Cap Storia 6,7,8,9
Cap Storia 6,7,8,9
il crollo del regime zarista: In Russia, le conseguenze della Prima guerra mondiale furono
determinanti per la rivoluzione. La necessità di mantenere un grande esercito al fronte
metteva sotto pressione l'apparato statale e l'economia, ma la Russia era già in difficoltà.
L'agricoltura non riusciva a soddisfare le necessità del paese, i trasporti non funzionavano
bene e c'era corruzione nella burocrazia. Dopo due anni e mezzo di guerra, il regime era
sull'orlo del collasso. Milioni di morti, la fame e il freddo scatenarono scioperi nelle città e
l'opinione pubblica perdeva fiducia nel governo e nello zar. Gli operai, sfruttati duramente
nelle fabbriche, diventarono sempre più radicali. Rifiuto della guerra con tanti disertori. I moti
di protesta (scioperi e manifestazioni contro la guerra e la penuria di cibo) iniziarono alla
fine di febbraio 1917, e la rivolta esplose a San Pietroburgo. Il regime zarista crollò
improvvisamente, e Nicola II abdicò il 15 marzo.
I primi passi del governo rivoluzionario: Il nuovo governo dovette affrontare gravi
emergenze, le più urgenti delle quali erano il coinvolgimento nella prima guerra mondiale e
l’esigenza di ottenere la fiducia del mondo contadino, che chiedeva pace e terra. Proprio per
questo furono approvati 2 decreti:
1. Abolizione della grande proprietà terriera senza indennizzi (diritto a possedere un
terreno fin quando fosse stato lavorato).
2. Stringere una pace democratica con i paesi coinvolti nella Grande guerra( si
scontrava con la Germania, la quale stava avanzando nei territori Russi).
Cosi con il trattato di Brest-Litovsk (3 marzo 1918), la Russia rivoluzionaria fu costretta ad
accettare una pace umiliante, che ne ridusse considerevolmente il territorio, privandola di
importanti risorse economiche.
La nuova politica economica: La Nuova politica economica (NEP) del 1921 introdusse
misure per ottenere il consenso dei contadini (fetta più numerosa della popolazione con un
peso notevole nelle elezioni), come la libertà di vendere i prodotti agricoli e la riduzione delle
tasse. Furono avviate riforme nell'istruzione, sanità e assistenza sociale. Nel settore
industriale, la NEP permise ai privati di gestire piccole imprese e ridusse i controlli e le
imposte.
Lo stalinismo: Dopo la morte di Lenin nel 1924, Stalin consolidò il suo potere eliminando
Trockij e altri rivali, instaurando una dittatura personale che portò alle” grandi purghe” (che
elimino, anche fisicamente, i vecchi rivoluzionari dal partito e dall'esercito) e al "grande
terrore" (1937-1938 una repressione di massa che colpì vari strati della popolazione, definiti
“antisovietici”).
Dopo aver posto fine alla NEP nel 1927, Stalin puntò sull'industrializzazione del paese,
intensificando lo sfruttamento delle campagne, gravando di tasse i contadini ricchi (i kulaki)
e aumentando il divario tra i prezzi dei prodotti agricoli e quelli industriali, a scapito dei primi.
Le campagne furono collettivizzate a forza, con la creazione dei sovchoz, aziende agricole
statali, e dei kolchoz, fattorie condotte collettivamente dai contadini; le loro resistenze furono
piegate: nel 1930 venne avviata la dekulakizzazione, che prevedeva l'eliminazione o la
deportazione con la confisca dei beni dei contadini agiati. Questa situazione, sommata ad
annate di cattivi raccolti, scatenò la terribile carestia del 1932-1933.
Le scelte violente e autoritarie di Stalin raggiunsero gli obiettivi prefissati: l'industria conobbe
uno sviluppo molto intenso e accelerato, e alla fine degli anni Trenta l'urss occupava il terzo
posto nella produzione industriale mondiale dopo USA e Germania.
Il prezzo pagato fu altissimo. L'Unione Sovietica di Stalin imboccò la strada della
cancellazione dei diritti umani e civili e dell'eliminazione fisica di milioni di uomini nei
campi di lavoro forzato (organizzati nel sistema del Gulag), il cui sfruttamento negli anni
Trenta divenne una risorsa economica strategica.
