Da Maria Grazia Chiuri a Virginie Viard: le donne stilista alla guida delle più note maison di moda di tutto il mondo

Sono sempre di più le donne che guidano la creatività dei brand moda più famosi.  Le celebriamo in queste pagine  perché, con il loro lavoro stanno plasmando lo stile contemporaneo
Maria Grazia Chiuri. Le migliori stiliste donne
Foto di Viviane Sassen. Sittings editor: Taylor Angino.

Le donne stilista più note al mondo

Sta per iniziare il mese di marzo, dedicato alle donne, e noi le celebriamo con una rassegna delle migliori stiliste del mondo: amiamo il loro “modo” di fare “moda”, il loro approccio collaborativo, responsabile e politico. Assolutamente innovativo.

MARIA GRAZIA CHIURI

Per Maria Grazia Chiuri, guidare una casa di moda mettendo sempre e solo se stessi al centro è una cosa senza senso. «Fin dall’inizio, l’idea era di mostrare quanto la moda sia una grande comunità», afferma Chiuri, qui fotografata nell’atelier parigino di Dior. «Avevo bisogno di sentire altre voci che parlassero di femminilità, di femminismo, di valori». Da quella prima collezione P/E 2017, con il chiaro appello “We Should All Be Feminists” (enfasi su “we”) stampato sulle T-shirt, Chiuri ha rifiutato la divinizzazione, da parte del fashion system, dello stilista solitario a favore di una coralità. Da Dior, ha dato vita a molte collaborazioni, dall’artista Judy Chicago alla stilista Grace Wales Bonner fino alla coreografa Sharon Eyal, per non parlare delle legioni di artigiani e creatori italiani, ma anche del Messico, dell’India e dell’Africa. Per la P/E 2024, Chiuri si è ispirata alle streghe: alla loro saggezza, al loro intuito, al loro legame con la natura. «La conoscenza era qualcosa che la società patriarcale doveva sottrarre alle donne», afferma. Il parallelo con le insidiose aggressioni odierne all’autonomia e alla libertà delle donne non le sfugge: «La moda è politica perché lavora con il corpo. Non c’è altro modo di pensarla e questo è il punto centrale del mio lavoro».  Testo di Mark Holgate

SARAH BURTON, ALEXANDER MCQUEEN

Lo scorso ottobre, Sarah Burton ha lasciato il brand che ha diretto per 13 anni con una sfilata gloriosa che ne ha sottolineato i punti di forza: sartoria affilata come un bisturi e squisiti effetti artigianali.

Liya Kebede. Tailleur di lana con ricami in seta e viscosa. Alexander McQueen.

Foto di Bibi Borthwick

ALBERTA FERRETTI, GABRIELA HEARST

Potrebbero sembrare due poli contrapposti, il romantico (Ferretti) e il realista (Hearst), ma il punto di incontro è la convinzione di mettere sempre le donne al primo posto. Giacca da biker STELLA McCARTNEY. Liya Kebede. Gilet con cintura e pantaloni di pelle Alberta Ferretti, scarpe DEAR FRANCES. Doutzen Kroes. Giacca e pantaloni Gabriela Hearst. Foto di Bibi Borthwick.

SIMONE ROCHA, SUPRIYA LELE, STELLA McCARTNEY, GRACE WALES BONNER, MARTINE ROSE, PHOEBE PHILO

Se si considera il lungo periodo, un importante numero di stiliste che lavorano ed espongono a Londra attraversa le generazioni, da Mary Quant e Vivienne Westwood a Sarah Burton e Clare Waight Keller, ognuna con la propria estetica, a volte idiosincratica. Se Simone Rocha, nata a Dublino, ammanta il suo marchio di un’allure eterea e poetica che evoca i rituali della femminilità moderna, l’innovatrice del menswear Martine Rose, nata a sud di Londra e per metà giamaicana, è definita da un mix stravagante di sartoria aziendale e abbigliamento sportivo.

