Daniele Bossari: «Quando si è concretizzato il tumore, mi sono disperato. Poi, in sogno, mi è apparso l’Appeso dei Tarocchi. E ho avuto un'intuizione»

Una sfera di shungite gli ha svelato in anticipo il suo tumore alla gola, poi curato in modo tradizionale, ma coadiuvando le terapie con il potere dei cristalli. In questa intervista, il conduttore ci ha raccontato il suo rapporto con le pietre e con l’Oltre, che dura da molti anni ormai
Daniele Bossari
Daniele Bossari (Credit foto: Matteo Curti)

Che Daniele Bossari abbia scoperto di avere un tumore alla gola grazie a una pietra lo sappiamo: l’ha raccontato in più interviste, e anche a noi di Vanity Fair: «Stavo meditando con una sfera di shungite, come mio solito. Quando, seduto a gambe incrociate, in posizione di meditazione, con la sfera tra le mani e passandola lungo il mio corpo, ho avvertito una tensione, un fastidio, all’altezza della gola. Solitamente, questi fastidi passavano nel giro di pochi giorni, ma questo no. Non mi preoccupai, stavo benissimo. Non avevo sintomi. Dopo qualche giorno, è comparso un rigonfiamento nell’esatto punto segnalato dalla shungite. Diagnosi: tumore. La pietra mi aveva «sentito e avvertito». E io ho cominciato a interrogarmi, nel mio stile».

La voce calda di Daniele si mischia al caldo sole di giugno, che filtra dal lucernario. Si apre così la nostra conversazione al telefono, con questo racconto che ha dell’incredibile, se non fosse che avendo intuito che tipo di persona sia Daniele, a queste cose invece tendi a credere un po’ di più.

A dire il vero, la nostra intervista si apre con un «Sì, mi ricordo», a proposito di un precedente incontro avvenuto cinque anni prima per la presentazione del suo libro La faccia nascosta della luce, edito Mondadori, in cui raccontava senza fronzoli e senza sconti il suo viaggio nella depressione. Lo senti che si ricorda davvero, Daniele, come tutte le persone empatiche, si percepisce che non mente, lo capisci perché chiede sempre come stai e poi ascolta la risposta.

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Ospite di Silvia Toffanin, a Verissimo, Daniele Bossari ha presentato il suo libro appena pubblicato in cui parla di come ha scoperto la malattia

Lo chiedo io a lui, visto appunto il suo passato recente, che l’ha visto alle prese con la cura del tumore alla gola, che ha dato il via al suo viaggio alla scoperta delle pietre e dei loro poteri, raccontato poi con cura e meticolosità nel suo ultimo libro Cristallo, viaggio alla scoperta delle pietre e del loro potere, sempre edito da Mondadori, appena uscito in libreria, che Daniele presenterà giovedì 27 giugno alla XII edizione del Passaggi festival di Fano, nelle Marche, alle 19.30 presso il Bastione Sangallo, all’interno della rassegna Passaggi di Benessere (Mente Corpo Anima).

«Sono fatto così, ormai ne sono consapevole: dentro di me non posso fare a meno di pormi delle domande esistenziali riguardo ciò che mi accade. E in questo caso non è stato da meno. Mi sono chiesto perché un cristallo dovrebbe riuscire a interagire con il corpo di un essere vivente al punto da rilevare alterazioni fisiche impercettibili: è una questione magnetica, una sorta di “risonanza” che connette tutti gli elementi della Natura? O è solo effetto placebo? Oppure c’è qualcosa di più?».

È riuscito a trovare le risposte?
«Sì, studiando, viaggiando, andando a cercarle sul posto. Ho passato un anno a investigare sull’argomento, a interrogare grandi scienziati, sciamani, ponendo loro queste grandi domande… Ne è uscito questo libro, che non è una guida alla cristalloterapia, quanto più un compendio sull’importanza che rivestono questi elementi nella nostra vita, ogni giorno. Per esempio, abbiamo la tendenza a crederli oggetti inanimati, ma è evidente che non è così».

