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Il regime fascista in Italia_3

LA POLITICA SOCIALE ED ECONOMICA


Le condizioni del paese reale

▪ La popolazione passa da 38 milioni (1921) a 44


milioni (1939)

▪ Si accentua l’urbanizzazione
- addetti all’agricoltura dal 58 al 51%,
- occupati nell’industria dal 23 al 26.5%
- addetti al terziario dal 18 al 22%

▪ La ripresa economica è pagata da operai e


contadini, con una forte contrazione dei salari
reali

NB: il reddito medio di un italiano è la metà di quello di un francese,


un terzo di quello di un inglese, un quarto di quello di uno statunitense

NB: consumo di carne e latte tre volte inferiore rispetto all’Inghilterra


(beni di lusso il caffè e lo zucchero )
▪ Il salario può distinguersi in monetario (o nominale)
e reale.

Il primo corrisponde alla quantità di moneta che il
lavoratore riceve quale corrispettivo del suo lavoro,
mentre il secondo è dato dalla quantità di beni e
servizi acquistabili con il salario monetario.
Il salario reale è uguale al rapporto W/p tra il salario
monetario W ed il livello dei prezzi p.
Il fascismo e l’economia

La “terza via” tra capitalismo e socialismo è individuata nel

CORPORATIVISMO

cioè gestione diretta dell’economia da parte delle categorie produttive, organizzate


in corporazioni distinte per settori d’attività e comprendenti sia i lavoratori sia gli
imprenditori.
Le corporazioni non furono comunque libera espressione degli associati; tutte le
questioni venivano decise dall’alto e generalmente a beneficio delle classi padronali.

L’idea corporativa affonda le sue radici addirittura nel Medioevo, nelle


corporazioni delle arti e dei mestieri, che nell’Ottocento hanno ispirato il pensiero
sociale cattolico; si nutre di suggestioni nazionalistiche e provenienti dal
sindacalismo rivoluzionario.
Il fascismo e l’economia
TESTO DELLA CARTA DEL LAVORO
–––––

Dello Stato corporativo e della sua organizzazione

I. La Nazione italiana è un organismo avente fini, vita, mezzi di azione


superiori per potenza e durata a quelli degli individui divisi o raggruppati che
la compongono. È una unità morale, politica ed economica, che si realizza
integralmente nello Stato fascista.

II. Il lavoro, sotto tutte le sue forme organizzative ed esecutive, intellettuali,


tecniche, manuali è un dovere sociale. A questo titolo, e solo a questo titolo, è
tutelato dallo Stato. Il complesso della produzione è unitario dal punto di vista
nazionale; i suoi obiettivi sono unitari e si riassumono nel benessere dei
singoli e nello sviluppo della potenza nazionale.
III. L’organizzazione sindacale o professionale è libera. Ma solo il sindacato
legalmente riconosciuto e sottoposto al controllo dello Stato, ha il diritto di
rappresentate legalmente tutta la categoria di datori di lavoro o di lavoratori,
per cui è costituito: di tutelarne, di fronte allo Stato e alle altre associazioni
professionali, gli interessi; di stipulare contratti collettivi di lavoro obbligatori
per tutti gli appartenenti alla categoria, di imporre loro contributi e di
esercitare, rispetto ad essi, funzioni delegate di interesse pubblico.

VII. Lo Stato corporativo considera l’iniziativa privata nel campo della


produzione come lo strumento più efficace e più utile nell’interesse della
Nazione. L’organizzazione privata della produzione essendo una funzione di
interesse nazionale, l’organizzatore dell’impresa è responsabile
dell’indirizzo della produzione di fronte allo Stato. Dalla collaborazione delle
forze produttive deriva fra esse reciprocità di diritti e di doveri. Il prestatore
d’opera, tecnico, impiegato od operaio, è un collaboratore attivo
dell’impresa economica la direzione della quale spetta al datore di lavoro
che ne ha la responsabilità.
Le scelte di politica
economica, al di là
della teoria…
Il periodo liberista: 1922-1925
ministro Alberto De
Stefani, liberale e liberista:

il problema italiano è la
debole produttività, il
nemico principale è il
sindacalismo
I provvedimenti
Queste scelte
▪ Sgravi fiscali alle imprese finirono per
immettere molta
moneta in
▪ Incentivi statali circolazione, ed
all’imprenditoria privata ebbero però come
conseguenza una
▪ Riduzione della spesa forte inflazione e la
perdita di valore
pubblica
della lira rispetto
alle monete straniere.
▪ Ripresa di un liberismo
doganale controllato
LA SPESA PUBBLICA (www.treccani.it)
Dal punto di vista economico, la distinzione più significativa è quella tra
spesa per beni e servizi e spesa per trasferimenti.

