Closet talks 2024

The Vogue Closet 2024: il palinsesto dei nostri incontri

Tutte le informazioni e il racconto dedicato ai talk avvenuti durante l'evento di Vogue Italia per il Fuorisalone, dal 17 al 19 aprile. L'occasione in cui il magazine apre le proprie stanze come fossero ante di un armadio e pagine del giornale, con la curatela di (AB)NORMAL. Storie e immagini dagli incontri dedicati alle rivoluzioni del linguaggio della moda e non solo
the vogue closet
Enrico Luoni

The Vogue Closet: dal 17 al 19 aprile torna l'evento con cui Vogue Italia apre i suoi spazi come fossero pagine e ante di un armadio, durante la Design Week.

Nelle stanze curate da (AB)NORMAL, protagonista anche un palinsesto di 8 appuntamenti e 2 workshop con cui affrontare diverse e importanti tematiche dedicate alle rivoluzioni. Nella moda e non solo. Dal 17 al 19 aprile, in occasione del Salone Internazionale del Mobile, e dopo il grande successo dello scorso anno, Vogue Italia apre nuovamente le porte della sua redazione in Piazzale Luigi Cadorna 5 per la seconda edizione di The Vogue Closet. Nell’anno del sessantesimo anniversario di Vogue Italia, anche The Vogue Closet (evento inserito all’interno del circuito della Milano Design Week) si lega alla celebrazione ripercorrendo l’evoluzione del magazine, grazie anche alla curatela dello studio (AB)NORMAL che, insieme a Vogue Italia, si è occupato di reinterpretare gli spazi dando vita a idee, ispirazioni e messaggi. proprio in questi spazi, prenderà vita il nostro palinsesto di talk.

Il Palinsesto completo dei Closet Talks 2024

Tre giorni di talk, dal 17 al 19 aprile, dalle 17:00 alle 20:00 per approfondire insieme alla redazione di Vogue Italia, autori, talent e altri speaker, tutte le rivoluzioni che riguardano i processi creativi. Nella moda e non solo, per capire dove stiamo andando

MERCOLEDÌ 17 APRILE
H 17:00 - 18:00
EVERYBODY WANTS TO BE US: la comunicazione del settore come forma di intrattenimento sui social. Tra TikTok e Instagram, ironia e fashion critique

Speakers: Francesca Busi, Marco Celotti, Simone Cotellessa

Modera: Victoria Genzini

Victoria Genzini, Simone Cotellessa, Marco Celotti e Francesca Busi

Foto: Enrico Luoni

A pronunciarla era stata Miranda Priestly ne Il Diavolo Veste Prada. Eppure, nonostante si trattasse di finzione (in parte), l’industria del fashion ha sviluppato espressioni ricorrenti molto simili. Al di là di Runway che come tutti sapete è liberamente ispirato a Vogue, ci sono alcuni profili Instagram che sono riusciti a raccogliere tutte le idiosincrasie di questo mondo. Tra chi lo fa in modo semi-serio come @Milanosulset, dedicandosi alle locuzioni diventate ormai più iconiche, a chi mescola invece ironia e fashion critique come Francesca Busi, nota anche come @youaremylemonade, e Simone Cotellessa di @ecce___homo, con il suo archivio non convenzionale della moda.

L'obiettivo di tutti i creator protagonisti è quello di instillare l'ironia nel discorso sulla moda e sulla convenzionalità dei social stessi: «Ho un rapporto d'amore burrascoso con Instagram, tra profili chiusi e shadow ban. Per un periodo non si sapeva nemmeno che fossi davvero io a gestire il profilo», racconta Cotellessa: «Il mio intento è quello di creare un archivio che sia erotico ma anche eretico». Anche Busi punta a rivoluzionare il linguaggio solitamente legato al mondo fashion: «Sui social voglio prendere una posizione netta, cosa che ormai in pochi fanno. È normale che chi lavora poi nei brand stia attento a non scegliere te che hai parlato male di loro, ma ci deve distinguere da chi non fa altro che parlare bene di qualsiasi prodotto». Una strada che sta percorrendo anche Celotti di Milano Sul Set: «Ho voluto mettere nero su bianco le frasi più assurde derivate dalla frustrazione accumulata in anni e anni sul set. I meme sono diventati così popolari che anche alcuni brand ci hanno contattati per produrre dei contenuti autoironici». Tra percepito gonfiato e permalosità di brand e fanbase, questi nuovi contenuti vogliono sradicare certe rigidità: «Ultimamente mi sto un po' annoiando», confida Cotellessa, ma è appunto dal grande mare dei social che potrebbero arrivare gli spunti per scuotere un sistema rigido per eccellenza.