CAPITOLO 7
L’eredità della guerra: Dopo la guerra, l'Italia affrontò gravi problemi economici, come il
debito pubblico elevato e l'inflazione dovuta alla massiccia emissione di carta moneta. Le
fabbriche belliche dovevano adattarsi al mercato postbellico e i reduci, numerosi dopo il
conflitto, facevano fatica a trovare lavoro. Nel 1919, ci fu un'ondata di scioperi contro
l'aumento dei prezzi, segno di un diffuso malcontento che portò a saccheggi e tumulti,
soprattutto nel centro-nord Italia.
La pace di Parigi e la vicenda di Fiume: Dopo la guerra, la violenza era vista come il
mezzo principale per risolvere i conflitti politici, minando la fiducia nella democrazia e nelle
relazioni diplomatiche. Durante la conferenza di pace di Parigi, l'Italia cercò di ottenere
territori promessi, inclusa la città di Fiume, provocando tensioni con la neonata Jugoslavia.
Il trattato di pace di Saint-Germain del 1919 assegnò all'Italia alcune regioni, non
soddisfacendo tutte le rivendicazioni, generando malcontento e l'espressione di una "vittoria
mutilata" da parte di d'Annunzio. Quest'ultimo occupò Fiume nel settembre 1919, con
un'iniziativa militare illegale. La crisi si concluse nel 1920 con il trattato di Rapallo, che
conferì a Fiume uno status indipendente, ma d'Annunzio rifiutò di accettarlo, causando un
intervento militare italiano e la sua resa nel 1921.
PARTITI
Il partito socialista: Dopo la guerra, l'Italia fu attraversata da un'ampia partecipazione
politica, portando alla formazione di partiti di massa. Il Partito Socialista Italiano (PSI)
ottenne un grande successo alle elezioni del 1919, ma era diviso tra massimalisti (Serrati),
desiderosi di una repubblica socialista alla maniera bolscevica, e riformisti (Turati), che
difendevano il "compromesso giolittiano". Nonostante la vittoria dei massimalisti al
congresso del 1919 e l'adesione alla Terza Internazionale, il partito non riuscì a sfruttare la
sua forza parlamentare, rimanendo bloccato in estremismo verbale.
Il partito popolare: Il Partito Popolare Italiano (PPI), fondato da don Luigi Sturzo nel
1919, emerse come una forza politica rilevante nel dopoguerra, ottenne il supporto del Papa
(Benedetto 15)con la definitiva abolizione del Non expedit. Il PPI si distinse per la difesa
della libertà religiosa e di insegnamento, il sostegno al movimento cooperativistico e la
promozione della piccola proprietà contadina. Con ministri presenti in tutti i governi, il PPI si
pose come parte essenziale delle coalizioni di maggioranza. Soprattutto nel Sud, riuscì a
competere efficacemente con i socialisti, offrendo un'alternativa alle spinte rivoluzionarie.
Nonostante avessero il potenziale per formare una maggioranza parlamentare con i
socialisti, le divergenze ideologiche e il rifiuto di collaborare con i liberali in declino portarono
a un'instabilità politica persistente.
La nascita del Partito comunista d'Italia: Nel Partito Socialista si sviluppò una corrente
più estremista, la frazione comunista, che respingeva sia il gradualismo dei riformisti sia ai
massimalisti. Questa corrente propugnava una linea rivoluzionaria. I principali centri di
diffusione furono l'Ordine Nuovo e la corrente astensionista. Dopo il fallimento
dell'occupazione delle fabbriche nel 1920, vista come potenziale inizio della rivoluzione, la
frattura con il resto del partito si approfondì. Ciò portò alla scissione e alla fondazione del
Partito Comunista d'Italia (PCDI) nel gennaio 1921. Questa divisione indebolì
ulteriormente il PSI.
FASCISMO
I fasci di combattimento: Il fascismo, emerso in Italia tra il 1919 e il 1922, è stato un
evento significativo del dopoguerra italiano. Fondato da Benito Mussolini a Milano nel
marzo 1919, il movimento dei Fasci italiani di combattimento si presentava come
anti-socialista, anticlericale e anti-monarchico, cercando sostegno da varie fazioni politiche.
Composto principalmente da ex combattenti, interventisti e sindacalisti rivoluzionari, il
movimento contava anche su futuristi (intellettuali) e "arditi"(prima forza armata). La
leadership di Mussolini e l'uso della violenza contro gli avversari politici furono cruciali per
la sua ascesa. Nonostante una deludente performance alle elezioni del novembre 1919, il
fascismo sarebbe diventato una forza politica dominante in Italia.
