Un assaggio di Bradbury in due racconti che, nel bene e nel male, presentano alcune delle più significative tematiche della sua scrittura. Da qualche pUn assaggio di Bradbury in due racconti che, nel bene e nel male, presentano alcune delle più significative tematiche della sua scrittura. Da qualche parte suona un'orchestrina è una simpatica variazione sul tema della cittadina fatata/stregata, popolata, in questo caso, soltanto da scrittori. Un divertissement sul ruolo dello scrittore nella società contemporanea, sul ruolo della scrittura, del racconto, sulla vitalità eterna delle storie che si raccolgono e tramandano nel tempo. Qui emerge il Bradbury tutt'altro che scrittore eminentemente di fantascienza, emerge il Bradbury amante e difensore della lettura del più celebre Fahrenheit 451, il Bradbury imbevuto della migliore tradizione fantastica e anche horror (tanti sono gli omaggi a Poe che ricorrono in tutta la sua produzione). Leviatano 99 è un racconto travagliato, come dichiara lo stesso autore nell'introduzione. Lui stesso non sembrava soddisfatto, la critica l'aveva demolito: in effetti, è un racconto piuttosto mediocre, una rinarrazione in salsa fantascientifica del Moby Dick di Melville assolutamente non necessaria; un giro a vuoto, inconcludente, infarcito di inutili virate liriche e di citazioni bibliche e religiose assolutamente fuori luogo. ...more
"Il più stupido tra gli uomini è colui che non si rende conto di essere saggio".
Una grande chiusura del cerchio a termine del viaggio attraverso l'Imp"Il più stupido tra gli uomini è colui che non si rende conto di essere saggio".
Una grande chiusura del cerchio a termine del viaggio attraverso l'Impero e la Fondazione. Asimov si conferma un maestro, con questa chiusa ciclica che svela il più misterioso dei lasciti di Hari Seldon. Anche in questo caso, il romanzo è polarizzato tra i due centri focali dei rispettivi racconti originali: lo scontro tra il Mulo e il Primo Oratore, nella prima parte, e il dialogo finale che porta, passo dopo passo, confutazione dopo confutazione, a svelare il mistero della Seconda Fondazione....more
Artemis Fowl cresce, in tutti i sensi: cresce il protagonista, cresce il suo mondo, cresce la serie, che si amplia sempre di più verso nuove dimensionArtemis Fowl cresce, in tutti i sensi: cresce il protagonista, cresce il suo mondo, cresce la serie, che si amplia sempre di più verso nuove dimensioni. Dopo aver recuperato la dimensiona demoniaca più tipica di un certo immaginario fantastico-horror, Colfer attinge alla fantascienza e introduce il tema del viaggio nel tempo. Come al solito, lo fa in maniera arguta e affatto semplicistica: se è vero che Artemis arriva a scomodare fisica quantistica e paradossi temporali (aderendo dunque alla posizione, sempre più in voga, che vuole il paradosso temporale "sciolto" in una deterministica ciclicità del tempo), dall'altro lato l'incontro tra il quasi quindicenne Artemis e il se stesso decenne deflagra con effetti simpaticissimi e divertenti....more
A metà tra romanzo e saggio, Un weekend postmoderno è un'opera monumentale che prende corpo nel corso dell'intero decennio degli anni Ottanta, di cui A metà tra romanzo e saggio, Un weekend postmoderno è un'opera monumentale che prende corpo nel corso dell'intero decennio degli anni Ottanta, di cui mira a presentarsi come testimone privilegiato grazie a una selezione di testi differenti che spaziano dall'articolo giornalistico al diario, dal saggio al racconto. In questa grande opera multitestuale è possibile rintracciare l'intero Tondelli, la cui breve ma intensa opera letteraria ha scandito proprio gli anni Ottanta. Le prime sezioni, in particolar modo, rivelano l'originario nucleo di Weekend, un collage di appunti personali, osservazioni e riflessioni che Tondelli ha sviluppato durante la stesura dei suoi romanzi. Fa così capolino la graffiante provincia urbanizzata che fa da sfondo ai racconti di Altri libertini, ma anche la patinata Rimini dell'omonimo romanzo, con i suoi riti estivi e le sue liturgie. Le svariate sezioni più "geografiche", che propongono testi che sembrano estratti di un diario