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CAPITOLO 6 DALLA RIVOLUZIONE RUSSA ALLO STALINISMO

il crollo del regime zarista: In Russia, le conseguenze della Prima guerra mondiale furono
determinanti per la rivoluzione. La necessità di mantenere un grande esercito al fronte
metteva sotto pressione l'apparato statale e l'economia, ma la Russia era già in difficoltà.
L'agricoltura non riusciva a soddisfare le necessità del paese, i trasporti non funzionavano
bene e c'era corruzione nella burocrazia. Dopo due anni e mezzo di guerra, il regime era
sull'orlo del collasso. Milioni di morti, la fame e il freddo scatenarono scioperi nelle città e
l'opinione pubblica perdeva fiducia nel governo e nello zar. Gli operai, sfruttati duramente
nelle fabbriche, diventarono sempre più radicali. Rifiuto della guerra con tanti disertori. I moti
di protesta (scioperi e manifestazioni contro la guerra e la penuria di cibo) iniziarono alla
fine di febbraio 1917, e la rivolta esplose a San Pietroburgo. Il regime zarista crollò
improvvisamente, e Nicola II abdicò il 15 marzo.

Le forze politiche in campo: Dopo l'abdicazione dello zar, un governo provvisorio di


coalizione si formò tra partiti borghesi progressisti, guidato dal principe L'vov e sostenuto
dalla Duma (parlamento). Il partito più forte erano i Cadetti (democratico-liberale)
sostenuto dalla borghesia. Altri partiti politici includevano i Socialisti Rivoluzionari, che
rappresentavano i contadini, e il Partito Socialdemocratico Russo, diviso tra Menscevichi
e Bolscevichi rappresentava gli operai.
I menscevichi erano più moderati e cercavano una rivoluzione sociale per eliminare il
feudalesimo e l'assolutismo zarista, promuovendo istituzioni parlamentari democratiche per
avviare lo sviluppo economico. I bolscevichi erano più radicali e volevano un'alleanza di
classe tra operai e contadini per instaurare la dittatura del proletariato. A Pietrogrado, gli
operai e i soldati crearono un soviet, un organismo di autogoverno dominato dai socialisti
rivoluzionari, menscevichi e bolscevichi, che influenzava il governo provvisorio.

Governo provvisorio e soviet: un doppio potere: Inizialmente, il governo provvisorio e il


soviet di Pietrogrado collaborarono. Tutto cambiò con il ritorno del leader dei bolscevichi,
Lenin, in Russia. Egli vide le condizioni favorevoli per una rivoluzione: lo zarismo era
caduto, c'era crescente malcontento e consapevolezza dello sfruttamento. Lenin diffuse le
“Tesi d'aprile” dove propose che il potere passasse ai soviet. Ciò portò a un periodo di
dualismo di potere tra la Duma e il governo da un lato, e i soviet dall'altro. La Duma e il
governo volevano continuare la guerra e instaurare una monarchia costituzionale, mentre i
soviet (operai, contadini e soldati) esigevano pace e riforma agraria. Nel luglio 1917,
Kerenskij divenne capo del governo, ma i bolscevichi guadagnarono consensi. Lenin decise
di confrontarsi con Kerenskij (che voleva una Russia democratica simile all'occidente).

La rivoluzione di ottobre: Il 10 ottobre 1917 i bolscevichi organizzarono un'insurrezione


armata contro il governo. Occuparono i luoghi chiave del potere: la posta, la centrale
telefonica e le stazioni ferroviarie, centrali elettriche e depositi idrici. Il palazzo d'inverno degli
Zar fu quasi distrutto, e Kerenskij fuggì verso il fronte mentre i membri del suo governo
furono arrestati. I menscevichi e i socialisti rivoluzionari si dissociarono dal colpo di Stato,
permettendo così ai bolscevichi di deporre il governo e eleggere il Consiglio dei
commissari del popolo, presieduto da Lenin, senza opposizione.

I primi passi del governo rivoluzionario: Il nuovo governo dovette affrontare gravi
emergenze, le più urgenti delle quali erano il coinvolgimento nella prima guerra mondiale e
l’esigenza di ottenere la fiducia del mondo contadino, che chiedeva pace e terra. Proprio per
questo furono approvati 2 decreti:
1. Abolizione della grande proprietà terriera senza indennizzi (diritto a possedere un
terreno fin quando fosse stato lavorato).
2. Stringere una pace democratica con i paesi coinvolti nella Grande guerra( si
scontrava con la Germania, la quale stava avanzando nei territori Russi).
Cosi con il trattato di Brest-Litovsk (3 marzo 1918), la Russia rivoluzionaria fu costretta ad
accettare una pace umiliante, che ne ridusse considerevolmente il territorio, privandola di
importanti risorse economiche.

Verso la dittatura comunista: Anche se i bolscevichi avevano il sostegno a Mosca e


Pietrogrado, la maggioranza della Russia era ancora favorevole ai socialisti rivoluzionari.
Così, il 18 gennaio 1918, Lenin sciolse l'assemblea e rivendico tutti i poteri per i soviet,
rifiutando il risultato delle elezioni. La dittatura dei rivoluzionari divenne militare, con il
ripristino della pena di morte e l'istituzione della polizia politica (dal 1917), la Ceka, per
reprimere l'opposizione e detenere i nemici politici.Questa inizio ad avere poteri ampi,
aprendo e gestendo anche i primi campi di lavoro e deportanzione Gli altri partiti politici
furono soppressi, inclusi i menscevichi, e molti dei loro membri emigrarono.

LA COSTRUZIONE DELL’UNIONE SOVIETICA


La guerra civile: Dopo la rivoluzione, iniziò la guerra civile in Russia quando le truppe
zariste (rimaste fedeli) attaccarono il nuovo governo nel 1918. Combatterono i "rossi"
rivoluzionari e i "bianchi" controrivoluzionari nell'Ucraina, nella Russia Meridionale e in
Siberia. Inizialmente, i bianchi (esercito zarista), aiutati da Francia, Gran Bretagna e
Giappone, vinsero. Ma Lev Trockij (bolscevico) organizzò l'Armata Rossa, reclutando
principalmente contadini (con una propaganda facendo leva sul timore della restaurazione
della grande proprietà terriera e anche sulla speranza di una redistribuzione delle terre).
Dopo due anni di guerra, nell'aprile 1920, questa vinse la guerra civile con quasi 2 milioni di
morti. Successivamente, la Polonia invase la Russia, ma l'Armata Rossa respinse
l'offensiva e, non riuscendo a espandersi verso Varsavia, nel 1921, con la pace di Riga, fu
fissato un nuovo confine tra i due stati.

Il comunismo di guerra: Dopo la guerra civile, l'economia russa era debilitata


(indebolimento produzione agricola industriale e sistema trasporti) e il governo bolscevico
introdusse il "comunismo di guerra" nel 1918. Questo sistema mise sotto controllo statale
tutte le attività economiche, nazionalizzando imprese (minerarie metallurgiche) e
regolamentando i commerci. I contadini dovevano consegnare i loro raccolti allo Stato a
prezzi bassi, mentre agli operai veniva imposta una disciplina rigida per contrastare la
disoccupazione, che prevedeva ii divieto di scioperare e di cambiar impiego. Queste misure,
insieme alla guerra civile e alla delusione per la caduta dello zar, causarono malcontento e
rivolte, aggravate da una carestia nel 1921 che causò la morte di cinque milioni di persone in
un anno.