Foto: Enrico Luoni
Foto: Enrico Luoni
H 18:00 - 19:00
MEA CULPA: dall’estetica delle scuse ai revenge look, una conversazione sul guardaroba emotivo

Speakers: Jacopo Bedussi, Riccardo Maria Chiacchio, Chiara Maiuri

Modera: Victoria Genzini

Talk in italiano

Victoria Genzini, Chiara Maiuri, Riccardo Maria Chiacchio e Jacopo Bedussi

Foto: Enrico Luoni

Dall'armocromia del pentimento, di cui tanto si è parlato negli ultimi mesi, al concetto di abito per vendicarsi. Di una rottura. Di un tradimento. Da Enrico IV a Canossa a Chiara Ferragni, prima nelle stories poi da Fazio, passando per il revenge look di Diana fino agli eventi che coinvolsero politici, re e regine. Una riflessione divertente sull'autenticità di pentirsi pubblicamente anche attraverso la scelta di uno styling e sulle sfumature e implicazioni emotive che “regnano”, appunto, nei nostri armadi.

La riflessione del giornalista Jacopo Bedussi parte da fatti recenti, come quelli legati a Ferragni: «In un'epoca in cui tutti ci vestiamo casual, momenti come questi sono interessanti perché svelano il percepito nascosto della moda. Una volta lo stile era dettato dall'editoria, poi sono venuti gli influencer con il loro concetto di autenticità. Ma poi in look “costruiti” come questo, il senso dell'autenticità viene del tutto scardinato». Gli fa eco lo stylist Riccardo Maria Chiacchio: «C'è da distinguere tra la moda che vivi nella vita di tutti i giorni e quella performativa di questi statement. Ci si accorge che poi questi look raggiungono il loro scopo perché poi siamo qui a parlarne, generano gossip». C'è anche un risvolto più intimo, come spiega la psicologa Chiara Maiuri: «I look sono in fondo una delle tante espressioni del nostro sé, se quello che vogliamo esprimere all’esterno non corrisponde a ciò che davvero siamo all’interno questo si percepisce chiaramente». La riflessione viene poi portata sul fatto che la moda sia sempre considerata frivola e superficiale, quindi si tende a non associarla a messaggi più seri e solenni: «Eppure in questi momenti ti accorgi che tutto quello che mettiamo è una scelta», spiega Bedussi: «La moda ha senso ed è interessante solo se è camuffamento, quando ti permette di diventare qualcun altro».

Foto: Enrico Luoni
Foto: Enrico Luoni
H 19:00 - 20:00
SENSE OF COMMUNITY: storie libere e altri strili dentro ai magazine indipendenti

Speakers: Elisa Carassai, Alessandro Merlo, Morgane e Fabrice Tayeau

Modera: Victoria Genzini

Talk in inglese

Victoria Genzini, Fabrice Tayeau, Elisa Carassai e Alessandro Merlo

Foto: Enrico Luoni

Quanta libertà serve per raccontare una community e insieme crearla? Lo chiediamo ai founder di tre realtà nel panorama internazionale, guidati nelle scelte editoriali dalla volontà di costruire ponti. Come Sali e Tabacchi Journal, magazine che esplora i riti, le abitudini e il folclore italiano nei suoi aspetti più dimenticati. Poi Coriandoli, pubblicazione indipendente nata dal tentativo di creare un collettivo intorno a tematiche e comunità queer; infine Feu, rivista parigina fondata con l'idea di raccontare la multiculturalità come fonte di innovazione e patrimonio d'importanza.

