Prima Lezione Diritto Del Lavoro
Prima Lezione Diritto Del Lavoro
Oggi tratteremo che cos’è la nozione di lavoratore nel quadro della legislazione europea cercando
di considerare anche la direttiva 11/52/2019, una direttiva che è considerata un ultimo approdo
normativo in ambito europeo e che ha un termine di recepimento nei diversi stati membri fissato
per il mese di agosto 2022, quindi abbiamo ancora un periodo di transizione, il quale non significa
che non si ha già un paletto normativo perché la direttiva è già emanata, già vincola gli stati
membri. Questo cosa significa? Significa che tutte le direttive attuali che sono conformi alle
precedenti direttive qualora dovessero essere applicate nel prossimo futuro, quindi pensiamo ad
un rapporto di lavoro che si instaura nei prossimi mesi, ma pensiamo anche ad un rapporto di
lavoro non per forza di carattere subordinato, perché questa direttiva tratta diverse fattispecie
contrattuali, non è limitata al lavoro subordinato. Quindi questa direttiva prende in considerazione
tante altre tipologia, quale il lavoro tramite il voucher che è una tipologia molto particolare oppure
il lavoro tramite tirocini formativi che non è proprio una fattispecie contrattuale perché con il
tirocinio formativo non si instaura un rapporto di lavoro, ma è un periodo di formazione, un
periodo di orientamento professionale secondo dei destinatari. Se i destinatari sono giovani con
età compresa tra 25 anni che hanno già avuto un percorso di formazione superiore e che
intendono avviare un orientamento professionale, abbiamo una tipologia di tirocini, i cosiddetti
extracurriculari. Se, invece, il soggetto è ancora uno studente di scuola secondaria che, a seconda
del settore, intende fare una maggiore formazione, abbiamo i tirocini curriculari. Perché vi sto
dicendo questo? Perché è una direttiva che prevede condizioni minime fondamentali da applicare
a tutti i contratti e rapporti di lavoro secondo quelli che sono gli orientamenti della Corte di
Giustizia che prendono in considerazione la nozione di lavoratore grazie a questa evoluzione che
parte dagli anni 80 e che presa in considerazione dal legislatore europeo nella direttiva del 2019.
Se prendiamo il testo possiamo notare come nelle note si riportano gli orientamenti della corte di
Giustizia degli anni 80, degli anni 90 in una direzione che vuole confermare cosa? Vuole
confermare quello che la corte di Giustizia ha sempre detto sulla nozione di lavoratore, ma che è
stata effettivamente applicata solo nel 2019 per motivi connessi all’evoluzione del mercato del
lavoro, sia al proliferare di una serie di tipologie di rapporto di lavoro che non hanno una precisa
qualificazione, sia per contrastare una pratica che purtroppo è sempre stata comune in qualunque
rapporto o contratto di lavoro ma che con le trasformazioni di questo mercato del lavoro, ha
portato ad un abuso delle diverse fattispecie. In che senso? Ha portato ad un abuso nel senso di
qualificare il rapporto di lavoro in un determinato modo e attuare un rapporto di lavoro
subordinato senza rispettare tutte quelle che sono le tutele di natura normativa ed economica da
garantire un lavoratore subordinato. Quindi l’obiettivo della direttiva è un obiettivo che lo
ritroviamo in diverse direttive ma che è racchiuso in modo particolare in questa direttiva
11/52/2019 che ancora non è stata recepita nel nostro ordinamento ma che è fondamentale
perché tutela tutta una serie di lavoratori e non soltanto i lavoratori subordinati. Quindi di cosa
stiamo parlando? Che cos’è il lavoratore per la corte di Giustizia? Noi partiamo da questa nozione
per poi arrivare a quella che è la distinzione tra lavoro subordinato e lavoro autonomo e tutte le
tutele applicabili al rapporto di lavoro subordinato e autonomo.