La trasformazione del fascismo: Dopo l'insuccesso elettorale del fascismo nel novembre
1919, si aprì un periodo di incertezza politica fino all'estate del 1920. Il movimento fascista si
trasformò, con un nuovo focus sull'agricoltura. Nacque il fascismo agrario, guidato da
leader locali(ras), che organizzavano "squadre d'azione" (camicia nera) per attaccare i
municipi socialisti e le cooperative. Queste squadre usavano violenza fisica, spesso
umiliante, contro i loro oppositori. La violenza fascista si diffuse rapidamente, colpendo
principalmente socialisti e sindacati. La violenza fascista si estese dalle campagne alle
città, diventando una caratteristica del paesaggio politico italiano.
Il rischio della guerra civile: Lo squadrismo incarnava la brutalità del fascismo, contraria
alla democrazia e alle libertà politiche. Nonostante la sua illegalità, fu essenziale per la
vittoria del fascismo, ottenendo consensi anche da ceti moderati e agiati spaventati dalle
lotte sociali. L'appoggio delle forze dell'ordine e dello Stato, insieme all'armamento fornito
dall'esercito, diede ai squadristi libertà d'azione. L'Italia si trovava sull'orlo della guerra civile.
Mussolini e la sua tecnica politica: Di fronte all'inerzia dello Stato nel mantenere l'ordine, il
fascismo si presentò sia come forza d’ordine che come forza rivoluzionaria, promettendo
sia il ripristino dell'autorità statale sia una rivoluzione. Mussolini utilizzò la violenza delle sue
squadre per sconfiggere i socialisti (i rossi), guadagnando così legittimità agli occhi della
classe politica esistente e dell'opinione pubblica. Giolitti, senza comprendere appieno il
fascismo, cercò di integrarlo nella coalizione conservatrice, ma Mussolini sfruttò la violenza
elettorale per ottenere un successo significativo alle elezioni del 1921, consolidando il
proprio potere politico.
La nascita del partito nazionale fascista: Il tentativo di Giolitti e dei liberali di legalizzare il
fascismo dopo averne sfruttato la violenza si rivelò un grave errore. Mussolini accettò solo il
Patto di pacificazione, che ebbe scarso effetto pratico ma causò una ribellione interna tra
gli estremisti fascisti. Il congresso del novembre 1921 portò alla fondazione del Partito
Nazionale Fascista (PNF), permettendo a Mussolini di consolidare il suo potere con una
struttura organizzativa più disciplinata. Il fascismo guadagnò consensi attraverso la violenza
contro i suoi oppositori e una politica estera antitedesca, un programma economico liberista
e alleanze parlamentari. Con il favore del Vaticano e del re, Vittorio Emanuele III, e la
soppressione delle opposizioni comuniste e socialiste, il fascismo ottenne il consenso di
tutte le componenti del blocco dominante.
La presa del potere: la marcia su Roma: La marcia su Roma, evento culminante del
movimento mussoliniano, fu principalmente simbolica poiché l'esercito era neutralizzato e il
potere era già favorevole al fascismo. Il 26 ottobre 1922 i fascisti, guidati da un
quadrumvirato, occuparono gradualmente Roma, costringendo il 27 ottobre al governo di
dimettersi. Il 28 ottobre il re, invece di opporsi, invitò Mussolini a formare un nuovo governo,
che incluse anche ministri non fascisti, risultando in una collaborazione parlamentare. La
rivoluzione non si era ancora verificata.
La tattica del “doppio binario”: Una volta al potere, Mussolini mantenne una doppia
strategia. Da un lato, cercò il dialogo con le forze politiche di centro e destra, mentre
dall'altro continuò a utilizzare la violenza. Integrò le squadre fasciste nello Stato tramite la
Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (MVSN), controllandole e mantenendo
un'organizzazione armata del partito. Fu istituito il Gran consiglio del fascismo per guidare
l'azione del governo, sotto il suo stretto controllo.
Le elezioni del 1924: Il 21 luglio 1923 venne approvata una nuova legge elettorale che
prevedeva un premio di maggioranza per la lista che avesse ottenuto almeno il 25% dei voti.
Nonostante fosse punitiva per le minoranze, fu votata favorevolmente da una parte dei
popolari e del blocco liberale. Questa legge mirava a ridurre la rappresentanza socialista e
comunista nel Parlamento. Alle elezioni del 6 aprile 1924, il "listone" comprendente tutte le
forze pro-governo ottenne la vittoria, ma con una maggioranza meno schiacciante del
previsto.
