Gioielli dei Savoia, la storia tra misteri e colpi di scena
Tutto inizia il 29 luglio 1900, a Monza, quando re Umberto I muore assassinato dall’anarchico Gaetano Bresci. Quattro giorni più tardi la Regina Margherita, consegna i gioielli della corona alla nuora, la Regina Elena con un biglietto d’accompagnamento e l'inventario dei gioielli. Da quel momento si parlerà del Tesoro dei Gioielli della Corona Savoia. Verrà custodito in una cassaforte e ogni volta che la Regina vorrà indossarli dovrà fare richiesta formale con ricevuta di avvenuta restituzione.
Hitler, il cunicolo nei sotterranei di Roma e il cofanetto di velluto azzurro
Il cofanetto a tre ripiani in pelle di colore nero, con una fodera di velluto azzurro trova posto nella cassaforte n.3 del Palazzo del Quirinale. Dall'assassinio del Re passano quattro decenni, è il 6 settembre 1943, in piena II Guerra Mondiale e il nuovo Re, Vittorio Emanuele III che sta per darsi alla fuga dalla capitale ordina: «Bisogna che questi gioielli siano messi al sicuro!». Finiscono alla Banca d’Italia in un caveau di sicurezza ma non per molto. In poco tempo la situazione precipita, l'Italia è nelle mani dei tedeschi che non si fanno scrupolo ad impossessarsi di qualsiasi cosa, beni dei Reali compresi. Un ufficiale tedesco mostra alla ragioneria del Ministero un ordine scritto dal Führer in persona che intima la consegna del tesoro. Ma la risposta è già stata pianificata «Il re fuggendo ha portato tutto con sé». E infatti i tedeschi quando ispezionano la cassaforte n. 3 la trovano vuota. In realtà i gioielli sono stati trasferiti in un nascondiglio sicuro e segreto: il cunicolo del Cinquecento che collega sottoterra il Quirinale a Palazzo Barberini. Lì è stata scavata una nicchia nel muro e riposto il tesoro.
Di chi sono i gioielli? Appartengono "a chi di diritto”
Nel cunicolo il Tesoro dei Savoia rimane non si sa per quanto, forse fino al 1946 quando l'Italia diventa una Repubblica. Il Re ha abdicato da tempo a favore del figlio Umberto II e quest'ultimo dopo il referendum, che di fatto allontana i Savoia dalla storia del Paese, chiede di incontrare il nuovo governatore Luigi Einaudi per mostrargli il cofanetto di velluto azzurro: «In conseguenza degli ultimi avvenimenti desidero che le Gioie della Corona non vadano immediatamente in mano ad un commissario che potrebbe prendere dei provvedimenti affrettati e magari fare una distribuzione e un’assegnazione non conforme al valore storico. Sono gioie portate dalle regine e dalle principesse di Casa Savoia…Desidero siano depositate presso la Banca d’Italia per essere consegnate poi a chi di diritto». E proprio su questo “a chi di diritto” da quasi ottant'anni si arrovellano gli esperti. A chi appartengono veramente di diritto quei gioielli? Agli eredi dei Savoia o all'Italia? Luigi Einaudi scriverà poi nei suoi diari, elogiando lo scrupolo di Re Umberto II: «potrebbe ritenersi che le gioie spettino non al demanio dello Stato, ma alla Famiglia Reale». Il dibattito è ancora aperto e la famiglia Savoia nel 2022 ha chiesto la restituzione.
