Nikka Costa: «Quando Frank Sinatra giocava con me»

Nel 1981 aveva nove anni e una voce che ha conquistato il mondo. Nikka Costa oggi ci parla del nuovo disco, dell’amore per la musica che ha ereditato da suo padre e di un sogno. Tutto italiano
Nikka Costa

Questo articolo è pubblicato sul numero 32-33 di Vanity Fair in edicola fino al 13 agosto 2024.

Una sera d’estate del 1981. La finale del Festivalbar fa il tutto esaurito all’Arena di Verona. Vittorio Salvetti, il patron della manifestazione, annuncia l’ospite seguente e un boato accoglie l’arrivo sul palco di una bambina di nove anni che, strabuzzando gli occhi di fronte a quella marea umana, comincia a cantare accompagnata da suo padre alla chitarra, facendo breccia nel cuore dell’Italia. Il 45 giri di On My Own, tratta dalla colonna sonora del film FameSaranno famosi, in cui è interpretata da Irene Cara, e l’album omonimo, rimasero in testa alle classifiche per settimane. Oggi Nikka Costa è una cantante affermata, e l’Italia non l’ha dimenticata. Le parliamo in occasione del lancio del suo ultimo album, Dirty Disco, che uscirà il 16 agosto.

Lei aveva solo nove anni quando è diventata famosa in tutto il mondo e ha cantato davanti a migliaia di persone. Che cosa ricorda di quei giorni?
«Ricordo i tanti viaggi in aereo, gli animali di peluche che portavo con me ovunque e quanto fossi nervosa alle volte. L’energia trasmessa dal pubblico era intensa e ci tenevo a fare bella figura. Non potevo spostarmi liberamente, spesso erano costretti a chiudere negozi e hotel se ero nei dintorni. Amavo cantare ed ero felice di poter visitare così tanti Paesi: è stato impegnativo ma anche
divertente. Nessuno del mio entourage si aspettava un successo tanto grande e non è stato facile, ma sono grata di aver vissuto quell’esperienza».

In Italia lei è ancora molto amata.
«Sono per metà italiana, ed è qualcosa che mi porto dentro per sempre. Ho cercato di imparare la lingua e ho un legame molto forte con il vostro Paese. Non potrebbe essere altrimenti, perché è cominciato tutto lì».

Don Costa, suo padre, era un grande musicista e produttore discografico che ha scoperto tanti talenti e lavorato con figure iconiche. Per lei era un padre incredibilmente affettuoso. Qual è il ricordo più caro che ha di lui?
«Era divertente e molto gentile. Gli volevano tutti bene e chi l’ha conosciuto ne parla ancora con affetto. Avevo solo dieci anni quando è venuto a mancare, ma sono felice di aver potuto condividere la sua passione. La musica era al centro della sua vita. Era spesso lontano da casa per lavoro e quelli della mia infanzia sono stati anni impegnativi che hanno consumato la nostra famiglia, ma sono felice di averli trascorsi con lui».

Un suo insegnamento che non dimenticherà mai?
«Può sembrare strano, ma ricordo che mi ripeteva di non cantare con le cuffie, perché mi sarei abituata a farlo con voce piatta. E poi, la sua energia e l’umiltà. L’esempio di come un uomo possa essere dolce e gentile, specie considerando che spesso ci si imbatte nell’opposto».

Artisti del calibro di Paul Anka, Frank Sinatra e Tony Renis frequentavano spesso casa vostra. Com’è stato per lei crescere accanto a nomi tanto importanti?
«Frank Sinatra giocava con me e una volta mi ha buttata in piscina. Assistere ai loro spettacoli, correre dietro le quinte o fare i compiti nello spazio riservato all’orchestra erano cose normali, anche se può sembrare pazzesco. Sapevo che erano famosi e mi rendevo conto di come la gente li trattasse con riguardo, ma per me non faceva alcuna differenza. Ero solo una bambina e li ricordo come amici di mio papà».

Nel 1983, suo padre venne a mancare improvvisamente e lei si ritirò dalla scena musicale per diversi anni. Che impatto ha avuto la sua scomparsa sulla sua vita?
«Dovevamo promuovere il secondo album e c’erano degli obblighi contrattuali da rispettare. In quel momento ho capito quanto il mondo degli adulti e il business della musica possano essere insensibili di fronte a certe situazioni. Mi hanno fatto cantare canzoni che parlavano della sua scomparsa, ed è stato disgustoso. Ero piccola e non potevo oppormi, ma subito dopo ho deciso di tornare a scuola e prendermi una pausa. La scomparsa di mio padre è stata schiacciante sotto molti aspetti, eppure invece di aver perso qualcuno, mi sembrava di aver guadagnato un angelo. I bambini sono sensibili e capiscono cose che da adulti spesso non riusciamo a comprendere».