Nella costruzione di questi magazine indipendenti il fulcro sta nell'identità: «Coriandoli è un magazine strambo e sperimentale, una moltitudine colorata di artisti e voci del nostro collettivo» spiega Alessandro Merlo; Sali e Tabacchi, invece, nasce dal progetto di tesi della stessa Elisa Carassai con l'intenzione di «rompere gli stereotipi associati all’Italia, focalizzandosi su folklore e tradizioni»; infine Feu raccoglie «culture e identità con attenzione alla scena artistica e alla controcultura», complice l'origine caraibica e quindi “laterale” di Fabrice Tayeau, che gestisce la rivista col fratello e la sorella. Un punto in comune a questi progetti così diversi tra loro: «Documentiamo storie che non sono coperte solitamente dai media tradizionali». Una sfida, nella sostenibilità di questi progetti, è sicuramente l'aspetto economico: «È importante all'inizio avere delle nozioni di business, soprattutto se non si hanno investitori o sponsor dal primo momento», avvisa Carassai, e su questo si ricollega la questione dei brand: «A volte i brand vogliono solo avere accesso alla nostra community», avverte Merlo, «ma è importante sapere dire di no perché la community stessa è nostro asset più importante». E anche se i numeri di questi magazine non sono così numerosi, a dispetto dell'editoria più tradizionale, questo può essere un plus: ogni uscita è un evento in sé e per sé.

Foto: Enrico Luoni
GIOVEDÌ 18 APRILE
H 17:00 - 18:00
CASTING REVOLUTION: nuovi volti e strade da percorrere

Speakers: Lina Giselle Murillo, Alison Bizzi

Modera: Irene Coltrinari, Beauty Editor di Vogue Italia

Talk in italiano

Enrico Luoni

Soprattutto nella moda, è lo street casting che prova a sfidare il conformismo, rappresentando in questo momento la via migliore per un nuovo concetto di inclusione. Perché se il contributo più grande di questo cambiamento arriva ovviamente da chi è responsabile della produzione delle immagini che stanno modificando bisogni e desideri, esempi come La corte dei miracoli (la prima agenzia di street casting di Roma) sono ancora troppo poco diffusi. Con la sua co-fondatrice e la modella Lina Giselle, una conversazione che scavalchi il concetto di token. Per parlare di corpi e nuovi volti che cambieranno il nostro immaginario, oltre le tendenze.

All'interno dell'agenzia La corte dei miracoli, la personalità è uno degli aspetti che più vengono presi in considerazione: «Credo che nel 2024 non abbia più senso parlare solo di taglia o altezza. Il mio obiettivo è valorizzare l’essere umano, la sua cultura, il suo vissuto, non agire solo per le vendite», afferma la co-founder Alison Bizzi. Ma quindi, a che punto siamo in Italia in termini di inclusione? A questa domanda, la modella Lina Giselle Murillo dà una risposta chiara: «Mi sono resa conto che le modelle curvy di Milano sono sempre le stesse, come se la situazione si fosse assestata. In alcuni casi, mi sono anche sentita dire che il mio corpo “non va più di moda”. Ma i corpi non possono essere considerati una tendenza, né tanto meno una casella da spuntare una volta l'anno». Il pubblico si domanda come mai la situazione faccia così tanta fatica a cambiare, specialmente nelle realtà più grandi, nonostante la conversazione attorno a questi temi sia sempre più accesa: «Credo che il fattore sociologico sia evidente, le persone ricche e che quindi possono essere acquirenti di lusso sono solitamente bianche e magre. Molti brand finiscono per parlare solo a loro», sostiene Murillo. «Questa mentalità, però, è figlia di una generazione che ha vissuto in un mondo diverso e che non riesce a interpretare il cambiamento. Per fortuna, però, soprattutto nei giovani la sensibilità nei confronti del diversity casting è sempre più alta», aggiunge Bizzi alla fine. E con l'augurio che il mondo della moda riesca a essere sempre più inclusivo, il talk giunge al termine.

