito solo dopo e infatti la guerra la vincono. Non si hanno prove, ma si presuppone che magari
unendosi preventivamente il secondo conflitto mondiale, che fu ancora più drammatico del primo,
forse si sarebbe potuto evitare. Tra tutti questi episodi forse più quello chiarificatore fu quello che
successe nel 38 in Cecoslovacchia, dove Hitler prese a pretesto la presenza di una piccola regione in
cui si parlava tedesco per invaderla. In Cecoslovacchia sin dal 35 era attivo un partito filo nazista,
che quando Hitler comincia a parlare apertamente di annessione si scatena. Conduce una campagna
di mobilitazione della stampa e nell’aprile del 38 ce n’è una abbastanza cruenta, tanto da costringere
il governo a militarizzare la nazione. Hitler fa convocare da Mussolini una conferenza quadripartita,
per tranquillizzare le democrazie occidentali che lui vuole solo i sudeti, che la Cecoslovacchia rimarrà
autonoma. Così nel settembre del 38, c’è questa parata dove Hitler, Mussolini, Chamberlain e
Daladier come garanti vanno a Monaco e il tedesco firma un patto che sigla il suo solo interesse ai
sudeti. L’incontro si svolge negli ultimi giorni del mese e la conclusione del colloquio rivelò
l’incapacità di tenere testa a Hitler perché gli accordi del patto furono fortemente violati dai nazisti.
Subito dopo i nazisti entrarono a Praga, smembrarono la Cecoslovacchia: la regione dei sudeti fu
subito annessa alla Germania, la Boemia e la Moravia furono dichiarate protettorato sotto l’influenza
tedesca, che significava se non annessione qualcosa di molto simile. La Slovacchia si staccò dal resto
del paese e costituì un governo autonomo, ma in realtà era un governo fantoccio che dipendeva da
Berlino.

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Appunti lezioni di storia contemporanea

Anche l’Italia in questo clima di generale azionismo si muove e nel 39 occupa l’Albania. Questo
perché Hitler aspirava ad avere il corridoio di Danzica. Hitler propose un patto di alleanza il cui
scopo era stabilire l’inseparabilità dei due paesi in caso di guerra. Così nel maggio del 39 viene
firmato il patto d’acciaio. Moltissimi fascisti non erano d’accordo; Ciano, suo genero e ministro
degli esteri mise molto in guardia Mussolini sui rischi che questo patto può portare, anche perché
l’Italia non è affatto pronta. Ma il Duce decide nonostante tutto di firmare.

Alla minaccia alla Polonia, l’Inghilterra reagisce offrendo aiuto al governo polacco in caso di
invasione, e nel frattempo cercava di lavorare a una polita comune con Francia e Unione Sovietica.
Le trattative cominciano tra mille difficoltà; lo stesso governo polacco dimostra a non avere interesse
ad avere tra i propri sostenitori l’Unione Sovietica per via di vecchi rancori risalenti a fine 700. La
polonia quindi è contraria a far schierare truppe sovietiche sul proprio confine per paura che invece
di difenderla possa occuparla di nuovo, come avvenuto un secolo prima. Neanche la Francia e Gran
Bretagna riescono a farle cambiare idea. Il 23 agosto del 1939, giunse improvvisa la notizia che la
Germania e l’Unione Sovietica avevano firmato il patto di non aggressione, il cosiddetto patto
Molotov-Ribbentrop dai nomi dei due ministri esteri che lo firmarono; fu un fulmine a ciel sereno
per tutti i comunisti perché non riuscivano a spiegarsi per quale motivo Stalin avesse firmato un
accordo con il suo peggior nemico. Era chiaro che preannunciava la guerra e che sarebbe stata una
“non aggressione” solo momentanea. Però se è facile comprendere perché lo firmò Hitler, è difficile
capire perché lo firmò Stalin; lo firmò per la paura dell’isolamento internazionale dell’Unione
Sovietica e perché aveva bisogno di tempo per prepararsi alla guerra e questo tempo glielo può dare
solo un patto di non aggressione. La politica dell’appeasement preoccupa il leader sovietico, non
capisce le vere intenzioni dei paesi occidentali e questo lo costringe a lavorare su due tavoli. Con il
trattato Stalin si assicura notevoli vantaggi, come una parte della Polonia, per la precisione quella
orientale. La Russia, inoltre, in quel momento stava svolgendo una guerra non dichiarata con il
Giappone, che nel mese di maggio aveva invaso la Mongolia. Questo patto nazi-sovietico fa superare
ad Hitler le ultime perplessità sul tempo di inizio del conflitto. Il 1° settembre le truppe tedesche
invadono la Polonia, il 3 Francia e Gran Bretagna dichiarano guerra alla Germania e inizia così
il secondo conflitto mondiale.
20/04 ventiduesima lezione

Seminario - L’Italia repubblicana, la Costituzione antifascista e la continuità del fascismo:


la nostra costituzione nasce dalla resistenza al nazifascismo e quindi è una costituzione antifascista;
l’antifascismo, soprattutto col passare del tempo però, è stato un principio che è stato associato solo
alla sinistra, mentre dovrebbe essere patrimonio di tutti, dovrebbe essere interclassista, motivo per
cui il 25 aprile è festa di tutti quelli che si riconoscono nella democrazia, non di una parte. Moltissimi
italiani sono morti per darci la possibilità di dire queste cose.

Questo accade solo in Italia e accade perché i conti col fascismo non si sono mai chiusi, come invece
si è fatto in Germania nei confronti del nazismo.

Bisogna pensare al modo in cui nasce (la costituzione), le sue peculiarità, i suoi punti di forza, la sua
originalità, ma soprattutto questa costituzione è stata realizzata nella sua totalità o solo in parte? La
nostra costituzione data la sua nascita il 1° gennaio del 1948, ma il lavoro che la precede parte subito
dopo la liberazione, che avvenne il 25 aprile del 1945. Alla liberazione segue un’attività politica
molto intensa. Tra l’inverno del 45 e la primavera del 46 rinascono: la stampa libera, molti partiti che

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Appunti lezioni di storia contemporanea

erano stati eliminati, e si avvia la ripresa democratica che vede l’organizzazione dei partiti in vista
delle prossime scadenze elettorali, le prime dopo oltre vent’anni. Gli italiani non avevano nessuna
abitudine alla scelta e alla responsabilità e improvvisamente si ritrovano ad essere di nuovo autonomi.
Si vota sia per il referendum sia per l’Assemblea costituente, che dovrà poi stilare la nuova
costituzione. Le elezioni del 2 giugno 46 sono le prime nelle quali votano le donne, e c’è una
partecipazione di circa il 90% della popolazione, circa 25 milioni di italiani andarono a votare.

Meno di un mese prima Vittorio Emanuele III, nel disperato tentativo di salvare la monarchia, aveva
abdicato nel favore del figlio Umberto II, ma non fu sufficiente a far dimenticare agli italiani il ruolo
che ebbe la monarchia nel ventennio fascista. Con il 54,2% vince la repubblica; è la prima prova di
grande maturità della democrazia che sta nascendo, ma dimostra subito una spaccatura profonda del
paese: nel sud vince la monarchia, dove solo la Basilicata fa eccezione (a Napoli l’80%), invece al
nord la repubblica, dove il ricordo dei venti mesi della resistenza era troppo vivo per permettere che
la monarchia si salvasse. I partiti antifascisti si coalizzano per dare a queste elezioni il tono giusto,
cioè di politica interna, di politica che riguarda che riguarda solo l’Italia e le cui conseguenze
riguarderanno solo il nostro paese.

Umberto II, avvalorandosi di una sconfitta non schiacciante, ci prova a far sopravvivere la monarchia,
accusa il non aver tenuto conto di moltissimi voti dicendo che forse i risultati sarebbero cambiati e
che la maggioranza si raggiunse solo con i voti validi non contando degli aventi diritto. Giravano voci
di un possibile colpo di stato da parte dell’esercito in appoggio al re, ma finalmente il 13 giugno
questo va in esilio e alla fine del mese Enrico De Nicola, ultimo presidente della camera pre-fascista,
liberale ma monarchico diventa capo provvisorio dello stato, a riprova che i vincitori non volevano
stra vincere e che la cosa più importante in quel momento era tenere unito il paese.

Partito comunista, democrazia cristiana e partito socialista: grandi partiti di massa.

La democrazia cristiana prende più voti, nata a Milano alla fine del 42 erede del partito popolare di
Don Sturzo, e grazie alla schiera dei giovani cattolici che il fascismo non aveva piegato prende oltre
il 35% dei voti ottenendo 207 seggi. Grande consenso nelle zone rurali, e così rimarrà nel corso del
tempo.

Tra le forze di sinistra la più forte è quella socialista (I partito a Milano e Torino), ottengono il 21%
con 115 seggi; i comunisti il 19% con 104 seggi (a causa della politica moderata che non convince
la classe media a cui il partito guardava). Poi ci sono i vecchi liberali, il partito d’azione che
nonostante il suo ruolo nella resistenza ottiene pochissimi voti.

Nasce così la nuova Italia, che si fonda sulla libertà, sulla partecipazione politica diffusa, sul
pluralismo politico, sull’eguaglianza dei cittadini, tutti elementi in contrasto con il periodo
precedente. Nasce l’Italia dei partiti.

L’Assemblea costituente sceglie come presidente Giuseppe Saragat e il capo dell’esecutivo è De


Gasperi, attuando una politica centrista; verrà incaricato poi di formare il primo governo dell’Italia
repubblicana. Nascono però i primi problemi: la Chiesa non vuole assolutamente né i comunisti né i
socialisti nel governo, perché questo poteva costituire un pericolo. De Gasperi non coglie questo
invito, questi sono i governi di unità nazionale, dal primo che si forma fino al maggio del 47, quando
De Gasperi fa un rimpasto del governo e caccia fuori socialisti e comunisti; questi non ci torneranno

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Appunti lezioni di storia contemporanea

più. Questa è un’altra anomalia perché viene attuata nei confronti dei comunisti una conventio ad
excludendum, cioè tutte le forze politiche sono concordi nel ritenere che i comunisti non debbano
andare al governo e si adoperano perché questo non avvenga. Altra anomalia: se c’era stata una forza
popolare che aveva lottato più delle altre, era stato il Partito comunista.

Viene quindi composta l’Assemblea costituente, che nei 18 mesi successivi stila la costituzione,
elemento di rinnovamento essenziale e soprattutto prova dell’accordo dei tre maggiori partiti. Andava
oltre la concezione liberale dello stato, si fondava sul principio della sovranità popolare, dei sistemi
democratici, riconosceva ai partiti una funzione centrale e soprattutto ammoniva che la persona
veniva prima dello stato. Che tipo di costituzione è? Il partito d’azione proponeva il modello
americano, mentre il PCI proponeva la repubblica parlamentare, tesi che poi vince. In quel momento
la cosa più importante era l’unità della nazione. I comunisti non volevano una costituzione filo-
sovietica, Togliatti lo sottolinea sempre e disse “quella costituzione è figlia della rivoluzione, è nata
in un momento del tutto particolare” che l’Italia non ha vissuto; quindi, quella costituzione va bene
per loro ma non per noi. Si parlò tanto di compromesso fra socialisti, cristiani e comunisti.

Vennero definite una forma di stato e di governo conformi ai canoni tradizionali delle democrazie
repubblicane: un sistema bicamerale (elezioni per la camera ogni 5 anni), con un sistema
proporzionale di tipo puro. Però in questo modo c’è una dispersione di voti e una difficoltà nel
formare l’esecutivo, ma in quel momento si pensò che questa fosse l’unica garanzia per il
mantenimento della democrazia. Le due camere riunite ogni 7 anni eleggono il presidente della
Repubblica, garante dello stato, ma non ha ampio spazio.

I primi 12 articoli della costituzioni stabiliscono i principi supremi, fondamentali, quelli che non
possono essere cambiati neanche con una revisione costituzionale, perché su di essi si basa la carta
stessa.

Uno dei maggiori elementi di debolezza della democrazia italiana, rilevato da molti storici, era
l’assenza di una seria riflessione sul fascismo, era un po’ come se non ci fosse mai stato. Questa tesi
consolatoria di Benedetto Croce secondo il quale il fascismo era stato sicuramente una parentesi,
un’incidente di percorso, accettata nei fatti e non nella teoria, determinava non solo giudizi storici ma
anche atteggiamenti politici: i dirigenti dei nuovi partiti di massa erano stati partigiani, persone che
avevano svolto la propria attività politica in esilio o in prigione o in clandestinità; invece, i giovani
erano appartenuti quasi tutti alle organizzazioni giovanili fasciste. Questo aveva prodotto negli anni
atteggiamenti mentali e comportamenti pratici di cui portavano lo stampo fascista. Claudio Pavone,
storico che ha scritto “Una guerra Civile”, nella transizione democratica parla di continuità dello
stato, e significa il permanere nella nuova Italia repubblicana non solo di uomini e istituzioni di epoca
fascista ma anche e soprattutto di mentalità e atteggiamenti di cultura fascista, che difficilmente si
modifica perché è qualcosa di strutturale, che si insidia e viene totalmente interiorizzata. Quindi si
aveva ancora fascisti nella burocrazia, nell’esercito, nelle scuole ma anche nelle organizzazioni
sportive; era chiaro che risentivano di tutto quello che c’era stato prima e le loro azioni ne erano
fortemente influenzate.

L’esilio del Re fungeva in qualche modo di epurazione simbolica in mancanza di un’epurazione


effettiva che non c’era stata e non ci sarà; il personale che operava nell’Italia fascista continuò quasi
tutto, a operare nell’Italia repubblicana. Da qui la tesi del “paese mancato”. Ci fu un tentativo di
epurazione ma rimase tale. I partiti di sinistra avrebbero voluto un epurazione molto più efficiente ma

21
Appunti lezioni di storia contemporanea

in questo modo gli uffici sarebbero rimasti vuoti. Si provò una formula che dovesse epurare solo
coloro che si erano resi colpevoli di maggiori responsabilità. Nel luglio del 44 il governo dell’Italia
liberata aveva varato un decreto Sforza, che decretava la punizione, non solo dei gerarchi, ma anche
di coloro che avrebbero collaborato con i tedeschi dopo l’8 settembre. Erano previste riduzioni di
pena per quelli che pur essendo fascisti dopo l’8 settembre avevano collaborato con gli anglo-
americani nella liberazione contro i tedeschi, che si erano in qualche modo riscattati. L’epurazione
non prevedeva soltanto l’allontanamento dai ruoli della pubblica amministrazione ma proprio il
carcere. Però era abbastanza ipocrita, Aurelio Lepre nota questo: se il decreto Sforza fosse stato
applicato nella sua integrità, senza sforzarlo e senza eccedere, lo stesso Badoglio, capo del governo
in quel momento, era stato capo di stato maggiore di Mussolini, doveva essere arrestato. Così si
diffuse il terrore che soltanto i “pesci piccoli” avrebbero pagato. Questo timore divenne ancora più
credibile quando Mauro Scoccimarro, comunista sarà ministro delle finanze, che viene nominato
commissario aggiunto all’epurazione chiede che vengano rimossi, in base all’attuazione del decreto
Sforza i funzionari dirigenti del ministero delle finanze e del tesoro. I ministri Marcello Soleri e de
Courten minacciano le dimissioni se questo avviene. Questo poi costringe Bonomi, il presidente del
consiglio a dimettersi. Quindi l’epurazione non avvenne.