di viaggio, a spasso tra le capitali della movida giovanile europea, trasudano quella malinconia che domina un romanzo come Camere separate. Ma c'è ancora il furor giovanile meglio rappresentato nell'esperienza della leva militare, presente in testi che vanno ad ampliare il racconto nostalgico di Pao Pao, c'è il Tondelli che si cala nella parte del critico letterario e culturale, dell'uomo d'arte, che disquisisce di arte e di artisti, c'è il Tondelli dell'esperienza editoriale degli Under 25 e c'è infine il Tondelli più sconosciuto, che mette a nudo la sua anima con altri "biglietti agli amici". Un Weekend postmoderno è un'opera splendida, immensa, ricchissima, da consigliare fortemente, purché siano stati letti i suoi romanzi, almeno i più celebri. La quantità di materiale è spaventosa, un dato che porta con sé pregi e difetti inscindibili: se è impossibile non trovare qualcosa che piaccia, è anche vero il contrario, e in questa summa enciclopedica degli anni Ottanta si rischia di perdere l'orientamento....more
E' passato un secolo dall'ultima, e in questo secolo, nella Fondazione, si stanno ripetendo tutti gli errori che hanno determinato il crollo del vecchE' passato un secolo dall'ultima, e in questo secolo, nella Fondazione, si stanno ripetendo tutti gli errori che hanno determinato il crollo del vecchio Impero. L'inerzia! La nostra classe dirigente segue una sola legge: non cambiar nulla. Despotismo! Conoscono solo una sola regola: la forza. Squilibri economici! Hanno un solo desiderio: aggrapparsi ai loro beni!
Capitolo di mezzo, tappa intermedia nel grande viaggio, questa volta nasce come raccolta di due soli grossi racconti, che dividono esattamente a metà il romanzo; entrambe le parti, anche in questo caso, ruotano attorno a due grandi uomini (i "pezzi grossi che mandano avanti la baracca", come dice Asimov) che incidono sul destino della Fondazione e del suo incontro/scontro con un Impero dall'imminente degenerazione finale. Molto adatto il titolo originale, Fondazione e Impero, che richiama un dualismo che permea l'intero romanzo; dualismo che si rispecchia nel gioco sociopolitico tra l'individuo e la massa, al centro delle varie considerazioni che Asimov mette in bocca ai suoi personaggi. Centrale, nello scontro sempre più ideologico tra le due parti, il rapporto con il tempo e la capacità di farsi futuro: l'Impero si è fossilizzato in una posizione immobile, incapace di crescere ed evolversi ulteriormente, interessato soltanto a perpetuare se stesso. Anche in questo caso riecheggia la rilettura fantascientifica dell'opera di Gibbon e del declino dell'impero romano. Significativo allora il ruolo del Mulo, che traghetterà l'Impero verso la sua destinazione finale, mentre resta in agguato, pronta a entrare finalmente in gioco, la Seconda Fondazione....more
Dennis Cooper torna a insozzare le librerie con una nuova raccolta di racconti che si presenta innanzitutto provocatoria sotto l'aspetto formale: com'Dennis Cooper torna a insozzare le librerie con una nuova raccolta di racconti che si presenta innanzitutto provocatoria sotto l'aspetto formale: com'è tipico del suo gusto sperimentale, il racconto tradizionale viene sempre più soppiantato da altri tipi di testo, ingegnosamente confezionati, teoricamente del tutto estranei alla funzione letteraria. Quanto al contenuto, è il solito Cooper, questa volta però caratterizzato da una accentuata ossessione verso la morte. Al di là della provocazione e dei temi forti, la raccolta non manca di offrire dei racconti molto, molto buoni, di alto livello letterario, capaci di suscitare più che una semplice reazione di disgusto e di sorpresa, facendo sorgere, così, l'inizio di una sotterranea, inconscia e inquieta riflessione che accompagna tutta la lettura. Tra i racconti di maggior rilievo: Jerk introduce subito lo scabroso tema della morte, associandolo alle devianze giovanili e agli snuff movie; The Anal-Retentive Line Editor è un divertentissimo racconto che si fa gioco del lavoro degli editor, immaginando la corrispondenza tra uno scrittore erotico e un oltremodo pignolo editor che si sofferma su ogni singola