Enrico Luoni
Enrico Luoni
H 18:00 - 19:00
THE YEAR OF GIRLS: ragazze che parlano di ragazze o come sta cambiando il punto di vista sulla girlhood

Speakers: Carolina Cavalli, Sara Marzullo

Modera: Corinne Corci, Special Projects Lead di Vogue Italia

Talk in italiano

Enrico Luoni

Sul piano culturale sembra che quest’anno il coraggio delle ragazze, la loro voce e il loro doveroso impatto sociale abbia raggiunto un nuovo massimo. Lo aveva scritto anche il New York Magazine: “Siamo nell'epoca delle ragazze”, e poi un fiocco gigantesco come immagine, in accordo con l'estetica coquette. Mentre Greta Gerwig ha usato Barbie per raccontare un luogo - il mondo - dove proprio come la versione rimpicciolita e artificiale di noi stesse - le Barbie - veniamo sovrastate da mani che non sono le nostre, mentre si susseguono Poor Things e Priscilla e il mito della ragazza interrotta riemerge, ci chiediamo: quanto c'è di reale in questa riscoperta e quanto è invece solo un'ossessiva feticizzazione? Ma soprattutto: qual è il grado di separazione tra Sylvia Plath e Lana Del Rey?

Parlare di ragazze è una tendenza che prima o poi si invertirà? Sara Marzullo, autrice di Sad girl. La ragazza come teoria, crede di no: «Storicamente le ragazze sono state raccontate da uno sguardo maschile, ed è bello vedere racconti di autrici volti a un pubblico femminile, che è sempre più importante e decisivo, anche da un punto di vista di mercato, quindi economico». Carolina Cavalli, regista di Amanda (2022), si domanda se il suo film avrebbe avuto lo stesso significato con un protagonista maschile: «La risposta è no. Queste donne condividono una condizione che ovviamente fa in modo che loro leghino, ed è la condizione di essere donna, e aver quindi vissuto certe esperienze in quanto donne. Il legame che si crea tra amiche ti fa sentire protetta, sicura, vista». Ma il grande rischio, nel momento in cui il discorso pubblico si è concentrato così tanto sulle ragazze, è la loro feticizzazione, una rappresentazione spesso solo tragica: «È come se a un certo punto della mia vita avessi voluto andare in crisi per associarmi a queste donne meravigliose che raccontavano la loro esclusione voluta, il loro eccesso di sensibilità. Così ho iniziato a chiedermi, esiste un modo per uscire da questa tristezza? Essere più arrabbiata o più feroce è la soluzione? Ridurre la femminilità a un'estetica è sbagliato», sostiene Marzullo. Quale può essere una soluzione? «Legare il concetto di essere ragazze alla collettività», conclude Cavalli. Così continueremo a lavorare affinché il linguaggio femminile diventi sempre più universale, e non si riduca al genere.

Enrico Luoni
Enrico Luoni
H 19:00 - 20:00
DISCOVERING FRAGRANCES: l'arte di scrivere un profumo (powered by Xerjoff)

Speakers: Sergio Momo

Modera: Sofia Viganò, Senior Beauty Editor e Director Digital di Vogue Italia

Talk in italiano

Enrico Luoni

Anche il linguaggio dei profumi, come il nostro, è editoriale. Fatto di note, letture, scritture. Partendo da questi concetti, proveremo a raccontare insieme a Sergio Momo, founder di Xerjoff, maison italiana conosciuta in tutto il mondo per le sue fragranze preziose, come nasce l'idea di una cosa tanto potente ed evanescente. Un workshop dedicato a un'arte che ha radici antichissime e ai segreti su come legare un profumo ai nostri ricordi.