Nel giugno del 46, nel nome della pacificazione nazionale, Togliatti ministro della giustizia, promulga
un amnistia che segna la fine dell’epurazione, proposta per motivi umanitari e suscitò una valanga di
critiche in quanto sfuggirono alla giustizia un sacco di criminali. Fu la norma utilizzata per far uscire
i fascisti dalle galere. Si voleva mettere un punto a quella storia lì, e ripartire ma il punto non si mette
se non si fanno i conti con quel passato. Questo è il punto che è rimasto in sospeso e ha impedito
all’Italia di diventare una democrazia effettiva come doveva essere.

La contraddizione più grande riguarda la presenza degli eredi di mussolini in Parlamento mentre
d’altro canto si assiste all’espulsione del maggiore partito di sinistra dal governo. Dopo neanche due
anni da Piazzale Loreto, nasce ufficialmente il Movimento sociale italiano, partito che sia nel nome
che nel simbolo portava riferimenti al partito fascista: “sociale” evoca la repubblica sociale ad
esempio; era passato però troppo poco tempo perché quest’aggettivo fosse neutro.
24/04 ventitreesima lezione

Seconda guerra mondiale: L’Unione sovietica si trovava in una situazione di isolamento che la
spinge a firmare il trattato con la Germania.

Il pregiudizio che la Germania abbia tutte le responsabilità si consolida anche perché fu la prima che
tenne il campo appena la guerra iniziò. L’idea strategica di Hitler qual è? La guerra secondo lui si
sarebbe autoalimentata, cioè ogni conquista avrebbe comportato non soltanto il saccheggio e la
sottomissione delle popolazioni con la conseguente imposizioni delle leggi naziste, ma anche
l’approvvigionamento di qualsiasi cosa servisse ai tedeschi e quindi la guerra più andava avanti, più
si conquistavano territori e più il conflitto poteva continuare. L’obiettivo di Hitler era la conquista di
tutta l’Europa e la sconfitta del bolscevismo.

Quando il conflitto scoppia nessun paese europeo era pronto ad affrontarlo, nemmeno la Germania
stessa. Non erano necessariamente preparati. L’esercito tedesco aveva raggiunto un numero non
indifferente, ma la velocità di questo accrescimento tumultuoso non ha permesso un addestramento
adeguato ai soldati. Quello che i tedeschi possedevano in misura maggiore era la loro capacità tattica
e creativa per quello che riguardava i comandi militari. Le forze armate degli stati che nel 39
22
Appunti lezioni di storia contemporanea

rimangono ancora fuori erano in una fase di transizione ed erano comunque impreparati; la più
impreparata era l’Italia ed è la prima tra queste ad entrare. Era priva di un adeguato sviluppo
industriale, la marina possedeva delle navi moderne ma carenti sotto il profilo tecnologico e non
disponeva di nessuna porta aerei; gli Usa vincono la guerra anche grazie ad essa. Gli aerei italiani
erano all’avanguardia alla fine degli anni 20, ma già negli anni 30 erano superati.

L’Unione Sovietica conta soprattutto sulla numerosità dell’armata rossa (5 milioni di soldati), sulle
risorse naturali, sull’industria bellica, che grazie ai piani quinquennali si è moltiplicata, e anche
sull’aviazione (10.000 aerei), ma la sua debolezza risiedeva sul fattore umano: i generali più bravi
erano stati uccisi da Stalin anni prima e quelli attuali erano impreparati.

Gli Stati Uniti, grande potenza, avevano capito che era alle porte una nuova guerra e nel 40 avevano
intensificato il loro programma di costruzioni navali, in particolare si erano concentrati sulla
costruzione delle porte aerei, si era accresciuta l’aeronautica, arrivata a più di 5000 aerei. Contavano
circa 1 milione e mezzo di soldati, e l’esercito raggiunge il suo apice nel 44, sul finire della guerra.

All’inizio della guerra l’avversario principale della Germania, anche militarmente, era la Francia che
possedeva un esercito poderoso, con quasi 5 milioni di soldati, 3 mila carri armati; infatti, la sorpresa
sarà poi la caduta della Francia dopo poche settimane. L’esercito francese poteva contare sulla linea
Maginot e si immaginava avrebbe molto rallentato l’avanzata tedesca. Tuttavia, anche i francesi
avevano le loro carenze: la marina non era forte, lo era insieme a quella britannica ma da sola valeva
poco, i suoi capi militari non erano attrezzati a combattere una guerra di tipo ultra moderno.

La guerra quando inizia, inizia immediatamente con un impreparazione generale, e inizia come
guerra ideologica: i tre principali protagonisti che si scontrano sono il sistema liberale capitalistico,
il comunismo e il nazifascismo. Ognuno di questi tre sistemi proponeva il proprio come
universalmente valido. Il sistema capitalistico sembrava quello più debole dei tre, invece è quello che
poi sopravvive.

Sostanzialmente il conflitto si può dividere in due fasi: c’è una fase iniziale, che va dall’attacco della
Polonio il 1° settembre del 39 all’attacco all’Unione Sovietica il 22 giugno 1941, in cui la Germania
è fortissima e le sorti della guerra sono rivolte verso di lei, non sbaglia quasi nulla e molto rapidamente
riesce a sottomettere moltissimi paesi, e questo progetto che la Germania aveva fatto di
autoalimentarsi sembra funzionare perché ognuno dei paesi conquistati o tirati dentro il conflitto dalla
parte dell’ASSE aumenta la capacità bellica della Germania e prosegue attuando
contemporaneamente il suo programma politico. Hitler attua leggi diverse a seconda del paese che
conquista: ad esempio nel nord Europa non si comporta come si comporta in Polonia o in Ungheria,
questo perché i paesi più vicini a lui sono considerati più degni di altri perché simili biologicamente.
Questo grandissimo slancio fu favorito anche dall’aiuto dei governi collaborazionisti, governi
fantoccio messi nei paesi conquistati. Erano sotto il completo controllo di Hitler. Tutti questi fattori
assieme spinge moltissimo la Germania nella prima fase.

Nel primo mese di guerra muoiono 100.000 persone, di cui un quarto civili. Gli ebrei polacchi furono
già in questa prima fase diversi migliaia a essere deportati nei già esistenti campi, e la Polonia fu
ridotta in una condizione assolutamente servile, cosa che non accadde in nord Europa.
Strage di Katyn: più di 4000 ufficiali polacchi furono brutalmente uccisi perché non volevano
sottomettersi al regime nazista.

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Appunti lezioni di storia contemporanea

Paesi conquistati dalla Germania in ordine: Polonia, Norvegia (per il ferro e i cantieri navali),
Danimarca, Belgio, Olanda, Francia, Jugoslavia, Grecia; poi c’è il coinvolgimento dell’Ungheria,
della Romania e della Bulgaria, dove c’erano già governi filo fascisti. La Germania subisce la prima
battuta d’arresto quando la Gran Bretagna non cede ai massicci bombardamenti, nell’estate del 40
che continuano fino a settembre dello stesso anno (operazione Barbarossa).

Un fattore che non era stato assolutamente considerato, la cui importanza si vedrà nel corso della
guerra, è la presenza di movimenti di resistenza nei paesi occupati o attaccati. Fattore non
sufficientemente considerato che impegna una parte o una buona parte dell’esercito tedesco, a
seconda del paese, e riesce a logorare i fianchi del nemico (soprattutto nella Russia sovietica). Alla
fine del 41 quando il quadro delle forze in campo viene completato con l’ingresso del Giappone e
degli USA erano già state poste le premesse per il rovesciamento del conflitto, ma ci vollero ancora
tre anni e mezzo per vederne la fine.
Da parte dei tedeschi ci fu l’impiego massiccio di divisioni corazzate di fanteria motorizzata e di
aerei, armi formidabili e fortissime, ma costosissime; la Germania pensava che questo combinato
disposto fosse assolutamente vincente, la guerra sarebbe finita e i costi sarebbero stati pareggiati dalla
velocità con la quale avrebbero vinto. Il 18 settembre i russi si prendono la parte orientale della
polonia, immediatamente posta sotto il regime sovietico. Sul fronte occidentale l’esercito francese
schierato sulla linea Maginot, mentre la Polonia veniva annientata, rimase a guardare; infatti, di parlò
di strana guerra perché sembrava che quel fronte fosse fermo, e anche i tedeschi dicevano la stessa
cosa. Ovviamente questa cosa dura poco, ma ci sono questi mesi in cui tedeschi e francesi che limitano
a guardarsi mentre la guerra si svolge altrove. L’Inghilterra aveva inviato alla Francia un contingente
militare esiguo perché sperava di poter vincere grazie al blocco economico navale inflitto alla
Germania e dei suoi alleati. Questo schema si protrasse per quasi 11 mesi, un periodo lunghissimo
nel quale sembrava che il cuore dell’Europa non era colpito dal conflitto.
Il patto nazi-sovietico aveva messo in difficoltà i comunisti di tutto il mondo ma in particolare in
Francia i comunisti vengono messi all’indice, molti arrestati e tanti altri sorvegliati. In questo periodo
sospende la sua vocazione all’accoglienza e all’aiuto. Nell’inverno del 39/40 non vi furono operazioni
belliche di rilievo, se si esclude l’attacco dell’Unione Sovietica alla Finlandia. Nella primavera del
40 i tedeschi ottennero un nuovo successo clamoroso con l’occupazione della Danimarca e della
Norvegia, e già durante quest’ultima operazione i tedeschi iniziano, il 10 maggio del 1940,
l’offensiva verso la Francia. L’occupazione di queste due nazioni non poteva essere una sorpresa
perché fu utilizzato anche durante la Prima guerra mondiale, non curandosi anche ora della neutralità
del Belgio. Questo schema fu usato per attirare verso il nord gran parte dell’esercito francese per
accerchiare gli atri in una sorta di sacca. Fu considerato un successo per i tedeschi. La Francia cade
in poco tempo, già il 14 giugno le truppe tedesche entrano a Parigi, il 22 viene firmata la resa.
L’Italia in tutta questa storia cosa faceva? Guarda. Interviene solo 9 mesi dopo. Importante perché
per gli alleati l’ingresso dell’Italia apre due nuovi fronti: quello nordafricano (Etiopia) e quello
balcanico (Albania). Il clamoroso successo dei tedeschi in Francia spinge Mussolini ad abbandonare
la prudenza, ma la guerra non sarà così facile come si aspettava. Quando l’Italia entra in guerra
Roosevelt parla di “pugnalata alla schiena” perché era in qualche modo un ammiratore di Mussolini.
Altra cosa importante: molti fascisti erano in disaccordo sull’ingresso in guerra.
L’ingresso in guerra dell’Italia e l’apertura di un nuovo fronte non fece che accentuare la
disgregazione interna del fronte francese: nel governo si aprono due tendenze, una voleva la guerra
ad oltranza, spostandosi in Africa settentrionale dove stavano le colonie; l’altra invece, sostenuta dal
24
Appunti lezioni di storia contemporanea

vice presidente, chiedeva la richiesta di un armistizio, e prevalse questa posizione. Ci fu una


drammatica riunione alla fine della quale il presidente si dimette e prende il suo posto il vice, che
inizia le trattative per l’armistizio, siglato il 22 e reso operativo dal 25 giugno. I tedeschi impongono
un regime di occupazione diretta nella parte centrosettentrionale, e nella parte meridionale viene
instaurato un governo collaborazionista, che ha sede a Vichy, e la giurisdizione di questo governo
viene esteso anche alle colonie. In questo momento emerge un altro simbolo della resistenza, il
generale Charles de Gaulle, in quel momento a Londra come segretario per la sicurezza nazionale.
Istituisce un movimento di resistenza riconosciuto dagli alleati, movimento della Francia libera che
continua a combattere contro i nazisti, per questo nonostante sia stata occupata dai tedeschi alla fine
della guerra si siederà comunque nel tavolo dei vincitori; il 18 giugno 1940 de Gaulle lancia da radio
Londra un appello ai militari e al popolo francese per la prosecuzione della lotta sia in patria che nelle
colonie.
Contemporaneamente, finalmente c’è un altro cambio di passo in Gran Bretagna e il primo ministro
Chamberlain viene messo in minoranza e sostituito da Winston Churchill, sempre stato il più
accanito oppositore della politica dell’accontentare Hitler. In Europa la Gran Bretagna rimase sola a
combattere contro la Germania e pagò un prezzo altissimo. Durante il periodo del crollo della Francia
la Germania avrebbe potuto tentare, perché lì era più forte, un attacco alla Gran Bretagna, ma perse
diverse settimane preziose anche perché riteneva di poter portare a termine delle trattative con la Gran
Bretagna perché il punto che più interessava a Hitler era condurre una guerra totale contro il
comunismo e in questa guerra era convinto gli inglesi gli sarebbero stati accanto. Era una potenziale
alleata, non la Francia che era vicina all’Unione Sovietica (piccola intesa, patto del 35 di mutua
assistenza…). Questa esitazione anche contro la volontà di alcuni generali tedeschi, gli fa perdere
l’occasione di occupare pure la Gran Bretagna. Quando Churchill (imperialista e anticomunista ma
ancora di più antinazista; “mi alleo pure col diavolo se questo mi fa sconfiggere il nazismo) però va
al governo Hitler si rende conto che con lui non si può negoziare e del passo falso fatto. Hitler prepara
quindi l’attacco alla Gran Bretagna, la cosiddetta operazione Leone Marino e dalla metà di luglio
fino ai primi di settembre l’isola viene pesantemente bombardata, soprattutto le città industriali. Gli
attacchi dell’aviazione tedesca avrebbero dovuto creare le condizioni favorevoli ad uno sbarco, ma
dopo un paio di mesi Hitler abbandona l’idea di poter occupare la Gran Bretagna. Prima batosta per
la Germania.
La guerra, intanto, si allarga ad altre zone, nel tentativo di piegare l’Inghilterra anche interrompendo
il legame con le colonie e l’ASSE si impone l’obiettivo di conquistare soprattutto le sue basi navali
nel mediterraneo, compito che fu assegnato all’Italia per via della vicinanza geografica. Ma dopo un
primo momento in cui gli italiani danno prova di un certo attivismo, gli inglesi passano
immediatamente al contrattacco e ottengono una serie di vittorie clamorose, costringendo gli italiani,
già in questo primo momento, di chiedere aiuto alla Germania.
Mussolini, per dimostrare qualcosa, decide improvvisamente di attaccare la Grecia, altro passo falso.
Siamo nell’ottobre del 40, e il duce era convinto di poter ottenere un rapido successo. I greci invece
rispondono: spingono gli italiani fino in Albania, territorio italiano, costringendoli a chiedere aiuto di
nuovo ai tedeschi. Hitler è abbastanza seccato da Mussolini, e anche i suoi generali. Ci si rende conto
che la promessa di condurre una guerra parallela non poteva essere mantenuta.
26/04 ventiquattresima lezione

Prima fase dal 1° settembre del 39 (attacco della Polonia) fino al giugno del 41 (attacco
all’Unione Sovietica); seconda fase giugno 41 fino alla fine. Prima lentamente, poi sempre più
25
Appunti lezioni di storia contemporanea

chiaramente i destini del conflitto si capovolgono, mostrando la superiorità degli alleati in tutti i teatri
dilla guerra.

