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DIRITTO DEL LAVORO

1 LEZ. 25/10/2021 DOCENTE LINDA LOREA


COSA INTENDIAMO QUANDO PARLIAMO DI LAVORATORE-NORMATIVA EUROPEA
Oggi vedremo cosa si intende per lavoratore nell’ambito della disciplina europea per poi arrivare a
quelle che sono le nozioni di lavoratore nella disciplina nazionale. Perché partire dalla disciplina
europea? Perché quest’ultima è un punto di riferimento fermo. Ormai anche chi non studia il
diritto del lavoro europeo sa che gli stati membri devono osservare i piccoli posti da legislatore
europeo, devono osservare i parametri legislativi, i quali, a volte, sono definiti in termini di
obiettivi da raggiungere come spesso succede per il diritto del lavoro. Altre volte, invece, i
parametri sono più rigidi, ossia vincolano gli stati membri anche secondo i mezzi da utilizzare,
quindi non soltanto gli obiettivi da raggiungere ma anche come raggiungerli. Spesso questo
vincolo, questo limite, lo si ha nelle politiche economiche, nelle politiche finanziare, nella gestione
delle risorse economiche, soprattutto quando queste ultime provengono da fondi europei. Si è
saputo che gli stati membri godono come stiamo godendo noi in questo periodo di quello che è il
piano nazionale di ripresa e resilienza. I vincoli sono destinati a determinati utilizzi, per cui gli stati
membri devono osservare nel dettaglio quelle che sono le indicazioni europee.
Come ho detto prima i vincoli sono imposti in termini di obiettivi da raggiungere. Perché? Perché
in materia del diritto del lavoro e politica sociale in generale abbiamo interventi mediante uno
strumento privilegiato che sono le DIRETTIVE, le quali sono di fondamentale importanza perché è
uno strumento normativo di legislazione europea molto dettagliato, in quanto indica l’obiettivo da
raggiungere, ossia gli stati membri devono raggiungere l’obiettivo indicato nella direttiva.
Parleremo di diverse direttive che partono dal diritto europeo o devono ancora essere attuate
nell’ordinamento nazionale, il quale deve rispettare l’obiettivo e poi è libero di utilizzare i mezzi, le
prassi, per raggiungere quell’obiettivo. La legislazione nazionale viene spesso richiamata per porre
una distinzione in termini di qualificazione del rapporto di lavoro, distinzione tra le diverse
fattispecie perché noi sappiamo che non esiste una tipologia di lavoratore ma c’è il lavoratore
subordinato, il lavoratore autonomo, ma ci sono anche altre diverse tipologie tra il lavoratore
subordinato e il lavoratore autonomo che hanno visto una certa proliferazione grazie
all’evoluzione del mercato del lavoro. Quest’ultimo non è più il mercato del lavoro degli anni 90,
ma è un mercato che ha subito diverse innovazioni. L’ultima fortemente commentata anche a
livello nazionale è la Rivoluzione tecnologica che ha colpito anche il diritto del lavoro non solo con
questi mezzi, ma incidendo anche sulla modalità di espletamento dell’attività lavorativa, la quale fa
variare anche la qualificazione del rapporto di lavoro e variando la qualificazione del rapporto di
lavoro ha fatto sorgere una serie di dubbi riguardanti le tutele da riconoscere ad alcuni lavoratori
qualora questi ultimi non possano essere inquadrati nella subordinazione.