La nuova politica economica: La Nuova politica economica (NEP) del 1921 introdusse
misure per ottenere il consenso dei contadini (fetta più numerosa della popolazione con un
peso notevole nelle elezioni), come la libertà di vendere i prodotti agricoli e la riduzione delle
tasse. Furono avviate riforme nell'istruzione, sanità e assistenza sociale. Nel settore
industriale, la NEP permise ai privati di gestire piccole imprese e ridusse i controlli e le
imposte.

Il consolidamento della rivoluzione e la nascita dell'URSS: Il nuovo potere rivoluzionario


consolidò la sua struttura politica con la fondazione della Terza Internazionale, una sorta
di collettivo politico rivoluzionario per difendere i propri partiti politici e comunicare con quelli
di tutto il mondo. In Russia, nel 1922, Stalin divenne segretario generale del Partito
comunista, e lo Stato fu rinominato Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS),
comprendente la Russia, l'Ucraina, la Bielorussia e la Transcaucasia. Nel 1923, con una
nuova Costituzione, il Partito bolscevico divenne il partito unico, denominato Partito
Comunista dell'Unione Sovietica (PCUS).

Lo stalinismo: Dopo la morte di Lenin nel 1924, Stalin consolidò il suo potere eliminando
Trockij e altri rivali, instaurando una dittatura personale che portò alle” grandi purghe” (che
elimino, anche fisicamente, i vecchi rivoluzionari dal partito e dall'esercito) e al "grande
terrore" (1937-1938 una repressione di massa che colpì vari strati della popolazione, definiti
“antisovietici”).
Dopo aver posto fine alla NEP nel 1927, Stalin puntò sull'industrializzazione del paese,
intensificando lo sfruttamento delle campagne, gravando di tasse i contadini ricchi (i kulaki)
e aumentando il divario tra i prezzi dei prodotti agricoli e quelli industriali, a scapito dei primi.
Le campagne furono collettivizzate a forza, con la creazione dei sovchoz, aziende agricole
statali, e dei kolchoz, fattorie condotte collettivamente dai contadini; le loro resistenze furono
piegate: nel 1930 venne avviata la dekulakizzazione, che prevedeva l'eliminazione o la
deportazione con la confisca dei beni dei contadini agiati. Questa situazione, sommata ad
annate di cattivi raccolti, scatenò la terribile carestia del 1932-1933.
Le scelte violente e autoritarie di Stalin raggiunsero gli obiettivi prefissati: l'industria conobbe
uno sviluppo molto intenso e accelerato, e alla fine degli anni Trenta l'urss occupava il terzo
posto nella produzione industriale mondiale dopo USA e Germania.
Il prezzo pagato fu altissimo. L'Unione Sovietica di Stalin imboccò la strada della
cancellazione dei diritti umani e civili e dell'eliminazione fisica di milioni di uomini nei
campi di lavoro forzato (organizzati nel sistema del Gulag), il cui sfruttamento negli anni
Trenta divenne una risorsa economica strategica.

Lo sviluppo industriale: Stalin, attraverso politiche violente e autoritarie, ha realizzato la


collettivizzazione in Unione Sovietica, portando a risultati industriali significativi nonostante
i costi umani elevati. Queste scelte avvennero negli anni '30, mentre il resto del mondo
affrontava la crisi del 1929. L'URSS adottò la pianificazione economica con piani
quinquennali, trasformando radicalmente il paese e posizionandolo come terzo produttore
industriale mondiale. Tuttavia, la crisi del 1929 influenzò anche l'URSS, limitando gli scambi
esteri a causa delle barriere protezionistiche e costringendola a dipendere dalle risorse
interne.
Il sistema dei Gulag: Il regime staliniano in Unione Sovietica ha utilizzato metodi brutali per
ottenere successi economici, causando enormi sofferenze umane e violazioni dei diritti civili.
Gli strumenti del terrore includevano i campi di lavoro forzato nel sistema del Gulag (in
tutto 476), deportazioni di massa e esecuzioni durante il Grande Terrore. Si stima che fino
a 18 milioni di persone siano state imprigionate nei campi del Gulag, con varie esperienze
tra lavoro forzato, punizioni, e detenzione per motivi politici o criminali. Il Gulag sotto Stalin
fu un sistema penitenziario brutale che causò molte morti per il clima estremo,
l'alimentazione scarsa e la mancanza di cure mediche. Serviva come strumento di
controllo e venne utilizzato anche per progetti economici e di modernizzazione, come la
costruzione di canali e strade.

CAPITOLO 7
L’eredità della guerra: Dopo la guerra, l'Italia affrontò gravi problemi economici, come il
debito pubblico elevato e l'inflazione dovuta alla massiccia emissione di carta moneta. Le
fabbriche belliche dovevano adattarsi al mercato postbellico e i reduci, numerosi dopo il
conflitto, facevano fatica a trovare lavoro. Nel 1919, ci fu un'ondata di scioperi contro
l'aumento dei prezzi, segno di un diffuso malcontento che portò a saccheggi e tumulti,
soprattutto nel centro-nord Italia.

La situazione politica-economica: Nell'Italia del dopoguerra, oltre ai problemi economici, si


riscontravano anche agitazioni sociali e politiche. L'esperienza della rivoluzione russa del
1917 aveva suscitato aspettative di cambiamento sociale tra le classi inferiori, mentre
molti ufficiali tornavano alla vita civile con nostalgia per l'autorità militare. Le classi medie,
tradizionalmente legate allo Stato liberale, temevano la crisi in corso. Le formule politiche
stabili durante l'età giolittiana erano ormai superate. Il governo di Vittorio Emanuele
Orlando cadde a causa delle difficoltà nella conferenza di pace di Parigi. Francesco
Saverio Nitti divenne primo ministro nel 1919 e si tennero nuove elezioni nel novembre
dello stesso anno, che mostrarono una perdita di consenso per il blocco liberale. Fino al
1922, l'Italia visse sotto governi vari, ma tutti segnati da instabilità.

La pace di Parigi e la vicenda di Fiume: Dopo la guerra, la violenza era vista come il
mezzo principale per risolvere i conflitti politici, minando la fiducia nella democrazia e nelle
relazioni diplomatiche. Durante la conferenza di pace di Parigi, l'Italia cercò di ottenere
territori promessi, inclusa la città di Fiume, provocando tensioni con la neonata Jugoslavia.
Il trattato di pace di Saint-Germain del 1919 assegnò all'Italia alcune regioni, non
soddisfacendo tutte le rivendicazioni, generando malcontento e l'espressione di una "vittoria
mutilata" da parte di d'Annunzio. Quest'ultimo occupò Fiume nel settembre 1919, con
un'iniziativa militare illegale. La crisi si concluse nel 1920 con il trattato di Rapallo, che
conferì a Fiume uno status indipendente, ma d'Annunzio rifiutò di accettarlo, causando un
intervento militare italiano e la sua resa nel 1921.