L’idea della guerra parallela non era possibile e l’avventura in Grecia dimostra che l’Italia non era un
alleato affidabile, quanto meno militarmente. Soprattutto in Africa questo aveva costituito un grosso
smacco perché gli inglesi erano riusciti a liberare l’Etiopia. A rafforzare la posizione degli alleati è
una legge americana, la legge affitti e prestiti, che autorizzava il presidente a vendere, trasferire,
scambiare, affittare, prestare o adoperare materiali a beneficio di ogni paese la cui difesa fosse ritenuta
vitale a quella degli USA (in questo momento Francia di De Gaulle e Gran Bretagna). In questo
momento gli Stati Uniti però ancora non erano entrati in guerra, ma era come se lo avessero fatto.

Nell’agosto del 41 Churchill e Roosevelt si incontrano sull’isola di Terranova a bordo di una nave
da guerra che si chiama Principe del Galles ed elaborano la carta atlantica. La radice da cui
nasceranno le organizzazioni internazionali nel dopo guerra, lo stesso ONU. Stabilisce i principi che
sarebbero poi stati usati nella riorganizzazione del mondo e alla difesa della democrazia; sono molto
paragonabili ai 14 punti di Wilson. Redigendo la carta atlantica la guerra assume un’impronta ancora
più ideologica: la lotta delle democrazie contro i totalitarismi. Siamo in questo periodo quando a
sconvolgere e accelerare il conflitto interviene un fatto nuovo ma non inaspettato, cioè l’attacco dei
tedeschi all’unione sovietica, che prende il nome di operazione barbarossa. A quest’attacco si
uniscono tutte le forze dei paesi che Hitler aveva annesso o comunque fatto passare dalla sua parte,
Italia compresa. Hitler decide quest’attacco dopo che quello volto alla Gran Bretagna fallisce, nel
settembre del 40. L’invasione dell’Unione Sovietica doveva essere facile, pensava di annientarla
subito. Ora, con Stalin, era stato firmato il patto di non aggressione, progressivamente incrinato dal
momento che i tedeschi erano riusciti nei Balcani a prendersi tutto, cosa che aveva infastidito i
sovietici essendo ai loro confini. Di questo avevano discusso alla fine del 40 Molotov e Ribbentrop.
C’era stato un incontro a Berlino nel quale si era cercato di capire se questo patto si poteva rinnovare,
ma ormai la Germania non aveva più bisogno della neutralità dell’Unione Sovietica. Quindi ora si
può passare alla parte più importante: Hitler la guerra la fa nel momento in cui si è preso tutto il
continente tranne due eccezioni e adesso il fronte sovietico, il più difficile, può essere attaccato.

C’erano delle considerazioni ideologiche molto forti: lo spazio vitale dei tedeschi stava soprattutto a
est, con immensi spazi da conquistare, ma dove vivevano pure i nemici storici, i comunisti.

Le truppe tedesche forti di 10.000 carri armati e 3000 aerei da guerra mossero simultaneamente
all’Unione Sovietica dalla parte meridionale, dall’Ucraina, dalle repubbliche baltiche e dalla Crimea
e fu un attacco fulmineo; riuscirono ad arrivare quasi fino a Mosca e Leningrado. Qui in questa
situazione l’idea iniziale della guerra autoalimentata si rivela ancora più vera, perché nei territori che
loro conquistano subito nell’estate del 41 erano situati il 63% della produzione russa di carbone, 58%
della produzione di acciaio, 60% di alluminio, 41% della rete ferroviaria, elemento fondamentale per
l’andamento della guerra e inoltre le terre più ricche e più fertili. Leningrado viene assediata a partire
dal settembre del 41 e subisce un assedio che dura fino al gennaio del 44. Morirono 650.000 persone.
Com’era stato possibile che i tedeschi “affondassero come coltelli del burro”? L’impressione fu che
Stalin non fosse preparato a un attacco tedesco, eppure Hitler non aveva mai fatto mistero degli
obiettivi fondamentali. Tra l’altro Stalin era stato avvisato dai suoi servizi segreti che di lì a breve ci
sarebbe stato un attacco da parte della Germania. Mal grado questa disastrosa caduta iniziale che
permette ai tedeschi di occupare numerosi territori, la capacità di resistenza e il contrattacco dei
sovietici si manifestò in tutta la sua forza. L’Unione Sovietica mise in campo la forza formidabile

26
Appunti lezioni di storia contemporanea

della sua resistenza che fu la prima e la più preparata dal punto di vista militare, a differenza delle
altre che ebbero più carattere politico e morale. Nell’Unione Sovietica ci fu una resistenza contro
l’invasione che riguardò tutta la popolazione, anche i civili che crearono una serie di trovate che
misero i tedeschi in difficoltà: come, ad esempio, trasferire tutti gli impianti industriali oltre gli Urali.
I tedeschi non si aspettavano una resistenza di questo tipo. I sovietici misero appunto dei sistemi di
contrasto all’azione militare tedesca che si basavano moltissimo sul coraggio ma che costavano zero:
si avvicinavano così tanto ai carri armati da non farsi inquadrare e li bloccavano utilizzando ad
esempio tronchi d’albero, in questo momento si poteva risalire sul mezzo e buttare all’interno della
torretta la bottiglia Molotov, che consisteva in una bottiglia riempita a metà di benzina con uno
straccio incendiario che rinchiuso nell’abitacolo era un arma micidiale; in questo modo riuscirono a
distruggere tantissimi carri armati.

Con l’arrivo dell’inverno l’esercito tedesco viene bloccato alle porte di Mosca ed è costretto alla
ritirata perché non sufficientemente attrezzato. L’idea della guerra lampo fallisce di nuovo. Le truppe
sovietiche approfittano di questa debolezza e si riprendono i territori occupati dai tedeschi. Tra i primi
ad essere travolti da questa controffensiva ci fu il contingente italiano, che erano stati mandati a
morire in Russia con “gli stivali di cartone”. La battaglia di Russia fu la prima sconfitta terrestre per
i tedeschi e questo ebbe un’enorme importanza a livello psicologico in quanto dimostrava che il terzo
reich non era imbattibile, come fino a quel momento si era pensato. In questo scenario entra in campo
il Giappone, che vuole estendere il proprio dominio in Asia; si era preso l’ex Indocina francese e
questa cosa aveva molto urtato gli Stati Uniti. Il 7 dicembre del 41 avviene un attacco alla flotta
americana a Pearl Harbor, mentre nel frattempo veniva mandata la dichiarazione di guerra, e i
giapponesi distruggono quasi completamente questa divisione. 3 giorni dopo viene condotta
un’operazione analoga contro la flotta britannica. Pochi giorni dopo Pearl Harbor anche l’Italia e la
Germania, legate dal patto tripartito, dichiarano guerra agli Usa, e ovviamente non si possono tirare
indietro. Siamo ancora in un momento in cui le forze dell’asse apparivano in vantaggio su tutti i fronti:
tutto il continente europeo, tranne qualche eccezione, era sotto il dominio tedesco e l’estensione del
suo potere diede l’opportunità a Hitler di applicare su larga scala le sue idee razziste ed esplicare il
piano della soluzione finale, nome in codice. C’è questa famosa conferenza a Wannsee dove si
riunirono una quindicina di alti ufficiali del partito nazista e discutono sull’esecuzione della soluzione
finale, della questione ebraica. “Soluzione finale” diventerà in seguito il nome in codice dell’intera
operazione.
Soluzione finale: Il capo dei tutta l’operazione è Reinhard Heydrich, generale delle SS e
organizzatore della conferenza. Il piano contava l’uccisione di 11 milioni di ebrei, non si 6 milioni, a
dimostrazione che non si parlava solo di tedeschi ebrei, ma di tutti quelli nel continente. Così milioni
furono deportati nei campi di concentramento, i quali prima erano solo campi di lavoro, poi alcuni
divennero effettivi campi di sterminio. Erano delle vere e proprie fabbriche dello sterminio. Doveva
rimanere un’operazione segreta. La maggior parte dei 6 milioni di ebrei erano per lo più polacchi,
russi e cechi. Come vengono uccisi gli ebrei? All’inizio venivano scavate immense fosse comuni
dagli stessi ebrei e poi sparati alla nuca. Questo metodo però era poco economico e addirittura turbava
la coscienza degli esecutori: si dice che addirittura pure Himmler, capo delle SS, in un villaggio
assistendo a una prova di questo tipo ne restò molto colpito. Però in questo modo i cadaveri non si
eliminavano, restavano testimonianze. I campi funzionavano come delle macchine: viene studiato ad
esempio la percentuale di morti nella fase di rastrellamento e di deportazione, poi arrivati nei campi
un ulteriore colpo che mina il morale delle persone: le famiglie vengono subito divise. Bambini e
vecchi immediatamente portati nelle docce, certe volte pure le donne mentre i maschi sani vengono

27
Appunti lezioni di storia contemporanea

mandati al lavoro. Tutto degli ebrei veniva utilizzato, dai denti d’oro ai capelli. Anche qui ritroviamo
l’elemento della guerra che si autoalimenta. La pratica dell’esecuzione dello sterminio viene affidato
alle SS, perché erano il corpo di polizia speciale e perché serviva essere indifferenti alla violenza e
insensibili a qualsiasi turbamento psicologico. Il sistema dei campi configura gli elementi del nuovo
ordine nazista: erano presenti tutti gli elementi, dal ridurre in schiavitù le persone non considerate
degne, dallo sfruttamento fino al limite massimo, la rigida divisione in categorie e trattate in maniera
diversa a seconda della loro appartenenza. Tra il 41 e il 42 l’Europa vive il suo periodo più buio,
anche perché l’ingresso in guerra degli Stati Uniti comporterà un martellamento di bombardamenti
aerei 24 ore al giorno. Moltissime città europee, la stessa Berlino, vengono ridotte a un cumulo di
macerie e le popolazioni civili soffrono moltissimo.
Alla fine del 41 la guerra subisce un mutamento anche nella modalità. Nella prima fase la Germania
elabora una guerra di rapina, non c’era bisogno di un’organizzazione statale dei paesi occupati, ma il
fallimento dell’operazione barbarossa fa capire che la guerra durerà ancora a lungo e c’è bisogno che
i tedeschi si riorganizzino nei paesi neo conquistati e come lo fanno dimostra ancora una volta quando
conti nella politica hitleriana l’ideologia.

Nel 1944 l’industria bellica tedesca raggiunge il suo massimo come anche la politica razziale. La
soluzione finale comincia ad essere attutata nel 42, fino a quel momento si era pensato ad altri tipi di
soluzioni, come quella di trasportarli in Madagascar. Prima della soluzione finale vera e propria gli
ebrei erano costretti a girare con la cosiddetta “stella di David” sul braccio, successivamente vennero
rinchiusi nei ghetti dai quali possono uscire ad orari stabiliti, e solo dopo inizia la deportazione. Su
questo negli anni passati c’è stato un “negazionismo” nei confronti di questa pagina di storia: alcuni
storici, inseriti erroneamente nella categoria dei revisionisti, hanno adoperato delle tattiche
giustificazioniste della soluzione finale. Addirittura, ci sono storici che la negano completamente e
affermano che la Shoah non sia mai esistita.

In questa fase inizia la ripresa degli alleati su tutti i fronti. Prima che in Europa, in Asia, Africa e in
Unione Sovietica. Nella primavera del 42 ci sono due battaglie molto importanti, la battaglia dei
coralli e la battaglia delle Midway, grazie alle quali gli americani riconquistano il dominio nelle
acque conquistate precedentemente dai giapponesi. I tedeschi in Russia tentano un altro attacco ma
inutilmente: nel novembre del 42 lanciano una controffensiva sul fronte meridionale ma l’esercito
viene annientato nella battaglia di Stalingrado, evento decisivo per la fine della guerra. Gli americani
preparano una grande operazione di sbarco in Marocco e in Algeria, effettuata nel novembre del 42.
Marocco e Algeria costituiranno delle teste di ponte, soprattutto per la marina alleata. Quindi c’è la
sostanziale occupazione dell’africa settentrionale e la sconfitta dell’asse. Intanto tocca anche all’Italia
perché tra il 9 e l’11 luglio del 43 gli anglo-americani possono sbarcare in Sicilia e questo dà l’esatta
cifra della sconfitta. Non viene percepito dai civili come una sconfitta, ma semplicemente come la
fine della guerra. L’occupazione alleata provoca il collasso del regime fascista, che con la caduta
porta con sé gran parte del suo apparato istituzionale. Dino Grandi, d’accordo col re e col Badoglio,
sollecita una riunione al Gran Consiglio che Mussolini non lo convocava dal 39. Alla fine, Mussolini
si convince e convoca la riunione per il 24 luglio e vince le mozione Grandi, che in base allo statuto
Albertino voleva che il re tornasse a essere il capo delle forze armate e non più Mussolini. Mussolini
viene sfiduciato con 19 voti a favore della mozione Grandi (tra questi ci sono Ciano, De Bono, De
Stefani, De Vecchi), 7 contrari e 1 astenuto. Già in questa fase qui Mussolini è una specie di Pugile
suonato, ha perso gran parte della sua lucidità, Grandi parla di “avere le bombe sotto al tavolo” perché
si aspettavano una qualsiasi reazione da parte del pelato. Si riuniscono a Palazzo Venezia e l’amico

28
Appunti lezioni di storia contemporanea

di Hitler li accusa di essere colpevoli di aver fatto cadere il fascismo, perché immagina che nessuno
dopo di lui potrà essere individuato come nuovo Duce; se ne va dal re a presentare le dimissioni
convinto che Vittorio Emanuele III non gliele avrebbe accettate; invece, non solo le accetta ma lo fa
arrestare. Il 25 luglio cade il regime. Prima va a Regina Coeli poi lo portano nelle colonie di confino
che lui aveva istituito. Infine, lo fanno andare sul Gran Sasso, prigione facile da controllare. Quindi,
Vittorio Emanuele III affida l’incarico di costituire il nuovo governo al generale Pietro Badoglio, che
con un proclama alla radio gela tutti gli entusiasmi degli italiani, che ingenui, credevano che la caduta
del fascismo significasse anche la fine della guerra, siccome era stato Mussolini a volerla. Badoglio
legge invece alla radio un discorso che si conclude con “la guerra continua dalla stessa parte, chiunque
turbi l’ordine pubblico sarà punito”. Nonostante questo, una volta sentito questo discorso, in molte
città d’Italia scoppiano movimenti di giubilo. Gli ultimi anni che mancano alla fine della guerra però
per l’Italia saranno i più terribili. A bari per esempio c’è un massacro. Questo primo governo Badoglio
non ha nessun credibilità e nessun effettivo rapporto con gli alleati, e si affretta a rassicurare gli alleati
tedeschi. Cominciano quelli che saranno ricordati come i 45 giorni, dal 25 luglio all’8 settembre,
giorno dell’armistizio, e l’apparato dello stato cessa di esistere e cesserà ancora di più dopo l’8. C’è
una confusione generale e generalizzata: l’esercito viene abbandonato al proprio destino, non si
capisce per chi debbano combattere e soprattutto gran parte resta sotto comando del re e si rifiuta di
passare sotto comando tedesco; pochissimi scelgono di passare dall’altra parte, molti disertano e
diventano partigiani o si rifugiano nelle montagne. Questo implica delle stragi, la più famosa quella
di Cefalonia. C’è comunque la consapevolezza che il fascismo sia finito, perché identificato con
Mussolini. In questi 45 giorni ci sono delle trattative febbrili con gli alleati per cercare di strappare
un armistizio che sia un armistizio e non una resa senza condizioni, e verrà firmato il 3 settembre in
Sicilia e reso pubblico l’8. Gli italiani si trovano di nuovo dopo 20 anni a dover scegliere
autonomamente, cosa alla quale non sono minimamente abituati, e adesso devono scegliere da che
parte stare perché dopo l’8 settembre c’è quest’uscita dell’Italia dalla guerra che diventerà nell’ottobre
guerra alla Germania; l’Italia diventerà cobelligerante, non alleata, degli anglo-americani.