La libertà creativa di cui dispone una realtà come Xerjoff è, secondo l'AD e Founder Sergio Momo, il grande punto di forza dei suoi profumi: «Noi non produciamo risultati di un’esperienza marketing, ma idee di artista», racconta. E infatti, tra i profumi che Momo ha scelto di portare con sé per il pubblico di The Vogue Closet, ce n'è uno frutto di un sodalizio con un musicista rock: «Grazie al mio lavoro ho avuto la fortuna di lavorare insieme ad artisti come i Queen e i Duran Duran, mentre ora sto lavorando con uno chef stellato. Insieme creiamo dei pensieri, non ci limitiamo a scambiarci dei prodotti. Il profumo non è solo un profumo, è un'idea che spazia da sensi a forme d’arte diverse». Una volta chiarito il concetto di profumo, la conversazione si sposta sulla moltitudine di fattori che influenza una fragranza: «Ognuno di noi ha un pH e una pelle diversi. Attraverso i pori noi emaniamo odori diversi, e il profumo naturale è ancora più performante di quello sintetico. Se siamo più salutari, la nostra pelle elabora meglio il profumo. Ma alla fine capiamo se ci piace la fragranza o meno per via della nostra memoria olfattiva che evoca una certa familiarità, negativa o positiva». Ma da dove nascono le idee per un nuovo profumo? «Per via del mio lavoro viaggio costantemente, e mi imbatto in diversi profumi, alcuni dei quali non avevo mai sentito prima. In quel momento ha inizio il processo creativo». Non ci resta che andare alla ricerca della nostra nota del cuore.

Enrico Luoni
Enrico Luoni
VENERDÌ 19 APRILE
H 12:00 - 13:00
LIVE CREATION PROCESS: workshop di illustrazione con Sharpie e Ludovica Basso di Clorophilla Studio

Sharpie, brand di permanent & creative markers progettati per scrivere e disegnare in modo audace e originale, è presente a The Vogue Closet con due attività curate dall'artista visuale Ludovica Basso: un live painting, dove sarà possibile ricevere una bag personalizzata, e un workshop, questo, durante il quale si potranno realizzare alcune illustrazioni su t-shirt insieme all'artista visuale e al suo immaginario, fatto di stelle, animali e figure femminili venute da lontano.

H 17:00 - 18:00
FONT AND FUTURE: caratteri e caratteristiche dell'Art Department di Vogue Italia

Una conversazione tra Laura Marino, Art Director di Vogue Italia, Giorgia Genocchio e Roberta Masciulli, Art Production Designer del magazine.

Talk in italiano

Laura Marino, Roberta Masciulli e Giorgia Genocchio

Foto: Enrico Luoni

Aneddoti e ricordi. Poi timoni e menabò. Per i 60 anni di Vogue Italia, celebriamo anche i suoi 60 anni di grafica attraverso i cambiamenti e gli stravolgimenti, fino alle pagine di Lele Acquarone, gli Scrapbooks, dove la libertà delle parole e delle illustrazioni usciva dalle griglie. L'Art Department di Vogue racconta qui tutto quello che si cela dietro la creazione di ogni numero e i vari step che portano alla stampa del giornale.

Dal 1996 in CondéNast, Laura Marino racconta di come l'intero modo di fare i giornali sia completamente cambiato: «Non si utilizzavano i computer, si componeva tutto a mano utilizzando i bisturi, proprio quelli dei chirurghi». Assieme a Giorgia Genocchio e Roberta Masciulli illustra come in una pagina del giornale debbano coesistere molti elementi: le immagini, il testo e lo spazio, ovvero l'organizzazione dei vari elementi nella pagina stessa. Ovviamente tutto è frutto di un grande lavoro di mediazione, che deve tenere conto per esempio del “ritmo” che un magazine deve avere: non troppe immagini in bianco e nero di seguito, non troppi servizi in studio ecc. E poi ci sono le font, ovvero i caratteri tipografici: «Trovare la font giusta è come trovare il fidanzato. I caratteri sono un po’ la metafora dell’identità grafica della nostra rivista», spiegano. Ma poi ci sono anche le pagine che sfidano le regole e le rivoluzionano come nel caso dei mitici Scrapbook di Lele Acquarone: «Sempre aggiornata su qualsiasi trend, sperimentava con le scritte, gli sketch, i materiali. Una volta utilizzò delle lattine, un altra persino delle schegge di uno specchio…». Se il logo di Vogue è uguale da decenni, ma sono le sue pagine interne a cambiare in continuazione, spesso facendo anche la storia.

