Come scegliere le calze: storia di un “Fashion Dilemma”
Come per la più riuscita tra le ricette, anche le immagini si avvalgono di ingredienti sapientemente dosati per far cogliere un preciso sapore o indirizzare l’osservatore verso un dettaglio mirato. Nulla è casuale, siamo traghettati verso quello specifico elemento, tanto pragmatico e universale quanto impalpabile e personale. Roland Barthes parla di punctum (da La camera chiara - Nota sulla fotografia,1980): qualcosa che punge, suscita interesse, agisce sulla memoria con velato disturbo o sospetti sorrisi.
Nell’ultima campagna di Gucci Paul Mescal siede a terra con le mani incrociate, guardando dritto in camera, o si stende su una poltrona, sorridente e in boxer. Mullet, labbra, mani, posa e indumenti passano, difficile a credersi, in secondo piano: vediamo solo un mocassino (l’Horsebit 1953), nero o cognac, abilmente accentuato da una calzino bianco.
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La calza bianca continua ad avere un magnetismo indecifrabile, spazia tra ricordi d’infanzia, spogliatoi, gallerie, passerelle, scenari e scene impressi nell’immaginario collettivo. Sbircio tra i commenti e noto susciti ancora sgomento il suo utilizzo nel lusso, segno indiscutibile di una semplicissima verità: il calzino bianco è pop. Non fa eccezione il servizio di copertina del numero di Novembre di Vogue Italia dove fa capolino pressoché ovunque, sotto total look di maglieria - costine su costine su costine - o fedele compagno di svariate loafers, candido e mai teso.
Michael Jackson lo ricopre di brillanti per camminare sulla luna e Danny Zuko, nel suo ultimo ballo con Sandy Olson in Grease, infrange il total black solo con il calzino bianco. Michael Jordan e Spike Lee lo indossano in una delle più celebri campagne di Nike a cavallo degli anni Novanta, Billy Eliott corre per Easington con stringate e white socks mentre Lady Diana ne fa uno statement dirigendosi in palestra, chiudendo definitivamente con il protocollo reale.
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Mi chiedo se sia un fenomeno prettamente estero, coolness British o show business made in USA, e decido di riguardare gli album di famiglia, dove lo ritrovo a costine sottili sottili, tutti tirati a filo delle ginocchia. Rigorosissimi, si fanno leggermente afflosciati in adolescenza, prima rottura dalla divisa imposta da genitori o istitutori. Controllo tra i booklet collezionati da varie mostre ed eccoli nella locandina di SHIT AND DIE di Maurizio Cattelan, sporchissimi, prezzati e scansionati. Martin Margiela ne smonta paia intere per farci un top, massima espressione della decostruzione nell’abbigliamento.
Il mio primo vero ricordo di un calzino bianco con sapiente dosaggio catchy è, però, lo scatto Fire Safe (2011) di Wolfgang Tillmans. Soggetto: due polpacci penzolanti, coperti da una leggera peluria interrotta solo da calze bianche in spugna. Inutile girarci attorno, questo indumento sottratto allo sportswear è intriso di un’inspiegabile carica erotica capace di riempire Instagram e intere categorie di siti porno. Come se non esistessero sfumature, competenza quasi esclusiva del dandy, il solo altro colore in grado di contrastare il calzino bianco è il suo gemello ma in nero.
Prada l’ha battezzato come unico elemento e colore in grado di accompagnare scarpe e indumenti dell’ultima collezione, la primavera estate 2024. Leggermente smollato, rottura velata di codici borghesi, bilancia con pragmatismo gli abiti fantasma e riporta un senso di rigore. Poco frivolo e discreto, solo GianBurrasca lo ostenta con orgoglio e lo carica di rivolta, portandolo sopra i pantaloni nella versione interpretata da Rita Pavone.
Anche in passerella non appare troppo, spesso nascosto sotto orli filo-pavimento o superato dai collant chilometrici di Saint Laurent. Lo immagino rilegato all’uniforme da ufficio maschile, più o meno velato, più o meno a costine. Di sfuggita ne trovo un paio, non a caso, in American Gigolò, pellicola cardine e zavorra del cliché uomo, e su Gianni Agnelli a bordo di un aereo o mentre accavalla le gambe, lasciandolo intravedere vicino, ancora una volta, a dei mocassini.
In ogni dibattito politico le cariche più importanti ne indossano un paio, mai deliberatamente esibito, che fa capolino tra qualche movimento ingolfato su poltrone impostate. Appurata la funzione primaria, quella di riscaldare e evitare il contatto diretto con la scarpa, abbracciata la connotazione feticista, accantonato il ricordo d’infanzia e la consacrazione pop, superata la dicotomia bianco o nero, sbandierato o celato, filo o spugna, il calzino rimane un fidato ed estremamente intimo oggetto, a tratti quasi più della lingerie stessa. Ed è forse questa multiformità, racchiusa in un prodotto relativamente piccolo e nascosto, a renderlo affascinante, nostalgico, perverso e pop.
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