Oggi tratteremo che cos’è la nozione di lavoratore nel quadro della legislazione europea cercando
di considerare anche la direttiva 11/52/2019, una direttiva che è considerata un ultimo approdo
normativo in ambito europeo e che ha un termine di recepimento nei diversi stati membri fissato
per il mese di agosto 2022, quindi abbiamo ancora un periodo di transizione, il quale non significa
che non si ha già un paletto normativo perché la direttiva è già emanata, già vincola gli stati
membri. Questo cosa significa? Significa che tutte le direttive attuali che sono conformi alle
precedenti direttive qualora dovessero essere applicate nel prossimo futuro, quindi pensiamo ad
un rapporto di lavoro che si instaura nei prossimi mesi, ma pensiamo anche ad un rapporto di
lavoro non per forza di carattere subordinato, perché questa direttiva tratta diverse fattispecie
contrattuali, non è limitata al lavoro subordinato. Quindi questa direttiva prende in considerazione
tante altre tipologia, quale il lavoro tramite il voucher che è una tipologia molto particolare oppure
il lavoro tramite tirocini formativi che non è proprio una fattispecie contrattuale perché con il
tirocinio formativo non si instaura un rapporto di lavoro, ma è un periodo di formazione, un
periodo di orientamento professionale secondo dei destinatari. Se i destinatari sono giovani con
età compresa tra 25 anni che hanno già avuto un percorso di formazione superiore e che
intendono avviare un orientamento professionale, abbiamo una tipologia di tirocini, i cosiddetti
extracurriculari. Se, invece, il soggetto è ancora uno studente di scuola secondaria che, a seconda
del settore, intende fare una maggiore formazione, abbiamo i tirocini curriculari. Perché vi sto
dicendo questo? Perché è una direttiva che prevede condizioni minime fondamentali da applicare
a tutti i contratti e rapporti di lavoro secondo quelli che sono gli orientamenti della Corte di
Giustizia che prendono in considerazione la nozione di lavoratore grazie a questa evoluzione che
parte dagli anni 80 e che presa in considerazione dal legislatore europeo nella direttiva del 2019.
Se prendiamo il testo possiamo notare come nelle note si riportano gli orientamenti della corte di
Giustizia degli anni 80, degli anni 90 in una direzione che vuole confermare cosa? Vuole
confermare quello che la corte di Giustizia ha sempre detto sulla nozione di lavoratore, ma che è
stata effettivamente applicata solo nel 2019 per motivi connessi all’evoluzione del mercato del
lavoro, sia al proliferare di una serie di tipologie di rapporto di lavoro che non hanno una precisa
qualificazione, sia per contrastare una pratica che purtroppo è sempre stata comune in qualunque
rapporto o contratto di lavoro ma che con le trasformazioni di questo mercato del lavoro, ha
portato ad un abuso delle diverse fattispecie. In che senso? Ha portato ad un abuso nel senso di
qualificare il rapporto di lavoro in un determinato modo e attuare un rapporto di lavoro
subordinato senza rispettare tutte quelle che sono le tutele di natura normativa ed economica da
garantire un lavoratore subordinato. Quindi l’obiettivo della direttiva è un obiettivo che lo
ritroviamo in diverse direttive ma che è racchiuso in modo particolare in questa direttiva
11/52/2019 che ancora non è stata recepita nel nostro ordinamento ma che è fondamentale
perché tutela tutta una serie di lavoratori e non soltanto i lavoratori subordinati. Quindi di cosa
stiamo parlando? Che cos’è il lavoratore per la corte di Giustizia? Noi partiamo da questa nozione
per poi arrivare a quella che è la distinzione tra lavoro subordinato e lavoro autonomo e tutte le
tutele applicabili al rapporto di lavoro subordinato e autonomo.
NOZIONE DI LAVORATORE
Innanzitutto si parte dalla definizione di lavoro dove si prende in considerazione l’esercizio di una
attività lavorativa. La corte di Giustizia non ha mai preso in considerazione nello specifico una
tipologia contrattuale, ma ha sempre preso in considerazione la prestazione lavorativa soprattutto
se quest’ultima nello svolgimento ha delle caratteristiche. Quindi il lavoro è l’esercizio di attività
comprendenti qualsiasi forma di manodopera o lavoro disciplinata dalla legislazione nazionale a
una prassi consolidata per conto o sotto la direzione o la supervisione di un datore di lavoro;
dovrebbe comprenderne gli elementi costitutivi, vale a dire le attività che sono o dovrebbero
essere retribuite, svolte per o sotto la direzione e/o la supervisione di un datore di lavoro, a
prescindere dal rapporto giuridico. Rinvia, quindi, alle legislazioni nazionali, a ciò che si verifica nei
singoli stati membri. In che termini? Cosa le discipline nazionali dicono a riguardo del lavoro