Simone RochaFoto Angelo Pennetta, “Vogue”, Marzo 2014

Martine Rose. Foto di Andreas Larsson


I fan di Grace Wales Bonner, che reinterpreta la moda occidentale attraverso il prisma della cultura africana e caraibica, ammirano la sua precisione colorata e artigianale (e le sue sneakers nate dalla collaborazione con adidas Originals),  nonché i suoi pezzi costruiti attraverso una rigorosa ricerca accademica che attinge alla sua eredità giamaicana.

Grace Wales Bonner ritratta da Zoë Ghertner. Fashion editor: Camilla Nickerson. Hair: Sondrea “Dre” Demry - Sanders. Make-up: Yadim Carranza. Produced by Connect The Dots.

Icon

La stilista asiatica-britannica Supriya Lele infonde nei suoi abiti sensuali e sofisticati le tonalità gioiello e i dettagli degli abiti tradizionali indiani. Nessuna stilista contemporanea, tuttavia, è oggetto di culto come Phoebe Philo. Il suo ritorno alla moda dopo sei anni di pausa creativa ha fatto il giro del web quando i Philofili si sono accalcati online per acquistare i sontuosi cappotti e i capi sartoriali del primo lancio del nuovo marchio omonimo dell’ex direttore creativo di Céline.

Supriya Lele. Foto di Will Grundy/Kintzing

Phoebe Philo. Foto David Sims, “VOGUE”, Marzo 2013

Foto David Sims, “Vogue”, Marzo 2013

Stella McCartney conosce bene il concetto di marchio di moda come fenomeno globale. Sin dalla sua nascita, oltre vent’anni fa, il suo brand è stato pioniere del design eco-consapevole e ha guidato il settore con materiali innovativi derivati dall’agricoltura rigenerativa e dall’upcycling molto prima che tutti gli altri iniziassero a parlare di sostenibilità. Testo di Laura Hawkins

Stella McCartney fotografata da Annie Leibovitz, “VOGUE”, Agosto 2004

Annie Leibovitz

DONATELLA VERSACE

Beyoncé in cotta di maglia argento alla prima di Renaissance; Amal Clooney con l’abito sirena di scintillanti paillettes bronzo ai Fashion Awards di Londra; Anne Hathaway – protagonista del film The Idea of You, che uscirà a maggio –
ritratta con un abito che sembra oro liquido: nessuno interpreta il glamour da sera come Donatella Versace (anche se la stilista preferisce indossare giacche e pantaloni neri sartoriali, come quelli della nuova collezione Versace Icons, che, ha dichiarato, è «un piccolo promemoria su chi è al comando»).

Anne Hathaway fotografata da Annie Leibovitz. Abito di metal mesh Versace. Fashion editor: Max Ortega.

Donatella è alla guida di Versace da oltre un quarto di secolo, una longevità creativa che poche donne stiliste di oggi possono vantare, con l’eccezione di Miuccia Prada. Forse è per lo stretto rapporto che l’ha unita al defunto fratello Gianni che lei non vede il mondo, né il design di moda, secondo criteri rigidamente binari. «Ovviamente, chi si identifica come donna capisce il corpo femminile in modo diverso da come farebbe un uomo», afferma, «ma tutti gli stilisti hanno punti di forza differenti. Per me si tratta di avere un punto di vista forte e sicuro. Dobbiamo fare in modo che le voci femminili siano ascoltate, promosse e sostenute». Testo di Nicole Phelps

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«Tra l'infanzia e l'età adulta intercorre uno spazio che mi affascina: è il momento in cui si forma il carattere» spiega Miuccia Prada

Vuole creare cultura ed “essere utile”, Miuccia Prada. Che, attraverso il suo ugly chic, ha costruito un impero conciliando il femminismo e la militanza di sinistra con il lusso (un termine che non ha mai amato).

miuccia prada
NADÈGE VANHEE- CYBULSKI, HERMÈS

Doutzen Kroes. Giacca di pelle, top e pantaloni Hermès. Orecchini ANA KHOURI. Foto di Bibi Borthwick. Hair: Soichi Inagaki. Make-up: Celia Burton.