Ci faccia qualche esempio per cui possiamo affermare questo…
«Si autorigenerano, ovvero nascono in luoghi impensabili, poi crescono, si sviluppano, al pari di qualsiasi altro essere vivente: i quarzi per esempio, nascono nelle “ferite” della montagna, dove la roccia si spacca. Proprio lì, si crea la vita, e la impreziosiscono. Non è un insegnamento meraviglioso? Un parallelismo, se vogliamo, con il kintsugi spesso citato, ovvero l’arte giapponese di recuperare e migliorare un coccio rotto, riparandolo con l’oro».

Altri poteri dei cristalli che ha imparato in questo viaggio di scoperta?
«Viviamo in un mondo cristallino, dove tutto si basa sulle pietre, ci abbiamo mai pensato? Sabbia, ciottoli, rocce e montagne sono un intricato labirinto di microcristalli. E secondo gli studi più recenti, nel nucleo stesso della Terra ci sarebbe del biossido di silicio, vale a dire quarzo. Inoltre, i cristalli vengono usati in tutte le tecnologie che hanno rivoluzionato il mondo – dalla radio, ai microchip, agli smartphone – ma anche come amuleti o talismani, elisir e strumenti di divinazione, alleati nella lotta per il successo e il potere. In questo, interviene il rapporto speciale e magico che un essere umano può intessere con il cristallo».

Noi possiamo interagire con i cristalli? In che modo?
«Sappiamo perfettamente che l’uomo con i cristalli ha un legame profondo e sacro sin dalla preistoria: da allora sino a oggi, essi continuano a svolgere un ruolo importante nelle pratiche spirituali e terapeutiche: sono stati utilizzati e tutt’oggi lo sono come gioielli o decorazioni, come simboli di elevato status sociale, basi per elisir o farmaci, ma anche per colori pittorici e cosmetici, come amuleti protettivi o talismani, strumenti di divinazione. Grazie alla loro forma, qualsiasi tipo di cristallo – anche quelli di neve – è ritenuto segno della presenza divina o rappresentazioni di entità cosmiche, portatori dell’energia dell’universo, che può essere rilasciata e indirizzata per vari scopi, per esempio la guarigione.

Ecco, gli sciamani malesi della tribù Semang, per esempio, li utilizzano per scopi diagnostici: al momento della loro iniziazione ricevono dei cristalli di quarzo, nei quali credono dimorino gli spiriti celesti; saranno loro ad aiutarli a vedere “la malattia che affligge il malato e i mezzi per curarla”. E tornando alla tecnologia, di cui sono un grande appassionato, lo sapeva che durante la Seconda guerra mondiale, i cristalli di quarzo divennero un materiale strategico? Nel 1939 l’esercito degli Stati Uniti decise di integrare il controllo cristallino in tutti i sistemi di comunicazione: secondo gli storici militari, questa decisione contribuì notevolmente alla vittoria degli Alleati».

Tornando alla guarigione, anche nel suo caso i cristalli hanno svolto un ruolo decisivo…
«Ci tengo a fare una doverosa precisazione: io credo fermamente nella medicina tradizionale, tanto che appena avuta la diagnosi di tumore alla gola, mi sono affidato nelle mani e alla sapienza dei bravissimi medici del San Raffaele per il classico percorso di chemio e radioterapie. Ma ho ragione di pensare che esista un’energia più grande di noi, di cui tutti noi siamo permeati, compresi i cristalli: ergo, se credi nella medicina, coadiuvarla con le discipline olistiche, può solo migliorarne gli esiti. La medicina tradizionale cura il corpo, ma anche lo spirito ha bisogno di sostegno: restare per ore immobile dentro i dispositivi medici che somministrano la radio può creare del disagio mentale. Così ho proseguito con la mia meditazione con i cristalli, non senza una pausa di riflessione iniziale».