subordinato, del lavoro autonomo o di altri fattispecie distinguendo le tutele perché i lavoratori
autonomi non godono delle tutele dei lavoratori subordinati. Ci può essere una estensione a
determinate condizioni, ma le legislazioni hanno sempre posto un distinguo tra lavoro subordinato
e lavoro autonomo perché esiste un requisito fondamentale di distinzione. Nel lavoro subordinato
abbiamo determinati poteri esercitati dal datore di lavoro che nel lavoro autonomo non sono
esercitati in quel modo o comunque vengono esercitati in un altro modo, ma la figura con cui il
lavoratore autonomo si rapporta non è qualificata come datore di lavoro, ma è qualificata come
committente, come colui con cui si instaura un accordo su come deve essere esplicata quella
attività lavorativa, sul compenso perché anche il lavoratore autonomo agisce per compenso, anche
nel lavoro autonomo c’è un accordo con una persona il cui oggetto è una prestazione lavorativa,
una realizzazione di un servizio o di un opera dietro un compenso. Dunque, c’è uno scambio.
Questo scambio esiste anche nel lavoro subordinato, nel quale esiste un contratto individuale tra il
lavoratore e il datore di lavoro in cui è coinvolto non la persona del lavoratore, ma la prestazione
lavorativa. L’oggetto del contratto non è il lavoratore, ma è la prestazione lavorativa che deve
essere resa in determinati modi secondo quelle che sono le esigenze del datore di lavoro. Anche
qui c’è uno scambio perché questa prestazione lavorativa resa secondo le indicazioni della Corte di
Giustizia, devono essere rese applicabili in tutti gli stati membri. Queste sono indicazioni che
prendono in considerazione le direttive e le direttive agiscono per obiettivo. Poi gli stati membri
secondo le proprie legislazioni, prassi nazionali, inseguono questo obiettivo in base a quella che è
la disciplina nazionale. Quindi ritornando al rapporto lavoro subordinato, il potere o i poteri del
datore di lavoro, di direzione, di controllo, il potere disciplinare che è il più importante dei poteri,
devono essere esercitati nei confronto della prestazione lavorativa e nel rispetto della persona del
lavoratore. La persona del lavoratore, quindi, è il limite ai poteri del datore di lavoro perché non è
la persona del lavoratore coinvolta nel rapporto di lavoro, ma è la prestazione lavorativa. Questo
che cosa significa? Significa che anche il lavoratore non ha soltanto dei doveri nei confronti del
datore di lavoro, ma anche dei diritti che devono essere rispettati dal datore di lavoro. Diritti alla
privacy, diritto alla parità di trattamento, diritto a non discriminazione che non è solo un
trattamento discriminatorio che viene contrastato. Il legislatore europeo e la corte di giustizia
hanno recepito una nozione di trattamento discriminatorio che si estende anche agli atti
persecutori, alle molestie verbali, fisiche, il mobbing, mobbing anche per fine sessuale (termine
che in psicologia e nell'accezione comune indica una forma di abuso ovvero un insieme di
comportamenti aggressivi di natura fisica e/o verbale). Tutto ciò rientra nel divieto di
discriminazione, nel divieto di atti persecutori. Perché? Perché nell’ambito di questo divieto che
poi costituisce un diritto del lavoratore a non essere discriminato, a non essere violentato, dove
per violenza non si intende solo quella fisica, ma anche verbale non soltanto del datore di lavoro
ma anche di altri colleghi di pari livello, di livello superiore, di livello inferiore e di cui il datore di
lavoro è responsabile perché rientrano tutti nell’ambito di quegli obblighi di controllo, di rispetto
della salute di sicurezza nei luoghi di lavoro di cui è responsabile il datore di lavoro. Quindi anche
quest’ultimo che non ottempera questo obbligo violando o non controllando o non sanzionando
un comportamento di un collega nei confronti di un altro che crea situazioni di incompatibilità
ambientale ogni giorno o periodicamente per aggressioni verbali, ne è responsabile, in quanto ha
l’obbligo di intervenire e sanzionare la persona che compie questi atti. E’ una prospettiva non
limitata al rapporto tra superiore e inferiore, ma riguarda tutti i livelli, tutti i generi, non soltanto il
genere maschile nei confronti di quello femminile. E’ violenza, è atto persecutorio anche quello di
un collega donna nei confronti di un collega uomo. Quindi tutta la disciplina sul divieto di
discriminazioni, mobbing, non pone la differenza di genere. Perché? Perché è strettamente
connessa alla disciplina sulla parità di trattamento che ha subito una evoluzione e continua a
subire una evoluzione e che inevitabilmente porta ad una considerazione estesissima del concetto
di lavoratore. TUTTI SONO LAVORATORI A PRESCINDERE DAL SESSO, DALLE ABILITà O
DISABILITà.

