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La musica alchemica di Francesca Heart, artista e ballerina multiforme

Abbiamo parlato con una delle nuove protagoniste della scena creativa italiana, che presenterà il nuovo album, Bird Bath, il 7 giugno a Fondazione Sozzani con una performance
Francesca Heart musicista e ballerina multiforme

Francesca Heart, intervista alla musicista e ballerina multiforme sul nuovo album che presenterà a Fondazione Sozzani il 7 giugno con una performance

Fin dalla notte dei tempi, ninfe e fate ci hanno fatto intravedere universi paralleli. Allo stesso modo, la musica compie un incantesimo simile. È qui che entra in scena Francesca Mariano, musicista e ballerina italiana nota con lo pseudonimo di Francesca Heart. Con una formazione in Gender Studies e danza postmoderna, sotto la guida della leggendaria Anna Halprin, Francesca Heart sta emergendo come una delle nuove protagoniste della scena creativa italiana, poliedrica e multiforme. In un dialogo attivo con il panorama creativo americano, Francesca Heart si avvicina alla musica con curiosità, attingendo all'immaginazione per esplorare l'archeologia e la memoria del Mediterraneo con uno sguardo fantascientifico e fantasmagorico. Questo le permette di dissotterrare ed evocare avventurosi viaggi sonori. Oltre ai suoi progetti personali, lavora su commissione a coreografie, colonne sonore e come terapista somatica. In vista del lancio del suo ultimo album, Bird Bath, prodotto dall'etichetta sperimentale Leaving Records di Los Angeles e presentato alla Fondazione Sozzani di Milano il 7 Giugno, abbiamo parlato con lei dei suoi inizi, della sua devozione per la musica e molto altro.

Fotografia Matteo Strocchia, Marco Servina

Raccontami un po’ del tuo percorso. Come hai iniziato e come ti sei avvicinata al mondo musicale e delle performance?

Ho iniziato a studiare danza da bambina. All’università però ho deciso di smettere per qualche anno perché non vedevo un futuro. Mi sono iscritta al corso di relazioni internazionali con specializzazione in Gender Studies all’Università del Sussex a Brighton. Durante quel periodo, mentre facevo ricerche sul femminismo e l'ecologia, mi sono avvicinata alla biografia della danzatrice Mary Wigman, che mi ha permesso di avvicinarmi a un rapporto creativo e viscerale con il corpo, in contatto sia con il mondo naturale sia con una visione terapeutica. Ho trovato nella sua figura una dimensione femminile che sfugge al controllo, legata anche a un mistero difficile da descrivere e da inserire in un binarismo di rappresentazione dell'esperienza femminile. Mi sono ispirata a figure del primo Novecento, come appunto Mary Wigman, e a pratiche di danze sacre, come l’euritmia.

Durante l'università, ho trascorso un periodo in Brasile, dove ho incontrato la danzatrice Rosangela Silvestre, che ha cambiato radicalmente la mia esperienza corporale. Il suo metodo coreografico avvicina il corpo umano ai ritmi della natura. Ci svegliavamo alle 6, andavamo vicino a una cascata e facevamo esercizi di danza lì, riflettendo poi insieme sulla nostra esperienza. È un approccio molto democratico allo studio del movimento, che accoglie sia danzatori che persone curiose di provare e in cui manca la pressione del mondo accademico. Inoltre, osservando persone che si avvicinavano per la prima volta al movimento, ho notato un’immediatezza emotiva più realistica rispetto a chi era più costruito. Questo ha lasciato un’impronta forte sui progetti Archaeo Choreology e Serpentine Dance Studio.

Fotografia Matteo Strocchia, Marco Servina

Quando ti sei avvicinata alla scuola di Anna Halprin, celebre coreografa sperimentale americana?

Appena ho ricominciato a studiare, ho trovato in Anna Halprin la mentore perfetta. A 99 anni, si muoveva ancora con la passione di una bambina curiosa. Questo ha fornito le fondamenta stabili del mio percorso, che non è solo artistico ma anche educativo, politico e naturalistico. Il corpo può fare da medium alle forze della natura, guidato da intuizioni legate alla natura stessa. Anche l’incontro con la performer coreana Dohee Lee, che insegna sciamanesimo coreano e percussioni alla scuola di Anna Halprin, è stato davvero emozionante. Attraverso di lei, mi sono avvicinata al corpo sonoro. Era all scuola della California del Nord, che negli anni Settanta è stata l’epicentro della musica ambient, ho iniziato a fare ricerca sui sintetizzatori e sui suoni digitali e nel 2019 è uscito il primo disco in collaborazione con Polonius, una cassetta autoprodotta intitolata ‘Conference of the Angels’. Ho esplorato una dimensione del suono che ha un rapporto devozionale ma anche giocoso, e questo penso sia presente in tutti i miei lavori: una parte molto seria quasi ossessiva e un’altra parte molto giocosa.