NOZIONE DI LAVORATORE
Innanzitutto si parte dalla definizione di lavoro dove si prende in considerazione l’esercizio di una
attività lavorativa. La corte di Giustizia non ha mai preso in considerazione nello specifico una
tipologia contrattuale, ma ha sempre preso in considerazione la prestazione lavorativa soprattutto
se quest’ultima nello svolgimento ha delle caratteristiche. Quindi il lavoro è l’esercizio di attività
comprendenti qualsiasi forma di manodopera o lavoro disciplinata dalla legislazione nazionale a
una prassi consolidata per conto o sotto la direzione o la supervisione di un datore di lavoro;
dovrebbe comprenderne gli elementi costitutivi, vale a dire le attività che sono o dovrebbero
essere retribuite, svolte per o sotto la direzione e/o la supervisione di un datore di lavoro, a
prescindere dal rapporto giuridico. Rinvia, quindi, alle legislazioni nazionali, a ciò che si verifica nei
singoli stati membri. In che termini? Cosa le discipline nazionali dicono a riguardo del lavoro
subordinato, del lavoro autonomo o di altri fattispecie distinguendo le tutele perché i lavoratori
autonomi non godono delle tutele dei lavoratori subordinati. Ci può essere una estensione a
determinate condizioni, ma le legislazioni hanno sempre posto un distinguo tra lavoro subordinato
e lavoro autonomo perché esiste un requisito fondamentale di distinzione. Nel lavoro subordinato
abbiamo determinati poteri esercitati dal datore di lavoro che nel lavoro autonomo non sono
esercitati in quel modo o comunque vengono esercitati in un altro modo, ma la figura con cui il
lavoratore autonomo si rapporta non è qualificata come datore di lavoro, ma è qualificata come
committente, come colui con cui si instaura un accordo su come deve essere esplicata quella
attività lavorativa, sul compenso perché anche il lavoratore autonomo agisce per compenso, anche
nel lavoro autonomo c’è un accordo con una persona il cui oggetto è una prestazione lavorativa,
una realizzazione di un servizio o di un opera dietro un compenso. Dunque, c’è uno scambio.
Questo scambio esiste anche nel lavoro subordinato, nel quale esiste un contratto individuale tra il
lavoratore e il datore di lavoro in cui è coinvolto non la persona del lavoratore, ma la prestazione
lavorativa. L’oggetto del contratto non è il lavoratore, ma è la prestazione lavorativa che deve
essere resa in determinati modi secondo quelle che sono le esigenze del datore di lavoro. Anche
qui c’è uno scambio perché questa prestazione lavorativa resa secondo le indicazioni della Corte di
Giustizia, devono essere rese applicabili in tutti gli stati membri. Queste sono indicazioni che
prendono in considerazione le direttive e le direttive agiscono per obiettivo. Poi gli stati membri
secondo le proprie legislazioni, prassi nazionali, inseguono questo obiettivo in base a quella che è
la disciplina nazionale. Quindi ritornando al rapporto lavoro subordinato, il potere o i poteri del
datore di lavoro, di direzione, di controllo, il potere disciplinare che è il più importante dei poteri,
devono essere esercitati nei confronto della prestazione lavorativa e nel rispetto della persona del
lavoratore. La persona del lavoratore, quindi, è il limite ai poteri del datore di lavoro perché non è
la persona del lavoratore coinvolta nel rapporto di lavoro, ma è la prestazione lavorativa. Questo
che cosa significa? Significa che anche il lavoratore non ha soltanto dei doveri nei confronti del
datore di lavoro, ma anche dei diritti che devono essere rispettati dal datore di lavoro. Diritti alla
privacy, diritto alla parità di trattamento, diritto a non discriminazione che non è solo un
trattamento discriminatorio che viene contrastato. Il legislatore europeo e la corte di giustizia
hanno recepito una nozione di trattamento discriminatorio che si estende anche agli atti
persecutori, alle molestie verbali, fisiche, il mobbing, mobbing anche per fine sessuale (termine
che in psicologia e nell'accezione comune indica una forma di abuso ovvero un insieme di
comportamenti aggressivi di natura fisica e/o verbale). Tutto ciò rientra nel divieto di
discriminazione, nel divieto di atti persecutori. Perché? Perché nell’ambito di questo divieto che
poi costituisce un diritto del lavoratore a non essere discriminato, a non essere violentato, dove
per violenza non si intende solo quella fisica, ma anche verbale non soltanto del datore di lavoro
ma anche di altri colleghi di pari livello, di livello superiore, di livello inferiore e di cui il datore di
lavoro è responsabile perché rientrano tutti nell’ambito di quegli obblighi di controllo, di rispetto
della salute di sicurezza nei luoghi di lavoro di cui è responsabile il datore di lavoro. Quindi anche
quest’ultimo che non ottempera questo obbligo violando o non controllando o non sanzionando
un comportamento di un collega nei confronti di un altro che crea situazioni di incompatibilità
ambientale ogni giorno o periodicamente per aggressioni verbali, ne è responsabile, in quanto ha
l’obbligo di intervenire e sanzionare la persona che compie questi atti. E’ una prospettiva non
limitata al rapporto tra superiore e inferiore, ma riguarda tutti i livelli, tutti i generi, non soltanto il
genere maschile nei confronti di quello femminile. E’ violenza, è atto persecutorio anche quello di
un collega donna nei confronti di un collega uomo. Quindi tutta la disciplina sul divieto di
discriminazioni, mobbing, non pone la differenza di genere. Perché? Perché è strettamente
connessa alla disciplina sulla parità di trattamento che ha subito una evoluzione e continua a
subire una evoluzione e che inevitabilmente porta ad una considerazione estesissima del concetto
di lavoratore. TUTTI SONO LAVORATORI A PRESCINDERE DAL SESSO, DALLE ABILITà O
DISABILITà.