Nel primo caso, la spesa pubblica crea valore aggiunto, finanziando il processo
produttivo dei servizi pubblici; quindi si tratta di uscite rivolte all’acquisto di beni
intermedi correnti (consumi e attrezzature) e di servizi di lavoro (stipendi dei
pubblici dipendenti), ma anche di investimenti che vanno a incrementare lo stock
di capitale pubblico (infrastrutture, edifici pubblici). Nella sanità, per es., con la
spesa corrente si coprono gli stipendi dei medici, degli infermieri e dei dipendenti
amministrativi, si acquistano farmaci, per distribuirli agli assicurati, o attrezzature
per i laboratori di analisi; con la spesa di investimento si costruiscono ospedali.

I trasferimenti sono invece sussidi in denaro e in natura a famiglie e imprese,


senza un corrispettivo diretto da parte dei beneficiari. Rientrano in questa
seconda categoria le pensioni, le agevolazioni alle imprese e gli aiuti per
l’assistenza e la disoccupazione, ma anche, sebbene la natura sia
completamente diversa, gli interessi sul debito pubblico.
La svolta
protezionistica (1926)

Giuseppe Volpi
▪ A livello nazionale: lo Stato regola il mercato; gli interessi dei
lavoratori e dei datori di lavoro sono subordinati al superiore
interesse della nazione.

▪ Sul piano internazionale: imposizione di barriere doganali e


sostituzione delle importazioni con merci prodotte in Italia e
sostenute dallo Stato; ostacoli all’investimento dei capitali esteri
in Italia.
‘Quota novanta’
Rivalutazione della lira (cambio con la sterlina inglese a 90
lire, non più a 154)
Obiettivi:

1. Abbassare l’inflazione;
2. difendere i risparmi dei ceti medi;
3. ridurre i costi delle importazioni di materie prime.

Conseguenze:

4. Scarsità di moneta circolante con conseguente limitazione della richiesta di


merci; quindi, rallentamento della produzione e calo delle esportazioni;
5. disoccupazione e tagli ai salari;
6. generale ristagno economico, al quale si risponde con incentivi statali.
La risposta del regime alla crisi del
1929
SVILUPPO DEI LAVORI PUBBLICI INTERVENTO DIRETTO DELLO
STATO
1. Nuove strade, nuovi tronchi ferroviari,
nuovi edifici pubblici ▪ ISTITUTO MOBILIARE ITALIANO
(Imi, 1931)
2. Risanamento del centro storico di Roma Istituto di credito pubblico che ha il
compito di sostituire le banche nel
3. Bonifica dell’Agro Pontino sostegno delle industrie in crisi

4. Fondazioni di nuove città


(Littoria, Carbonia, Arborea, Sabaudia) Lo Stato si ritrova proprietario delle
aziende i cui proventi azionari sono
depositati a titolo di garanzia presso le
5. Intensificazione e sviluppo del settore banche
legato all’industria bellica
▪ ISTITUTO PER LA
RICOSTRUZIONE INDUSTRIALE
(Iri, 1933)
per risanare e poi gestire tali imprese
Mussolini guarda un operaio a lavoro nell’agro pontino
La ‘battaglia del grano’
Conseguenze:

Raggiungere l’autosufficienza nel settore dei Danneggia altri settori


produttivi, come
cereali, per ridurre il disavanzo commerciale l’allevamento e le
della bilancia dei pagamenti con l’estero colture specializzate,
più ricche, rivolte
all’esportazione
La battaglia demografica
LA POLITICA ESTERA E
LE LEGGI RAZZIALI
L’Italia è pronta per
l’espansionismo
LA POLITICA ESTERA