PARTITI
Il partito socialista: Dopo la guerra, l'Italia fu attraversata da un'ampia partecipazione
politica, portando alla formazione di partiti di massa. Il Partito Socialista Italiano (PSI)
ottenne un grande successo alle elezioni del 1919, ma era diviso tra massimalisti (Serrati),
desiderosi di una repubblica socialista alla maniera bolscevica, e riformisti (Turati), che
difendevano il "compromesso giolittiano". Nonostante la vittoria dei massimalisti al
congresso del 1919 e l'adesione alla Terza Internazionale, il partito non riuscì a sfruttare la
sua forza parlamentare, rimanendo bloccato in estremismo verbale.

Il partito popolare: Il Partito Popolare Italiano (PPI), fondato da don Luigi Sturzo nel
1919, emerse come una forza politica rilevante nel dopoguerra, ottenne il supporto del Papa
(Benedetto 15)con la definitiva abolizione del Non expedit. Il PPI si distinse per la difesa
della libertà religiosa e di insegnamento, il sostegno al movimento cooperativistico e la
promozione della piccola proprietà contadina. Con ministri presenti in tutti i governi, il PPI si
pose come parte essenziale delle coalizioni di maggioranza. Soprattutto nel Sud, riuscì a
competere efficacemente con i socialisti, offrendo un'alternativa alle spinte rivoluzionarie.
Nonostante avessero il potenziale per formare una maggioranza parlamentare con i
socialisti, le divergenze ideologiche e il rifiuto di collaborare con i liberali in declino portarono
a un'instabilità politica persistente.

La nascita del Partito comunista d'Italia: Nel Partito Socialista si sviluppò una corrente
più estremista, la frazione comunista, che respingeva sia il gradualismo dei riformisti sia ai
massimalisti. Questa corrente propugnava una linea rivoluzionaria. I principali centri di
diffusione furono l'Ordine Nuovo e la corrente astensionista. Dopo il fallimento
dell'occupazione delle fabbriche nel 1920, vista come potenziale inizio della rivoluzione, la
frattura con il resto del partito si approfondì. Ciò portò alla scissione e alla fondazione del
Partito Comunista d'Italia (PCDI) nel gennaio 1921. Questa divisione indebolì
ulteriormente il PSI.

FASCISMO
I fasci di combattimento: Il fascismo, emerso in Italia tra il 1919 e il 1922, è stato un
evento significativo del dopoguerra italiano. Fondato da Benito Mussolini a Milano nel
marzo 1919, il movimento dei Fasci italiani di combattimento si presentava come
anti-socialista, anticlericale e anti-monarchico, cercando sostegno da varie fazioni politiche.
Composto principalmente da ex combattenti, interventisti e sindacalisti rivoluzionari, il
movimento contava anche su futuristi (intellettuali) e "arditi"(prima forza armata). La
leadership di Mussolini e l'uso della violenza contro gli avversari politici furono cruciali per
la sua ascesa. Nonostante una deludente performance alle elezioni del novembre 1919, il
fascismo sarebbe diventato una forza politica dominante in Italia.

La trasformazione del fascismo: Dopo l'insuccesso elettorale del fascismo nel novembre
1919, si aprì un periodo di incertezza politica fino all'estate del 1920. Il movimento fascista si
trasformò, con un nuovo focus sull'agricoltura. Nacque il fascismo agrario, guidato da
leader locali(ras), che organizzavano "squadre d'azione" (camicia nera) per attaccare i
municipi socialisti e le cooperative. Queste squadre usavano violenza fisica, spesso
umiliante, contro i loro oppositori. La violenza fascista si diffuse rapidamente, colpendo
principalmente socialisti e sindacati. La violenza fascista si estese dalle campagne alle
città, diventando una caratteristica del paesaggio politico italiano.

Il rischio della guerra civile: Lo squadrismo incarnava la brutalità del fascismo, contraria
alla democrazia e alle libertà politiche. Nonostante la sua illegalità, fu essenziale per la
vittoria del fascismo, ottenendo consensi anche da ceti moderati e agiati spaventati dalle
lotte sociali. L'appoggio delle forze dell'ordine e dello Stato, insieme all'armamento fornito
dall'esercito, diede ai squadristi libertà d'azione. L'Italia si trovava sull'orlo della guerra civile.

Mussolini e la sua tecnica politica: Di fronte all'inerzia dello Stato nel mantenere l'ordine, il
fascismo si presentò sia come forza d’ordine che come forza rivoluzionaria, promettendo
sia il ripristino dell'autorità statale sia una rivoluzione. Mussolini utilizzò la violenza delle sue
squadre per sconfiggere i socialisti (i rossi), guadagnando così legittimità agli occhi della
classe politica esistente e dell'opinione pubblica. Giolitti, senza comprendere appieno il
fascismo, cercò di integrarlo nella coalizione conservatrice, ma Mussolini sfruttò la violenza
elettorale per ottenere un successo significativo alle elezioni del 1921, consolidando il
proprio potere politico.

La nascita del partito nazionale fascista: Il tentativo di Giolitti e dei liberali di legalizzare il
fascismo dopo averne sfruttato la violenza si rivelò un grave errore. Mussolini accettò solo il
Patto di pacificazione, che ebbe scarso effetto pratico ma causò una ribellione interna tra
gli estremisti fascisti. Il congresso del novembre 1921 portò alla fondazione del Partito
Nazionale Fascista (PNF), permettendo a Mussolini di consolidare il suo potere con una
struttura organizzativa più disciplinata. Il fascismo guadagnò consensi attraverso la violenza
contro i suoi oppositori e una politica estera antitedesca, un programma economico liberista
e alleanze parlamentari. Con il favore del Vaticano e del re, Vittorio Emanuele III, e la
soppressione delle opposizioni comuniste e socialiste, il fascismo ottenne il consenso di
tutte le componenti del blocco dominante.

La presa del potere: la marcia su Roma: La marcia su Roma, evento culminante del
movimento mussoliniano, fu principalmente simbolica poiché l'esercito era neutralizzato e il
potere era già favorevole al fascismo. Il 26 ottobre 1922 i fascisti, guidati da un
quadrumvirato, occuparono gradualmente Roma, costringendo il 27 ottobre al governo di
dimettersi. Il 28 ottobre il re, invece di opporsi, invitò Mussolini a formare un nuovo governo,
che incluse anche ministri non fascisti, risultando in una collaborazione parlamentare. La
rivoluzione non si era ancora verificata.

La tattica del “doppio binario”: Una volta al potere, Mussolini mantenne una doppia
strategia. Da un lato, cercò il dialogo con le forze politiche di centro e destra, mentre
dall'altro continuò a utilizzare la violenza. Integrò le squadre fasciste nello Stato tramite la
Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (MVSN), controllandole e mantenendo
un'organizzazione armata del partito. Fu istituito il Gran consiglio del fascismo per guidare
l'azione del governo, sotto il suo stretto controllo.