Slide: Corte di giustizia 23 marzo 1982: La Signora Levin, cittadina tedesca si era vista negare il
permesso di soggiorno dalle autorità dei Paesi Bassi, perché aveva intrapreso un’attività lavorativa
che per l’esiguità dell’impegno prestato non appariva sufficiente ad assicurarle un reddito
sufficiente al sostentamento. La Corte di giustizia afferma che “ le disposizioni in materia di libera
circolazione dei lavoratori si applicano anche al cittadino di uno Stato membro che eserciti, nel
territorio di un altro Stato membro, un’attività subordinata dalla quale tragga redditi inferiori a
quello che si considera minimo vitale nel secondo Stato membro purchè l’attività subordinata sia
svolta realmente ed effettivamente”. Per l’applicazione della disciplina sulla libera circolazione è
necessario che l’attività lavorativa sia “ reale ed effettiva” ed abbia natura “ economica”, a
prescindere dall’esiguità dell’orario di lavoro e dal corrispettivo. Il concetto di realtà ed effettività
uniti al concetto di economicità sono importanti per individuare la figura del lavoratore
subordinato perché in base a quello che effettivamente espleta per la durata ha una determinata
tutela.
Perché si parla di libera circolazione dei lavoratori? Noi stiamo parlando di un mercato del lavoro
europeo dove i cittadini europei hanno libertà di movimento nel mercato europeo anche alla
ricerca di un’occupazione. Per un determinato tempo di tre mesi ottengono un visto, possono
liberamente circolare per cercare occupazione anche presso il pubblico impiego purchè non siano
determinate posizioni di vertice, di direzione, di responsabilità politica in cui è necessaria oltre un
determinato legame con il territorio anche l’appartenenza con la nazione. In questi stati membri la
retribuzione che è connessa ad un rapporto di lavoro subordinato può variare anche di molto tra
un stato membro ed un altro e quella che è una retribuzione sufficiente in base ad uno stato
membro potrebbe essere non sufficiente per un altro stato membro. Il concetto di sufficienza della
retribuzione del nostro ordinamento lo ritroviamo nell’articolo 36 della Costituzione, dove la
retribuzione deve essere parametrata alla qualità, quantità del lavoro e deve garantire una fonte
di sostentamento per il lavoratore e per la propria famiglia.
Corte di giustizia 3 luglio 1986: La signora Lawrie Blum, cittadina britannica, dopo aver superato
l’esame per l’insegnamento nei licei, non veniva ammessa dal Provveditorato di Stoccarda al
tirocinio necessario per il conseguimento della relativa abilitazione, perché il tirocinante non
poteva essere considerato lavoratore ex art. 39, anche in considerazione del fatto che l’impiego
presso la Pubblica Amministrazione è escluso dall’ambito di applicazione dei Trattati.
Qui viene preso in considerazione il tirocinante, il quale non ha un contratto di lavoro, ma è anche
lui tutelabile. Il tirocinante viene preso in considerazione anche nella direttiva 1152/2019. Il
tirocinio è una fattispecie di rapporto di lavoro a cui si ricorre spesso per abusare della posizione
lavorativa di quel soggetto, ossia mascherano rapporti di lavoro subordinato per la durata di 12
mesi, 18 mesi, in alcuni casi anche 24 mesi, senza riconoscimento delle tutele di un rapporto di
lavoro subordinato, compensi minimi (nel nostro ordinamento sono 500 euro
mensiliregolamento regione Campania del 2018 n. 4 che regolamenta i tirocini soprattutto quelli
extracurriculari e che prevede l’importo dell’indennità economica.
DOMANDA POSTA DA UNA RAGAZZA ALLA PROFESSORESSA: Queste cose valgono anche per i
tirocini universitari? I tirocini si distinguono in tirocini curriculari e tirocini extracurriculari. I primi
possono essere attivati in qualunque percorso di studio, anche universitario, per un
approfondimento della formazione; i tirocini extracurriculari, invece, dopo il percorso di studio per
formazione e orientamento professionale.