<<Datore di lavoro>>:qualsiasi persona fisica o soggetto giuridico, comprese le agenzie interinali,


per il cui conto o sotto la cui direzione e/o supervisione è assunto l’impiego.
<<agenzia interinale>>: qualsiasi persona fisica o giuridica che, conformemente alla legislazione
nazionale, sottoscrive contratti di lavoro o inizia rapporti di lavoro con lavoratori tramite agenzia
interinale al fine di inviarle presso imprese utilizzatrici affinchè vi prestino temporaneamente la
loro opera sotto il controllo e la direzione delle stesse.
PAROLE DELLA PROF: Il datore di lavoro è qualsiasi datore di lavoro. La persona fisica è quella più
comune in quanto ci rapportiamo ad essa o anche il soggetto giuridico, quindi anche il titolare
della società che spesso non è conosciuto. Se noi lavoriamo per una società per azioni o lavoriamo
presso una piattaforma digitale che non è un luogo fisico, cioè nell’evoluzione abbiamo un
cambiamento del luogo. Mentre prima c’era la necessità di distinguere: il datore di lavoro è la
persona fisica, è la società e nell’individuare il datore di lavoro nella società cosa significava? Il
datore di lavoro è il titolare della società, non è il lavoratore responsabile del personale che
espleta questo ruolo di responsabilità. Spesso il datore di lavoro non è presente nel luogo dove il
lavoratore espleta l’attività lavorativa. Es: Pensiamo alla piattaforma digitale UBER, la quale ha la
sede in Italia, ma la sede legale si trova a Londra. In Italia abbiamo diversi dirigenti in ogni sede che
sono lavoratori. Il titolare del rapporto di lavoro è il titolare della piattaforma UBER ITALY, è da lui
che i dirigenti ricevono indicazioni. Quindi chi è il datore di lavoro? Non è il dirigente, ma è la
piattaforma. Qui sorge un altro problema, ovvero se la piattaforma ha sede legale a Londra, in
Italia quale tutele devono essere applicate ai lavoratori italiani? Le tutele dell’ordinamento in cui il
lavoratore espleta l’attività lavoratore, dove è stato assunto il lavoratore. Quindi il lavoratore
assunto in Italia deve godere delle tutele normative retributive previdenziali dell’ordinamento
nazionale italiano.
Nelle piattaforme non abbiamo soltanto la tipologia contrattuale di lavoro subordinato, ma anche
lavoratori autonomi che lavorano per conto delle piattaforme ma sono assunti da committenti
terzi e abbiamo i collaboratori etero-organizzati che sono lavoratori autonomi ma etero-
organizzati dalle piattaforme a cui, alcuni dicono, si applica tutta la disciplina del lavoro
subordinato, altri dicono parte della disciplina del lavoro subordinato perché ritengono questi
collaboratori etero-organizzati autonomi.
La Corte di Giustizia pone come riferimento le agenzie interinali. 00: 46 Con agenzie interinali che
sono le attuali agenzie per il lavoro, si verifica una fattispecie trilatera dove abbiamo un rapporto
con 3 persone: il lavoratore, il datore di lavoro e l’utilizzatore. Il datore di lavoro è l’agenzia
interinale o l’agenzia di somministrazione. Il termine interinale è riconducibile alla legge 196 del 97
che agli articoli 1-11 disciplinava il lavoro interinale, poi questi articoli sono stati successivamente
abrogati dal decreto 276/2003 trasformando la denominazione dal lavoro interinale a lavoro di
somministrazione riportando le medesime caratteristiche in una serie di articoli 4, 8, 18, 20 a 28.
Alcuni di questi articoli del decreto 275/2003 sono stati abrogati e rifusi in un unico decreto che è
il decreto 81/2015 che racchiude tutta la regolamentazione delle diverse fattispecie contrattuali
flessibili, vale a dire contratto a termine, lavoro di somministrazione, lavoro part-time, lavoro agile,
collaborazioni etero-organizzate. Quindi l’agenzia interinale è l’agenzia di somministrazione ed è il
datore di lavoro. Tra l’agenzia di somministrazione e l’utilizzatore si stipula un contratto che è il
contratto di somministrazione che definisce i termini della missione, una missione che per il
legislatore europeo deve essere solo ed esclusivamente temporanea; invece, per il legislatore
nazionale, può essere anche una missione a tempo indeterminato. Questo lavoratore stipula il
contratto di lavoro con l’agenzia: un contratto che può essere a tempo determinato e a tempo
indeterminato che espleta la propria attività lavorativa presso un soggetto terzo grazie alle
condizioni fissate nel contratto di somministrazione. Ciò è importante perché prevede una
fattispecie trilatera, prevede un rapporto di lavoro in cui sono presenti due persone responsabili
per quel rapporto di lavoro, ossia il datore di lavoro e l’utilizzatore. Questa connotazione è stata
presa in considerazione anche nell’analizzare, studiare altri istituti come l’appalto di manodopera.
Quindi non considera molto la condizione del lavoro subordinato che lavora presso le piattaforme
digitali, bensì del lavoratore autonomo che stipula un contratto con un committente, il quale
committente terzo a sua volta stipula un contratto di collaborazione tecnologica con la piattaforma
per usufruire degli account e delle app. Anche qui c’è un rapporto trilaterale.
RIPETO: Per comprendere la connotazione di queste nuove fattispecie contrattuali si rinvia come
parametro di riferimento, non come disciplina, ad altre fattispecie contrattuali al fine di
individuare le tutele dei lavoratori e la responsabilità del soggetto terzo, il quale non è il
committente ma è la piattaforma.
Quindi ricapitolando, la Corte di Giustizia pone come riferimento l’agenzia interinale perché la
corte di giustizia confronta le discipline nazionali con le discipline europee e in ambito europeo
abbiamo una direttiva riferita al lavoro svolto mediante agenzie interinali. Quindi la Corte di
Giustizia ha come riferimento questo quadro normativo europeo in modo particolare la DIRETTIVA
108/2014 che è riferita al lavoro presso agenzia interinale. Perché è importante questo
riferimento? Perché nell’ambito di un rapporto che si instaura con l’agenzia interinale esiste un
coinvolgimento di tre persone: il lavoratore, l’agenzia interinale e un soggetto terzo che è
l’utilizzatore della prestazione lavorativa. Il lavoratore stipula un contratto di lavoro con l’agenzia
interinale. E’ un contratto di lavoro subordinato e che può essere a tempo determinato o a tempo
indeterminato. Tra l’agenzia interinale e l’utilizzatore che può essere qualunque utilizzatore, anche
la pubblica amministrazione può utilizzare prestazioni lavorative mediante la somministrazione di
manodopera. Quindi può contattare una agenzia per il lavoro per utilizzare determinate
prestazioni lavorative, ma non è la pubblica amministrazione il datore di lavoro, ma è sempre
l’agenzia per il lavoro. Tra l’agenzia di somministrazione e l’utilizzatore si stipula un contratto che è
il contratto di somministrazione che definisce i termini della missione e della durata di quanto il
lavoratore dovrà prestare la propria attività lavorativa presso il terzo. Ora questo contratto di
somministrazione nel nostro ordinamento può essere a tempo indeterminato; invece, per il
legislatore europeo può essere solo a tempo determinato.
Qual è l’aspetto da comprendere? E’ che questo lavoratore anche se ha una missione a tempo
indeterminato resta sempre un lavoratore dell’agenzia di somministrazione, non è che diventa un
lavoratore del soggetto terzo. E qual è la particolarità? E’ che queste due persone, datore di lavoro
e utilizzatore, sono corresponsabili per le tutele normative ed economiche applicabili a quel
rapporto di lavoro. Questa responsabilità viene presa d’esempio per studiare altre fattispecie
contrattuali, ma per alcuni anche per valutare le condizioni dei lavoratori autonomi che espletano
la propria attività lavorativa per conto di una piattaforma digitale.
Nel caso della somministrazione a tempo indeterminato cosa si verifica tra il lavoratore e il datore
di lavoro? Si verifica che il lavoratore con l’agenzia stipula un contratto a tempo indeterminato e
viene mandato in missione a tempo indeterminato presso l’utilizzatore. Può accadere anche che il
lavoratore ha un contratto di lavoro a tempo indeterminato con l’agenzia e viene mandato in
missione presso diversi utilizzatori a tempo determinato. Se c’è la possibilità di un’altra missione
presso lo stesso utilizzatore o un altro utilizzatore, viene inviato o presso lo stesso utilizzatore o
un altro utilizzatore a tempo determinato. Al termine ritorna in agenzia. Qualora non ci fosse uno
sbocco occupazionale temporaneo? Che cos’è succede a quel lavoratore che ha assunto a tempo
indeterminato con l’agenzia? Il lavoratore a tempo indeterminato con l’agenzia che per un periodo
temporaneo non ha una occupazione presso un utilizzatore resta a casa e gode di una indennità di
disponibilità erogata dall’agenzia di somministrazione in attesa di una chiamata lavorativa.