Churchill ce l’ha a morte con gli italiani, voleva “lasciarli cuocerci nel loro brodo per un po’” e sarà
quello che una volta finita la guerra dirà che l’Italia dovrà pagarsi il biglietto di ritorno tra le nazioni
democratiche.

Il re, insieme a Badoglio e alla regina, l’8 settembre scappa. Abbandona Roma alla mercè degli
eserciti stranieri, senza preoccuparsi minimamente della sorte dei militari. Roma viene difesa da un
manipolo di partigiani e riescono a tenere la città libera.
27/04 venticinquesima lezione

Repubblica sociale: altro non è che un disperato tentativo di far rivivere il fascismo dopo la caduta
del regime. Nasce dopo la liberazione di Mussolini dalla sua prigione nel Gran Sasso, viene prelevato
con un aereo il 12 di settembre, il 14 arriva a Rastenburg, nella foresta nera, dove si incontra con
Hitler, secondo Goebbels in forma molto cordiale. Il dittatore tedesco pensava di far rivivere il
fascismo in Italia per poter avere un alleato in quella parte di continente che lo avrebbe aiutato a
proseguire la guerra. Importante: Mussolini agli occhi di Hitler non era l’unica scelta.

Va tenuto presente che dal 9 al 12 gli italiani rimangono senza figura di riferimento, il re fuggito, il
duce arrestato. Il governo repubblicano fascista esisteva solo perché gli italiani ne avevano sentito
parlare da una radio tedesca, che il fascismo c’era, che Mussolini era stato liberato e avrebbe creato
questa repubblica; nasce il partito repubblicano fascista. Soltanto il 15 settembre Mussolini fa
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Appunti lezioni di storia contemporanea

diramare alla radio il primo ordine del giorno in 7 punti, dove dice che formerà questo governo
legittimo, si dichiara nuovamente duce del fascismo e ordina per prima cosa la ricostituzione
dell’esercito e della milizia, come sei niente fosse accaduto. Già da questo primo momento utilizzerà
dei toni di tradimento e di vendetta e nel gennaio del 44 farà giustiziare anche suo genero, Galeazzo
Ciano, lui insieme ad altri “traditori del 25 luglio”. Si tratta di un banco di prova per dimostrare ai
tedeschi che lui non si piegava di fronte a nessuno, nemmeno alle suppliche della figlia prediletta.

Questo sentimento di vendetta per i traditori sarà un sentimento che accompagnerà tutta la repubblica
sociale; Lui si ritiene tradito non solo da quelli più vicini a lui, ma da tutti gli italiani dal momento
che nessuno si è opposto alla sua carcerazione. La milizia, la sua arma più fedele, non fece nulla per
impedire l’arresto. La dice lunga su un’adesione al fascismo puramente fittizia. Il 17 settembre
Mussolini va in baviera, il giorno successivo parla alla radio per dare agli italiani fascisti rimasti la
sensazione che il fascismo esiste ancora e per dichiarare che la monarchia non era morta (molti fascisti
erano monarchici), nonostante la vergognosa fuga del re a Pescara. Indica i responsabili della disfatta
dell’Italia ma le posizioni non sono chiarissime. In Baviera viene raggiunto da Filippo Anfuso,
ambasciatore a Budapest ed è l’unico diplomatico che gli resta accanto, con cui stilerà una lista di
potenziali ministri. Difficile perché moltissimi dei suoi uomini più fedeli e i fascisti più capaci non
lo avevano seguito quindi bisognava ripiegare su figure di secondo o terzo grado, su persone spesso
mediocri ma che per lo meno avevano giurato fedeltà al fascismo. Qualche eccezione ci fu: ad
esempio a capo delle forze armate andò Graziani, il quale era stato viceré di Etiopia e veniva
ricordato come uno dei soldati più esperti in campo coloniale. Aveva scritto ripetutamente a Mussolini
di essere stato mandato allo sbaraglio, lo accusava di non essere stato coperto in alcun modo in Africa
e i due infatti avevano “rotto”, però in quel momento era forse l’unica figura alla quale si poteva
affidare il ministero della guerra perché continuava a godere di un certo ascendente tra i militari.
Un'altra freccia al suo arco era che ce l’aveva a morte con Badoglio e comunque nessun’altro era
disponibile a ricoprire quel ruolo. Il ministero degli esteri, importantissimo, l’avrebbe voluto
Farinacci ma il duce non avrebbe mai dimenticato non solo i dissidi che c’erano stati nel corso degli
anni ma il fatto che aveva presentato una sua mozione, che certo non era uguale a quella di Grandi,
ma chiedeva a Mussolini di fare un passo indietro. (teatro di marionette) Riesce a sopravvivere il
fascismo a Mussolini? Identificare il fascismo con Mussolini è già un fatto di debolezza. Il fascismo
doveva andare oltre, ma era orami completamente nelle mani dei tedeschi.

Il fatto che i ministeri siano disseminati in una zona amplissima non c’era una sede definita tale: non
poteva essere Roma perché né il vaticano né i tedeschi stessi la volevano, perché era proprio dietro la
linea di fronte. Avrebbe potuto essere Milano, capitale morale dell’Italia dove il fascismo era nato
ma nemmeno lì i tedeschi vogliono, per salvare la città dai bombardamenti. Allora disseminano i
ministeri un po' ovunque. Questo comportava le comunicazioni tra i vari uffici molto difficili. Poi
viene chiamata di Salò perché ospitava gli uffici esteri e la stampa. Inoltre, la capitale doveva
rimanere segreta ed era tutto manovrato dai tedeschi. Mussolini è ormai l’ombra di sé stesso. Il primo
problema che si pone è la legittimità di questo stato: la repubblica di Salò non era giuridicamente
credibile, l’unico stato valido era quello di Badoglio perché per costituzione il re aveva il potere di
destituire e nominare il primo ministro.

Dopo la guerra i fascisti si trovarono nella scomoda posizione di dover giustificare il loro operato.
Avevano sostenuto i nazisti, avevano aderito a una repubblica senza basi giuridiche, erano stati
complici delle deportazioni… le brigate nere non avevano nulla da invidiare alla milizia tedesca in
fatto di crudeltà e violenza. Dal 44 in Italia la guerra diventa guerra civile, o meglio guerra ai civili.
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Appunti lezioni di storia contemporanea

Nel primo periodo c’è il periodo delle cosiddette serenate, in cui Pavolini parla della pacificazione
nazionale e si chiede a tutti di tornare ad essere italiani e aderire alla repubblica. Gli unici italiani
riconosciuti sono i fascisti che stanno con Mussolini, gli altri diventano i nemici, alla stregua di inglesi
e americani. Fino all’aprile del 45 si vive un periodo terribile per le popolazioni dell’Italia occupata,
che stanno al di sopra di Roma. Alcuni storici come De Felice affermano che i tedeschi traditi avevano
tutto il diritto di vendicarsi, e se Mussolini non fosse stato dalla loro parte, se non avesse dimostrato
almeno lui di avere fede nella parola data, quel pezzo d’Italia sarebbe stata per Hitler una nuova
colonia tedesca. La repubblica era un deterrente che avrebbe impedito moltissime stragi. Cosa
assolutamente non vera, perché come dice Aurelio Lepre Mussolini già da prima di Rastenburg
aveva deciso le sorti dell’Italia, e che non cambiano dopo l’incontro con Hitler. Da sottolineare che
la sconfitta della Germania in quel momento non era scontata quindi combattere ancora al loro fianco
non era del tutto una scelta folle. Culto della coerenza. È chiaro da tutti i documenti che Mussolini
e i suoi non avevano nessun interesse per la salvaguardia degli italiani, o comunque se c’era, era
minimo.

Quindi, questo nuovo stato viene costruito grazie anche alla collaborazione di fascisti che non erano
nomi di grido e quasi nessuno di loro aveva esercitato ruoli importanti; c’era poi la questione di Roma,
dopo l’accordo tra Giaccone e Kesselring viene confermata città aperta, ovvero senza comandi
militari e città protetta da tutte e due le parti. Quest’accordo prevede che l’ordine pubblico sia
garantito da un comando chiamato “città aperta” dove sta la divisione Piave ed è a comando del
genero del re. I tedeschi però il 23 settembre tradiscono immediatamente l’accordo, disarmano la
divisione Piave e istituiscono nella città dei presidi (il più famoso quello della Gestapo), dove
vengono portati centinaia di antifascisti, torturati e uccisi. Il tutto gestito da Kappler, autorità più
temuta in quel momento. In molte città centrosettentrionale, come Modena o Bologna, l’arrivo delle
truppe tedesche fu indolore, si impadronirono di centri anche molto importanti senza alcuna resistenza
iniziale, né da parte dei fascisti né dagli anti fascisti. Un caso esemplare è quello di Firenze dove
vinse l’ala intransigente del fascismo, la più violenta e assetata di sangue e Firenze conobbe dei 20
mesi durissimi. Furono reclutati i vecchi squadristi.

Nelle sue prime settimane la repubblica fu tutto tranne che un monolite. L’unico congresso del partito
fu a Verona, scelta come capitale, ma mai detto formalmente, ed è in quell’occasione che viene stilata
la carta di Verona, cioè si pensava a istituire un’assemblea costituente che stilasse una nuova
costituzione perché ovviamente non poteva avere lo statuto albertino. A Mussolini arrivano diverse
proposte di costituzione, ma nessuna gli va bene. Si pensava a una repubblica ovviamente
presidenziale, con Mussolini come protagonista però non si parlava di partito unico, troppe
concessioni alla socializzazione e alla fine Mussolini blocca tutto il progetto. Alla fine, la nuova
repubblica una costituzione non ce l’ha e rimane ferma con la carta di Verona, che tra i punti ribadisce
anche l’antisemitismo e la sua faccia peggiore la vive proprio questa parte d’Italia.

Un altro motivo di importanza fu la fedeltà all’alleato, anche per quello che riguardava l’esercito.
Però la cosa più difficile fu appunto convincere l’esercito, a fine 43, ormai stremato e in una situazione
che ormai prevedeva la sconfitta dell’asse, di andare a combattere per la Germania. Quando iniziano
a reclutare giovanissimi e solo la metà accettano, gli altri vengono minacciati di ripercussioni non
solo contro di loro ma anche contro le loro famiglie. Con pochissime eccezioni: all’interno di queste
forze armate che dovevano difendere la repubblica un’eccezione è la Xa MAS, al comando del
principe Borghese, ed era una specie di corpo quasi anarchico, che riconosceva solo Borghese e si
sentiva molto superiore rispetto agli altri commilitoni. Dopo l’8 settembre Borghese rifiutò di
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Appunti lezioni di storia contemporanea

accettare sia l’armistizio sia l’invito dei tedeschi di passare sotto i loro comandi. Siccome la Xa era
una formidabile arma accetta quella che è la proposta di Borghese: continuare a combattere sotto la
sua guida, battendo bandiera italiana e non tedesca ma sotto comando operativo tedesco, in questo
modo riesce a conservare l’autonomia dei suoi uomini. Lui chiama questo accordo “trattato
d’alleanza”. Anche un altro ufficiale, Mario Rizzati, che comandava la divisione dei paracadutisti
(NEMBO) rifiutò di rispettare gli ordini però a differenza di Borghese fece giurare al suo reparto
fedeltà a Hitler: da sottolineare che tra questi fascisti molti erano filo nazisti, la rigenerazione passava
attraverso il disconoscimento del vecchio fascismo e di Mussolini stesso. I cavalli di battaglia furono:
il patriottismo, la coerenza, la fedeltà e l’anticomunismo.

Il 23 settembre si riunisce a Roma per la prima volta il governo fascista repubblicano, nome ancora
provvisorio e soltanto il 1° dicembre avrebbe assunto il nome di Repubblica sociale di Salò. Tutto
in quel momento dimostrava come gli effettivi capi non erano i fascisti ma i tedeschi. Da Roma
qualche giorno dopo il governo si sposta alla rocca delle camminate per incontrare Mussolini, per
aggiornarlo sulla riunione e chiedere disposizioni. Abbandonare Roma fu un danno per l’immagine
della repubblica perché significava che gli italiani fascisti della repubblica sociale non erano più in
grado di difendere la capitale e che obbedivano anche in questo caso a un comando tedesco. Fu
difficilissimo anche spostare gli impiegati ministeriali che vivevano a Roma e ci fu una loro resistenza
fortissima e anche qui si agì con violenza e dopo inutili tentativi come certificati medici falsi, il
ministro dell’interno li minacciò tutti di licenziamento e rappresaglia nei confronti dei familiari.