Esplori spesso temi legati alla meditazione e alla contemplazione, appaiono icone sacre, immagini di grotte, ninfe, fontane e acqua. Allo stesso tempo, c’è un aspetto giocoso con suoni di videogiochi e delfini. Cosa ti attrae di questi luoghi e come nasce la tua devozione quasi animista?

Mi interessa come il paganesimo sia rimasto vivo in Italia durante il Medioevo e il Rinascimento, e come spesso si trovino riferimenti ai culti pagani in luoghi cristiani. Mi incuriosisce come questi elementi rimangano vivi nella nostra coscienza mediterranea. Parto quasi sempre da un’immagine e da lì creo una colonna sonora che estenda le sensazioni che quell’immagine trasmette. Nei giochi architettonici dei giardini è spesso presente un percorso iniziatico voluto volontariamente o meno da chi li ha ideati, un’avventura. Questo è presente anche nella cultura dei videogiochi, dove devi raccogliere gemme, superare ostacoli e incontri animali guida che ti aiutano.

Copricapo Castello Sara Beatriz Diaz

Fotografia Matteo Strocchia, Marco Servina

È una sorta di missione la tua?

Esattamente, è come una missione.

Questo ricorda anche il mondo Disney: Biancaneve o La Bella Addormentata nel Bosco.

La Disney è un mondo che ho rifuggito per i suoi stereotipi femminili, ma il mondo dei cartoni animati e dei videogiochi è sicuramente uno stimolo. Anche le musiche di Raymond Scott e suoi Soothing Sounds for Baby sono un riferimento.

Prima citavi la California del Nord. È lì che hai conosciuto i ragazzi di Leaving Records? Come è iniziata la vostra collaborazione?

Ci siamo conosciuti online durante il Covid. Conoscevo già l’artista Greenhouse. Loro stavano cercando artiste donne / queer da pubblicare e Greenhouse ha inviato il mio progetto. Da lì è nata un’amicizia e collaborazione. Mi sento molto fortunata perché c'è un rapporto speciale, e loro rimangono fedeli al loro ethos, supportando gli artisti e creando comunità.

Com'è stato lavorare insieme per i dischi Eurybia e Bird Bath?

Eurybia è stato un lavoro molto spontaneo e sincero, scritto durante il periodo di semi-quarantena. Con Bird Bath il processo è stato più lungo e minuzioso, con alcune tracce escluse per mantenere la narrazione desiderata. Utilizzando strumenti molto DIY, mantengo un approccio intuitivo. Non ho ancora registrato un album in studio: registro in viaggio o a casa.

Quali particolari strumenti DIY hai usato per Bird Bath?

Ho creato una traccia con il cellulare, registrandola sul traghetto verso l’Isola di Ponza e poi elaborandola al computer. Ho anche usato dei memo vocali. Non uso sempre gli stessi strumenti; mi lascio guidare da ciò che sto studiando o che mi interessa al momento.

Fotografia Matteo Strocchia, Marco Servina

Che libri hai letto durante la preparazione?

Ho letto molti libri su Beato Angelico, ispirandomi all’uso che fa dei colori tenui e della luce. Ho trovato una forte correlazione tra colore, materia e suono, una ricerca di sinestesia attraverso colori pastello. Un altro libro è Il Mondo Magico di Paracelso, che enfatizza l'importanza di prendere ordini dalla natura, non viceversa. Anche la musica è un processo alchemico. Il profumo al gelsomino dell’Officina di Santa Maria Novella mi ha inoltre ispirato, trovo questo immaginario molto vicino al disco. Colore, profumo e suono sono tutti collegati.

Quali sono i programmi per Bird Bath? Ci sarà un tour in Europa e in America?

Abbiamo una data confermata per il 7 giugno alla Fondazione Sozzani a Milano, e alcune date in Europa, tra cui Creamcake a Berlino e Palma di Mallorca a fine giugno, poi a Parigi. Per ora niente America.

Come è nata la collaborazione con Fondazione Sozzani e che forma prenderà l’evento?

È nata in modo spontaneo, parlando con i ragazzi della Fondazione. Volevamo creare qualcosa di speciale per la community e per chi vuole ascoltare in anteprima il disco, che sarà presentato un mese prima dell’uscita. Vogliamo creare un dialogo tra la musica, la danza e gli archivi della Fondazione. Sto lavorando alla costruzione dell’immaginario di Bird Bath, creando un’atmosfera amniotica e meditativa nello spazio interno e uno spazio di convivialità nel giardino. Proietteremo anche un video girato per il disco.

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