Il TFUE (TRATTATO DI FUNZIONAMENTO DELL’UNIONE EUROPEA) fa riferimento a <<persone>>


che vanno intese come <<soggetti economici>>. Che cosa significa soggetti economici? Soggetti
che si impegnano in un contratto di lavoro per motivi economici, per ottenere un compenso se
parliamo di lavoratori autonomi, una retribuzione se parliamo di lavoratori subordinati. La logica è
la stessa, si agisce per motivi economici. L’oggetto di questo rapporto, di questo contratto, non è la
persona del lavoratore che è intangibile, la persona del lavoratore ha forti tutele connesse al
principio di dignità umana che è il principio fondamentale e che è la base di tutti i diritti
fondamentali dei lavoratori; ma l’oggetto del rapporto e del contratto di lavoro è la prestazione
lavorativa per fini economici.
-Lavoratori subordinati
-Lavoratori autonomi o anche persone giuridiche, beneficiarie della libertà di stabilimento o del
diritto di libera prestazione di servizi.
Ambito di applicazione: nozione di subordinazione
-Assenza di nozione generale di subordinazione corrisponde al nostro articolo 2094 c.c. (codice
civile)
-Il ruolo della Corte di giustizia nella formazione di una nozione comunitaria di lavoratore
subordinato.

Slide: Corte di giustizia 23 marzo 1982: La Signora Levin, cittadina tedesca si era vista negare il
permesso di soggiorno dalle autorità dei Paesi Bassi, perché aveva intrapreso un’attività lavorativa
che per l’esiguità dell’impegno prestato non appariva sufficiente ad assicurarle un reddito
sufficiente al sostentamento. La Corte di giustizia afferma che “ le disposizioni in materia di libera
circolazione dei lavoratori si applicano anche al cittadino di uno Stato membro che eserciti, nel
territorio di un altro Stato membro, un’attività subordinata dalla quale tragga redditi inferiori a
quello che si considera minimo vitale nel secondo Stato membro purchè l’attività subordinata sia
svolta realmente ed effettivamente”. Per l’applicazione della disciplina sulla libera circolazione è
necessario che l’attività lavorativa sia “ reale ed effettiva” ed abbia natura “ economica”, a
prescindere dall’esiguità dell’orario di lavoro e dal corrispettivo. Il concetto di realtà ed effettività
uniti al concetto di economicità sono importanti per individuare la figura del lavoratore
subordinato perché in base a quello che effettivamente espleta per la durata ha una determinata
tutela.
Perché si parla di libera circolazione dei lavoratori? Noi stiamo parlando di un mercato del lavoro
europeo dove i cittadini europei hanno libertà di movimento nel mercato europeo anche alla
ricerca di un’occupazione. Per un determinato tempo di tre mesi ottengono un visto, possono
liberamente circolare per cercare occupazione anche presso il pubblico impiego purchè non siano
determinate posizioni di vertice, di direzione, di responsabilità politica in cui è necessaria oltre un
determinato legame con il territorio anche l’appartenenza con la nazione. In questi stati membri la
retribuzione che è connessa ad un rapporto di lavoro subordinato può variare anche di molto tra
un stato membro ed un altro e quella che è una retribuzione sufficiente in base ad uno stato
membro potrebbe essere non sufficiente per un altro stato membro. Il concetto di sufficienza della
retribuzione del nostro ordinamento lo ritroviamo nell’articolo 36 della Costituzione, dove la
retribuzione deve essere parametrata alla qualità, quantità del lavoro e deve garantire una fonte
di sostentamento per il lavoratore e per la propria famiglia.