Versante militare: la prima resistenza italiana fu rappresentata dalle 4 giornate di Napoli; la


resistenza è stata uno degli aspetti fondamentali della Seconda guerra mondiale. Nacquero movimenti
di resistenza in tutta Europa (movimenti di liberazione nazionale), composti da volontari
(partigiani) organizzati in luoghi nascosti, per lo più in montagna. La loro azione fu diretta da partiti
antifascisti, che pur essendo diversi tra loro erano comunque uniti nella lotta fascista. In paesi come
la Polonia e la Jugoslavia i movimenti di resistenza nacquero quasi subito dopo l’occupazione nazista
e occuparono i tedeschi in una bella lotta interna. La Jugoslavia riesce a liberare il proprio paese in
maniera autonoma senza l’aiuto dell’armata rossa; infatti, quando questa arriva il paese si era già
liberato. Tito poi rivendicherà questo risultato quando durante la guerra fredda l’Unione Sovietica
vorrà fare della Jugoslavia uno stato satellite. Due considerazioni: la prima la loro importanza
militare, con l’eccezione della Russia e dell’Italia prima del 43, la loro importanza non fu tanto
militare quanto morale e politica. Un esempio di resistenza furono i ragazzi del liceo classico, che
doveva essere il baluardo del fascismo, la palestra della classe dirigente fascista, invece per una serie
di motivi molti ragazzi diventarono partigiani, proprio grazie allo studio dei classici che ricevevano
ogni giorno. La seconda è che per ovvie ragioni i movimenti resistenziali erano politicamente orientati
a sinistra e ci fu una partecipazione molto forte da parte dei comunisti perché abituati alla clandestinità
e la loro grande presenza fece sì che i partiti comunisti post guerra ebbero grandissimo successo,
anche nei paesi in cui i comunisti avevano pochissimo seguito. In Italia alla fine della guerra contava
800.000 aderenti che diventano 2 milioni nel 46 e diventa il partito comunista più forte dell’occidente
e senz’altro gran parte di questo successo è dovuta dalla partecipazione alla resistenza. Ma perché se
aveva tutto questo seguito il PCI non tornò più al governo? Perché l’Italia divenne nella guerra fredda
zona influenzata dagli Stati Uniti, e comportava una presenza al governo di forze politiche diverse. Il
fatto che l’Italia fosse entrata a pieno titolo nel blocco occidentale (entra subito nella Nato, cosa che
i comunisti non volevano) impediva ai comunisti l’ingresso al governo. De Gasperi dopo aver
incontrato Truman nel 46 fa un rimpasto e caccia socialisti e comunisti, clausola per poter usufruire
del piano Marshall. Per altro, il partito comunista italiano fu il più rigido difensore delle regole: la
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Appunti lezioni di storia contemporanea

politica che Togliatti fa è una politica di assoluto rispetto delle regole, proclama più volte che non
voleva la rivoluzione in Italia, ma perché non lo vuole Stalin, perché a Yalta si è deciso così. Il PCI
è anche quello che dà di più per la stesura della costituzione. Da tenere conto che il maggior partito è
sempre stato la democrazia cristiana che ha voluto come alleati nel governo partitini che poteva
manovrare e in questo modo impedirne l’accesso ai comunisti. Il destino dell’Italia molto si gioca
sulla sua collocazione nel bipolarismo della guerra fredda.
03/05 ventiseiesima lezione

La resistenza non si limitò soltanto alla lotta contro l’occupazione straniera, ma si accompagnò un
opera di preparazione politica in vista di quello che sarebbe venuto dopo, soprattutto in un paese come
il nostro che aveva vissuto vent’anni di dittatura e di diseducazione politica.

In Italia c’era il problema del coordinamento tra i partigiani, le forze anti fasciste e il governo di
Badoglio, che comunque era la realtà istituzionale dell’Italia del sud ma era un governo che non
godeva di tanta fiducia dagli alleati, soprattutto gli inglesi che non avevano così tanta fiducia nei
confronti delle forze partigiane comuniste: comitati di liberazione nazionale, il più importante quello
di Milano. Sorsero in ogni provincia, tranquillamente al sud, in clandestinità al nord, ed erano
composti dai sei partiti democratici che stavano facendo la resistenza: i comunisti erano la forza più
consistente, i socialisti, il partito d’azione, liberali, demoliberali, partito democratico del lavoro
(liberale di destra) e il partito cristiano. Saranno poi quelli che faranno parte dei governi di unità
nazionale una volta finita la guerra. Nell’Italia settentrionale i CNL portarono avanti la lotta
antifascista e permisero il collegamento con gli alleati. Un arco di forze ampio che andava dai partiti
più estremisti a più conservatori, come i cattolici. È evidente uno sforzo di rappresentare l’unità
nazionale, di mettere da parte le proprie ideologie per il bene superiore. I comunisti intitolano le
proprie brigate a “Garibaldi”, significativo perché eroe del risorgimento e dell’unità; le brigate
socialiste invece le intitolano “Matteotti”. Un secondo risorgimento.

Claudio Pavone scrisse un libro sulla resistenza, chiamato una Guerra civile, che provocò un
dibattito senza fine. Dice che furono tre guerre unite: fu naturalmente una guerra di liberazione contro
il nemico invasore, ma fu anche uno scontro interno al popolo italiano, e quindi fu una guerra civile
combattuta da italiani che volevano cose diverse ma fu anche una guerra sociale, perché vinse in
quella guerra quella parte di italiani che condannavano i gerarchi e le elitè e cercavano giustizia
sociale.

Il coordinamento tra le forze antifasciste e il governo costituito dal re era molto difficile, sia per i
tentennamenti di Badoglio e del re nei confronti degli alleati sia per la molta diffidenza dei partiti
antifascisti nei confronti della monarchia, complice del fascismo sin dalle origini e ritenuta
responsabile del suo avvento. Il fatto che poi l’Italia si sia alleata con gli anglo americani permise la
formazione di un esercito regolare nella parte centrale del paese, fino ad allora le forze partigiane
erano composte solo da comunisti e da elementi del partito d’azione. Tuttavia, permanevano forti
contrasti all’interno dei partiti CNL per quello che riguardava “la questione istituzionale”: comunisti,
socialisti e partito d’azione volevano che il re abdicasse, e questo costituiva un fattore di divisione.
Si fermò un po’ tutto, ma Togliatti capo dei comunisti riuscì a risolvere la soluzione.

Tornato in Italia nel marzo del 44, arriva e manifesta il bisogno di dare la priorità alla liberazione del
paese che deve avvenire con lo sforzo di tutte le forze antifasciste, tutto il resto si risolverà dopo (la
svolta di Salerno, il governo si era trasferito a Salerno sotto protezione alleata. La svolta fu ad aprile
33
Appunti lezioni di storia contemporanea

e prevede che il Re dia la luogotenenza al figlio fino alla liberazione di Roma e dopodiché si
decideranno i destini dell’Italia.). Compromesso istituzionale per la costituzione di un governo di
unità nazionale. Che cosa prevede la svolta? Che il re dia la luogotenenza al figlio fino alla liberazione
di Roma e dopo si decideranno le sorti dell’Italia.

Periodo più aspro, autunno/inverno 44, dopo l’arresto degli alleati sulla linea gotica; i tedeschi
cercarono di stroncare l’attività dei partigiani con tutti i modi e tutta la brutalità possibile.
Strage di Marzabotto (ma che riguarda tutti i comuni circostanti): il parroco aveva riunito i cittadini
in chiesa per pregare è lì i tedeschi compiono il massacro di uomini, donne e bambini. Strage ad opera
del maggiore delle SS detto “il monco”. Dopo la liberazione. Render fu catturato dagli americani in
Baviera e processato in Italia, la pena di morte gli fu commutata in ergastolo per intromissione
dell’Austria, morì in Austria ma non mostrò mai alcun segno di pentimento.
FOSSE ARDEATINE: i gap avevano fatto saltare in aria una camionetta tedesca, la rappresaglia fu
la morte di dieci italiani per ogni tedesco morto. È un periodo in cui anche in Germania si manifesta
una certa resistenza al nazismo, cosa che non c’era mai stata, erano soprattutto giovani e ragazzi che
cercavano di sensibilizzare la popolazione. Nell’estate del ’44 i russi erano riusciti a liberare la Crimea
e l’Ucraina. Sia i tedeschi che gli americani stavano costruendo la bomba atomica, quello che fermò
i tedeschi fu un’incursione partigiana nella fabbrica che si trovava in Norvegia.
5/6 Giugno ’44: d- day, sbarco in Normandia. Al comando del generale Eisenhower riuscirono a fare
arretrare i tedeschi. A settembre i tedeschi hanno già lasciato quasi totalmente Francia e Belgio. In
Francia si insedia il governo di De Gaulle. 25 aprile 1944: liberazione di Milano I partigiani per far
sì che Mussolini si arrenda e venga sottoposto a processo, cerca di scappare travestito da Tedesco ma
è fermato dalla brigata Garibaldi, lo tengono in ostaggio per poi fucilarlo. Mentre si svolge la battaglia
di Berlino, Hitler si suicida nel bunker con la famiglia Goebbels e la sua compagna. 7 maggio 1945:
ammiraglio Davids, designato come successore da Hitler, firma la resa senza condizioni. 8 maggio
1945: fine della guerra in Europa.
In Italia rimarrà sempre la divisone tra un sud conservatore e monarchico e invece un nord di sinistra.
Il primo governo dopo Badoglio è costituito dal liberale Bonomi. Il ruolo della resistenza partigiana
è stato fondamentale sia prima che dopo la liberazione.
I giapponesi non volevano una resa senza condizioni e volevano uscire dalla guerra in modo
onorevole, premevano per un trattato di pace che non fosse una resa senza condizioni. Dopo un
ultimatum lanciato da Truman, presidente americano in quel momento, fu deciso di gettare la bomba
atomica. Il 6 agosto fu sganciata la “little boy” su Hiroshima e 4 giorni dopo toccò la stessa sorte a
Nagasaki, con la “fat man”. Il 15 agosto il Giappone accetta la resa senza condizioni, firmata poi il 2
settembre.
L’esplosione atomica permise di evitare un ulteriore spargimento di vite americane, giustificazione
data da Truman, ma non spiega la seconda bomba. Più convincente appare la tesi che si trattasse di
una dimostrazione di forza, per stabilire le gerarchie tra i vincitori, era una gara a chi l’aveva più
grosso. A discolpa degli americani si può dire che all’epoca non c’era piena conoscenza delle reazioni
che le radiazioni nucleari potevano avere.
08/05 ventisettesima lezione
Problemi del secondo dopoguerra: intere regioni erano state devastate sotto ogni punto di vista,
materiale e umano; in Europa imperversa una grandissima carestia, un po’ come successo anche dopo

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Appunti lezioni di storia contemporanea

la Grande guerra. Erano morte circa 50 milioni di persone, 5 volte di più rispetto alla prima. Nei paesi
che avevano subito la dittatura non era pensabile il ripristino di un assetto politico pre fascista, perché
era stato quello che ha reso possibile l’insediamento della dittatura stessa; quindi, bisognava pensare
a dei cambiamenti radicali. Si aggiunge il problema dei popoli coloniali che spingevano per
l’indipendenza e avevano combattuto per questa promessa; l’esigenza dell’indipendenza non era
nuova, l’avvertivano già da qualche decennio e coglievano l’occasione del fatto che erano andati a
combattere a migliaia di km da casa per quelle nazioni che li avevano secoli prima colonizzati. Nella
fase finale della guerra erano state poste le premesse per un nuovo ordine diverso, ovvero la carta
atlantica. Questo documento che richiamava i 14 punti ribadiva l’importanza di principi come
l’autodeterminazione dei popoli, la non aggressione, il disarmo… ma soprattutto determinava il tipo
di pace che si sarebbe raggiunto e il principio di autodeterminazione dei popoli era alla base.
Quando Churchill e Roosevelt si incontrano, nell’agosto del 41, è il momento in cui le forze dell’asse
sono al massimo, ma quando si rincontrano, questa volta anche con Stalin, a Teheran gli ultimi giorni
di novembre del 1943 la situazione è completamente cambiata. Tuttavia, loro la carta atlantica
l’avevano sottoscritta nel periodo più critico della guerra, quando la vittoria sembrava quasi
irraggiungibile.
Altro incontro molto importante, sotto il lato economico finanziario, siamo quasi alla fine della
guerra, nel luglio del 44 e non si incontrano i tre grandi ma si incontrano le delegazioni dei paesi. È
in questo incontro che si manifesta la forza economica mondiale degli Stati Uniti. Lo scopo era di
ridisegnare in vista della fine della guerra la ricostruzione economica mondiale. Keynes spinge
sull’esigenza di eliminare o contenere quanto più possibile la disoccupazione (vecchie tesi di
Kennedy) e individua due motivi, uno di carattere economico e uno politico: più gente lavora più ci
sarà domanda e più il mercato può tornare a una situazione di normalità, ma soprattutto la
disoccupazione è un fattore estremamente destabilizzante a livello politico; il voto dato ai nazisti, per
esempio, era dovuto anche a questo.
Nascono organismi economici e finanziari per mettere in pratica quello che è stato stabilito, come il
fondo monetario internazionale e la banca mondiale (utile per aiutare l’economia dei paesi
depressi); non lo fanno per buonismo o per bontà, ma lo fanno perché in questo modo, creando un
sistema stabile, i paesi capitalistici saranno al riparo dai rischi che cominciano già in quel momento
a palesarsi. In particolare, il fondo monetario aveva il compito assicurare la stabilità dei cambi tra le
valute, di impedire la svalutazione.
Dal punto di vista militare la forza che si era affermata di più era l’Unione Sovietica, l’armata rossa
era di certo l’esercito terrestre più forte sotto ogni punto di vista e si afferma come potenza sia asiatica
che europea. Roosevelt prende atto della situazione riconoscendone l’importanza e la forza, e a Yalta
(febbraio del 1945) decidono i tre grandi che l’Unione Sovietica necessita e ha diritto ad avere un’area
di influenza, per autoprotezione. Qua decidono pure come dovrà essere divisa la Germania: 4 zone di
influenza, prima di tutto denazificata, purificata da qualsiasi possibilità di rinascita del nazismo e
questo lo avrebbero garantito le potenze vincitrici (francesi, inglesi, sovietici e americani). La
Germania sarebbe stata anche demilitarizzata.
All’Unione Sovietica vengono concesse le colonie tedesche. Su un piano più generale vengono
ribaditi i principi dell’autodeterminazione dei popoli, però inizia a essere chiara la ripartizione
mondiale tra Unione Sovietica e Stati Uniti; solo queste due forze si contendono il mondo. Tra gli
organismi che nascono il più importante è l’ONU (organizzazioni delle nazioni unite), che nasce a
guerra non ancora finita alla conferenza di San Francisco, nell’aprile del 45. La sua filosofia è quella