parola di una scena di sesso; Oliver Twink (geniale già nel titolo) è uno struggente dialogo botta-e-risposta, singolare nell'impostazione del testo, ai margini estremi delle pagine. Ma si segnalano anche: un paio di racconti lunghi mezza pagina (ce n'è uno che provocatoriamente connette il mito di Santa Claus con l'abuso sessuale), diversi racconti in forma di sceneggiatura, altri più tradizionali dal forte sapore autobiografico. E per chiudere in bellezza: un saggio biografico su una famiglia di celebri porno attori e le recensioni ai "peggiori siti porno gay russi". Completa la raccolta un apparato biografico dell'autore, con interviste e conversazioni e le liste dei suoi cinquanta libri / dischi / film / etc preferiti. Un vero regalo per veri fan....more
Cosa dire di uno dei libri più letti, amati, commentati e abusati della storia? Da storico amante della"La violenza è l'ultimo rifugio degli incapaci."
Cosa dire di uno dei libri più letti, amati, commentati e abusati della storia? Da storico amante della fantascienza trovo emozionante, quasi commovente, che la costruzione visiva del futuro in Asimov sia affidata alla scienza della psicostoria. La psicostoria è sicuramente l'invenzione fantascientifica più sorprendente nella storia della fantascienza, altro che astronavi e spade laser. Anche se basta poco per grattare la superficie e scoprire che per questa sua storia di declino dell'Impero e di rinascita della Fondazione Asimov si è ispirato un po' troppo alla lettera alla monumentale opera dello storico Gibbon sul "declino dell'impero romano". Idea geniale, emozionante, ma che nello sviluppo si risolve con poca originalità. Più soddisfacente il piano della caratterizzazione dei personaggi: Asimov riesce a condensare con leggerezza le vicende, gli interessi e i caratteri di una sterminata umanità che conta milioni di pianeti in tre distinti uomini: lo psicostorico Hari Seldon, il politico Salvador Hardin, il mercante Hober Mallow. Tre diverse facce che incidono sull'evoluzione dell'Impero galattico; una Storia di grandi uomini, che non sono altro che il condensato delle piccole storie e dei piccoli uomini. Ed è solo l'inizio del viaggio....more
Un lungo racconto scritto sul finire dei gloriosi anni Sessanta, ma che potrebbe benissimo sembrare scritto ieri, oggi. Un uomo e una donna, ognuno prUn lungo racconto scritto sul finire dei gloriosi anni Sessanta, ma che potrebbe benissimo sembrare scritto ieri, oggi. Un uomo e una donna, ognuno prigioniero di ignote entità aliene in una prigione più mentale che fisica. Su un altro piano, il deterioriamento fisico e mentale di un uomo inghiottito dal cancro, e l'impossibilità di dire, dall'esterno, cosa accada all'interno. O'Donnell gioca con il lettore, lo insegue mentre si muove come in un labirinto, in preda alla paranoia. La descrizione spaziale è ristretta, sì da dare paranoia e claustrofobia; ma ancora più soffocante è la sensazione dei personaggi di essere chiusi tra le ristrette mura della propria mente. Una grande stratificazione di senso, un grande apparato stilistico, un finale pazzesco. ...more
Terza e ultima variazione sul tema del divino che incontra l'umano, La trasmigrazione di Timothy Archer è anche l'ultimo romanzo compiuto di Dick, arrTerza e ultima variazione sul tema del divino che incontra l'umano, La trasmigrazione di Timothy Archer è anche l'ultimo romanzo compiuto di Dick, arrestato nella sua produzione letteraria da una morte prematura. Eppure salta all'occhio la singolare coincidenza: proprio lui, che tutta la vita aveva cercato di affermarsi come scrittore mainstream, senza successo, ripiegando quindi su una più renumerativa produzione fantascientifica, all'apice della sua ultima grande opera abbandona per sempre la fantascienza e si concede un romanzo realista, dal forte sapore stilistico postmoderno. Trasmigrazione è in effetti un romanzo privo di trama, ma sarebbe meglio dire che rende superflua la trama, com'è regola nella lettura postmoderna; l'intero romanzo è strutturato su un impianto dialogico tra la protagonista (e mi sembra che sia l'unico caso di una protagonista femminile per