L’omicidio Matteotti e la “secessione dell’Aventino”: Il 30 maggio 1924, il deputato
socialista Giacomo Matteotti denunciò le violenze e le irregolarità della campagna elettorale,
ma venne rapito e assassinato il 10 giugno da una squadra fascista. Questo scatenò una
grave crisi per il fascismo e l'opposizione si ritirò in protesta. Anche all'interno del Partito
fascista, la crisi generò divisioni tra coloro che approvavano l'omicidio e chi lo disapprovava.
Nonostante le prove della responsabilità di Mussolini, le opposizioni non riuscirono a
rovesciare il regime. Mussolini, il 11 gennaio 1925, dichiarò la sua piena responsabilità per il
delitto, iniziando così il regime dittatoriale. Furono poi adottate misure draconiane contro le
organizzazioni politiche avverse al regime, culminanti nella legge "sulle associazioni
segrete" del 26 novembre 1925, che minacciava la libertà di associazione.
Le basi dello Stato totalitario: Dopo il discorso di Mussolini del 3 gennaio 1925, il governo
italiano si trasformò in uno Stato totalitario, che aboliva le libertà politiche, sindacali e di
stampa. La legge sui poteri del capo del governo del 24 dicembre 1925 consentì a Mussolini
di emanare leggi senza l'approvazione del Parlamento, rendendolo responsabile solo
davanti al re. Le autonomie locali furono smantellate, con l'abolizione dei consigli
comunali e l'istituzione di podestà nominati dal governo. Nel 1928, il Gran consiglio del
fascismo acquisì poteri costituzionali, tra cui il diritto di proporre leggi riguardanti la
successione al trono e i poteri del re. La Camera dei deputati non sarebbe stata più eletta
democraticamente, ma nominata attraverso elezioni "plebiscitarie" controllate dal Gran
consiglio.
L’apparato repressivo: Nei primi giorni di novembre 1926, il Consiglio dei ministri adottò
provvedimenti che soppresse la libertà di stampa, di associazione e di insegnamento,
sciogliendo tutti i partiti tranne il PNF e istituendo il confino di polizia per gli oppositori. Gli
impiegati dello Stato furono obbligati ad iscriversi al partito fascista, che divenne l'unico
partito politico permesso. Le "leggi fascistissime" del 25 novembre 1926 completarono
l'edificazione dello Stato totalitario, vietando la ricostituzione dei partiti sciolti e stabilendo la
confisca dei beni e la revoca della cittadinanza per gli oppositori. Fu istituito il Tribunale
Speciale per la difesa dello Stato, composto da giudici selezionati tra ufficiali e con sede a
Roma, con il potere di giudicare i reati politici e di emettere condanne a morte. Le libertà
sindacali furono soppresse, con la Confindustria e la Confederazione delle corporazioni
fasciste che divennero le uniche rappresentanze degli industriali e dei lavoratori, entrambe
affidate a dirigenti fascisti. La legge del 3 aprile 1926 vietò gli scioperi e la serrata.
La politica economica: A partire dal 1925, il regime fascista abbandonò la politica liberista
e introdusse la "battaglia del grano" per aumentare la produzione nazionale di grano e
ridurre le importazioni. Sebbene non fosse stata raggiunta l'autosufficienza, l'iniziativa ebbe
successo nel ridurre le importazioni di grano. Tuttavia, ciò avvenne a scapito
dell'allevamento e delle colture ortofrutticole. Nel 1926, Mussolini decise la rivalutazione
della lira, stabilendo un cambio a 90 lire per 1 sterlina per stabilizzare l'economia
nazionale. Questo portò a una diminuzione delle esportazioni e a tagli ai salari dei
lavoratori a causa dell'aumento del valore della lira.
Capitolo 8
Il totalitarismo fascista
Verso la fine degli anni Venti, il fascismo, con la soppressione delle libertà politiche e
sindacali, rappresentava una netta rottura rispetto agli istituti democratici dello Stato liberale.
Nonostante le aspirazioni totalitarie, il regime fascista poteva essere considerato un
"totalitarismo imperfetto". A differenza di regimi come quello di Hitler in Germania e Stalin
in URSS, il controllo sulla società italiana non fu completo, poiché la monarchia e la Chiesa
conservavano una posizione autonoma rispetto al regime, pur non opponendosi ad esso.
Le strutture repressive
Nel consolidamento del regime dittatoriale, strumenti di repressione come il Tribunale
speciale per la difesa dello Stato, istituito nel 1926, e l'OVRA, una polizia segreta operativa
dal 1927, giocarono un ruolo cruciale. Il Tribunale speciale infliggeva la pena di morte per
atti contro lo Stato, mentre l'OVRA sorvegliava il territorio nazionale tramite una rete di
informatori. Il regime implementò anche nuovi codici penale e di procedura penale nel 1931,
rafforzando le pene per i reati politici e conferendo poteri estesi alle forze di polizia sulla
libertà individuale.