35
Appunti lezioni di storia contemporanea

di ricreare una coalizione democratica per assicurare la pace (sulla scia della società delle nazioni).
Anche gli organismi che fanno parte dell’ONU ricalcano per gran parte quelli della società delle
nazioni; il più importante è il consiglio di sicurezza, una sorta di esecutivo dell’organizzazione, e ne
fanno parte i 5 stati vincitori (USA, Unione Sovietica, Francia, Gran Bretagna e Cina, quella
nazionalista, paese che allora era grande come la Svizzera) come membri permanenti e la loro
importanza viene dal loro diritto di veto, cioè le decisioni prese dal consiglio devono essere prese
all’unanimità da questi 5 membri. Accanto a queste 5 nazioni permanenti ce ne sono 6 (poi elevato a
10) a rotazione ogni 2 anni e componevano le restanti quote dei membri del consiglio di sicurezza.
Poi c’è l’assemblea generale e ne fanno parte tutti i rappresentanti di tutti i paesi membri; il
segretario generale rappresenta le nazioni unite nel mondo e attualmente è un portoghese; poi
dispone di sue agenzie personali come l’Unesco e ha anche un tribunale internazionale. Non nascono
soltanto organismi per tutelare la pace, nascono anche organismi militari: nel 1949 nasce la Nato. In
Italia ci fu un enorme dibattito, con i comunisti non volevano assolutamente che entrasse. Dispone di
un esercito comune con gli stessi compiti che erano degli alleati durante il secondo conflitto mondiale,
ovvero la salvaguardia della pace e delle democrazie.
Oltre ai paesi occidentali vincitori entrarono l’Italia, il Portogallo, la Spagna, la Turchia, la Grecia e
la Germania federale. Qualche anno dopo nasce nel campo sovietico un simil-nato il patto di
Varsavia, nel 1955.
Quando i tre alleati di Yalta si rivedono nel luglio del 45, con Truman al posto di Roosevelt e Attlee
al posto di Churchill, la situazione è completamente cambiata: tra l’Unione Sovietica e gli altri paesi
alleati c’è una diffidenza enorme perché più ci si avvicina alla fine della guerra più si avvicina quella
che noi chiamiamo come Guerra Fredda, cioè un conflitto mai scoppiato. Diventa sempre più chiaro
che le tre ideologie dominanti stanno per entrare in conflitto.
C’è la consapevolezza che esiste un nuovo ordigno nucleare, e il suo scoppio avrebbe decretato la
distruzione sostanziale del genere umano.
Quindi si incontrano, si stabilisce ulteriormente quello che sarà il destino dell Germania e ci si rende
conto dell’importanza degli eserciti di liberazione, cioè chi ha liberato chi: con pochissime eccezioni,
i paesi liberati dai sovietici ricadono sotto influenza sovietica e quelli liberati dagli americani sotto
influenza atlantica, unica eccezione la Germania che viene divisa. All’Unione Sovietica vengono
riconosciute le repubbliche baltiche, non come facenti parte dell’unione ma come “paesi amici” e
questo significherà l’instaurazione di regimi non sovietici (perché non si vuole una riproduzione del
modello sovietico), ma di regimi comunisti che si ispirano comunque a quello sovietico. Controllerà
anche 7 paesi europei, oltre la parte della Germania: Polonia, Cecoslovacchia, Romania, Ungheria,
Bulgaria, Jugoslavia e Albania. Paesi nei quali rapidamente viene impiantato un sistema socio
economico e politico che guarda l’oriente.
La Germania era l’unico paese all’interno del quale non fosse scoppiato alcun movimento di
resistenza degno di questo nome. I tedeschi divennero così il capro espiatorio collettivo, che consentì
ai vincitori di tacere sulle loro manchevolezze, e la Germania fu giudicata e condannata per razzismo.
Non l’avevano di certo inventato ma furono accusati di tutti i mali del mondo (la cosiddetta colpa
collettiva). Tutto il popolo tedesco fu messo alla sbarra. Al processo di Norimberga 24 furono i
capi nazisti condannati, 10 impiccati, alcuni riuscirono a fuggire come Eichmann, altri si erano
suicidati come Hitler, Himmler e Göring (la sera prima dell’esecuzione, a Norimberga). Questo
processo aveva della basi giuridiche debolissime perché i crimini per cui venivano imputati erano
sostanzialmente “nuovi”. C’era però questo bisogno di risarcimento e la Germania doveva offrirsi

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Appunti lezioni di storia contemporanea

come agnello sacrificale. Questo in qualche modo permette di chiudere i conti, almeno formalmente,
con il passato per lasciare aprire scenari nuovi, il primo quello della decolonizzazione, che ricade
all’interno dell’ancora più grande scenario delle guerra fredda.
Fenomeno gigantesco; si può notare come in soli 15 anni la cartina politica mondiale appare molto
diversa. L’impero belga e olandese erano scomparsi e degli antichi imperi francese e britannico
sopravvivono solo piccole frazioni. In meno di due decenni quel mondo, il terzo (il primo capitalista,
il secondo sovietico) diventa il protagonista inedito di questa parte di storia per una serie di motivi.
Ci fu un imponente boom demografico e questo aveva accresciuto di molto la loro presenza e la lor
importanza. Soprattutto si trattava di paesi che emergevano nella scena mondiale come attori politici
indipendenti e questo mischiava moltissimo le carte. In Asia questa situazione si era resa evidente
durante la Seconda guerra mondiale quando i Giapponesi erano riusciti a far rientrare tutti i paesi
colonizzatori.
Noi possiamo dire concluso il colonialismo, nei suoi aspetti principali, a metà degli anni 60, quando
a parte rare eccezioni, tutti gli stati ex coloni divennero stati indipendenti.
Nel 47 c’è la perla dell’impero britannico, l’India, che si decolonizza.
10/05 ventottesima lezione
Ci sono situazioni che non permisero ad alcune nazioni di arrivare all’indipendenza in maniera non
traumatica.
Egitto: formalmente non fu mai colonia britannica ma era sotto suo protettorato (sotto dominio
britannico), insieme al Sudan. Iniziano movimenti nazionalistici, nello specifico in Egitto ce n’è uno
guidato da Jamāl ʿAbd al-Nāṣir, che rivendicano un’indipendenza sostanziale, non solo formale.
Emerge sulla scena il terzo mondo, il mondo costituito da nazioni di recente indipendenza e si va a
collocare accanto a quello capitalistico, il primo, e il sovietico, il secondo. Questo terzo mondo
continuò ad essere scenario nel quale si svolgeva la guerra fredda, combattuta non direttamente ma
molto indirettamente, detta pace fredda anche per questo. Usa e Unione Sovietica si scontrano per
ottenere nuove influenze oltre quelle già ottenute, e questo prova in alcune parti del mondo, nello
specifico in Asia e Africa nei paesi di recente decolonizzazione conflitti veri e propri. All’interno di
questi conflitti spesso americani e sovietici non appaiono direttamente alleati dei paesi in guerra, ma
invece li sovvenzionano con l’invio di armi.
Il problema dei nuovi paesi: essendo economie deboli e prive di classi dirigenti capaci di far
funzionare il nuovo stato, devono necessariamente farsi sostenere da una o da un’altra super potenza.
Ma perché appoggiarsi per forza, e quindi inglobati? Intanto, le potenze che aiutavano chiedevano in
cambio il controllo politico, ovvero un governo scelto da loro. Dunque, queste nazioni che finalmente
dopo tanto tempo erano formalmente libere, autonome e teoricamente in grado di decidere da sole,
non riuscivano a camminare sulle loro gambe e dovevano inevitabilmente schierarsi. Questi nuovi
attori indipendenti, che poi diventeranno delle grandi potenze (vedi India o Egitto), si inseriscono in
un sistema internazionale che fino a pochi anni prima era stato diretto dalle potenze occidentali,
adesso era definito tra l’antagonismo tra est e ovest.
I protagonisti di queste rivoluzioni anti coloniali erano decise ad affermare l’indipendenza e la
legittimità del loro paese, combattere la cultura che li vedeva subordinati alle altre nazioni. Processo
che va dalla fine dell’800 quando il vecchio colonialismo si sostituisce l’imperialismo come dottrina
ideologica. È un fenomeno di lungo respiro che scompaginava gli equilibri che fino a quel momento
erano stati mantenuti. Loro non volevano essere le nazioni meno progredite e per forza aiutate da altre

37
Appunti lezioni di storia contemporanea

nazioni, le stesse che fino a quel momento le avevano tenute sotto scacco. Alcuni di loro volevano
affermare la loro indipendenza sostanziale, rifiutando ogni aiuto sia dagli Usa e alleati, sia da Unione
Sovietica e “stati satelliti”.
Nel 55 c’è un primo passo con la conferenza in Indonesia, di stati che non vogliono essere ancora
sacrificati, si riuniscono a Bandung solo i rappresentanti di 29 paesi, e oltre agli indonesiani i
promotori sono gli indiani, i pakistani, i birmani e anche i cinesi della repubblica popolare, nata da
pochissimo. Redigono un documento nel quale condannano ogni forma di colonialismo e
contrappongono alla rivalità bipolare il principio di una cooperazione pacifica tra i popoli; una sorta
di 14 punti, spingono molto sul sottolineare la necessità del disarmo, sul lavorare per la pace.
Bisognava tutelare il principio di autodeterminazione dei popoli, o meglio, il principio di non
ingerenza degli stati e impedire alle due super potenze di entrare a gamba tesa nelle politiche altrui.
Una cosa analoga si è verificata anche in Italia, anche se in misura minore; una sorta di eterodirezione
da parte nel nostro caso degli Stati Uniti, nella primissima fase repubblicana, e il motivo era il
dipendere dagli aiuti economici (piano Marshall).
Il terzo mondo riusciva a far sentire la sua voce man mano che avanzava la decolonizzazione.
L’assemblea generale dell’Onu divenne lo spazio più importante dove si discuteva sui problemi del
sottosviluppo, sui modi per uscirne e le sue cause, sulla disparità tra nord e sud del mondo. Il problema
fondamentale era sempre lo stesso, la carenza di strutture adeguate, politiche, economiche e sanitarie,
anche educative ed era il limite contro il quale si infrangeva la loro volontà di essere realmente
indipendenti. E non riuscirono quasi mai a ottenerlo senza farsi appoggiare. L’india, più o meno,
riuscì a vivere in un regime di equa distanza. Andarono avanti su questa strada che si consolidò del
61, alla conferenza di Belgrado quando ai paesi del 55 si unì anche la Jugoslavia di Tito (allontanata
da Mosca), l’Albania e altri stati e si definirono qui come paesi non allineati: “noi vogliamo una
linea di neutralismo attivo”. Loro sceglievano di non essere né socialisti né capitalisti ma volevano
prendere il meglio da entrambe le economie: prendere elementi dell’economia statalizzata del blocco
comunisti e il libero mercato dal blocco occidentale.
Questi paesi tentarono di negoziare per le cose di cui avevano bisogno ma ottennero assai meno di
quello che avevano bisogno. Solo i paesi possessori di petrolio poterono alzare la voce, perché finita
la Seconda guerra mondiale diventò la principale fonte energetica industriale.
Gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica intraprendono questa sorta di gara, all’interno della guerra fredda,
per portare dalla loro parte quanti più paesi di nuova sovranità possibile. In questo senso, c’è stato un
rallentamento delle tensioni. L’irrompere della decolonizzazioni sembrò avvantaggiare l’Unione
Sovietica perché tradizionalmente da Lenin in poi i comunisti avevano sempre condannato il
colonialismo e all’inizio sembrò che questa gara potesse risolversi in favore dei sovietici. Poi ci fu
l’affacciarsi dei sovietici in campo tecnologico; la guerra fredda, fortunatamente, si concentra ad
esempio sulla corsa nello spazio: i sovietici battono gli americani con la costruzione della navicella
nel 57 e mandano per la prima volta un uomo nello spazio nel 61.
Cuba: era stata l’ultima colonia spagnola in America ad aver ottenuto l’indipendenza nel 1898, a
seguito però di una guerra tra Stati Uniti (che intervengono a favore di Cuba) e Spagna. Quest’ultima
la perde. Cuba era un paese estremamente povero con un economia monoculturale. Nel corso del
tempo gli stati uniti si erano sostituiti alla spagna come unici compratori dell’unica cosa che
producevano, la canna da zucchero e questa dipendenza aveva trasformato cuba da colonia spagnola
a sostanziale colonia americana, pur non essendolo mai effettivamente. Per altro, la compagnia che
cura la raffinazione e il commercio della canna da zucchero è americana, che detiene il monopolio
38
Appunti lezioni di storia contemporanea

della ricchezza. La cosa va avanti per decenni; Cuba negli anni 50 inizia a produrre anche sigari.
Viene governata da una sorta di dittatura militare con a capo Fulgencio Batista ed era sostanzialmente
un governo fantoccio degli Usa. Contro questo sistema dittatoriale si era costituito un movimento di
opposizione (definito nazionalista) che aveva messo al primo posto del suo programma la giustizia
sociale; il leader era Fidel Castro, scappato in Messico ma ritorna clandestinamente nell’isola,
assieme a Ernesto Guevara e altri guerriglieri. Castro torna nel 56 e per tre anni l’isola è percorsa
da guerriglie e nel 59 riesce a liberare Cuba. La prima cosa che Castro fa è quella di una riforma
agraria che fa passare in breve tempo l’80% delle terre dalle mani dei latifondisti e ridistribuite ai
contadini. Vengono espropriate le società americane e vengono rivedute le condizioni di vendita dello
zucchero, che gli americani compravano a prezzo stracciato. Gli americani rispondono con un duro
boicottaggio. Non solo perché perdono la faccia: la piccola Cuba con un piccolo gruppo di
rivoluzionari di aver scoperchiato gli Stati Uniti, ma anche perché si tratta di un governo socialista.
Si risolve in un embargo: a Cuba non arriva più niente. Finirà solo nel 2014. A causa di questo
boicottaggio Cuba fu costretta a scegliere di schierarsi con i sovietici.
Nel 62 i russi erano diventati gli unici compratori di zucchero cubano e, clandestinamente, gli davano
pure armi. La decolonizzazione che Cuba vive vede una contrapposizione tra Usa e Unione Sovietica,
come forse in nessun altro paese. Nel 61 gli Stati Uniti tentano una rivoluzione anti castrista. Crisi
dei missili nel 62. Un aereo militare sorvolando l’isola scopre rampe missilistiche nascoste indirizzate
verso la costa della Florida, e questo funziona da deterrente perché l’Unione Sovietica non voleva
scatenare una guerra, solo dire “noi siamo qui”. Produce una tensione enorme: gli Stati uniti
intimarono immediatamente di disinstallare le rampe. Per 14 giorni il mondo vive sull’orlo del
baratro; in quel momento entrambe le potenze disponevano dell’atomica e sembrava che nessuna
delle due volesse cedere. Per fortuna dopo due settimane il segretario del partito comunista sovietico,
Nikita Krusciov comincia delle discussioni con gli americani e si arriva all’accordo con Kennedy: le
rampe di lancio sovietiche vengono tolte ma in cambio gli americani dovevano promettere di non
invadere Cuba, e l’Unione Sovietica ottiene un analogo smantellamento di missili americani in
Turchia. Gli Stati Uniti appaiono alle nuove nazioni come gli eredi della tradizione imperialistica
degli stati europei, non solo per affinità culturale.
Vietnam e altre nazioni della vecchia Indocina francese: movimento che vuole l’unificazione del
paese, quello dei vietcong; inizia nel paese una guerra civile e intervengono gli Stati Uniti. Guerra
durata circa 20 anni, finché non furono definitivamente sconfitti e costretti a ritirarsi. Furono lanciate
su questo paese più bombe di quelle lanciate durante tutta la Seconda guerra mondiale.
Kennedy e Jhonson videro in questa guerra la credibilità della potenza degli Stati Uniti: se avessero
perso anche in Vietnam si sarebbe affermato la teoria del domino, ovvero, se vince il comunismo nel
Vietnam, uno dopo l’altro cadranno tutti i regimi non comunisti nel sud est asiatico, cosa che poi si
verifica. Anche a livello di opinione pubblica questa guerra si ritorce contro agli Usa.
La Gran Bretagna aveva capito da tempo e lasciato l’India, perché inutile combattere. Si ritirano nel
47 e divenne l’emblema della colonizzazione e della saggezza britannica nel concedere
l’indipendenza prima che si palesasse chiaramente la loro inadeguatezza. Solo la Birmania fra tutti
gli ex possedimenti inglesi si rifiutò di aderire al Commonwealth.
Poi questo scenario si sposta nel Medio Oriente in Africa. Erano nati anche qui forti movimenti
nazionalisti. Palestina: alla fine della Prima guerra mondiale gli inglesi detenevano un protettorato,
cioè l’amministravano e la controllavano. All’interno di questa regione che aveva fatto parte
dell’impero ottomano convivevano una minoranza ebraica e una maggioranza araba. Gli ebrei