Cosa intende?
«Per un po’ i cristalli non li ho più voluti nemmeno vedere. Mi sentivo tradito, come se fossero stati loro a scaraventarmi in fondo all’abisso, mentre io li consideravo degli alleati del mio benessere. Ho dovuto incamminarmi verso la guarigione per riuscire a dar loro fiducia di nuovo».

Lei che si fa molte domande sul perché delle cose, si è mai chiesto perché le è venuto un tumore, e proprio alla gola, al viśuddhacakra,il quinto chakra, quello della creatività e della comunicazione, praticamente il suo strumento di lavoro?
«Certo che me lo sono chiesto. Quello nel corpo è l’ultima istanza di manifestazione di un malessere più radicato interiormente. Quando il cristallo mi manifestò resistenza nel punto del tumore, io credevo di avere un blocco energetico, senza darci peso. Quando poi si è concretizzato il cancro, mi sono disperato, chiedendomi perché stesse succedendo a me, colpendomi proprio nel mio punto di forza. Poi, in sogno mi è apparso l’Appeso, uno degli arcani maggiori dei tarocchi, e ho come avuto un’intuizione: era necessaria una fase di distruzione dell’ego, fare spazio, fare vuoto intorno, per poi ricostruire. Fu un processo doloroso, fatto immobile nel mio letto, dove non potevo fare altro che stare con questa verità, ma fu necessario».

Accanto a lei, sempre sua moglie Filippa (Lagerback, ndr) e sua figlia Stella: quanto è contato l’amore della sua famiglia per riprendersi anche da questa vicenda?
«Loro sono fondamentali. Fondamentali. Quella tra me e Filippa non è solo l’unione fisica di due corpi, ma un’unione sacra tra anime. Non solo mi è stata accanto, prendendosi cura di me fisicamente, ma con il suo agire fattivo e pragmatico, rimane sempre il mio punto fermo, che mi fa comprendere che ce la farò. È l’unica compagna che voglio accanto per la vita: l’ho capito dal primo istante in cui la vidi, e il cuore non sbaglia mai».

Tornando ai cristalli, quindi, come suggerisce di approcciarsi a loro, considerati i suoi studi in materia e la sua esperienza di conoscenza, che ormai dura da anni?
«Interagire con i cristalli è un processo: prima li guardi, ne osservi la forma, il colore. Li tocchi, ne percepisci la temperatura, poi loro amplificano ciò che alberga nella tua interiorità, ovvero rendono manifesti i pensieri e le convinzioni, di momento in momento. La via della guarigione non è solo fisiologica: esiste anche quella interiore e passa inesorabilmente dall’accettazione di ciò che è. Nella nostra epoca la razionalità impera, e va benissimo così, ma questo ci ostacola nell’accettare le cose così come sono. In questo, la natura è maestra, proprio perché non ha questa parte mentale. Il regno minerale, in particolare, interviene sulla struttura dei nostri pensieri: sull’accettazione, sul rifiuto, sul perdono, sulla colpa... su tutte le ferite che ci portiamo dentro».

Se dovesse associare un cristallo alla sua rinascita e uno a sua moglie Filippa, che pietre sceglierebbe?
«Io sono affascinato dal rubino ultimamente, ma nella sua forma grezza: esso è associato al coraggio, quindi direi che mi risuona e mi ispira. Mia moglie Filippa invece la vedo come acquamarina: calma, placida, come le onde del mare. Mi rasserena anche solo tuffarmi nel suo sguardo».

Ora lo chiedo io a lei: come sta oggi?
«Sto bene, ho i classici esami di controllo di follow up ogni 6 mesi, perché sono passati solo due anni dalla diagnosi, quindi ne mancano altri tre per dirmi fuori pericolo. Ma sto bene: sono presente a me stesso, sereno, consapevole, pienamente presente e grato. Mi godo ogni sfaccettatura della vita, proprio come se osservassi un cristallo. Sono vivo, in tutti i sensi».