Foto: Enrico Luoni
Foto: Enrico Luoni
H 18:00 - 19:00
WARDROBE OF AFFECTIONS: la sostenibilità delle idee e l'armadio dei sentimenti (powered by The Archivia)

Speakers: Rosa Acquino

Modera: Elisa Pervinca Bellini, Senior fashion News Editor di Vogue Italia, e Marta Oldrini, Fashion Market Editor del magazine

Talk in italiano

Elisa Pervinca Bellini, Rosa Acquino e Marta Oldrini

Foto: Enrico Luoni

Riprendere un'idea, qualcosa di utilizzato in precedenza recuperandola da un alveo di cose bellissime altrui facendo così rivivere un progetto o un abito nel tempo. Ne è un esempio The Archivia che proprio dal passato trae ispirazione, in particolare dall'armadio della nonna della fondatrice. Tra styling, memorie e made in Italy, parliamo del cosiddetto capsule wardrobe, una serie di capi passepartout destinati a durare per sempre.

È proprio la fouder del brand Rosa Acquino a raccontare per lei l'importanza di scegliere pochi capi essenziali: «Durante il Covid ho spulciato l'armadio della nonna e lì ho ritrovato capi come una bellissima giacca in broccato di mia madre. Mi ha ispirato l’idea di proporre un solo capo declinato in tanti modi diversi, a partire dal tailleur». Da qui l'idea di lavorare su capi timeless, come anche la t-shirt bianca e il cappotto nero («Tutti accumunati da spalle “importanti”»). Dietro a questa visione c'è anche un valore di sostenibilità: «Punto a pochi pezzi che durano». Ne consegue anche la volontà di rimanere su scala ridotta, per un controllo massimo della qualità: «Totalmente Made in Italy, per me non ci sono mai stati dubbi su questo, e affidandosi alla grande tradizione manifatturiera campana. Ho queste sartine che sono la mia vita». Non a caso è un team tutto al femminile: «A partire dalla mia mamma, che mi ha seguito fin da subito». Ma qual è il consiglio che Rosa Acquino dà, dalla sua esperienza con The Archivia, a chi magari vorrebbe lanciare un proprio marchio? «Non rinunciate mai alla vostra idea, alla vostra visione, perché solo esprimendo voi stessi potrete portare avanti un progetto e vederlo crescere».

Foto: Enrico Luoni
Foto: Enrico Luoni
H 19:00 - 20:00
A REAL GRAPHIC NOVEL: incontro con (AB)NORMAL, lo studio multidisciplinare che ha curato The Vogue Closet

Speakers: Luigi Savio di (AB)NORMAL

Modera: Valentina Raggi, Senior Editor di AD

Talk in italiano

Foto: Enrico Luoni

Su Reddit esiste un’intera discussione dedicata a Daydreaming, la seconda traccia del nono album dei Radiohead, A Moon Shaped Pool. Il parere dei commentatori è unanime: non esiste altro brano in grado di trasmettere un tale spettro di emozioni e di traghettare chi lo ascolta in un mondo completamente differente. Per questo Daydreaming è stata la prima reference a cui i soci di (AB)NORMAL, studio multidisciplinare nato nel 2018 e basato a Milano, hanno pensato per la seconda edizione di The Vogue Closet. Un dialogo che si muove tra musica, cinema, letteratura, architettura e società, virtuale e reale, allo stesso modo di (AB)NORMAL.