39
Appunti lezioni di storia contemporanea

consideravano la Palestina “terra promessa”. Fu la tragedia della Shoah a trasformare questo progetto
in un movimento che divenne irresistibile e che portò centinaia di migliaia di ebrei in Palestina. Nel
sostegno internazionale che viene offerto a questa migrazione c’è il riconoscimento di una sorta di
risarcimento. Il problema è che quella terra non era disabitata ma era occupata da decenni da arabi.
Per risarcire una tragedia si aprì un altro dramma; la guerra fredda si impossessa subito di questa
situazione e la fa diventare pedina nel gioco Usa-Urss.
Nel 1947 c’è una famosa risoluzione dell’Onu che prevede la spartizione della Palestina con la
costituzione di due stati indipendenti: l’attuale Giordania agli arabi e il resto del paese agli ebrei. E
allo stesso tempo Gerusalemme viene dichiarata Città aperta
Succede che nel maggio del 48 Ben Gurion proclama la nascita dello stato di Israele,
unilateralmente, con capitale Tel Aviv e si scatena la prima guerra tra lega araba e israeliani. Israele
militarmente è più forte e riesce a ottenere una parte di territorio maggiore.
11/05 ventinovesima lezione

Prima guerra: 1948. L’ONU aveva previsto la nascita di due stati ma così non avvenne; scoppia la
prima guerra della lega araba (Egitto, Siria, Giordania e Iraq). Ne esce sconfitta nonostante la
grandezza dei loro eserciti. Migliaia di arabi vengono scacciati dal paese. trovano rifugio soprattutto
in Giordania, dove diventeranno addirittura maggioranza del paese. L’esito di questo conflitto fu
vissuto come un’ingiustizia dalla comunità araba.

Questo conflitto che sembrava di natura regionale si inserisce nella guerra fredda, all’interno della
quale gli Usa assumono la difesa degli ebrei perché negli Stati uniti vive una consistente minoranza
ebraica, non numericamente ma economicamente. L’Unione Sovietica proponeva una soluzione
impraticabile: la convivenza di entrambi in un unico stato (riconosce però lo stato di Israele). La
situazione all’inizio è interlocutoria, e il parlamento di Tel Aviv emana la legge di “non ritorno”,
mossa molto intelligente: qualsiasi ebreo in qualsiasi parte del mondo era potenzialmente anche
cittadino dello stato di Israele e quindi soprattutto gli ebrei americani erano pronti a fornire il
passaporto e questo significava un riconoscimento in quello stato appena nato e che aveva causato
una guerra.

Quindi, sin dall’inizio tra questi popoli c’è grave diseguaglianza: gli ebrei sono molto più forti e sono
sorretti da un opinione pubblica mondiale molto forte, gli arabi sono poveri, scacciati dalle loro terre,
che non posseggono la stessa forza economica e militare. Ben presto Israele diviene una pedina
militare e diplomatica nelle mani degli Stati Uniti, che non può andargli contro ed è dipendente dai
prestiti massici statunitensi, e diventa una sorta di vetrina nel mondo occidentale. Più cresceva la
visibilità e la forza di Israele nel mondo, più cresceva l’astio degli arabi nei confronti di Israele e degli
ebrei. Il blocco sovietico appoggia la causa araba, ovviamente, anche perché i paesi confinanti che
hanno già subito aggressione sono filo socialisti quindi è chiaro che anche dal punto di vista
ideologico è a tutti gli effetti inserito nella Guerra Fredda. Quindi l’Unione Sovietica, che all’inizio
era titubante diventa paladina degli arabi. L’incapacità di risolvere la questione palestinese divenne
il maggior fattore di debolezza del nazionalismo arabo perché militarmente non riuscivano a vincere,
diplomaticamente non riuscivano a trovare una soluzione: c’è un irrigidimento da parte di entrambe
le parti che rende impossibili qualsiasi mediazione. La maggior parte degli israeliti, come la maggior
parte degli arabi, non vuole una situazione di compromesso.

40
Appunti lezioni di storia contemporanea

C’è questo strano gioco per cui non si poteva andare contro gli ebrei, così tanto perseguitati nel corso
della Seconda guerra mondiale ed è un fattore che influisce moltissimo sul posizionamento
dell’opinione pubblica e dei governi stranieri. La causa dei palestinesi viene derubricata. Gli arabi
palestinesi non erano invasori ricacciati nel loro paese, e non erano neanche in una posizione di parità
nei confronti di chi li ha scacciati, ma stavano subendo un ingiustizia e la stavano subendo dal popolo
che più negli ultimi anni avevano subito ingiustizia: gli ebrei da oppressi divennero oppressori. Per
chiudere quel dramma se ne aprì un altro. Entrambe la comunità volevano la Palestina per sé. La
differenza era che gli ebrei avevano dietro il colosso americano e secondo molti storici è questo che
gli fa vincere la partita; i sovietici sostenevano gli arabi ma non tanto quanto gli americani sostengono
quella di Israele. Pensavano che gli arabi espulsi dalla Palestina sarebbero stati assorbiti dagli stati
confinanti, ma così non è stato. Furono costruiti campi profughi nei quali vivevano gli arabi
palestinesi in condizioni indescrivibili per molti anni. Questo conflitto si avviò sempre più su sé stesso
e l’accordo diplomatico fu sempre più lontano. A complicare la situazione è la nascita di
organizzazioni terroristiche. Per esempio, nasce l’OLP, il capo era Yasser Arafat che muore nel
2005 ma fino alla sua morte ha una posizione molto ambigua: se da una parte dice di voler trovare
una soluzione diplomatica, dall’altra strizza l’occhio al terrorismo.

La seconda guerra si svolge nel 67 ed è la guerra dei 6 giorni: improvvisamente Israele attacca
l’Egitto, la Siria e la Giordania. L’Egitto aveva chiesto il ritiro delle forze ONU che presidiavano i
confini dello stato ebraico e in risposta a questa richiesta viene attaccato. Questo fornisce allo stato
di Israele ulteriori territori. Anche in questo caso gli eserciti arabi, nonostante la superiorità numerica,
vengono annientati. Un milione di palestinesi sono costretti a vivere sotto un occupazione militare.
Da questo momento in poi la questione medio-orientale ha avuto un ulteriore peggioramento, fino a
diventare una questione mondiale. L’ONU qualche anno dopo emana una nuova risoluzione, sempre
un po’ ipocrita: si proclamava il diritto a tutti gli stati della regione medio-orientale il diritto di vivere
dentro confini sicuri e quindi nessuno di questi avrebbe dovuto tentare esperienze espansionistiche e
il diritto di tutti questi popoli ad autogovernarsi. Questo però non risolveva la questione, era solo
un’indicazione, una quasi minaccia di rispettarla altrimenti l’ONU potrebbe intervenire colo proprio
esercito (caschi blu).

Solo dopo un’altra guerra, nel 73, quando sono gli arabi ad attaccare durante una festività, e vincono,
si dimostra che non è invincibile l’esercito israeliano. La situazione però non cambia.

La seconda metà del ventesimo secolo è percorsa da conflitti inseriti nel grande quadro della guerra
fredda, nel quale si inseriscono anche le potenze occidentali. Gli Usa diventano il guardiano della
stabilità del Medioriente, ruolo riconosciuto dall’ONU e si fanno anche degli alleati (es: Arabia
Saudita). La situazione si complica sempre di più. Il medio-oriente è una specie di mosaico molto
complesso.

La spedizione di Suez segna la fine del colonialismo europeo ma soprattutto della presenza di Francia
e Gran Bretagna in quella zona, e queste due perdono sempre di più il ruolo di potenza mondiale e
diventano potenze regionali, che possono dire la loro solo in Europa. La Francia viene sconfitta più
volte: nel 54 viene cacciata dai vietnamiti. Intorno ai dilemmi della decolonizzazione la repubblica
francese conosceva una profonda crisi perché se in alcuni territori (es: Tunisia e Marocco) riesce a
negoziare una transizione praticamente indolore, in Algeria, il suo massimo territorio coloniale, non
ci riesce e scoppia una lunghissima guerra che dura 8 anni. Il motivo era la presenza forte di coloni
francesi, condizione che mancava in altri paesi. L’intransigenza di questi coloni, nonostante sia la

41
Appunti lezioni di storia contemporanea

minoranza, rende impossibile la decolonizzazione. La Francia non riesce ad imporsi. L’Algeria era
stata la prima colonia francese, conquistata nel 1830 quando la situazione in patria non andava così
bene. L’Algeria era stata vissuta come colonia di popolamento, ci andarono moltissimi profughi,
molti contadini e braccianti. Questi instaurano in Algeria un governo inflessibile, si appropriano di
qualsiasi incarico politico. Quindi è molto più di una colonia, come lo era ad esempio il Marocco.
Questa situazione particolare rendeva difficile a decolonizzazione dell’Algeria. Questo milione di
francesi, abituati ad essere ricchi, a comandare, se l’Algeria fosse diventata indipendente, sarebbero
stati uccisi o nella migliore delle ipotesi imprigionati; oppure sarebbero dovuti tornare in Francia, ma
come si riammette in società un milione di persone senza stravolgere l’equilibrio economico-sociale?
Quindi nemmeno i francesi stessi volevano che si verificasse questo.

Gli algerini dopo aver visto i francesi scacciati dall’Indocina e dal Marocco pensano sia arrivato il
loro turno di aspirare all’indipendenza. Ma non avviene in modo così facile. Scoppia quindi una
guerra, che si trasforma in guerra civile perché vede contrapporsi algerini che stanno con i francesi e
algerini che stanno con il fronte di liberazione nazionale. Ci sono violenze inaudite; nel 57 la battaglia
di Algeri dura 7 mesi. L’opinione pubblica francese si divise moltissimo: la destra voleva che la
situazione rimanesse così, mentre la sinistra (e non solo) riteneva non solo che l’Algeria avesse tutto
il diritto di ottenere l’indipendenza ma accusava i francesi residenti lì di utilizzare metodi definiti
addirittura nazisti. Il paese si spaccò. De Gaulle all’inizio sembra voler dare ragione a quelli che
vogliono continuare a tenere l’Algeria in una situazione di colonia, ma in realtà la sua idea è diversa;
infatti, lui subirà un attentato perché la destra francese continuerà a combattere l’Algeria, ignorando
il governo francese, con un organizzazione terroristica. De Gaulle voleva fare dell’Algeria una
repubblica federale nella quale tutte le comunità potevano vivere in modo paritario. Alla fine,
dovettero arrendersi perché le forse erano molto maggiori e nel 62 viene firmata la pace.

Dal 1954 al 1962 l’Algeria diventa l’ultimo teatro di guerra cruenta nello scenario di
decolonizzazione. Nei primi anni 60 tutta l’Africa sub-sahariana ottennero l’indipendenza, insieme
alle colonie della Gran Bretagna con una transizione relativamente pacifica. Fu violenta anche la fine
dell’impero belga con l’indipendenza del Congo nel 59 accompagnata da conflitti interni. A metà
degli 60 questo fenomeno può dirsi concluso; in vent’anni, prima l’Asia e poi l’Africa si
decolonizzano.

Guerra fredda: alla fine della Seconda guerra mondiale il sistema polito internazionale si è
polarizzato intorno agli Usa e all’unione sovietica, che immediatamente passano da alleati ad
antagonisti, e divise l’Europa e il mondo in due blocchi, via via sempre più armati e aspramente
contrapposti in un conflitto ideologico che si fermò o sembrò di fermarsi sull’orlo del precipizio.
L’espressione di “guerra fredda” raffigurava molto bene i sentimenti e le sensazioni che si vivevano,
e il precursore di questa viene indicato in parte in George Orwell, che già nel 45 dopo l’esplosione
dell’atomica dice che ci sarà uno scontro tra queste due potenze, anche se velato; in marzo del 46
Churchill nel corso di un discorso in università pronuncia questa frase “una cortina di ferra è scesa
sull’Europa”.

Clima di antagonismo perenne e totale che is faceva passare per convivenza ma in realtà veniva
continuamente alimentato e poteva causare un conflitto caldo. Una pace minacciata. Uno stato di
tensione permanente basato sul rifiuto sostanziale di riconoscere la legittimità dell’avversario.
Quando parliamo di guerra fredda generalmente indichiamo un periodo molto lungo, in realtà gli
storici parlano di I e II guerra fredda, nel senso che la situazione a un certo punto cambia, i rapporti

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Appunti lezioni di storia contemporanea

tra le due super potenze si modificano e questo accade nei primi anni 70. Per esempio, la linea rossa
che pare ci fosse sempre tra il Cremlino e Washington a seguito della crisi dei missili era sempre
operativa.

La Germania era il maggior oggetto del contendere viene particolarmente tenuta sotto controllo e
divisa in 4 zone e anche Berlino. Però la capitale tedesca viene divisa in due parti, la parte occidentale
controllata da americani, francesi e inglesi, la parte orientale dai sovietici. Però Berlino, nella
divisione della Germania ricadeva nella parte orientale, quindi, sarebbe dovuta essere di pertinenza
sovietica. Il fatto che la città fosse un ibrido la fece diventare un punto di frizione e si verificò una
gravissima crisi. Per l’appunto, Berlino era divisa in due e chi viveva nella parte orientale tendeva
sempre di più a spostarsi in quella occidentale perché si viveva meglio. I sovietici chiudono l’accesso
terrestre tra la parte est e ovest (crisi di Berlino). Gli americani non la prendono bene e iniziano a
mandare aiuti istituendo un ponte aereo intimando i sovietici di non contrastare quest’azione
altrimenti sarebbe stata guerra. I sovietici cedono, ma si capisce che la cosa va formalizzata quindi
nel 49 nascono le due Germanie. Da un lato la repubblica federale tedesca, e dall’altro la repubblica
democratica tedesca (repubblica popolare). Poi Berlino diventerà simbolo della guerra fredda quando
in una sola notte verrà costruito un muro da parte dei sovietici.