La politica economica del governo Mussolini, tra liberismo e corporativismo: La


politica economica del primo governo Mussolini combinava elementi liberisti per favorire gli
imprenditori e approcci corporativi per controllare i lavoratori. Si abrogarono leggi che
limitavano il libero mercato e si privatizzarono settori come le assicurazioni e la rete
telefonica. Queste misure favorirono gli interessi dei sostenitori di Mussolini e accelerarono
lo sviluppo industriale. Allo stesso tempo, il governo neutralizzò le conquiste sindacali e
contadine con tasse sui redditi agrari e abrogazione di decreti a favore dei lavoratori agricoli.
Un patto tra sindacati fascisti e Confindustria rafforzò il controllo governativo sulle relazioni
tra datori di lavoro e lavoratori.

Le elezioni del 1924: Il 21 luglio 1923 venne approvata una nuova legge elettorale che
prevedeva un premio di maggioranza per la lista che avesse ottenuto almeno il 25% dei voti.
Nonostante fosse punitiva per le minoranze, fu votata favorevolmente da una parte dei
popolari e del blocco liberale. Questa legge mirava a ridurre la rappresentanza socialista e
comunista nel Parlamento. Alle elezioni del 6 aprile 1924, il "listone" comprendente tutte le
forze pro-governo ottenne la vittoria, ma con una maggioranza meno schiacciante del
previsto.
L’omicidio Matteotti e la “secessione dell’Aventino”: Il 30 maggio 1924, il deputato
socialista Giacomo Matteotti denunciò le violenze e le irregolarità della campagna elettorale,
ma venne rapito e assassinato il 10 giugno da una squadra fascista. Questo scatenò una
grave crisi per il fascismo e l'opposizione si ritirò in protesta. Anche all'interno del Partito
fascista, la crisi generò divisioni tra coloro che approvavano l'omicidio e chi lo disapprovava.
Nonostante le prove della responsabilità di Mussolini, le opposizioni non riuscirono a
rovesciare il regime. Mussolini, il 11 gennaio 1925, dichiarò la sua piena responsabilità per il
delitto, iniziando così il regime dittatoriale. Furono poi adottate misure draconiane contro le
organizzazioni politiche avverse al regime, culminanti nella legge "sulle associazioni
segrete" del 26 novembre 1925, che minacciava la libertà di associazione.

Le basi dello Stato totalitario: Dopo il discorso di Mussolini del 3 gennaio 1925, il governo
italiano si trasformò in uno Stato totalitario, che aboliva le libertà politiche, sindacali e di
stampa. La legge sui poteri del capo del governo del 24 dicembre 1925 consentì a Mussolini
di emanare leggi senza l'approvazione del Parlamento, rendendolo responsabile solo
davanti al re. Le autonomie locali furono smantellate, con l'abolizione dei consigli
comunali e l'istituzione di podestà nominati dal governo. Nel 1928, il Gran consiglio del
fascismo acquisì poteri costituzionali, tra cui il diritto di proporre leggi riguardanti la
successione al trono e i poteri del re. La Camera dei deputati non sarebbe stata più eletta
democraticamente, ma nominata attraverso elezioni "plebiscitarie" controllate dal Gran
consiglio.

L’apparato repressivo: Nei primi giorni di novembre 1926, il Consiglio dei ministri adottò
provvedimenti che soppresse la libertà di stampa, di associazione e di insegnamento,
sciogliendo tutti i partiti tranne il PNF e istituendo il confino di polizia per gli oppositori. Gli
impiegati dello Stato furono obbligati ad iscriversi al partito fascista, che divenne l'unico
partito politico permesso. Le "leggi fascistissime" del 25 novembre 1926 completarono
l'edificazione dello Stato totalitario, vietando la ricostituzione dei partiti sciolti e stabilendo la
confisca dei beni e la revoca della cittadinanza per gli oppositori. Fu istituito il Tribunale
Speciale per la difesa dello Stato, composto da giudici selezionati tra ufficiali e con sede a
Roma, con il potere di giudicare i reati politici e di emettere condanne a morte. Le libertà
sindacali furono soppresse, con la Confindustria e la Confederazione delle corporazioni
fasciste che divennero le uniche rappresentanze degli industriali e dei lavoratori, entrambe
affidate a dirigenti fascisti. La legge del 3 aprile 1926 vietò gli scioperi e la serrata.

La politica economica: A partire dal 1925, il regime fascista abbandonò la politica liberista
e introdusse la "battaglia del grano" per aumentare la produzione nazionale di grano e
ridurre le importazioni. Sebbene non fosse stata raggiunta l'autosufficienza, l'iniziativa ebbe
successo nel ridurre le importazioni di grano. Tuttavia, ciò avvenne a scapito
dell'allevamento e delle colture ortofrutticole. Nel 1926, Mussolini decise la rivalutazione
della lira, stabilendo un cambio a 90 lire per 1 sterlina per stabilizzare l'economia
nazionale. Questo portò a una diminuzione delle esportazioni e a tagli ai salari dei
lavoratori a causa dell'aumento del valore della lira.

L’opposizione al fascismo: Molti liberali, popolari e socialisti sottovalutarono la durata del


regime di Mussolini, pensando che sarebbe finito una volta ripristinato l'ordine. Questa
sottovalutazione, unita a divisioni interne, indebolì l'intero schieramento antifascista. Tra i
popolari, l'ascesa di Pio XI favorì un'ala clericale filo-fascista, mentre nel movimento
socialista c'erano conflitti tra massimalisti, riformisti e comunisti, oltre alla rottura dell'unità
d'azione con la CGDL. Emerse un nuovo antifascismo giovanile, con studenti che aderirono
a movimenti clandestini come l'Unione nazionale delle forze liberali e il giornale "Non
mollare". Anche il PCDI cercò di organizzarsi clandestinamente. La chiusura della rivista "La
Rivoluzione liberale". Benedetto Croce divenne un punto di riferimento importante per molti
antifascisti, promuovendo il Manifesto degli intellettuali antifascisti nel 1925 in risposta al
Manifesto degli intellettuali fascisti.

Capitolo 8
Il totalitarismo fascista
Verso la fine degli anni Venti, il fascismo, con la soppressione delle libertà politiche e
sindacali, rappresentava una netta rottura rispetto agli istituti democratici dello Stato liberale.
Nonostante le aspirazioni totalitarie, il regime fascista poteva essere considerato un
"totalitarismo imperfetto". A differenza di regimi come quello di Hitler in Germania e Stalin
in URSS, il controllo sulla società italiana non fu completo, poiché la monarchia e la Chiesa
conservavano una posizione autonoma rispetto al regime, pur non opponendosi ad esso.

La firma dei Patti lateranensi e il plebiscito


Nel 1929, il fascismo consolidò il suo controllo attraverso due importanti successi politici.
Con la firma dei Patti Lateranensi, l’11 febbraio, venne riconosciuta la piena sovranità del
Papa sulla Città del Vaticano, stabilendo il cattolicesimo come religione di Stato in cambio
del riconoscimento del Regno d'Italia con Roma capitale. Questi accordi, insieme al
Concordato tra Stato e Chiesa, garantirono alla Chiesa la libertà di culto, il
riconoscimento civile del matrimonio religioso e altri privilegi. Questo consolidò il prestigio di
Mussolini internamente e a livello internazionale. Successivamente, il regime indisse un
plebiscito nazionale nel marzo 1929 per eleggere la nuova Camera fascista, con una
lista di nomi predeterminata dal Gran Consiglio del Fascismo. Il risultato fu un forte
consenso, con il sostegno delle gerarchie ecclesiastiche. Successivi plebisciti vennero
aboliti dopo il 1934, e tutti gli organi di rappresentanza furono nominati dall'alto.