PERIODO INTERESSI
• Mussolini ricerca alleanze esterne, in particolare con
l’Inghilterra, e si propone di assicurare la pace e migliorare
l’immagine dell’Italia all’estero.
1922-1926
• Al contempo le mire espansionistiche lo spingono a richiedere
la revisione dei trattati di pace considerati ingiusti
(revisionismo).
• Mussolini inasprisce i rapporti internazionali soprattutto con la
1926-1932
Francia.
• La via della diplomazia viene abbandonata in favore di una
politica di espansione in Africa ai danni dell’Etiopia del negus
1935-1936
Hailé Selassié. La guerra di Etiopia si conclude vittoriosamente
nel 1936.
Guerra d’Etiopia
Gli avvenimenti
Etiopia: stato ammesso alla Società
delle Nazioni

3 ottobre 1935: invasione dell’Etiopia


da parte delle truppe italiane e sanzioni
economiche – inefficaci - da parte
della SdN (divieto di vendere all’Italia
beni di interesse militare)

5 maggio1936: Badoglio entra ad


Addis Abeba

9 maggio1936: proclamato l’Impero


Italiano, all’apice del consenso al
regime mussoliniano
Il razzismo italiano
Costretti a continui contatti con l’indigeno, bisogna studiarne attentamente
la mentalità per poterlo guidare, senza urti ma con mano sicura, a
contribuire utilmente col suo lavoro ai fini che noi ci ripromettiamo di
conseguire. Caratteristica generale del negroide e del negro dell'Africa
equatoriale è la poca disposizione ad un intenso e prolungato lavoro, un
acuto senso della giustizia ed un profondissimo rispetto della forza. La
poca disposizione pel lavoro è logica conseguenza delle scarsissime esigenze
di vita dei popoli primitivi e spesso della facilità con cui essi possono
ottenere senza grandi sforzi tutto quanto serve alla loro esistenza, per
l’abbondanza dei frutti della terra e degli animali, che procurano loro
spontaneamente ciò che occorre per il nutrimento, per il ricovero e per il
rudimentale abbigliamento. La giustizia e la forza sono concetti così
radicati nell’animo di tutti i popoli primitivi che devono essere alla base
di ogni rapporto con loro.

Norme a cura dell’Istituto coloniale fascista, 1937


La relazione con Berlino

▪ Ottobre 1936: asse Roma-Berlino


(Un patto di amicizia tra Italia e Germania, che aveva appoggiato la
conquista coloniale italiana garantendo rifornimenti e materie prime)

▪ Adesione al Patto anticomintern, tra


Terzo Reich e Impero giapponese (1937)

▪ Maggio 1939: il patto d’acciaio


Patto sia "difensivo" che "offensivo" fra i due Paesi; le parti erano
obbligate a fornire reciproco aiuto politico e diplomatico in caso di
situazioni internazionali che mettevano a rischio i propri "interessi
vitali". Questo aiuto sarebbe stato esteso al piano militare qualora si
fosse scatenata una guerra; la durata del trattato era inizialmente
fissata in dieci anni.
Hitler a Roma (maggio 1938)
Le leggi razziali (1938-39)
▪ Circ.17 agosto: le cariche pubbliche
possono essere ricoperte solo da
ariani.

▪ D.L. 5 settembre: gli insegnanti ebrei


sono sospesi dal servizio e gli alunni
ebrei sono espulsi dalla scuola
pubblica.

▪ D.L. 7 settembre: gli ebrei stranieri


sono espulsi dal territorio nazionale.

▪ D.L. 17 novembre: sono proibiti i


matrimoni tra ariani ed ebrei; sono
poste limitazioni alle attività
economiche, ai terreni e agli immobili
di proprietà degli ebrei. Frontespizio del primo numero della
rivista “La difesa della razza”.
Pubblicato il 14 luglio 1938 su Il Giornale d’Italia con il titolo Il fascismo e i problemi
della razza, il Manifesto della razza fu ripreso sul primo numero della rivista La
difesa della razza, promossa dallo stesso Mussolini quale organo di diffusione del
“razzismo scientifico” fatto proprio dal fascismo. Il testo costituisce un paradigma
del razzismo storico-biologico degli anni Trenta.
ll discorso sulla razza di Mussolini a Trieste il 18 settembre 1938

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