In Grecia era stata la resistenza comunista a liberare i paesi. Già nel 44 i partigiani greci erano riusciti
a cacciare i tedeschi, e nel mentre non arrivano i sovietici ma gli inglesi. Questo caso dimostra
l’importanza che ha chi libera chi, o meglio, il primo ad arrivare. Gli inglesi nelle nuove elezioni
favoriscono il ritorno del centro-destra e la monarchia. Grecia importante ponte con il mondo
occidentale. Il governo viene affidato al re che sceglie una linea fortemente di destra che rifiuta un
dialogo con i comunisti, però non ci stanno perché rivendicano la vittoria contro i nazifascisti e
scoppia una guerra civile durata tre anni. I comunisti ricevono aiuti dai paesi comunisti vicini, tranne
che dall’Unione Sovietica. Il governo fu aiutato dai paesi occidentali. Grecia unico stato europeo in
cui la guerra fredda si trasforma in una guerra vera e propria e l’unico paese nei Balcani dove non
vince il comunismo. Altra crisi importante che avviene a ridosso della fine del secondo conflitto
mondiale. Pure la Jugoslavia fu teatro di scontri.

Berlino, Grecia e Jugoslavia i tre punti caldi della Guerra fredda in Europa, zone nella quale
facilmente la guerra fredda poteva diventare molto calda.
15/05 trentesima lezione
A qualche anno dalla fine della Seconda guerra mondiale, sembra che il mondo precipiti in una nuova
guerra, la guerra fredda (si è in guerra anche quando il desiderio di una guerra è sufficientemente
manifesto, cit. Bohm). Intere generazioni crebbero sotto la minaccia di un conflitto nucleare. Molte
persone erano convinte che questo conflitto sarebbe scoppiato. Le due superpotenze si fermano
sempre un attimo prima (es. Cuba). La peculiarità della guerra fredda fu che non esisteva alcun
pericolo concreto di una guerra armata, anche se l’opinione pubblica venne alimentata diversamente
dagli americani. Anche i sovietici nel ’53 avevano costruito la bomba nucleare e subito dopo anche
quella ad idrogeno. Ma soprattutto la guerra fredda è una guerra di spie, si combatte sul terreno dei
servizi segreti e sul piano della corsa allo spazio. Per gli stati uniti fu scioccante il fatto che i sovietici
erano riusciti a mandare lo sputnik in orbita prima della Nasa. I sovietici avevano accettato una
divisione del mondo iniqua rispetto agli stati uniti, che si erano presi la fetta maggiore. L’unione
sovietica non vuole che nelle repubbliche popolari appena nate nasca lo stesso tipo di stato dell’Urss,
ma uno stato pluripartitico di stampo socialista.

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Appunti lezioni di storia contemporanea

Per esempio, Stalin non vuole assolutamente che in Italia scoppi la rivoluzione. Le intenzioni
dell’unione sovietica non erano offensive ma difensive. Le crisi in Europa vengono risolte poiché le
cose sono state stabilite con molta nettezza, mentre al di fuori dell’Europa la situazione era stata
delineata con molta meno nettezza, come in Asia dove effettivamente si svolge la guerra. C’è il primo
periodo di guerra fredda (prima guerra fredda), fino ai primi anni ’70, in cui le cose devono
stabilizzarsi. Po c’è uno spartiacque all’inizio degli anni ’70 dato da una crisi fortissima della quale
risentono entrambe le potenze. In Korea scoppia una guerra che va avanti 3 anni. Le superpotenze
avevano diviso la Korea in due parti, nord (filorientale) e sud (filoccidentale), a sud scoppia il
movimento dei Vietcong che voleva unificare il paese, sostenuto anche dal nord. Il presidente Truman
chiede all’ONU di andare a difendere i confini che sono stati stabiliti e l’ONU accetta. La guerra
quindi inizia, ed è tra stati uniti e Nord. Si sapeva che la repubblica del nord era aiutata dalla Cina,
ma la guerra inizia perché Stalin da mano libera. Gli aerei militari erano sovietici ma camuffati da
Cinesi. Ma gli stati uniti vogliono risolvere in un modo che non sia un conflitto armato diretto con i
sovietici. Si vive la questione come un test di credibilità degli USA agli occhi del mondo. Dopo 3
anni di una guerra molto dura, comunque non si riesce a venirne a capo e le cose restano come sono,
il paese continua ad essere separato e a vivere in un clima di tensione. Il periodo più pericoloso fu dal
’47 al ’51, periodo in cui il conflitto diretto sarebbe potuto scoppiare tra le due superpotenze.

Dottrina Truman: la politica degli stati uniti deve essere di intervenire per salvaguardare i popoli
liberi (paesi satellite usa) dal giogo delle minoranze anche armate (Urss). La conseguenza politiche
di questa guerra fu la polarizzazione del mondo in due blocchi contrapposti per decenni. In Europa
c’erano stati governi di unità nazionale, governi in cui tutte le forze antifasciste si erano coalizzati
che però vengono sciolti nel ’48 quando le cose si stabilizzano e non c’è più un nemico comune.
L’Italia doveva essere tenuta sott’occhio poiché il partito comunista era molto forte, si era pianificato
un intervento americano nel caso i comunisti avessero vinto le elezioni, elaborarono insieme al
governo un piano di 5 punti per l’invasione dell’Italia. Nella seconda metà degli anni ’70, la guerra
entra nella seconda fase, gran parte dell’opinione pubblica pensava ad una disfatta degli stati uniti.

La guerra in Vietnam accrebbe molto questa opinione e mostrò il vero volto degli stati uniti. la
sconfitta in Vietnam pesò molto sulla popolazione americana, dimostrò l’isolamento internazionale
degli stati uniti, nessun paese della Nato accettò di aiutare militarmente l’America e nessun paese
della Nato concesse il passaggio delle truppe statunitensi nel proprio spazio aereo. Il declino del
mondo comunista si ha a partire dagli anni ’80 con la conseguente caduta del muro di Berlino. La
guerra fredda finisce quando le superpotenze riconobbero la dispendiosità di questa corsa agli
armamenti e quando credettero ad un sentimento sincero da parte del nemico. Nel ’68 a Reykjavík si
comincia a parlare seriamente per lo smantellamento delle basi missilistiche. Dal momento che il
capitalismo non sembrava sul punto di crollare, le prospettive socialiste dovevano competere con
questa economia.

Il socialismo non era in grado di competere con il capitalismo, il comunismo perde infatti nella corsa
agli armamenti. Gli Usa avevano sviluppato una buona economia ed erano progrediti anche gli stati
che dipendevano da essi. Il sistema capitalistico regge, quello sovietico no. La guerra fredda fu fin
dall’inizio una guerra tra due contendenti disuguali, nella quale una delle superpotenze aveva di più.
17/05 ultima lezione
Cina: massacro di Shangai, il partito comunista viene decapitato nel maggio del 27, massacrati dai
nazionalisti. Segna la fine tra la collaborazione tra il partito comunista e il Kuomintang. Un massacro

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Appunti lezioni di storia contemporanea

terribile che colpì i dirigenti del partito quindi lo scompaginò. Il partito cercò di riprendersi e di
riacquisire lo spazio che aveva perso, ma il Kuomintang era riuscito ad impossessarsi dei sindacati.
Tuttavia, lontano dalle grandi città, e lontano dal Kuomintang, i comunisti si riorganizzarono sotto la
guida di un militante, proveniente dal mondo contadino, che aveva fatto parte del gruppo dirigente
ma non si era formato alle scuole di partito di Mosca, Mao Zedong, che insieme ad altri intellettuali
scappati al massacro si nascondono all’interno del paese. Aveva un programma con poche idee ma
ben chiare:
1. in un paese rurale come la Cina, dove la classe operaia era minoritaria, il comunismo doveva
essere fatto da contadini;
2. la vittoria della rivoluzione non si sarebbe mai verificata senza la realizzazione, anche in
piccolo, i capisaldi centrali del progetto: la giustizia sociale, l’uguaglianza dei cittadini, la
ripartizione delle risorse, l’autogoverno popolare;
3. si deve unire il popolo e non si deve dividere; il popolo non deve essere spaventato all’idea
della rivoluzione, non si deve sentire costretto o oppresso, non deve allontanare i contadini
proprietari. Questo comunismo deve imparare dalle strutture tradizionali contadine e lavorare
tutti insieme;
4. la guerra all’imperialismo non poteva che essere di lunga durata, e sarebbe proseguita per
molti anni fino alla sconfitta totale, parallelo al processo di maturazione.
Lunga marcia: 10.000 km di marcia, conquistano le retrovie. Non fu all’inizio una scelta strategica,
ma una necessità imposta dalla disfatta. Costò la perdita di 4/5 dell’esercito comunista, ne rimase solo
un piccolo nucleo, ma questo permise al gruppo dirigente maoista di acquisire una grande esperienza
politica sul campo perché durante la lunga marcia vivevano con i contadini, capivano che scarto c’era
tra la teoria e la prassi (quindi adattavano la teoria alla prassi).
I comunisti cinesi erano gli eredi del movimento del 4 maggio e per loro la nazione veniva prima
della rivoluzione. Erano comunisti atipici. Quando si parlava di rivoluzioni “nazionali popolari
socialiste e democratiche” la Cina è uno degli esempi. Una differenza sostanziale tra il comunismo
cinese e gli altri era la sua affermazione in un paese coloniale, e piano piano si sviluppa. È un
comunismo un po' ibrido, diverso dal modello sovietico. Dovevano combattere con due nemici: i
nazionalisti e i giapponesi.
Nel 1938 il Giappone si lanciò alla conquista della Cina. I comunisti cinesi furono investiti da una
grossa responsabilità; se per loro prima di tutto veniva la nazione, la salvezza della nazione veniva
prima della rivoluzione e la salvezza della nazione non potevano realizzarla da soli, ma dovevano per
forza parlamentare con i nazionalisti. L’aggressione giapponese mette in seria difficoltà i nazionalisti.
In Cina si formò uno strano fronte popolare, formato da due nemici che siglavano in quel momento
una tregua ma sapevano che si sarebbero combattuti fino alla morte. In quel momento il comune
nemico da abbattere era il Giappone ma questa necessità metteva per forza nello stesso campo due
componenti assolutamente antitetiche. Ognuno aveva il suo territorio: i comunisti controllavano il
nord, i nazionalisti il resto e nessuno dei due poteva mettere piede nella zona dell’altro. È una tregua
armata accomunati dall’esigenza riconosciuta di voler sconfiggere il Giappone. Gli accordi
prevedevano che i comunisti avrebbero rinunciato a condurre la loro lotta di classe, di tipo agraria,
avrebbero trasformato le basi rosse in regione autonoma e avrebbero utilizzato il loro esercito nella
difesa del paese. Gran parte di quest’esercito verrà guidato dal Kuomintang. Comincia intanto la
Seconda guerra mondiale.

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Appunti lezioni di storia contemporanea

Agli americani i comunisti cinesi piacevano, li vedevano diversi dai sovietici, ma soprattutto
combattevano contro i giapponesi quindi gli andava più che bene. Sembrava che potessero combattere
i fascisti senza danni.
Partita a tre tra nazionalisti, comunisti e giapponesi. Questi ultimi cercavano di disimpegnarsi dove
possibile perché cercavano di contrastare gli alleati. I comunisti preferivano la guerra partigiana e
cercavano di colpire i giapponesi con la guerriglia, nei territori che gli stranieri non conoscevano.
Questo comunismo cinese si dimostrava molto più autonomo da Mosca rispetto agli altri partiti nati
nel mondo ed era molto più legato alle sue radici nazionaliste, ed è anche per questo che piacevano
agli americani.
Nella primavera del 49 i comunisti erano all’offensiva del paese e nel corso dell’estate consolidarono
la vittoria. In autunno il governo nazionalisti si dovette rifugiare sotto protezione degli americani,
così nascono le due Cine.
La pianificazione economica fu introdotta in maniera più tranquilla rispetto all’Unione sovietica, in
maniera meno traumatica e violenta. La cortina di ferro asiatica si rivelò molto più instabile di quella
europea: ci fu ad esempio la guerra di Corea, conflitto estremamente sanguinoso, con circa 1 milione
di morti, ma nonostante la crisi che provocò non scoppiò la terza guerra mondiale. L’Unione Sovietica
non intervenne direttamente in Corea, ma mandò aiuti tramite la Cina.
Perché in Corea? Era stata liberata al nord dall’armata rossa, il sud dagli alleati. Come la Germania
il paese era diviso e contesa tra le due potenze. Ancora, come in Germania da una parte i comunisti
dall’altra i capitalisti. A differenza della Germania la corea era piccola, arretrata e povera,
completamente schiacciata dal regime giapponese. Al nord i comunisti espropriarono i terreni, i
monasteri mentre al sud c’era una sorta di dittatura militare appoggiata dagli americani che cercava
di ricostruire senza modificare gli assetti sociali. Quando la guerra scoppia nel 50 gli USA chiedono
alla Nato di combattere loro in Corea, però dimostrava la debolezza dei regimi occidentalisti asiatici,
che senza l’aiuto degli americani non potevano stare in piedi.
La Corea è l’emblema dei paesi asiatici che si pongono sotto gli stati uniti. La guerra dura tre anni e
si conclude con un niente di fatto.
La Cina cerca di instaurare un regime economico misto, una sorta di Nep cinese. Un periodo di
parziale convivenza con la libertà di mercato, chiamato periodo dei cento fiori. Intanto i Cinesi si
sono auto dichiarati paese non allineato. Nel 57 questa strategia cambia. Bisognava contare solo sulle
proprie forze, come diceva Mao, e le forze della Cina erano le braccia dell’agricoltura. Tutti i cinesi
furono mobilitati a lavorare nei campi, senza le macchine e in maniera rudimentale. Si rafforzava
ancora di più l’immagine del comunismo contadino. Lo sforzo richiesto al paese fu enorme, ma fu un
insuccesso. Neanche la politica del grande balzo riuscì a far uscire i cinesi dalla povertà. Mosca si
allontanò sempre di più. I sovietici accusarono i cinesi di frazionismo.
Nel 68, anno degli studenti, ci sono comuni denominatori in tutto il mondo; guerra del Vietnam, poi
ogni paese elabora il suo 68, altro elemento comune è l’autoritarismo. In Italia inizia nel 67 e va oltre
il 68, fino al 69. Il modello di riferimento che hanno è la Cina di Mao, Cuba e Guevara, sintesi
dell’uomo che incarna in sé la teoria della prassi. Sono antifascisti ma anche anticomunisti, intesi
come antistalinisti. Il modello cinese appariva molto meno statalista e questo lo fece aprire anche
all’occidente. Nel 71 Pechino allaccia rapporti con l’occidente e nel 72 Nixon fa visita al paese.
avviene un’impennata dell’economia del paese. La fine del comunismo fu più graduale rispetto
all’Unione Sovietica.

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