Nato a Rotterdam, quando i founder Mattia Inselvini, Davide Masserini e Luigi Savio lavoravano tutti nello studio di Re Koolhaas dopo aver studiato al Politecnico di Milano, (AB)NORMAL nasce proprio dalla volontà di uscire dalla classica routine monolitica: è uno studio di design fatto da «progettisti giovani che non hanno confini», che oggi si occupa di «un po' di tutto, dall’architettura alla brand identity», mantenendo ispirazioni come «architetture mai realizzate, modelli 3d scaricati da internet, oggetti bizzarri, intersezioni tra internet, videogiochi e religione (un certo tipo di monumentalità solenne)». Anche questo progetto del Vogue Closet è nato dalla volontà di scardinare la norma, ma ribadendo alcuni punti fissi come il gradiente (loro vero marchio di fabbrica) ma anche l'archivio stesso di Vogue: «È stato molto utile. Onestamente non lo conoscevo, studiando tutte queste cose ci siamo accorti di come Vogue abbia innovato il mondo della grafica, molti trend nascevano proprio su queste pagine», riflette Savio. Ecco allora che dalla griglia di InDesign ai gradienti cromatici, fino ai cut out di moda, ogni stanza del Closet è come l'esplosione del magazine stesso, in modo sorprendente: «Non abbiamo mai paura di creare una specie di disallineamento», continua lui: «Del resto sono un fan dell’inaspettato e della sorpresa, è sempre bello quando qualcosa su cui stai lavorando assume una vita propria e si rivela in modi che non ti aspettavi». Un altro dettaglio fondamentale, anche qui, il rapporto coi social e le immagini digitali: «Alcuni progetti li disegniamo a partire da un’inquadratura. Noi stessi siamo nati, ci siamo comunicati tramite Instagram». Ed è proprio il riverbero delle immagini a dare a un progetto nato effimero come Vogue Closet una vita ancora più lunga.

Foto: Enrico Luoni
Foto: Enrico Luoni

Le stanze come ante dell'armadio e pagine in cui entrare

Cinque le stanze in cui saranno esplorati i diversi aspetti del processo creativo e narrativo di Vogue Italia: Inside Backstage, il vero fashion closet che precede un servizio fotografico, uno spazio dove poter scoprire una selezione di abiti e accessori mostrati nelle indimenticabili copertine e nei servizi interni del magazine. Poi Icon Archive, una raccolta in versione tridimensionale degli Scrapbooks di Lele Acquarone, storica firma di Vogue Italia, che ha combinato spunti e anomalie del sistema moda in un vocabolario personale fatto di fotografie, acquerelli, giochi di parole e soprattutto vestiti. Dalla collaborazione con Mattel Creations, main partner di The Vogue Closet, nasce Creating What’s Next, uno spazio che mostra come Mattel Creations agisca come una tela bianca per i creators, i designer e gli artisti più innovativi di oggi e di domani, dove i giocattoli diventano arte e l’arte diventa giocattolo. Nello spazio saranno esposti pezzi da collezione: dalla collaborazione firmata Kartell x Barbie alla limited edition Hot Wheels by Daniel Arsham. L’itinerario di The Vogue Closet include anche la stanza 60 Years of Freedom dove Vogue Italia e Ford Mustang, main partner dell’evento, ripercorrono un viaggio nel passato proteso verso un futuro più sostenibile. I due brand, entrambi con sessant’anni di storia alle spalle, celebrano la libertà che li accompagna nella moda e nell’innovazione come simbolo di avventura. Tutto questo viene raccontato attraverso le illustrazioni di Costanza Starrabba con un alfabeto di elementi naturali e stilistici, propri di Ford Mustang, all’interno di un paesaggio infinito, tracciando così nuove strade da percorrere. Per le parole e i suoni della moda c’è infine The Sound of Closet, lo spazio dedicato agli incontri e al viaggio sonoro che conduce un capo o un accessorio dal laboratorio artigianale alle pagine di un giornale, grazie al progetto realizzato da Bianca Muniz, ex studentessa dell'Accademia di Costume e Moda di Roma.

Il rendering di uno degli spazi

The Vogue Closet è reso possibile grazie al contributo dei Main Partner Mattel Creations e Ford e delle Iniziative Speciali Sharpie®, The Archivia e Xerjoff. A supportare il progetto anche Roberto Cavalli Home. Si ringrazia Podere Cavaga.

L’evento è gratuito e su registrazione.

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