L'opposizione al regime
La politica repressiva del fascismo non riuscì a sopprimere completamente l'opposizione,
diversamente da quanto avvenne in Germania e in URSS. Il Partito Comunista e il
movimento Giustizia e Libertà (GL) cercarono di resistere al regime, denunciando le sue
azioni all'estero e promuovendo il dissenso attraverso la stampa clandestina. Tuttavia, molti
oppositori furono arrestati o uccisi, come Antonio Gramsci (PCI) e Carlo Rosselli (GL).
Nonostante gli sforzi, l'attività clandestina del Partito Comunista era soprattutto per la
sopravvivenza del partito, e il numero di membri diminuì molto nel tempo.
Tra il 1926 e il 1943, migliaia di antifascisti furono denunciati e molti di loro furono inviati al
confine o sottoposti a vigilanza speciale. Molti di loro furono processati dal Tribunale
speciale, principalmente civili (operai, casalinghe e studenti). Il Casellario politico centrale,
controllato dalla polizia, registrò un aumento significativo di fascicoli su sovversivi schedati
(oppositori), indicando una maggiore repressione dell'opposizione durante il regime fascista,
che aveva reso illegali molte attività politiche precedentemente lecite.
Nel 1931, il governo fascista impose ai professori universitari di giurare fedeltà al regime
fascista (tutti gli italiani dai 7 anni dovevano giurare fedeltà). Questo giuramento mirava a
limitare l'indipendenza accademica e il pensiero libero nelle università, che invece era stato
rispettato dallo Stato liberale. Solo dodici professori rifiutarono di giurare, mettendo a rischio
il proprio lavoro e prestigio sociale per seguire le proprie convinzioni morali.
La società fascista è la cultura di massa
Società: il regime fascista istituì numerosi enti e associazioni, come i Fasci femminili e
l'Opera nazionale per la maternità e l'infanzia, oltre al Partito Nazionale Fascista e all'Opera
Nazionale Balilla. Questi formavano una rete intricata che organizzava la società in segmenti
separati per sesso, età e professione, senza possibilità di interazione reciproca tra essi.
Inoltre, furono istituiti organi di controllo culturale, come l'Accademia d'Italia e il Ministero
della Cultura Popolare, per supervisionare il settore della cultura che rappresentava la fonte
principale di potenziale dissenso.
Donne:Il fascismo cercò di promuovere un nuovo ruolo per le donne nella società, accanto a
quelli tradizionali, incoraggiandole a partecipare alla vita pubblica come cittadine, lavoratrici
e consumatrici. Tuttavia, non c'è stata una vera fusione tra questi ruoli.Le organizzazioni
femminili volontarie riflettevano la struttura del Partito Nazionale Fascista.
Nei anni '30, le donne hanno svolto un ruolo importante nella campagna per l'aumento delle
nascite, incentivata dal regime (con incentivi economici e la fondazione dell'Opera nazionale
maternità e infanzia per la tutela di madri e bambini) per aumentare la popolazione e quindi
la forza militare (con l'idea che la potenza di un paese si basasse sul numero di abitanti). La
realtà delle donne italiane non era definita solo dalla politica fascista, ma anche
dall'influenza della Chiesa cattolica, dalla famiglia e dai cambiamenti sociali in atto.
Organizzazione del tempo libero: L'Opera nazionale dopolavoro (OND), fondata nel 1925,
offriva 6 servizi come sport, escursionismo, e assistenza. Questa aveva come obbiettivo
quello di rispondere al bisogno di svago del paese, per occupare il tempo libero, ma allo
stesso tempo è stata fondata con scopi propagandistici. Tuttavia i nuovi intrattenimenti
fascisti, non riuscirono a cancellare le vecchie abitudini sociali. Il gioco delle bocce ad
esempio ritenuto il meno virile dai fascisti, continuò comunque ad avere il maggiore
successo con la maggior parte delle sezioni dell'OND dedicate a questo sport.
La cultura del tempo libero promossa dal regime fascista metteva in secondo piano la
lettura, poiché questa era più "pericolosa" rispetto ad altre attività ricreative; rendendo cosi
l'Italia fascista intellettualmente povera.