Corte di giustizia 3 luglio 1986: La signora Lawrie Blum, cittadina britannica, dopo aver superato
l’esame per l’insegnamento nei licei, non veniva ammessa dal Provveditorato di Stoccarda al
tirocinio necessario per il conseguimento della relativa abilitazione, perché il tirocinante non
poteva essere considerato lavoratore ex art. 39, anche in considerazione del fatto che l’impiego
presso la Pubblica Amministrazione è escluso dall’ambito di applicazione dei Trattati.
Qui viene preso in considerazione il tirocinante, il quale non ha un contratto di lavoro, ma è anche
lui tutelabile. Il tirocinante viene preso in considerazione anche nella direttiva 1152/2019. Il
tirocinio è una fattispecie di rapporto di lavoro a cui si ricorre spesso per abusare della posizione
lavorativa di quel soggetto, ossia mascherano rapporti di lavoro subordinato per la durata di 12
mesi, 18 mesi, in alcuni casi anche 24 mesi, senza riconoscimento delle tutele di un rapporto di
lavoro subordinato, compensi minimi (nel nostro ordinamento sono 500 euro
mensiliregolamento regione Campania del 2018 n. 4 che regolamenta i tirocini soprattutto quelli
extracurriculari e che prevede l’importo dell’indennità economica.

DOMANDA POSTA DA UNA RAGAZZA ALLA PROFESSORESSA: Queste cose valgono anche per i
tirocini universitari? I tirocini si distinguono in tirocini curriculari e tirocini extracurriculari. I primi
possono essere attivati in qualunque percorso di studio, anche universitario, per un
approfondimento della formazione; i tirocini extracurriculari, invece, dopo il percorso di studio per
formazione e orientamento professionale.
Le condizioni previste dalla direttiva 52/2019 sono applicabili a tutti i tirocini perché questa
direttiva che, come ho detto prima, prevede condizioni minime fondamentali da riconoscere al
lavoratore in qualunque contratto o rapporto di lavoro, prevede che il lavoratore debba essere
destinatario di una comunicazione iniziale che deve essere data subito o entro 15 giorni massimo
direttamente al lavoratore. Questa comunicazione deve avere l’importo dell’indennità, la durata
del rapporto, l’orario di lavoro, il luogo di lavoro, il titolare del rapporto di lavoro, il nome del
tutor. Sono tutte comunicazioni fondamentali, ossia se dovessero mancare devono essere
applicate delle sanzioni.
N.B: QUESTA DIRETTIVA NON è STATA ANCORA RECEPITA NEL NOSTRO ORDINAMENTO E NEL
NOSTRO ORDINAMENTO Già ESISTONO DELLE DISCIPLINE SPECIFICHE PER I TIROCINI (HA FATTO
RIFERIMENTO AL REGOLAMENTO DELLA REGIONE CAMPANIA DEL 2018).
Il regolamento della regione Campania ha determinate tutele, ma non prevede una comunicazione
iniziale al lavoratore e quindi questa direttiva europea va a migliorare la posizione del lavoratore. Il
regolamento del 2018 dice, però, una cosa molto importante: rinvia per quanto riguarda il regime
sanzionatorio alle linee guida del 2017 che sono state adottate in sede conferenza stato-regione e
sono delle linee non vincolanti. Cosa dicono? Dicono che se alcuni requisiti fondamentali del
tirocinio non sono rispettati si applica la sanzione di conversione del rapporto di lavoro, quindi il
rapporto che è un rapporto di tirocinio diventa un rapporto di lavoro subordinato e tra queste
violazioni va anche considerata la comunicazione obbligatoria che dovrà essere indirizzata al
lavoratore e ai tirocinanti con tutti i requisiti della direttiva 1152/2019. Vi è quindi stata una
evoluzione significativa dei tirocini volta all’orientamento professionale, ossia c’è stato un
rafforzamento della posizione dei lavoratori, tutti i giovani lavoratori compresi i disabili, volta
all’inserimento lavorativo dei lavoratori e a contrastare l’abuso del tirocinio che spesso viene
utilizzato per mascherare rapporti di lavoro subordinato.