Dick), scettica e distaccata, e il visionario vescovo eretico Timothy Archer. Il romanzo ripercorre brevemente la storia dei lutti di Angel, la protagonista: dall'esordio che cita la morte di John Lennon (il sottobosco musicale e radiofonico, ricordo nostalgico di un impiego giovanile di Dick non abbandona mai i suoi romanzi e qui emerge in maniera più consistente), contemporanea alla morte di Timothy Archer, il romanzo riavvolge l'intreccio, presentandoci gli altri due personaggi del quartetto: il marito di Angel, e figlio di Timothy, morto suicida, e poi la migliore amica di Angel, divenuta amante del vescovo, e in seguito deceduta anche lei. I tre ruotano attorno al fascino visionario del vescovo, e il romanzo si compone, nel racconto in prima persona di Angel, in buona parte di dialoghi sul tema della fede e del divino. Consistente l'apparato citazionistico: dalla Bibbia alla Divina Commedia dantesca (con delle ottime considerazioni), Dick continua a sondare il terreno del protocristianesimo. Di Valis però non c'è più traccia; la fantascienza è mandata in pensione; il divino si conferma infine metafora dei limiti dell'umano. Dalla conoscenza, dalla ricerca della Verità ci si riduce alla definizione relativistica della verità. Valis è scomparso; Cristo forse non è mai esistito, o è esistito duecento anni prima dei Vangeli (seguendo il filone delle ricerche fantasiose del vescovo Archer); ciò che resta all'uomo è infine la possibilità della fede, la fede che è sempre, citando Tertulliano, l'accettazione dell'impossibilità. Si ha fede solo di ciò che è impossibile. Devo a questo punto sconfessare l'opera e riconoscere che, nonostante il voto in stellette, non si può a occhi chiusi dire che Trasmigrazione sia un buon romanzo. L'assenza di una trama consistente e la narrazione piatta rendono una lettura oltremodo lenta e svogliata; nonostante la gran quantità di citazioni, rimandi e riflessioni, il romanzo appare fin troppo monotematico. Non è l'apoteosi finale che ci si aspetterebbe, forse ingenuamente, da un ultimo romanzo di uno scrittore di fantascienza; anzi, è proprio l'opposto di un'apoteosi, forse Dick, nel suo peregrinare attraverso i filtri della pazzia, ha infine compreso l'intima e minima natura dell'umano, che a questo romanzo inesorabilmente si riduce....more
Più che seguito di Ragazzi selvaggi, questo romanzo ne sarebbe una continuazione, un allungamento, o un corollario, forse costituito di passi poi non Più che seguito di Ragazzi selvaggi, questo romanzo ne sarebbe una continuazione, un allungamento, o un corollario, forse costituito di passi poi non inclusi nel primo romanzo e qui proposti, ma senza alcun preciso disegno narrativo e nessuna organicità. Del primo romanzo si ritrovano le stesse atmosfere e suggestioni, la sensazione di esser a un nuovo appuntamento con la Storia, l'imminente eversione dei ragazzi selvaggi, il crollo della civiltà occidentale e l'ambivalente apertura a un nuovo tipo di futuro; manca, tuttavia, quel preciso disegno che vi aveva dato un senso, relegando dunque Porto dei santi al solito lavoro burroughsiano, collage di pezzi sparsi senza alcun senso. Com'è tipico di Burroughs, biografia e finzione si mescolano, si può tentare di rintracciare diversi filoni che si sovrappongono, ma su tutto domina la confusione. E', insomma, l'ennesima ripetizione dei motivi burroughsiani, che ormai hanno perso mordente. Si salvano isolate visioni particolarmente lucide; personalmente, mi è rimasta impressa la trattazione dei primi capitoli, in cui Burroughs immagina un futuro in cui scoppia il conflitto sociale tra i parries (i "paranormali") e i norm (i "normali"): dietro la confezione fantascientifica, l'eterna polemica tra la mediocrità e il genio, tra il normale e l'anormale....more
"Dov'è il male? E' quella parte di ogni uomo che vuole odiare a tutti i costi, che vuole odiare e avere anche Dio dalla sua parte. E' quella parte di "Dov'è il male? E' quella parte di ogni uomo che vuole odiare a tutti i costi, che vuole odiare e avere anche Dio dalla sua parte. E' quella parte di ogni uomo che trova tanto attraente qualsiasi genere di brutalità".