Le condizioni previste dalla direttiva 52/2019 sono applicabili a tutti i tirocini perché questa
direttiva che, come ho detto prima, prevede condizioni minime fondamentali da riconoscere al
lavoratore in qualunque contratto o rapporto di lavoro, prevede che il lavoratore debba essere
destinatario di una comunicazione iniziale che deve essere data subito o entro 15 giorni massimo
direttamente al lavoratore. Questa comunicazione deve avere l’importo dell’indennità, la durata
del rapporto, l’orario di lavoro, il luogo di lavoro, il titolare del rapporto di lavoro, il nome del
tutor. Sono tutte comunicazioni fondamentali, ossia se dovessero mancare devono essere
applicate delle sanzioni.
N.B: QUESTA DIRETTIVA NON è STATA ANCORA RECEPITA NEL NOSTRO ORDINAMENTO E NEL
NOSTRO ORDINAMENTO Già ESISTONO DELLE DISCIPLINE SPECIFICHE PER I TIROCINI (HA FATTO
RIFERIMENTO AL REGOLAMENTO DELLA REGIONE CAMPANIA DEL 2018).
Il regolamento della regione Campania ha determinate tutele, ma non prevede una comunicazione
iniziale al lavoratore e quindi questa direttiva europea va a migliorare la posizione del lavoratore. Il
regolamento del 2018 dice, però, una cosa molto importante: rinvia per quanto riguarda il regime
sanzionatorio alle linee guida del 2017 che sono state adottate in sede conferenza stato-regione e
sono delle linee non vincolanti. Cosa dicono? Dicono che se alcuni requisiti fondamentali del
tirocinio non sono rispettati si applica la sanzione di conversione del rapporto di lavoro, quindi il
rapporto che è un rapporto di tirocinio diventa un rapporto di lavoro subordinato e tra queste
violazioni va anche considerata la comunicazione obbligatoria che dovrà essere indirizzata al
lavoratore e ai tirocinanti con tutti i requisiti della direttiva 1152/2019. Vi è quindi stata una
evoluzione significativa dei tirocini volta all’orientamento professionale, ossia c’è stato un
rafforzamento della posizione dei lavoratori, tutti i giovani lavoratori compresi i disabili, volta
all’inserimento lavorativo dei lavoratori e a contrastare l’abuso del tirocinio che spesso viene
utilizzato per mascherare rapporti di lavoro subordinato.
Corte di Giustizia 26 febbraio 1992, causa C-357/89: Il rapporto ON DEMAND è quello utilizzato
nelle piattaforme, ma qui ci troviamo nel 1992 quando il lavoro a chiamata veniva effettuato con
un rapporto di lavoro con un semplice committente, a chiamata da parte di un altro soggetto.
Quest’altro soggetto è diventato una piattaforma digitale, ma i requisiti, gli elementi del rapporto,
sono gli stessi fissati dalla corte di Giustizia già nel 1992 e possono essere presi come principio di
riferimento nonostante siano del 1992.
La corte di Giustizia estende la nozione di subordinazione anche al dipendente vincolato da “ un
contratto che non offre alcuna garanzia quanto al numero di ore da effettuare, tanto che
l’interessato lavori per un numero assai esiguo di giorni alla settimana, che non obblighi il datore a
retribuire il lavoratore e a farlo fruire delle prestazioni previdenziali, se non in quanto abbia
effettivamente lavorato”. La corte ribadisce i principi in precedenza enunciati della “ realtà”, “
effettività” ed “economicità” della prestazione lavorativa.
Corte di Giustizia 26 febbraio 1992, causa C-3/90: La Corte di Giustizia giunge a riconoscere la
qualifica di lavoratore subordinato anche a chi abbia lasciato il posto di lavoro per dedicarsi agli
studi, purchè esista una relazione tra la sua precedente attività lavorativa e gli studi di cui trattasi.
Con questa pronuncia si verifica un distacco tra la nozione di lavoratore effettivo e la nozione di
lavoratore subordinato, ma non in termini di non considerazione, ma di lavoratore effettivo in
quanto i diritti del lavoratore sono riconosciuti non soltanto per il rapporto e contratto di lavoro in
atto, ma riconosciuti per il rapporto che si è estinto in base ai contributi versati durante quel
rapporto di lavoro. Questo legame tra il rapporto che si è espletato va considerato per gli
ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione che sono riconosciuti anche ai lavoratori
autonomi; va considerato anche per i trattamenti pensionistici.
Questo orientamento giurisprudenziale si presenta in linea con l’evoluzione normativa, in
particolare con le direttive degli anni Novanta che estendono l’ambito di applicazione della libera
circolazione anche a coloro che non sono ancora lavoratori (studenti) o che non lo sono più
(pensionati), purchè diano prova della autosufficienza economica e della titolarità di una copertura
assicurativa, in modo da non costituire un onere economico per l’assistenza sociale dello Stato
membro ospitante.