Il cinema e la radio: Durante il periodo fascista in Italia, la radio e il cinema sono stati
centrali nel diffondere la cultura di massa e contribuire alla modernizzazione del paese. Il
regime fascista ha compreso il potenziale di questi mezzi per scopi propagandistici. La radio
ha iniziato a trasmettere i discorsi di Mussolini (controllata dal ente EIAR). Fu istituito anche
l'Istituto LUCE, finanziato dallo Stato, per produrre documentari celebrativi sul regime. I
cinema sono stati obbligati a proiettare i cinegiornali (10 min) dell'Istituto LUCE prima dei
film. A fine anni '30, nonostante la propaganda, attraverso cinema e radio si sono
manifestate anche le trasformazioni sociali più profonde, il cinema diventò un intrattenimento
popolare e anche la radio (nonostante il prezzo).
L'economia di regime
Effetti crisi del 1929: colpì l'Italia fascista, ma in modo meno grave rispetto ad altri paesi,
principalmente perché l'economia italiana era meno integrata nel mercato internazionale ,
l'industrializzazione coinvolgeva solo una piccola parte e c'era un'economia di autoconsumo
(zone rurali) Tuttavia, i redditi più bassi subirono le peggiori conseguenze: la produzione
industriale e agricola diminuì, la disoccupazione aumentò e molti piccoli proprietari terrieri
persero le loro terre a causa dei debiti contratti. I titoli industriali in Borsa crollarono, i prezzi
si dimezzarono, i salari diminuirono e il commercio estero si ridusse. La chiusura delle
frontiere economiche bloccò anche i flussi migratori (grave soprattutto per il sud).
Reazione del regime: Il regime fascista affrontò la crisi con la riduzione dei salari dei ceti
meno agiati e un forte sostegno all'industria pesante e bellica. Creò istituti come l'Istituto
Mobiliare Italiano (IMI) nel 1931 e l'Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI) nel 1933 per
aiutare le industrie a coprire le perdite. Questo modello favoriva un capitalismo di Stato, con
interventi diretti dello Stato per sostenere le industrie in difficoltà (alcune volte assumendo
anche il controllo). Furono avviati grandi progetti pubblici per contrastare la disoccupazione,
come la bonifica delle paludi Pontine. Il regime puntò sull'autarchia economica, cercando di
produrre ciò che prima veniva importato. Mussolini introdusse l'autarchia nel 1936, dando
alle corporazioni il controllo sui consumi e la gestione delle materie prime importate,
trasformando lo Stato in finanziatore, produttore e consumatore, specialmente per le
forniture militari.
Politica Estera
Il fascismo inizialmente seguì una linea diplomatica simile a quella dell'Italia
precedente,Mussolini non si concentrò molto sull'allineamento con altri regimi autoritari in
Europa, ma si focalizzò sulla specificità italiana del suo movimento. Cercò amicizia con
l'Inghilterra e avvicinamento alla Francia. Durante questo periodo, furono firmati alcuni
accordi diplomatici importanti:
● Patto di Roma (Viene riconosciuta la Jugoslavia in cambio della concessione di
Fiume all'Italia.)
● Riconoscimento dell'URSS L'Italia riconosce ufficialmente l'Unione Sovietica come
stato.
● Adesione al Patto per garantire l'intangibilità della frontiera franco-tedesca.
● Adesione al Patto Briand-Kellog Le nazioni aderenti si impegnano a bandire la guerra
dalle relazioni internazionali
La scelta revisionista: Il regime fascista cambiò rotta nel 1932 quando Mussolini assunse il
ruolo di ministro degli Esteri, sostituendo Dino Grandi. La crisi del 1929 portò all'adozione di
una politica militare e preparatoria alla guerra per rilanciare l'industria. L'Italia scelse di
schierarsi con gli Stati revisionisti come Germania, Ungheria e Bulgaria, considerati
ingiustamente danneggiati dai trattati di Parigi. Mussolini cercò di bilanciare tra questi Stati e
quelli favorevoli alla stabilità internazionale come Francia e Gran Bretagna, aspirando a
riaffermare il ruolo internazionale dell'Italia. L'ascesa di Hitler nel 1933 complicò la
situazione, ma Mussolini tentò di mediare firmando il Patto a Quattro nel 1933 con Gran
Bretagna, Francia e Germania.