Questo libro sarebbe il perfetto accompagnamento a un libro di genere diverso, La banalità del male di Hannah Arendt. Entrambi, in modalità e forme differenti, affrontano il tema dei processi ai nazisti post seconda guerra mondiale, e il paragone, avendo letto il primo, ha accompagnato ininterrottamente la lettura del secondo. Madre notte è il racconto romanzato, a mo' di finta autobiografia, di una ex spia americana che si è calata talmente tanto nella parte del nazista convinto, da esser ricercato per crimini contro l'umanità, raggirato dai vari servizi segreti nazionali e internazionali, e infine da cercare lui stesso una possibile espiazione. Giocando con i toni del grottesco, parodiando i colori del thriller, Vonnegut disegna innanzitutto una grigia caricatura del potere, invertendo più e più volte i ruoli, nel suo interminabile gioco di specchi, tra paesi vinti e vincitori, buoni e cattivi, smascherandone la vera natura. Vonnegut si prende gioco del potere, e lo fa con un personaggio che, vittima di intrighi internazionali, su quegli stessi dinosauri burocratici e politici costruisce il suo personalissimo gioco. Non mancano disquisizioni di natura filosofica e politica, soprattutto il ricorrente tema del male, che tanti parallelismi inevitabilmente suscita. Romanzo apparentemente semplice, pure nella sua evidente stratificazione di senso, e che nasconde una costruzione criptica e ingegnosa, al punto che, voltata l'ultima pagina, non sei certo di averne afferrato del tutto il senso....more
"Non si può parlare delle cose più intime e importanti con gli estranei, eccetto che nei libri".
Secondo episodio della tetralogia autobiografica di Ed"Non si può parlare delle cose più intime e importanti con gli estranei, eccetto che nei libri".