Il contrasto con l’Azione cattolica


Il fascismo, come regime totalitario, mirava a controllare completamente l'attività
giovanile, considerando la Chiesa cattolica un avversario temibile. L'Opera Nazionale Balilla
(ONB), istituita nel 1926, organizzava i giovani in fasce d'età, mentre nel 1937 la Gioventù
Italiana del Littorio (GIL) assorbì le organizzazioni giovanili fino ai 21 anni. Le organizzazioni
cattoliche furono limitate a compiti religiosi dopo lo scioglimento dell'Associazione
Scoutistica Italiana nel 1929, ma il regime fascista attaccò anche l'Azione Cattolica nel 1931.
La reazione della Chiesa, attraverso l'enciclica "Non abbiamo bisogno", portò a un
compromesso nel 1931, delimitando l'attività politica dell'Azione Cattolica, ma senza
concedere al regime il monopolio dell'educazione giovanile.

Il progetto dello stato corporativo


Il fascismo trasformò lo Stato (da liberale a totalitario/corporativo) in un modello corporativo,
dove le corporazioni rappresentavano settori produttivi e includevano sia imprenditori che
lavoratori. Le libertà sindacali furono eliminate nel 1926, e nel 1927 la Carta del Lavoro
affidò alle corporazioni il controllo dell'attività produttiva. Nel 1934 furono istituite le vere
corporazioni, e nel 1939 la Camera dei Deputati fu sostituita dalla Camera dei Fasci e delle
Corporazioni, composta da membri nominati dal Partito fascista.

Le strutture repressive
Nel consolidamento del regime dittatoriale, strumenti di repressione come il Tribunale
speciale per la difesa dello Stato, istituito nel 1926, e l'OVRA, una polizia segreta operativa
dal 1927, giocarono un ruolo cruciale. Il Tribunale speciale infliggeva la pena di morte per
atti contro lo Stato, mentre l'OVRA sorvegliava il territorio nazionale tramite una rete di
informatori. Il regime implementò anche nuovi codici penale e di procedura penale nel 1931,
rafforzando le pene per i reati politici e conferendo poteri estesi alle forze di polizia sulla
libertà individuale.

Progetto e ruolo del Partito nazionale fascista


Il regime fascista mirava a controllare ogni aspetto della vita in Italia, guidando le persone
dalla nascita alla morte attraverso lo Stato. Il Partito Nazionale Fascista era il principale
strumento per far diventare gli italiani "perfetti fascisti". Ha visto un grande aumento di iscritti
nel tempo, coinvolgendo milioni di italiani, ma spesso le adesioni erano obbligatorie (ad es
per partecipare ai concorsi statali). Il PNF si concentrava su compiti burocratici e
amministrativi, diventando uno strumento di propaganda per il regime e per il controllo del
consenso, soprattutto con il segretario Achille Starace. La mancanza di dibattito interno e la
dipendenza dal centro hanno impedito al partito di formare una classe dirigente competente.
Le iniziative propagandistiche del regime, come i comizi di Mussolini e gli esercizi ginnici,
erano spesso artificiali e non riuscivano a coinvolgere attivamente la popolazione..

L'opposizione al regime
La politica repressiva del fascismo non riuscì a sopprimere completamente l'opposizione,
diversamente da quanto avvenne in Germania e in URSS. Il Partito Comunista e il
movimento Giustizia e Libertà (GL) cercarono di resistere al regime, denunciando le sue
azioni all'estero e promuovendo il dissenso attraverso la stampa clandestina. Tuttavia, molti
oppositori furono arrestati o uccisi, come Antonio Gramsci (PCI) e Carlo Rosselli (GL).
Nonostante gli sforzi, l'attività clandestina del Partito Comunista era soprattutto per la
sopravvivenza del partito, e il numero di membri diminuì molto nel tempo.

Tra il 1926 e il 1943, migliaia di antifascisti furono denunciati e molti di loro furono inviati al
confine o sottoposti a vigilanza speciale. Molti di loro furono processati dal Tribunale
speciale, principalmente civili (operai, casalinghe e studenti). Il Casellario politico centrale,
controllato dalla polizia, registrò un aumento significativo di fascicoli su sovversivi schedati
(oppositori), indicando una maggiore repressione dell'opposizione durante il regime fascista,
che aveva reso illegali molte attività politiche precedentemente lecite.

Nel 1931, il governo fascista impose ai professori universitari di giurare fedeltà al regime
fascista (tutti gli italiani dai 7 anni dovevano giurare fedeltà). Questo giuramento mirava a
limitare l'indipendenza accademica e il pensiero libero nelle università, che invece era stato
rispettato dallo Stato liberale. Solo dodici professori rifiutarono di giurare, mettendo a rischio
il proprio lavoro e prestigio sociale per seguire le proprie convinzioni morali.
La società fascista è la cultura di massa
Società: il regime fascista istituì numerosi enti e associazioni, come i Fasci femminili e
l'Opera nazionale per la maternità e l'infanzia, oltre al Partito Nazionale Fascista e all'Opera
Nazionale Balilla. Questi formavano una rete intricata che organizzava la società in segmenti
separati per sesso, età e professione, senza possibilità di interazione reciproca tra essi.
Inoltre, furono istituiti organi di controllo culturale, come l'Accademia d'Italia e il Ministero
della Cultura Popolare, per supervisionare il settore della cultura che rappresentava la fonte
principale di potenziale dissenso.

Scuola: Il regime fascista voleva influenzare profondamente il sistema educativo italiano.


Una riforma avviata dal ministro Gentile che mirava a una scuola selettiva. Ridimensionò gli
istituti tecnici, provò a eguagliare la scuola privata (gestita da enti religiosi) e la scuola
pubblica tramite l'esame di Stato e l'introduzione dell'insegnamento religioso nelle scuole
elementari. Si cercava di promuovere la cultura umanistica a scapito dell'istruzione tecnica.
Durante il governo De Vecchi, la scuola divenne uno strumento propagandistico con presidi
e professori in divisa e l'obbligo di dedicare tempo ai riti del regime e l'introduzione di nuove
materie come la cultura militare. La Carta della scuola del 1939 integrò completamente la
scuola nel regime, puntando su discipline come la cultura militare, educazione sportiva e il
lavoro manuale. Furono creati convitti nazionali gratuiti per selezionare gli studenti migliori
dalle classi più povere e inserirli nel regime.