Nel 1990 ha partecipato al Festival di Sanremo cantando All for the Love, la versione inglese di Vattene amore di Amedeo Minghi e Mietta, che si classificarono al terzo posto. Cosa ricorda di quella esperienza?
«Avevo 16 anni ed ero felice di tornare a cantare in Italia, ma non sono stata fiera del risultato. Non ero soddisfatta dell’album, non mi era stato permesso di esprimermi in maniera autentica. Nulla a che fare con il Festival o la canzone, che era molto bella e Mietta la cantava benissimo, anche se tecnicamente impegnativa. Quell’esperienza mi ha insegnato a fidarmi del mio istinto e a non incidere canzoni solo perché tutti dicono che saranno un successo. Non era il mio stile e decisi di cambiare rotta».

Nel 2001 ha pubblicato l’album Everybody Got Their Something, che includeva il brano Like a Feather, accompagnato da un video ancora attuale su Mtv. In molti credono che non abbia ottenuto il successo che meritava. Che cosa ne pensa?
«Amo quell’album, perché mi fu concessa la libertà di sperimentare, spaziando dal rock al soul, all’hip hop. Sono particolarmente legata a Like a Feather, perché ha definito l’inizio di un nuovo periodo della mia vita. Push & Pull invece è speciale perché l’ho cantata in concerto con Prince, e lui poi l’ha spesso inserita nella scaletta dei suoi concerti. Riguardo al successo, ci sono tanti artisti straordinari che non ricevono quello che meritano. Lì entra in gioco anche la fortuna e non sai mai quale sarà il tuo percorso. In tanti mi dicono che vorrebbero scrivere canzoni come le mie, e lo considero un grande complimento».

Tra le sue canzoni, ce n’è una che ha un significato particolare?
«Nel 2017 ho inciso l’album Nikka & Strings, Underneath and In Between. Avevo trovato a casa uno spartito con la scritta Dcp, che stava per Don Costa Productions, e la dicitura Come Rain or Come Shine. Non lo avevo mai visto prima, ma ho capito subito che era un segno e chiesto al mio produttore se poteva farne un arrangiamento per un quartetto, visto che l’originale era stato scritto per orchestra. Abbiamo realizzato una canzone con quel titolo ed è stato meraviglioso: mi è sembrato di cantare di nuovo con mio padre».

Il suo ultimo album si chiama Dirty Disco e uscirà ad agosto. È stato anticipato da alcuni singoli che fanno venire voglia di ballare e ricordano le atmosfere delle discoteche di una volta. Che cosa l’ha ispirata a scriverli?
«L’album non è da discoteca in senso tradizionale, ha un ritmo allegro ma anche sonorità dance grintose e ruvide. L’ho scritto pensando che abbiamo bisogno di una pausa dalle notizie orribili che sentiamo tutti i giorni. Anche solo per un’ora, fa bene ballare per distrarsi. Funziona per me e spero sia lo stesso per chi lo ascolterà. Il singolo Keep It High parla dell’energia che ognuno di noi invia all’universo e di come ci torni indietro, elevando il modo in cui operiamo nel mondo. Il mio motto è: “Sii te stessa e permetti agli altri di fare altrettanto”».

Ha intenzione di promuovere l’album anche in Italia?
«Stiamo programmando una tournée in contemporanea all’uscita, e poi in autunno, negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in altri Paesi. Mi piacerebbe tanto tornare in
Italia e portarci finalmente anche i miei figli».

Ha ancora un sogno da realizzare?
«In Dirty Disco c’è la canzone All That I R. Parla di quando ho capito che i desideri che avevo da bambina si erano già realizzati e, sbagliando, ho smesso di sognare. Credo sia importante farlo anche da adulti, perché forse tendiamo a concentrarci troppo sui sogni dei nostri figli, dimenticandoci dei nostri. Sogno di riuscire finalmente a parlare italiano. Lo capisco abbastanza, ma le coniugazioni e i generi sono davvero difficili. Vorrei migliorare nel pattinaggio a rotelle e comprare una casetta da qualche parte nel mondo vicino al mare dove poter invecchiare accanto a mio marito, magari proprio in Italia. Spero di continuare a fare musica e quello che amo ancora per tanto tempo. La vera felicità è nelle piccole cose».

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