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Non chiamatela “Scandi fashion”: alla Copenhagen Fashion Week sostenibilità fa rima con sottoculture

La moda danese non è più solo minimalismo scandinavo: ecco il cambiamento più visibile fra i brand della Copenhagen Fashion Week primavera estate 2024
Copenhagen Fashion Week Ganni primavera estate 2024
Ganni primavera estate 2024 alla Copenhagen Fashion Week

Strati su strati, abbinamenti in technicolor e sottoculture alternative sfilano alla Copenhagen Fashion Week, distinguendosi dallo “Scandi style” senza perdere di vista inclusione e sostenibilità.

A Copenhagen, oltre ai venti nordici carichi di pioggia e a temperature autunnali, ci hanno accolto la rinomata visione sostenibile del fashion e l'inclusione sotto ogni punto vista. Ma non di solo certezze vive la moda, mondo in costante evoluzione e adattamento che, specialmente in territorio danese, ha saputo rinnovarsi quest'anno più che mai: è arrivato il momento di ridisegnare i confini attorno alla definizione di moda scandinava. I cosiddetti “fundamentals” dell'armadio, i basici dai colori neutri e dalle linee senza tempo, non sono più il racconto principale che caratterizza la Copenhagen Fashion Week. Al loro fianco, quasi rubandogli lo spotlight, arrivano le sottoculture alternative come rave e techno, layer di capi dalle forme più stravaganti e abbinamenti di colore super pop e divertenti.

La nuova estetica al centro della Copenhagen Fashion Week

Parte del programma New Talents della Copenhagen Fashion Week, Nicklas Skovgaard apre il secondo giorno di sfilate con una performance travolgente. Al centro del set, un insieme di manichini che passivamente indossano gli abiti della collezione primavera estate 2024 costruisce una sorta di tableau vivant che vede l'artista olandese Brit Liberg protagonista, mentre con fare caricaturale s'impossessa delle creazioni per indossarle una ad una. Fra i capi, reference vittoriane e paillettes dalle tinte vivaci.

Nicklas Skovgaard Copenhagen Fashion Week

James Cochrane

Nicklas Skovgaard Copenhagen Fashion Week

James Cochrane

Un twist decisamente più sovversivo quello che si è visto alla sfilata primavera estate 2024 di Vain, che si è domandato «Cosa significa essere creativi nella digital age?». In passerella scendono sottili reference culturali e dettagli contemporanei nel riciclo delle uniformi McDonald's - con cui il brand ha collaborato - e cinture che contaminano capi e legano braccia e mani. Per quanto il nero sia una costante, le forme non sono certo quelle che fanno capo al “senza tempo” minimalista scandinavo; nel frattempo il marchio ha toccato anche il suolo italiano in occasione di Pitti Uomo lo scorso gennaio 2023.

Vain Copenhagen Fashion Week

James Cochrane

Vain Copenhagen Fashion Week

James Cochrane

Nelle fantasie firmate P.L.N. scorre invece un punk che si mescola al gotico e alle sue reference religiose. Nel sottotetto della chiesa Nikolaj Kunsthal, al centro di Copenhagen, le luci si accendono su decostruzioni di capi e abitudini, silhouette modificate da accessori prostetici e proporzioni alterate. Una visione comunque green e sostenibile della moda danese, ma certamente rivoluzionata rispetto a ciò che siamo abituati a vedere al Nord.

P.N.L. Copenhagen Fashion Week

James Cochrane

P.N.L. Copenhagen Fashion Week

James Cochrane

Sulla scia del cambiamento, sulle passerelle di altri famosi marchi nordici si son visti colori e forme che nelle precedenti stagioni erano piuttosto rari, accompagnati dalla presenza di top model all'interno dei loro show. Da Ganni, Paloma Elsesser ha aperto una sfilata che raccontava una Ganni Girl diversa dal solito, pur sempre inclusiva e sostenibile, ma dai colori più accesi e i materiali più divertenti, mentre Mona Tougaard chiudeva lo show. La supermodella ha chiuso, poco prima di Ganni, anche la sfilata di Rotate: pizzi che ricoprivano la pelle, cappelli enormi in pelo, rose di tessuto e paillettes liquide sono state le vere protagoniste. Mentre Helena Christensen saliva sulla passerella, il marchio Stine Goya portava colori super pop e casual nel mood danese, seppur su linee più classiche e definite. Infine, in casa Saks Potts, la sorella maggiore delle Hadid - Alana - ha portato attenzione su una collezione profondamente casual e rilassata, con molti spunti per le prossime vacanze al mare.

Mona Tougaard per Rotate alla Copenhagen Fashion Week

James Cochrane

Alana Hadid per Saks Potts alla Copenhagen Fashion Week

James Cochrane
La legacy scandinava che invece ritorna, inesorabilmente

Dall'altra parte, resta una vena più minimal come sottofondo alla Copenhagen Fashion Week. C'erano le visioni di Mark Kenly Domino Tan, che ha cambiato direttore creativo accogliendo Caroline Engelgaar rispetto all'anno precedente, con una palette di colori neutri e layering interessanti. Da The Garment, il duo Charlotte Eskildsen e Sophia Roe costruisce una collezione che pesca nel workwear del passato per ricostruirlo nella contemporaneità - mentre collabora con il marchio italiano GIABORGHINI per quanto riguarda le calzature. Anche da Lovechild 1979 si resta nel comfort delle linee pulite scandinave, concentrandosi su una ricerca di materiali sostenibili particolarmente sentita. Infine, per Skall Studio il minimalismo è romantico, e riparte necessariamente da una serie di look monocromatici.

Mark Kenly Domino Tan Copenhagen Fashion Week

James Cochrane

The Garment x GIABORGHINI Copenhagen Fashion Week

James Cochrane
Un senso di community profondamente inclusivo

Quello che invece non è mai cambiato a Copenhagen, quanto piuttosto si è rafforzato, è il sentimento di community che abbraccia ogni brand e progetto. A partire dalla fiera CIFF x Revolver organizzata per raccogliere tutti i brand scandinavi protagonisti della fashion week e non solo, dai più piccoli ai più conosciuti, per raccontare a tutto tondo un mondo sostenibile che non vede l'ora di continuare a crescere. I progetti si sono inoltre mescolati a voci esterne al mondo del fashion, soprattutto quando c'era il desiderio di supportare business tutti al femminile: è il caso di Aeron, che, lasciate le passerelle, si è dedicato per questa stagione a costruire una discussione con l'artista Leïla Guinnefollau attorno a un'installazione ad hoc che celebrasse le donne nel mondo.

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