La guerra d'Etiopia: Nel 1935, Mussolini ottenne il via libera dalla Francia per attaccare
l'Etiopia, che considerava parte del suo disegno di espansione coloniale. L'obiettivo era
costruire un impero per rafforzare il prestigio (recuperare l'onore perso ad Adua Italia
sconfitta da Etiopia) dell'Italia fascista, cercando materie prime e sbocchi per i prodotti
italiani e favorendo flussi migratori verso le colonie. L'attacco fu giustificato da un incidente
tra militari italiani ed etiopi nel 1934 a Ual Ual. Il 3 ottobre 1935, l'Italia attaccò l'Etiopia. Le
truppe italiane avanzarono conquistando Adigrat e Adua, ma l'esercito etiope resistette.
Nonostante la superiorità militare italiana, le truppe abissine opposero una forte resistenza.
La Società delle Nazioni condannò l'aggressione e impose sanzioni economiche all'Italia.
Prende il comando Badoglio e l'obiettivo italiano divenne la distruzione totale delle forze
etiopi. Utilizzando bombardamenti aerei e gas velenosi, l'Italia riuscì infine a piegare
l'esercito etiope e occupare Addis Abeba. Le sanzioni non distrussero l'euforia della vittoria.
Il 9 maggio Mussolini si presenta Imperatore d'Etiopia e viene completato così il sogno
dell'Africa orientale italiana.ù
CAPITOLO 9
Fragile Repubblica di Weimar: La Repubblica di Weimar, fondata dopo la Prima guerra
mondiale, affrontò molte difficoltà negli anni Venti. Nel 1923, una grave crisi economica
portò al crollo del marco tedesco e a un'iperinflazione. Tuttavia, grazie a un piano economico
statunitense, in Germania si ebbe una ripresa tra il 1924 e il 1929, una stabilità politica ed
economica. Ma la Grande depressione del 1929(negli Stati Uniti) colpì duramente la
Germania (fortemente legata agli Stati Uniti attraverso i prestiti e i capitali statunitensi),
portando al potere Hitler e il nazismo.
La crisi causò bancarotte, chiusure di fabbriche e disoccupazione.
Reazioni politiche alla crisi economica:La crisi economica del 1929 portò alla caduta del
governo sostenuto dai socialdemocratici, dal Centro cattolico e dai liberali in Germania. Il
nuovo governo, guidato da Brüning, implementò politiche di austerità per difendere il valore
del marco e la stabilità del bilancio (senza sostenere i disoccupati), ma questo governo era
instabile e dipendeva dal sostegno dei conservatori o dei socialdemocratici. Alle elezioni del
settembre 1930, i voti per i partiti “estremi” aumentarono, compresi quelli per i
nazionalsocialisti di Hitler, che divennero il secondo partito in parlamento. Hitler sfruttò il
malcontento diffuso tra lavoratori, ceti medi e agricoltori, ottenendo consensi con un discorso
demagogico e radicale.
Instabilità crescente: Le elezioni del 1930 generarono instabilità politica (non c'era una
maggioranza politica), preoccupando gli investitori esteri riguardo alla capacità della
Germania di onorare i debiti di guerra. Ciò causò ritiri di capitali e la chiusura di banche,
aggravando l'economia e aumentando la disoccupazione. Le riduzioni salariali proposte dal
governo Brüning furono osteggiate dai sindacati, mentre le tensioni nazionalistiche
crescevano per la questione delle riparazioni di guerra. Nel 1931, l'annuncio di Brüning
dell'incapacità di pagare le riparazioni portò a una nuova fuga di capitali e alla chiusura di
banche. Un anno dopo, una conferenza a Losanna dichiarò l'insolvibilità della Germania,
risolvendo/cancellando la questione dei debiti di guerra. Nel frattempo, la crisi si intensificò,
alimentando la violenza politica tra le fazioni paramilitari, inclusi I nazionalisti Hitler ( che
disponeva delle SS e SA)
Come Hitler sale al potere: Hitler ha raggiunto il potere in Germania dopo una crescente
crescita elettorale specialmente nel 1930. Anche se ha perso le elezioni presidenziali nel
marzo 1932, ha comunque ottenuto il 37% dei voti, costringendo l'avversario Hindenburg al
ballottaggio (secondo turno). Anche il governo successivo è durato poco. Quando i nazisti
ottennero il maggior numero di seggi alle elezioni del luglio 1932, Hitler rifiutò un ruolo di
vice cancelliere, sapendo che poteva diventare il leader principale con la sua influenza.
Dopo altri tentativi falliti di formare un governo stabile, è stato nominato cancelliere il 30
gennaio 1933 da Hindenburg. È successo in un momento politico confuso, simile a quando
Mussolini ha preso il potere in Italia.