Secondo episodio della tetralogia autobiografica di Edmund White, focalizzato sugli anni universitari. Dall'esordio in un'accademia d'arte al tentativo di andare per la propria strada: in mezzo, la compulsiva ricerca del sesso e il bisogno di un'accettazione di sé. Poetico, dolceamaro, fortemente ironico e godibilissimo, questo secondo episodio si presenta come una certa conferma delle qualità del primo libro, senza mai apparirne una ripetizione, ma solo una nuova tappa nel cammino autobiografico del suo autore. La freschezza, l'ironia, la voracità nella lettura e la forte empatia che si stabilisce tra lettore e protagonista sono gli innegabili punti di forza del libro. Splendide le pennellate sull'ambiente universitario nella prima parte del libro, variopinte quelle, nella seconda parte, sul sottobosco gay statunitense. Adorabili i personaggi secondari, pieni di vitalità. E che scrittura, White è uno scrittore nato. Forte e nitida l'immagine finale: accentuando la collocazione spaziotemporale delle vicende (del resto, autobiografiche), White sceglie di concludere questa sua seconda tappa con la rievocazione dei moti di Stonewall. Attendo impaziente il seguito....more
Che portento Jack Kerouac. Ogni anno salta fuori qualche manoscritto ritrovato, che sposta sempre più indietro l'asticella dell'avvio della sua attiviChe portento Jack Kerouac. Ogni anno salta fuori qualche manoscritto ritrovato, che sposta sempre più indietro l'asticella dell'avvio della sua attività letteraria. In questo caso, come spiega già chiaramente la sinossi del libro, La vita stregata doveva costituire la prima parte del successivo romanzo La città e la metropoli, primo a tutti gli effetti romanzo pubblicato da Kerouac. La vicenda del suo ritrovamento aggiunge colore a questo libro, ma spogliandolo del valore editoriale, eliminando le sezioni aggiuntive scelte dal curatore, rimane un manoscritto incompleto e poco più. Per lo più la vicenda e i personaggi narrati aderiscono perfettamente al successivo sviluppo in La città e la metropoli. Più interessante è scoprire come in origine il libro fosse stato inteso in modo diverso, molto più lungo, con molte più parti dedicate al dramma della seconda guerra mondiale (che invece progressivamente sparisce in Città). Quanto alle altre due sezioni aggiunte, sono un buon accompagnamento per inquadrare il manoscritto nel vissuto di Kerouac: da saggi e appunti personali alle lettere del padre, da cui Kerouac pare aver attinto largamente nel tratteggiare il suo alter-ego nel romanzo. Nell'insieme si presenta come un libro che attira i completisti, incuriosisce gli appassionati di filologia e ricostruzione editoriale, ma passa inosservato anche al più attento lettore della beat generation. Alla luce di ciò mi risulta eccessiva l'esaltazione di questo manoscritto compiuta dal curatore originale dell'edizione, come se fosse il ritrovato Sacro Graal della letteratura statunitense contemporanea, e non - com'è invece - il manoscritto abbozzato di un giovanile e acerbo esordio letterario....more
Sotto tutti i punti di vista, Come se fosse estate risulta l'ennesimo romanzetto adolescenziale gay statunitense. Gli ingredienti ci sono tutti: il raSotto tutti i punti di vista, Come se fosse estate risulta l'ennesimo romanzetto adolescenziale gay statunitense. Gli ingredienti ci sono tutti: il ragazzetto gay dichiarato, saltuariamente vittima di bullismo, amante dei musical, del canto, della recitazione; lo sportivo bellissimo, fighissimo, fidanzatissimo, ma sotto sotto gay represso; la frociara, la docente progay e quella antigay; e poi ancora, il passaggio all'università, i triangoli amorosi, gli incontri al parco da cui tutto ha sempre inizio. Cosa c'è invece di diverso? Al di là della singolare scelta di non focalizzare eccessivamente l'attenzione sugli anni liceali, ma anzi di allungare la storia su tre tempi e sezioni diverse, l'autore sceglie di concentrarsi su una relazione complessa, quale quella tra il protagonista e il primo amore della sua vita, il represso Tim, che si compone di attrazione e repulsione, segreti e senso di colpa, dipendenza e indifferenza. Ben e Tim si