Se il suo nome non è universalmente conosciuto la ragione è che, per la storica maison francese, la squadra viene da sempre prima di tutto. Ma i suoi abiti, realizzati in modo impeccabile, risuonano di intimità e intelligenza.

VICTORIA BECKHAM
Foto courtesy Victoria Beckham
Foto courtesy Victoria Beckham.

Tra le donne stilista, Victoria Beckham – qui sopra, fotografata nella sua casa di Londra e in passerella nel 2018 – rappresenta un raro caso in cui il secondo atto come designer eclissa completamente il primo come pop star. Lanciata nel 2008, la sua omonima collezione di prêt-à-porter si è evoluta insieme a lei, dagli abiti body-con degli esordi a una sfilata P/E 2024 costellata di body in maglia e capi in jersey ispirati a quelli delle sue lezioni giovanili di danza, di giacche da outdoor indossate con la famiglia nella loro residenza nella campagna inglese (nel popolarissimo documentario di Netflix sulla vita e la carriera calcistica del marito, se ne coglievano alcuni scorci). «Questa è una collezione molto personale», ha detto nel backstage della sfilata, ma la sua filosofia non è cambiata dai tempi delle Spice Girls: «Quello che abbiamo fatto allora, è stato celebrare l’essere diverse. Abbiamo dimostrato che era ok essere se stesse. Ed è questo che vorrei fare con il brand: dare potere alle donne attraverso la moda». Testo di Nicole Phelps

REI KAWAKUBO Comme des Garçons

Rei Kawakubo fotografata da Tommy Ton.

Quando, nel 1981, Rei Kawakubo di Comme des Garçons irruppe sulla scena, il mondo della moda non aveva mai assistito a nulla di simile. I suoi abiti non dipendevano da pinces e cuciture ed erano realizzati in tessuti – sgualciti e sfrangiati, alcuni dei quali risplendevano della lucentezza del poliestere a buon mercato – del tutto nuovi per le passerelle parigine. Inoltre, erano quasi sempre neri. Forse più di ogni altra stilista donna, ha ripensato radicalmente i presupposti della femminilità e ha stravolto le idee convenzionali di “sensualità”. Se ora accettiamo senza dubbi uno stile genderless che ostenta orli non finiti, asimmetrie e silhouette esagerate, possiamo ringraziare Kawakubo (qui fotografata a Parigi nel 2023), che da tempo è passata dal nero didattico degli esordi a stampe e capi che abbracciano, con una forte dose di ironia, pois proto-femminili e fiori di broccato. «Non ho mai voluto iniziare una rivoluzione», ha detto una volta in una rara dichiarazione pubblica. Voleva solo creare «ciò che ritenevo forte e bello. È successo che la mia idea fosse diversa da quella di tutti gli altri». Testo di Lynn Yaeger

Gilda Ambrosio e Giorgia Tordini - The Attico

Foto di Arman Naféei

Gilda Ambrosio (a sinistra) e Giorgia Tordini, dopo alcune esperienze in uffici stile delle maison di moda, nel 2016 hanno lanciato The Attico con una collezione di sottovesti rétro e accappatoi da boudoir. Nonostante l’attenzione suscitata sui social media, lo scetticismo che ha accolto il loro debutto suggerisce che l’industria della moda è più che un po’ sessista. «È un paradosso», dicono. «Chi più delle donne sa cosa le donne vogliono, e sentono di cosa hanno bisogno?». Otto anni dopo, il loro brand, che va dai party dress di ispirazione vintage ai pantaloni cargo da tomboy, fino agli spolverini, è presente in 250 negozi in tutto il mondo. Lo scorso settembre hanno presentato la loro prima sfilata in un elegante viale alberato di Milano a due passi dall’Arco della Pace; e Dua Lipa e Hailey Bieber hanno indossato alcuni di quei capi. Testo di Nicole Phelps.