La caratteristica da prendere in considerazione è lo svolgimento della prestazione lavorativa, il


compenso economico secondo i criteri della realtà-effettività e per quanto riguarda la
subordinazione il potere di etero-direzione. Il potere di etero-direzione nel datore di lavoro è
compreso il potere direttivo, il potere di controllo, il potere organizzativo e il potere disciplinare.
Anche il concetto di etero-direzione ha subito una sua evoluzione e lo vedremo nel dettaglio in
riferimento al rapporto di lavoro presso le piattaforme digitali dove il concetto di etero-direzione è
esteso al concetto di etero-organizzazione. Non sono la stessa cosa e qui ritorna l’esempio del
rapporto trilaterale. Nel rapporto trilaterale abbiamo una ripartizione dei poteri del datore di
lavoro. Pensiamo, per esempio, alla somministrazione che non è l’appalto di manodopera perché
vengono presi in considerazione per la responsabilità solidale dei due soggetti vertice del rapporto,
ma non per il quadro normativo, il quale cambia perché naturalmente sono istituti diversi. La
somministrazione è una fattispecie, l’appalto di manodopera è un’altra fattispecie e il rapporto
presso le piattaforme digitali è ancora un’altra fattispecie.
ABUSO DELLA FATTISPECIE: Se prendiamo in considerazione la somministrazione di manodopera,
per esempio, abbiamo detto che abbiamo una ripartizione dei poteri del datore di lavoro. Il potere
di direzione, il potere di controllo, il potere organizzativo nel senso di definire come la prestazione
lavorativa deve essere espletata con definizioni di orario, turni, giorni di lavoro etc, è della
persona terza che utilizza la prestazione lavorativa (l’utilizzatore). Il potere disciplinare è quello più
importante del datore di lavoro, perché? Perché è quello che sanziona il lavoratore, con sanzioni
che possono essere di natura conservativa o sanzioni estintive del rapporto di lavoro, ossia il
licenziamento individuale o collettivo. Esiste, tuttavia, una responsabilità fra questi due soggetti.
Quindi colui che ha il potere di direzione, di controllo, non può applicare la sanzione perché non è
il titolare del rapporto di lavoro, ma deve comunicare l’inadempimento al datore di lavoro che
applica la sanzione che può essere conservativa o estintiva. Anche nell’appalto di manodopera
abbiamo una ripartizione dei poteri datoriali, ma l’appalto di manodopera non è la
somministrazione. Nell’appalto di manodopera abbiamo l’appaltatore che è il datore di lavoro,
l’appaltante che è il soggetto terzo e il lavoratore. L’appaltante che è il soggetto terzo, a differenza
della somministrazione, ha il potere organizzativo, ma il potere di controllo, il potere disciplinare è
del datore di lavoro. Questo per dire che cosa? Non dobbiamo assimilare tutte le fattispecie nel
rapporto trilaterale poiché ogni fattispecie deve essere studiata per quella che è. Il confronto va
fatto per la corresponsabilità dei due soggetti vertici di quel rapporto di lavoro che in via di
massima è una responsabilità solidale perché un soggetto utilizza la prestazione lavorativa, l’altro
partecipa alla prestazione lavorativa.
In altre fattispecie, invece, non è possibile individuare una responsabilità solidale perché i due
soggetti vertice utilizzano la prestazione lavorativa. In questo caso non abbiamo una responsabilità
solidale, ma una responsabilità ripartita tra entrambi i soggetti in base all’utilizzo della prestazione
lavorativa.

Corte di Giustizia 26 febbraio 1992, causa C-357/89: Il rapporto ON DEMAND è quello utilizzato
nelle piattaforme, ma qui ci troviamo nel 1992 quando il lavoro a chiamata veniva effettuato con
un rapporto di lavoro con un semplice committente, a chiamata da parte di un altro soggetto.
Quest’altro soggetto è diventato una piattaforma digitale, ma i requisiti, gli elementi del rapporto,
sono gli stessi fissati dalla corte di Giustizia già nel 1992 e possono essere presi come principio di
riferimento nonostante siano del 1992.
La corte di Giustizia estende la nozione di subordinazione anche al dipendente vincolato da “ un
contratto che non offre alcuna garanzia quanto al numero di ore da effettuare, tanto che
l’interessato lavori per un numero assai esiguo di giorni alla settimana, che non obblighi il datore a
retribuire il lavoratore e a farlo fruire delle prestazioni previdenziali, se non in quanto abbia
effettivamente lavorato”. La corte ribadisce i principi in precedenza enunciati della “ realtà”, “
effettività” ed “economicità” della prestazione lavorativa.
Corte di Giustizia 26 febbraio 1992, causa C-3/90: La Corte di Giustizia giunge a riconoscere la
qualifica di lavoratore subordinato anche a chi abbia lasciato il posto di lavoro per dedicarsi agli
studi, purchè esista una relazione tra la sua precedente attività lavorativa e gli studi di cui trattasi.
Con questa pronuncia si verifica un distacco tra la nozione di lavoratore effettivo e la nozione di
lavoratore subordinato, ma non in termini di non considerazione, ma di lavoratore effettivo in
quanto i diritti del lavoratore sono riconosciuti non soltanto per il rapporto e contratto di lavoro in
atto, ma riconosciuti per il rapporto che si è estinto in base ai contributi versati durante quel
rapporto di lavoro. Questo legame tra il rapporto che si è espletato va considerato per gli
ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione che sono riconosciuti anche ai lavoratori
autonomi; va considerato anche per i trattamenti pensionistici.
Questo orientamento giurisprudenziale si presenta in linea con l’evoluzione normativa, in
particolare con le direttive degli anni Novanta che estendono l’ambito di applicazione della libera
circolazione anche a coloro che non sono ancora lavoratori (studenti) o che non lo sono più
(pensionati), purchè diano prova della autosufficienza economica e della titolarità di una copertura
assicurativa, in modo da non costituire un onere economico per l’assistenza sociale dello Stato
membro ospitante.