rincorrono attraverso le stagioni delle loro vite, sfiorandosi ripetutamente. Può sembrarla, ma è una scelta tutto meno che banale. Palpabile è il realismo dipinto dall'autore: le illusioni di cui vive Ben all'inizio, quando ancora Tim non si è esposto; gli autoconvincimenti invece di Tim; la tentazione di una relazione sregolata in contrapposizione al porto sicuro rappresentato da Jace, futuro terzo elemento del triangolo amoroso - sono tutti elementi sì romanzeschi, ma indubbiamente reali, che tutti possiamo dire di aver sperimentato almeno una volta nella vita. Per quanto i personaggi non suscitino alcuna empatia da parte del lettore è difficile non sentirsi coinvolti nelle vicende, è difficile non immedesimarsi in alcune situazioni. Più volte mi sono ritrovato a pensare "ma è la stessa frase che ho detto io, una volta, in una occasione simile". L'intento dell'autore sembra quindi andare oltre il semplice raccontino adolescenziale in ricerca di un lieto fine, peccato che questo realismo spesso e volentieri subisce delle notevoli cadute di tono. La sensazione è dunque di un romanzo che viene tirato in più direzioni, che vorrebbe essere altro ma non riesce a scollarsi di dosso gli stereotipi e i luoghi comuni. Un romanzo che però a un certo punto coglie nel vivo qualcosa nel lettore, che sia attrazione, immedesimazione o disagio. Nonostante le apparenze, qualcosa di davvero diverso dal solito. ...more
Particolarissimo romanzo di sperimentazione linguistica e tematica, Ragazzi selvaggi è un romanzo in racconti (tipica forma narrativa di Burroughs), iParticolarissimo romanzo di sperimentazione linguistica e tematica, Ragazzi selvaggi è un romanzo in racconti (tipica forma narrativa di Burroughs), in cui l'autore, alla ricerca di un nuovo indirizzo espressivo, si discosta progressivamente dalla tecnica del cut-up e dalle atmosfere surreali della tossicodipendenza, recuperando un po' lo stile dei suoi primi scritti e trovando infine nuove stravaganti forme espressive. La prima sensazione è quella di un'opera in fieri, che di pagina in pagina muta aspetto, muta stile, tema, un'opera continua di auto-riscrittura. A ben vedere, però, questa sua particolare caratteristica non tradisce l'ingenuità di un'opera in corso di definizione, ma risulta essere proprio il suo punto di forza, un romanzo dinamico che trae forza dalla sua irruenza verbale. Gran parte dei romanzi del periodo Nova (a cominciare da Pasto Nudo) sono caratterizzati dalla centralità dell'esperienza della tossicodipendenza, che trasfigura la realtà permettendo al protagonista/narratore/autore di squarciale il velo di Maya e scorgere l'orrore della realtà in sé. Con questo romanzo Burroughs inaugura un'era diversa: la tossicodipendenza finisce in secondo piano, mentre acquista centralità l'omosessualità (secondo elemento del binomio burroughsiano per eccellenza). I ragazzi selvaggi sono, dunque, ragazzi omosessuali (saltuariamente tossicodipendenti), che si presentano come mutazione e possibile evoluzione morale del genere umano. Il richiamo, fortissimo ed evidentissimo, è al cruciale periodo di contestazione studentesca che fa proprio da setting alla stesura del libro. Ricorrendo poi a una fantascienza più limpida, Burroughs immagina una vera e propria guerra globale tra il vecchio sistema e il caotico spirito dionisiaco dei ragazzi selvaggi. Impressionante è la vitalità che trasuda questo libro, ancora oggi: anche svilito, derubricato, abusato, lo spirito della contestazione travolge il lettore, tutt'altro che eco di altri tempi. Notevole è la cura nel dettaglio, sintomo di una riscoperta lucidità che però deve forzarsi tra le maglie dell'intrico stilistico di Burroughs (non ama parlare chiaro, davvero). C'è una forte critica sociale, brillante e variopinta, che assume i colori della parodia, della satira, e del pamphlet. Altrettanto significativa è la ricerca espressiva. Archiviata (ma non troppo) la tecnica collage del cut-up, Burroughs elabora dei brevissimi capitoletti intermedi chiamati Peep Show, con delle forme di scrittura parecchio singolari e che non sto qui a cercare di spiegarvi perché davvero non ne sono in grado.