Donne:Il fascismo cercò di promuovere un nuovo ruolo per le donne nella società, accanto a
quelli tradizionali, incoraggiandole a partecipare alla vita pubblica come cittadine, lavoratrici
e consumatrici. Tuttavia, non c'è stata una vera fusione tra questi ruoli.Le organizzazioni
femminili volontarie riflettevano la struttura del Partito Nazionale Fascista.
Nei anni '30, le donne hanno svolto un ruolo importante nella campagna per l'aumento delle
nascite, incentivata dal regime (con incentivi economici e la fondazione dell'Opera nazionale
maternità e infanzia per la tutela di madri e bambini) per aumentare la popolazione e quindi
la forza militare (con l'idea che la potenza di un paese si basasse sul numero di abitanti). La
realtà delle donne italiane non era definita solo dalla politica fascista, ma anche
dall'influenza della Chiesa cattolica, dalla famiglia e dai cambiamenti sociali in atto.

Organizzazione del tempo libero: L'Opera nazionale dopolavoro (OND), fondata nel 1925,
offriva 6 servizi come sport, escursionismo, e assistenza. Questa aveva come obbiettivo
quello di rispondere al bisogno di svago del paese, per occupare il tempo libero, ma allo
stesso tempo è stata fondata con scopi propagandistici. Tuttavia i nuovi intrattenimenti
fascisti, non riuscirono a cancellare le vecchie abitudini sociali. Il gioco delle bocce ad
esempio ritenuto il meno virile dai fascisti, continuò comunque ad avere il maggiore
successo con la maggior parte delle sezioni dell'OND dedicate a questo sport.
La cultura del tempo libero promossa dal regime fascista metteva in secondo piano la
lettura, poiché questa era più "pericolosa" rispetto ad altre attività ricreative; rendendo cosi
l'Italia fascista intellettualmente povera.

Il cinema e la radio: Durante il periodo fascista in Italia, la radio e il cinema sono stati
centrali nel diffondere la cultura di massa e contribuire alla modernizzazione del paese. Il
regime fascista ha compreso il potenziale di questi mezzi per scopi propagandistici. La radio
ha iniziato a trasmettere i discorsi di Mussolini (controllata dal ente EIAR). Fu istituito anche
l'Istituto LUCE, finanziato dallo Stato, per produrre documentari celebrativi sul regime. I
cinema sono stati obbligati a proiettare i cinegiornali (10 min) dell'Istituto LUCE prima dei
film. A fine anni '30, nonostante la propaganda, attraverso cinema e radio si sono
manifestate anche le trasformazioni sociali più profonde, il cinema diventò un intrattenimento
popolare e anche la radio (nonostante il prezzo).

L'economia di regime
Effetti crisi del 1929: colpì l'Italia fascista, ma in modo meno grave rispetto ad altri paesi,
principalmente perché l'economia italiana era meno integrata nel mercato internazionale ,
l'industrializzazione coinvolgeva solo una piccola parte e c'era un'economia di autoconsumo
(zone rurali) Tuttavia, i redditi più bassi subirono le peggiori conseguenze: la produzione
industriale e agricola diminuì, la disoccupazione aumentò e molti piccoli proprietari terrieri
persero le loro terre a causa dei debiti contratti. I titoli industriali in Borsa crollarono, i prezzi
si dimezzarono, i salari diminuirono e il commercio estero si ridusse. La chiusura delle
frontiere economiche bloccò anche i flussi migratori (grave soprattutto per il sud).

Reazione del regime: Il regime fascista affrontò la crisi con la riduzione dei salari dei ceti
meno agiati e un forte sostegno all'industria pesante e bellica. Creò istituti come l'Istituto
Mobiliare Italiano (IMI) nel 1931 e l'Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI) nel 1933 per
aiutare le industrie a coprire le perdite. Questo modello favoriva un capitalismo di Stato, con
interventi diretti dello Stato per sostenere le industrie in difficoltà (alcune volte assumendo
anche il controllo). Furono avviati grandi progetti pubblici per contrastare la disoccupazione,
come la bonifica delle paludi Pontine. Il regime puntò sull'autarchia economica, cercando di
produrre ciò che prima veniva importato. Mussolini introdusse l'autarchia nel 1936, dando
alle corporazioni il controllo sui consumi e la gestione delle materie prime importate,
trasformando lo Stato in finanziatore, produttore e consumatore, specialmente per le
forniture militari.

Conseguenze della crisi nelle campagne: L'agricoltura fu gravemente colpita


dall'autarchia che distrusse le colture per l'esportazione e aumentò la rigidità del mercato,
causando un arresto delle migrazioni interne e un aumento delle tasse. Il regime
propagandava la "sbracciantizzazione", cercando di far passare molti contadini dalla
condizione di braccianti (salariati) a mezzadri (tenevano il 50% del raccolto) o piccoli
proprietari. Tuttavia, questo cambiamento non si verificò come previsto, e alla fine anche i
mezzadri assomigliavano più a braccianti che a veri proprietari. Le condizioni materiali dei
contadini peggiorarono, con riduzioni salariali, minori consumi alimentari e cambiamenti
sfavorevoli nei loro contratti.

Politica Estera
Il fascismo inizialmente seguì una linea diplomatica simile a quella dell'Italia
precedente,Mussolini non si concentrò molto sull'allineamento con altri regimi autoritari in
Europa, ma si focalizzò sulla specificità italiana del suo movimento. Cercò amicizia con
l'Inghilterra e avvicinamento alla Francia. Durante questo periodo, furono firmati alcuni
accordi diplomatici importanti:
● Patto di Roma (Viene riconosciuta la Jugoslavia in cambio della concessione di
Fiume all'Italia.)
● Riconoscimento dell'URSS L'Italia riconosce ufficialmente l'Unione Sovietica come
stato.
● Adesione al Patto per garantire l'intangibilità della frontiera franco-tedesca.
● Adesione al Patto Briand-Kellog Le nazioni aderenti si impegnano a bandire la guerra
dalle relazioni internazionali

La scelta revisionista: Il regime fascista cambiò rotta nel 1932 quando Mussolini assunse il
ruolo di ministro degli Esteri, sostituendo Dino Grandi. La crisi del 1929 portò all'adozione di
una politica militare e preparatoria alla guerra per rilanciare l'industria. L'Italia scelse di
schierarsi con gli Stati revisionisti come Germania, Ungheria e Bulgaria, considerati
ingiustamente danneggiati dai trattati di Parigi. Mussolini cercò di bilanciare tra questi Stati e
quelli favorevoli alla stabilità internazionale come Francia e Gran Bretagna, aspirando a
riaffermare il ruolo internazionale dell'Italia. L'ascesa di Hitler nel 1933 complicò la
situazione, ma Mussolini tentò di mediare firmando il Patto a Quattro nel 1933 con Gran
Bretagna, Francia e Germania.