DIRETTIVA n 90/364: Estende la libertà di circolazione al cittadino economicamente inattivo, ma la


subordina ad un duplice requisito.
-Titolarità di risorse economiche sufficienti (il minimo vitale), in modo da non costituire un onere
economico per l’assistenza sociale dello Stato membro ospitante;
-Disponibilità di un’assicurazione che garantisse la completa copertura contro il rischio di malattia.
Stiamo parlando di economicità nella libera circolazione, quindi di un cittadino di un altro stato
membro che trova lavoro in Italia, in quanto deve comunicare alla comunità amministrativa
l’occupazione e l’economicità perché a quello Stato interessa quel lavoratore come sta vivendo,
qual è la sua fonte di sostentamento, come sta sostenendo se stesso e la sua famiglia. Se perde
questa fonte di sostentamento ne deve ritrovare subito un’altra per un determinato periodo di
tempo; se non la trova è tenuto a ritornare nello stato membro di origine. Ciò riguarda la
LIBERA CIRCOLAZIONECITTADINI EUROPEI; le condizioni cambiano per la circolazione di
lavoratori extraeuropei perché, mentre, il cittadino europeo può circolare alla ricerca di una
occupazione; per quanto riguarda, il cittadino extraeuropeo, invece, questa condizione si deve
verificare prima che entri nel territorio europeo. Quest’ultimo può entrare nel territorio europeo
solo per rispondere ad un’offerta di lavoro. Entra nel territorio con un permesso di entrata, firma il
contratto entro 8 giorni e quel contratto di lavoro gli dà il permesso di soggiorno nel territorio
italiano. Il permesso è temporaneo anche se il rapporto di lavoro è a tempo indeterminato e va
rinnovato anno dopo anno. Se ha un rapporto di lavoro a tempo indeterminato continuativo per
cinque anni ottiene il permesso di soggiorno permanente.
Naturalmente stiamo parlando di lavoratori extraeuropei che entrano nel territorio europeo
italiano legalmente e che quindi sono i regolari, e in quanto lavoratori regolari hanno il diritto a
tutte le tutele retributive normative previdenziali connesse a quel contratto di lavoro come ogni
lavoratore italiano. GODE, QUINDI, DELLA PARITà DI TRATTAMENTO.

La Corte di giustizia attraverso il richiamo al principio di uguaglianza, ex artt. 12 e 18 TCE, afferma


che un cittadino dell’Unione che risiede legalmente nel territorio dello Stato membro ospitante
può avvalersi del principio di parità di trattamento riconosciuto dal trattato in tutte le situazioni
che rientrano nel campo di applicazione del diritto comunitario.
Se variano le condizioni lavorative, variano i trattamenti normativi retributivi. Pensiamo a due
lavoratori: un uomo e una donna. Un uomo che non ha carichi di famiglia, una donna che ha
carichi di famiglia. Hanno pari lavoro. Il trattamento normativo e retributivo della donna può
essere anche notevolmente superiore a quello dell’uomo che non ha carichi di famiglia per
assegni, riconoscimenti di congedo, riconoscimenti di trattamenti per figli, per malattia del figlio ed
un trattamento paritario a tutti gli effetti.
PARITà DI ACCESSO ALL’IMPIEGO: Ogni cittadino di uno Stato membro, qualunque sia il suo luogo
di residenza, ha il diritto di accedere ad un’attività subordinata e di esercitarla sul territorio di un
altro Stato membro (principio di priorità del mercato comunitario del lavoro).
-conformemente alle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative che disciplinano
l’occupazione dei lavoratori nazionali di detto Stato (principio di parità di trattamento)
-egli gode, in particolare, della stessa precedenza riservata ai cittadini di detto Stato per l’accesso
agli impieghi disponibili (art. 1 regolamento n 1968/1612-abrogato e sostituito dal regolamento n
492/2011).

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