1933 Costruzione della dittatura: Dopo essere diventato cancelliere il 30 gennaio 1933,
Hitler ha subito sciolto il Parlamento e ha organizzato nuove elezioni per il 5 marzo. In nome
dell'anticomunismo il partito nazista ha cercato il sostegno dei conservatori e dei reazionari
per creare una grande Germania (con tutti i popoli tedeschi) e per vendicare l'umiliazione
subita con il trattato di Versailles. Durante la campagna elettorale, le squadre naziste hanno
usato la violenza. Un incendio al palazzo del Reichstag, attribuito a un militante comunista
(anche se compiuto dai nazisti), ha dato a Hitler la scusa per arrestare migliaia di comunisti
e dichiarare il loro partito illegale. In questa occasione venne varata anche la legge "per la
protezione del popolo e dello Stato" che sospese tutti i diritti politici costituzionali. Alle
elezioni, i nazisti hanno vinto con il 43,9% dei voti e Hitler ha ottenuto il potere assoluto il 23
marzo con una legge che gli ha dato il controllo totale del governo e della Costituzione.
Successivamente, ha arrestato i capi sindacali, chiuso le organizzazioni di sinistra e messo
fuori legge tutti i partiti politici tranne il Partito nazista.
Il potere del Fuhrer:Dopo aver eliminato gli avversari esterni, Hitler si focalizzò
sull'eliminazione dei dissensi all'interno del nazismo. Tra le varie fazioni ideologiche, le SA di
Röhm promuovevano idee anticapitalistiche, suscitando preoccupazione tra gli industriali e i
militari. Per guadagnare il loro sostegno, Hitler orchestrò la "notte dei lunghi coltelli" il 30
giugno 1934, durante la quale le SS assassinarono Röhm e i suoi seguaci, eliminando così i
vertici delle SA. Questo consolidò il potere di Hitler e assicurò l'approvazione delle forze
armate. Con la morte del presidente Hindenburg, Hitler si proclamò presidente del Reich e
capo delle forze armate, diventando il "Führer", il leader supremo con il potere di legiferare e
con l'obbedienza assoluta delle forze armate, trasformando i cittadini in sudditi devoti.
Gli ebrei-> il nemico assoluto per i nazisti:Hitler salì al potere attingendo alle frustrazioni
dei ceti medi tedeschi(nazista-tipo) dopo la grande crisi economica. Utilizzò l'antisemitismo
viscerale per ottenere il consenso, facendo degli ebrei il capro espiatorio per i problemi del
paese(nemico assoluto). Questo antisemitismo ha caratterizzato sia la sua ascesa al potere
sia la struttura del suo regime totalitario. Ha canalizzato il risentimento causato dalla crisi
economica verso gli ebrei, spesso visti come responsabili della situazione economica.
Inoltre, ha dipinto il nazismo come un'alternativa tedesca alla democrazia, al capitalismo, al
socialismo e al bolscevismo, tutti associati all'ebraismo. Questo ha portato a una serie di
leggi antisemite, tra cui l'espulsione degli ebrei dalla pubblica amministrazione, dal
giornalismo e dall'insegnamento.
Strategia economica contro la crisi: Hitler ottenne sostegno non solo dai ceti medi e dalle
Chiese, ma anche dall'industria tedesca, attratta dalla politica antisindacale del regime e
dalle prospettive di contratti governativi. Nonostante le differenze ideologiche, il regime
adottò una strategia economica con forte intervento dello Stato, (come in USA e l'URSS). Il
"piano Schacht" (1933), guidato dal ministro delle Finanze, prevedeva investimenti in lavori
pubblici e autostrade, creando occupazione e rilanciando l'industria automobilistica. Nel
settore agricolo, il ministro Darré riorganizzò le campagne con limiti sull'indebitamento e
controllo statale sulla produzione e prezzi alimentari. Le scelte economiche si intrecciarono
con una politica estera aggressiva, culminando con l'uscita dalla Società delle Nazioni, il
tentativo di annessione dell'Austria e la reintroduzione del servizio militare obbligatorio nel
1935. Questi primi passi furono solo l'inizio di una politica sempre più aggressiva negli anni
successivi.
Il riarmo e il rilancio dell’industria: A partire dal 1936, l'economia tedesca si concentrò sul
riarmo militare, guidata da Hermann Göring. La produzione industriale raddoppiò entro il
1939, portando a enormi profitti per le grandi aziende belliche. La Germania raggiunse la
piena occupazione in poco tempo, ma i sindacati furono soppressi e i salari aumentarono
solo per i lavoratori specializzati richiesti dall'industria bellica. Una grande parte
dell'economia si concentrò sul riarmo.