Per un po' di tempo Heinlein è stato posto sul podio dei grandi scrittori di fantascienza, accompagnato da autorità come Clarke ed Asimov. Dei tre si Per un po' di tempo Heinlein è stato posto sul podio dei grandi scrittori di fantascienza, accompagnato da autorità come Clarke ed Asimov. Dei tre si può dire sia sopravvissuto solo Asimov, mentre gli altri due oggi hanno ceduto il posto ad altri. Per quel che riguarda Heinlein, al massimo viene omaggiato come fondatore della fantascienza militare, al più viene discusso per le sue posizioni militariste (come nel caso di questo romanzo), oppure, con un sorprendente salto della quaglia, pseudoanarchiche. Se si prende in mano Fanteria dello spazio, se se ne ignora la copertina, il nome dell'autore, la sua biografia e la sinossi del libro, per oltre due terzi sembra di avere tra le mani una storia di guerra ambientata più o meno negli anni Cinquanta (proprio quando il libro è stato scritto); i vari accenni a una infantilissima utopia militarista (unico elemento fantascientifico in duecento pagine) possono essere facilmente derubricati a fantasia a occhi aperti dell'autore, senza andare a intaccare la verosomiglianza del romanzo. Poi, a un tratto, appaiono dei ragni giganteschi e alieni. Ma la fantascienza finisce qui, fondamentalmente. Il punto è che dopo un prologo in medias res che catapulta il lettore, insieme al protagonista, in una battaglia nello spazio aperto, la storia regredisce a rievocazione nostalgica dell'allora diciottenne protagonista, arruolatosi nella fanteria spaziale. Di spazio, in questi corpi militari, c'è molto poco, mentre tutto il materiale narrativo sulle vicende militari sembra provenire dall'esperienza diretta dell'autore. Affascinante, ben scritto, etc. etc, ma dopo un po' direi anche basta. A tralasciar la storia, dimenticando le promesse di un prologo e gli innesti fantascientifici, non è che la situazione migliori. Il fanatismo militare di Heinlein risulta quasi una parodia di se stesso, l'utopia da lui sognata è, come già detto, infantilissima, le abbondanti disquisizioni politiche e filosofico-etiche mostrano una cultura indubbiamente variegata, ma posticcia, abbozzata su certi argomenti; l'autore finisce col risultare ridicolmente banale nel confutare in maniera pasticciona le tesi marxiste (confondendo poi marxismo, leninismo e stalinismo, che su alcuni argomenti si distanziano parecchio). Forse se non ci fosse stato Fanteria nello spazio negli anni Cinquanta io non starei qui, con la Xbox accesa, impegnato a far esplodere grossi vermi spaziali con fucili laser su un pianeta inospitale, ed è per questo che riconosco a Fanteria dello spazio almeno tre stellette. Ma per il resto, mi sento di liquidarlo banalmente così: un'americanata!...more
Illuminante. Il titolo è geniale ed è la perfetta sintesi di quella che è la visione degli omosessual"Se hai i soldi sei gay, senza soldi sei frocio".
Illuminante. Il titolo è geniale ed è la perfetta sintesi di quella che è la visione degli omosessuali nel Sud Italia; tuttavia, il saggio si presenta nella sua interezza decentrato rispettato al tema introdotto dal titolo. Una ricerca etnopedagogica, dunque, che fa largo uso di interviste, ma che parte da un'altra impostazione, il tema del rapporto tra scuola e adolescenti omosessuali. Una ricerca come questa non può che portarsi appresso sempre tutta una serie di limiti, un vizio della ricerca che è un po' come il principio di indeterminazione di Heisenberg. Da palermitano, ho trovato il campione degli intervistati un po' troppo limitato, e omogeneo al suo interno: sono tutti amici e conoscenti, che ruotano attorno agli stessi posti e hanno condiviso le loro esperienze. Rimangono fuori così tanti luoghi, tante zone spaziotemporali, tante diverse abitudini ed esperienze di vita. L'impostazione fortemente tecnica riduce poi la lettura agli addetti ai lavori, e pure si presenta come dilaniato da conflitti interni: le interviste ai ragazzi palermitani sono spontanee, libere, parlano un linguaggio comune, ma poi vengono minuziosamente decostruite in sezioni analitiche dal diverso registro e linguaggio. I limiti sono inevitabili, e per questo nel giudizio complessivo ho scelto di non tenerne conto. L'iniziativa è poi tanto lodevole, e il risultato talmente apprezzabile e illuminante, da rendere un testo come questo assolutamente necessario. ...more