La guerra d'Etiopia: Nel 1935, Mussolini ottenne il via libera dalla Francia per attaccare
l'Etiopia, che considerava parte del suo disegno di espansione coloniale. L'obiettivo era
costruire un impero per rafforzare il prestigio (recuperare l'onore perso ad Adua Italia
sconfitta da Etiopia) dell'Italia fascista, cercando materie prime e sbocchi per i prodotti
italiani e favorendo flussi migratori verso le colonie. L'attacco fu giustificato da un incidente
tra militari italiani ed etiopi nel 1934 a Ual Ual. Il 3 ottobre 1935, l'Italia attaccò l'Etiopia. Le
truppe italiane avanzarono conquistando Adigrat e Adua, ma l'esercito etiope resistette.
Nonostante la superiorità militare italiana, le truppe abissine opposero una forte resistenza.
La Società delle Nazioni condannò l'aggressione e impose sanzioni economiche all'Italia.
Prende il comando Badoglio e l'obiettivo italiano divenne la distruzione totale delle forze
etiopi. Utilizzando bombardamenti aerei e gas velenosi, l'Italia riuscì infine a piegare
l'esercito etiope e occupare Addis Abeba. Le sanzioni non distrussero l'euforia della vittoria.
Il 9 maggio Mussolini si presenta Imperatore d'Etiopia e viene completato così il sogno
dell'Africa orientale italiana.ù

Avvicinamento tra Italia e Germania: Durante l'impresa d'Etiopia, si avvicinarono Italia e


Germania. In precedenza, avevano divergenze sull'Austria (guidata da Dollfuss che la
voleva indipendente dai nazisti e chiese aiuto ai fascisti). Quando Dollfuss fu ucciso nel
1934, la Germania cercò di annettere l'Austria ma l'Italia intervenne per fermarli.
Durante la guerra d'Etiopia, la Germania non criticò l'Italia e i due paesi rafforzarono i
rapporti economici. L'Italia non supportò invece le misure punitive contro la Germania
quando questa riportò le truppe nella Renania, violando il trattato di Versailles. Il 24 ottobre
del 1936 nacque l'Asse Roma-Berlino, un'alleanza contro il bolscevismo e per intervenire
nella guerra civile spagnola. Nel 1937, l'Italia aderì al Patto anticomintern per contrastare
l'Unione Sovietica ( firmata anche da Germania e Giappone). L'Italia abbandonò l'Austria
alle mire naziste, che fu annessa nel 1938 alla Germania.

Le leggi razziali: Durante l'avvicinamento tra Italia e Germania (caratterizzata dal


antisemitismo), si avviarono leggi razziali e persecuzioni contro gli ebrei. Il 6 ottobre 1938 il
Gran Consiglio approvò la Dichiarazione sulla razza e il decreto legge 1728,che definiva
le linee essenziali della campagna antiebraica .
Le leggi in base alle quali i 30.000 cittadini italiani considerati ebrei erano discriminati con
divieti sull'istruzione, impedimenti al possesso di aziende, proprietà di terre e case, e
limitazioni sulle professioni. Gli ebrei furono esclusi da istituzioni culturali e sportive, le
loro opere furono censurate, e non potevano partecipare a esposizioni artistiche o
rappresentazioni teatrali, musicali o cinematografiche .
Gli ebrei stranieri furono espulsi, mentre agli italiani fu tolta la cittadinanza.Gli ebrei furono
privati di proprietà, lavoro e libertà di espressione, subendo un impatto devastante sulla loro
vita.

CAPITOLO 9
Fragile Repubblica di Weimar: La Repubblica di Weimar, fondata dopo la Prima guerra
mondiale, affrontò molte difficoltà negli anni Venti. Nel 1923, una grave crisi economica
portò al crollo del marco tedesco e a un'iperinflazione. Tuttavia, grazie a un piano economico
statunitense, in Germania si ebbe una ripresa tra il 1924 e il 1929, una stabilità politica ed
economica. Ma la Grande depressione del 1929(negli Stati Uniti) colpì duramente la
Germania (fortemente legata agli Stati Uniti attraverso i prestiti e i capitali statunitensi),
portando al potere Hitler e il nazismo.
La crisi causò bancarotte, chiusure di fabbriche e disoccupazione.

Reazioni politiche alla crisi economica:La crisi economica del 1929 portò alla caduta del
governo sostenuto dai socialdemocratici, dal Centro cattolico e dai liberali in Germania. Il
nuovo governo, guidato da Brüning, implementò politiche di austerità per difendere il valore
del marco e la stabilità del bilancio (senza sostenere i disoccupati), ma questo governo era
instabile e dipendeva dal sostegno dei conservatori o dei socialdemocratici. Alle elezioni del
settembre 1930, i voti per i partiti “estremi” aumentarono, compresi quelli per i
nazionalsocialisti di Hitler, che divennero il secondo partito in parlamento. Hitler sfruttò il
malcontento diffuso tra lavoratori, ceti medi e agricoltori, ottenendo consensi con un discorso
demagogico e radicale.

Instabilità crescente: Le elezioni del 1930 generarono instabilità politica (non c'era una
maggioranza politica), preoccupando gli investitori esteri riguardo alla capacità della
Germania di onorare i debiti di guerra. Ciò causò ritiri di capitali e la chiusura di banche,
aggravando l'economia e aumentando la disoccupazione. Le riduzioni salariali proposte dal
governo Brüning furono osteggiate dai sindacati, mentre le tensioni nazionalistiche
crescevano per la questione delle riparazioni di guerra. Nel 1931, l'annuncio di Brüning
dell'incapacità di pagare le riparazioni portò a una nuova fuga di capitali e alla chiusura di
banche. Un anno dopo, una conferenza a Losanna dichiarò l'insolvibilità della Germania,
risolvendo/cancellando la questione dei debiti di guerra. Nel frattempo, la crisi si intensificò,
alimentando la violenza politica tra le fazioni paramilitari, inclusi I nazionalisti Hitler ( che
disponeva delle SS e SA)

Come Hitler sale al potere: Hitler ha raggiunto il potere in Germania dopo una crescente
crescita elettorale specialmente nel 1930. Anche se ha perso le elezioni presidenziali nel
marzo 1932, ha comunque ottenuto il 37% dei voti, costringendo l'avversario Hindenburg al
ballottaggio (secondo turno). Anche il governo successivo è durato poco. Quando i nazisti
ottennero il maggior numero di seggi alle elezioni del luglio 1932, Hitler rifiutò un ruolo di
vice cancelliere, sapendo che poteva diventare il leader principale con la sua influenza.
Dopo altri tentativi falliti di formare un governo stabile, è stato nominato cancelliere il 30
gennaio 1933 da Hindenburg. È successo in un momento politico confuso, simile a quando
Mussolini ha preso il potere in Italia.

1933 Costruzione della dittatura: Dopo essere diventato cancelliere il 30 gennaio 1933,
Hitler ha subito sciolto il Parlamento e ha organizzato nuove elezioni per il 5 marzo. In nome
dell'anticomunismo il partito nazista ha cercato il sostegno dei conservatori e dei reazionari
per creare una grande Germania (con tutti i popoli tedeschi) e per vendicare l'umiliazione
subita con il trattato di Versailles. Durante la campagna elettorale, le squadre naziste hanno
usato la violenza. Un incendio al palazzo del Reichstag, attribuito a un militante comunista
(anche se compiuto dai nazisti), ha dato a Hitler la scusa per arrestare migliaia di comunisti
e dichiarare il loro partito illegale. In questa occasione venne varata anche la legge "per la
protezione del popolo e dello Stato" che sospese tutti i diritti politici costituzionali. Alle
elezioni, i nazisti hanno vinto con il 43,9% dei voti e Hitler ha ottenuto il potere assoluto il 23
marzo con una legge che gli ha dato il controllo totale del governo e della Costituzione.
Successivamente, ha arrestato i capi sindacali, chiuso le organizzazioni di sinistra e messo
fuori legge tutti i partiti politici tranne il Partito nazista.