CHEMENA KAMALI, CHLOÉ

Foto di Inez & Vinoodh. Sittings editor: Taylor Angino.

Ogni giorno Chemena Kamali attraversa il Pont du Carrousel di Parigi per fare la spola tra casa e lavoro, ma le si potrebbe perdonare il fatto che pensi al suo studio come a una sorta di casa: Kamali è stata nominata direttore creativo di Chloé lo scorso ottobre, ed è la terza volta che torna a lavorare per il brand. Quando la quarantatreenne, nata a Düsseldorf, ha sostenuto il colloquio da Chloé, ha detto: «Mi piacerebbe riportare le sensazioni che ho provato quando mi sono innamorata di questa maison, e credo fermamente che ci siano molte donne in tutto il mondo che condividono questo desiderio, perché Chloé è davvero un marchio emotivo», riferendosi ai giorni in cui ha lavorato nel team dell’ex direttore creativo di Chloé, Phoebe Philo, nei primi anni 2000, quando gli abiti venivano creati con assoluta intuizione. È un approccio che sarà infuso nella Chloé di Kamali, che ha debuttato alla Paris Fashion Week di febbraio. In cima ai suoi pensieri, però, c’è lo spirito con cui la fondatrice di Chloé, Gaby Aghion, ha avviato la maison di moda nel 1952. «Gaby sosteneva di voler vestire le donne per farle sentire più libere, più a loro agio, in modo che potessero vivere la loro vita, perché tutte hanno delle cose da fare. Chloé non dovrebbe imporre nulla, ma permetterti di essere te stessa. Questa è un’idea potente, oggi». Testo di Mark Holgate

VIRGINIE VIARD, CHANEL

Louisa Jacobson fotografata da Norman Jean Roy con un abito plissettato in raso e seta rifinito con gros grain e impreziosito da bottoni gioiello, orecchini e collane di metallo, resina e perle di vetro CHANEL. Fashion editor: Eric McNeal.

Gabrielle “Coco” Chanel aprì la sua prima boutique a Parigi nel 1910, molto prima che le donne francesi avessero il diritto di voto.  Quando finalmente ottennero il suffragio, più di tre decenni dopo, aveva costruito un impero della moda che aveva liberato le donne dalle silhouette rigide dell’epoca. Per molti versi, il suo approccio rigoroso al vestire – senza fronzoli, e inequivocabilmente chic – è in linea con il mood attuale, anche a distanza di oltre un secolo. Questo non sfugge alla direttrice artistica di Chanel, Virginie Viard, prima donna al timone della maison dopo la sua pionieristica fondatrice. «Naturalmente Karl mi ha cresciuta», dice Viard a proposito del suo amico e mentore Karl Lagerfeld, con cui ha lavorato per 32 anni (lui l’ha notoriamente definita «il mio braccio destro... e il mio braccio sinistro»). «Ma sempre più spesso mi ritrovo a riscoprire Coco. Quel senso di libertà e di modernità: ora mi sembra il suo momento». Da quando ha assunto il ruolo nel febbraio 2019, la Viard ha dimostrato di avere un’acuta percezione del modo in cui le donne eleganti vogliono muoversi nel mondo, come testimoniano le attrici Phoebe Tonkin (sopra) e Louisa Jacobson (a destra). «Quando una donna mi dice che si sente bene nei suoi vestiti», afferma Viard, «che le danno forza e sicurezza, è davvero il massimo». Testo di Chioma Nnadi

Phoebe Tonkin con abito in pizzo di cotone a fiori. Foto di Norman Jean Roy

Da sinistra. Le designers  RACHEL SCOTT di Diotima, GAËLLE DREVET di The Frankie Shop, AURORA JAMES di Brother Vellies, EMILY ADAMS BODE AUJLA di Bode, CATHERINE HOLSTEIN di Khaite indossano abiti dei propri brand. Foto di Tess Ayano. Styling di Jasmine Hassett. Hair SABRINA SZINAY. Make-up JANESSA PARÉ.

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