Il controllo sulla società:Durante 1933, il regime nazista in Germania ha intensificato il suo


controllo con misure draconiane. Ha abolito i partiti politici oppositori e ha limitato i diritti
politici dei cittadini. Ha licenziato funzionari pubblici sgraditi e non ariani e ha soppresso i
governi locali. Ha istituito la Gestapo, una polizia segreta, e un tribunale speciale(Suprema
corte popolare) per perseguire gli oppositori. Ha avviato la detenzione degli oppositori nei
campi di concentramento (lager). Hitler ha stretto un accordo con la Chiesa cattolica per
ottenere il suo appoggio, nonostante l'opposizione di alcuni cristiani. Ha introdotto leggi per
controllare la religione e la cultura. Molti intellettuali, scienziati e artisti hanno lasciato la
Germania per sfuggire alla repressione. Il governo nazista ha utilizzato la propaganda per
diffondere la sua ideologia e controllare la popolazione.

Il potere del Fuhrer:Dopo aver eliminato gli avversari esterni, Hitler si focalizzò
sull'eliminazione dei dissensi all'interno del nazismo. Tra le varie fazioni ideologiche, le SA di
Röhm promuovevano idee anticapitalistiche, suscitando preoccupazione tra gli industriali e i
militari. Per guadagnare il loro sostegno, Hitler orchestrò la "notte dei lunghi coltelli" il 30
giugno 1934, durante la quale le SS assassinarono Röhm e i suoi seguaci, eliminando così i
vertici delle SA. Questo consolidò il potere di Hitler e assicurò l'approvazione delle forze
armate. Con la morte del presidente Hindenburg, Hitler si proclamò presidente del Reich e
capo delle forze armate, diventando il "Führer", il leader supremo con il potere di legiferare e
con l'obbedienza assoluta delle forze armate, trasformando i cittadini in sudditi devoti.

L’educazione nazista: Il regime nazista tedesco si infiltrò profondamente nella società,


anche attraverso il sistema educativo. Le scuole non formavano più cittadini, ma individui
pronti a sacrificarsi per Hitler. L'istruzione era orientata a un'idea biologica di cittadinanza,
basata sulla razza anziché sui diritti e doveri legali. Il regime nazista promuoveva l'idea che
gli individui dovessero sacrificarsi per il bene della razza, eliminando coloro considerati
malati o non conformi. L'organizzazione giovanile nazista, la Hitlerjugend, era uno strumento
chiave per l'indottrinamento e il controllo dei giovani, mentre un'organizzazione simile si
occupava dell'educazione delle ragazze, enfatizzando il ruolo di madre dei futuri tedeschi.
Con l'obbligatorietà dell'iscrizione nel 1936, i membri della Hitlerjugend aumentarono
significativamente.
Propaganda e indottrinamento: Joseph Goebbels, capo della propaganda nazista dal
1929 e ministro della Propaganda e della Cultura popolare del Terzo Reich dal 1933, giocò
un ruolo chiave nel plasmare le menti dei cittadini tedeschi per adorare Hitler e il regime.
Utilizzando moderni strumenti come la radio, il cinema e la stampa, insieme a riti antichi e
rituali pagani, Goebbels promosse il culto di Hitler e gli ideali nazisti. Organizzò campagne
propagandistiche per eliminare qualsiasi cosa contrastasse con il nazismo, incluse le
persecuzioni antisemite e la distruzione di opere d'arte considerate "degenerate", il rogo di
libri "proibiti".

Gli ebrei-> il nemico assoluto per i nazisti:Hitler salì al potere attingendo alle frustrazioni
dei ceti medi tedeschi(nazista-tipo) dopo la grande crisi economica. Utilizzò l'antisemitismo
viscerale per ottenere il consenso, facendo degli ebrei il capro espiatorio per i problemi del
paese(nemico assoluto). Questo antisemitismo ha caratterizzato sia la sua ascesa al potere
sia la struttura del suo regime totalitario. Ha canalizzato il risentimento causato dalla crisi
economica verso gli ebrei, spesso visti come responsabili della situazione economica.
Inoltre, ha dipinto il nazismo come un'alternativa tedesca alla democrazia, al capitalismo, al
socialismo e al bolscevismo, tutti associati all'ebraismo. Questo ha portato a una serie di
leggi antisemite, tra cui l'espulsione degli ebrei dalla pubblica amministrazione, dal
giornalismo e dall'insegnamento.

L’inizio della persecuzione:Le leggi di Norimberga, emanate il 15 settembre 1935,


rappresentarono l'apice dell'antisemitismo della Germania nazista. Queste leggi proibirono i
matrimoni misti tra ebrei e cittadini tedeschi e privarono gli ebrei della cittadinanza tedesca,
rendendoli stranieri nel loro stesso paese. La notte del 10 novembre 1938, nota come la
"notte dei cristalli", segnò un'escalation di persecuzioni e violenze contro gli ebrei. In risposta
all'uccisione di un diplomatico tedesco a Parigi da parte di un ebreo, vennero distrutte
sinagoghe, negozi ebrei e furono uccisi numerosi ebrei. Successivamente, decine di migliaia
di ebrei furono arrestati e deportati dalle SS, anticipando le atrocità dell'Olocausto durante la
Seconda guerra mondiale. Furono esclusi da tutti gli aspetti della vita civile

Strategia economica contro la crisi: Hitler ottenne sostegno non solo dai ceti medi e dalle
Chiese, ma anche dall'industria tedesca, attratta dalla politica antisindacale del regime e
dalle prospettive di contratti governativi. Nonostante le differenze ideologiche, il regime
adottò una strategia economica con forte intervento dello Stato, (come in USA e l'URSS). Il
"piano Schacht" (1933), guidato dal ministro delle Finanze, prevedeva investimenti in lavori
pubblici e autostrade, creando occupazione e rilanciando l'industria automobilistica. Nel
settore agricolo, il ministro Darré riorganizzò le campagne con limiti sull'indebitamento e
controllo statale sulla produzione e prezzi alimentari. Le scelte economiche si intrecciarono
con una politica estera aggressiva, culminando con l'uscita dalla Società delle Nazioni, il
tentativo di annessione dell'Austria e la reintroduzione del servizio militare obbligatorio nel
1935. Questi primi passi furono solo l'inizio di una politica sempre più aggressiva negli anni
successivi.

Il riarmo e il rilancio dell’industria: A partire dal 1936, l'economia tedesca si concentrò sul
riarmo militare, guidata da Hermann Göring. La produzione industriale raddoppiò entro il
1939, portando a enormi profitti per le grandi aziende belliche. La Germania raggiunse la
piena occupazione in poco tempo, ma i sindacati furono soppressi e i salari aumentarono
solo per i lavoratori specializzati richiesti dall'industria bellica. Una grande parte
dell'economia si concentrò sul riarmo.

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