L'inventario dei gioielli
Nel suo diario, il marchese Falcone Lucifero, che nel '46 prende in custodia i gioielli per depositarli nella cassa centrale della Banca d'Italia scrive: «Vedo le Gioie della Corona per la prima volta, sono davvero meravigliose e valgono più di un miliardo!». Da quel momento i gioielli vengono chiusi a chiave in un astuccio in pelle nera delle dimensioni di cm. 39x31x20, poi rivestito di carta catramata e sigillato con undici suggelli. Esattamente cosa sia contenuto non lo sa nessuno, nel libro “Gioielli di Casa Savoia” (scritto dallo storico del gioiello Stefano Papi con la Principessa Maria Gabriella di Savoia) si parla di diverse parure di gioielli acquistate da Carlo Alberto a metà Ottocento per farne dono alla nuora Maria Adelaide d’Austria, nei documenti si trova poi traccia di trenta diamanti di taglio circolare del peso di 408 grammi, pari a 102 carati odierni montati dall’orefice Gaetano Bartolino in una collana. Moltissimi sono i pezzi realizzati dal gioielliere Musy di Torino tra cui diademi, orecchini e bracciali. Un diadema ordinato da Umberto I è composto da undici volute di brillanti, con 11 perle a goccia, 64 perle circolari, 1040 brillanti, 541diamanti del peso di 1167 grani, pari a 2092 carati. Ma realmente di questi gioielli non si sa cosa è conservato nella Banca d'Italia e cosa invece è rimasto parte del patrimonio privato dei Savoia perché l'inventario è stato fatto sul numero delle gemme e delle perle e non sui pezzi preziosi veri e propri.
Quanto valgono i gioielli di Casa Savoia? Il colpo di scena di Gianni Bulgari
Secondo gli scritti sono stati dunque depositati 6732 brillanti e 2000 perle. Si ritiene che il valore sia oggi di 300 milioni di euro, secondo le rivalutazioni Istat. Ma i pareri sono contrastanti. Nel luglio del 1976 il cofanetto viene riaperto alla presenza dei gioiellieri Gianni Bulgari e Tito Vespasiani dopo che si sono rincorse le di voci di furti e ingenti ammanchi. Quando finalmente lo scrigno viene aperto il tesoro appare intatto ma il valore non è così alto come ci si aspettava. Tito Vespasiani, allora presidente dell’Associazione degli orafi romani, quantifica il valore in poche centinaia di milioni. E Gianni Bulgari, interpellato anni dopo sull'argomento risponde: «Di quell'ispezione del '76 ricordo solo di aver esclamato dopo averli visti: “Possibile che il tesoro della Corona del Regno sia questo qui…?»
Cosa non è custodito nella Banca d'Italia? Diademi e gioielli preziosissimi tra cui la tiara indossata da Clotilde Courau il giorno del matrimonio
Di sicuro nella Banca d'Italia non sono conservati tutti i gioielli dei Savoia, prova ne è che nel 2007 e nel 2021 sono state organizzate due super-aste dagli eredi con alcuni dei pezzi più preziosi tra cui la famosa tiara di Musy in perle naturali e diamanti del valore di oltre 1 milione di euro (non è stato rivelato il nome dell'acquirente) pezzo forte di «Magnificent Jewels and Noble Jewels» di Sotheby's. Con certezza nel caveau non c'è neanche la famosa collana a 10 fili con 684 perle della Regina Margherita nè il diadema di diamanti a tralcio di foglie di lauro con margherita centrale regalato da Vittorio Emanuele II alla nuora Margherita. E nemmeno la tiara di tormalina rosa, dono della Regina Maria Teresa di Sardegna alla Principessa Elisabetta di Sassonia nel 1850, che fa parte di una parure che comprende anche una collana, una spilla a tre pendenti, orecchini e due bracciali. Nata come parure intercambiabile con un set di tormalina rosa, un set di rubini e un set di zaffiri (la Principessa Maria Gabriella, la usava con gli zaffiri) l'abbiamo vista indossata con tormalina rosa in taglio ovale, montata su design floreali da Clotilde Courau, nel giorno delle sue nozze con Emanuele Filiberto, nipote dell'ultimo Re d'Italia, nel 2003.
Leggi anche:
- Riappare al collo di lady Peltz, la consuocera di Victoria Beckham, il leggendario diamante "Star of the East”, di cui si erano perse le tracce negli anni '80
- Il nuovo baby George si chiama Stefano Casiraghi (ed è il figlio di Beatrice Borromeo e Pierre)
- I 72 look più belli della principessa Charlène di Monaco
- Andrea Casiraghi compie 37 anni, la sua storia in +70 foto
- Come prendere la misura dell'anello, per non sbagliare (e un trucco per farlo di nascosto)
- 6 choker di tendenza ora tra le fashioniste (e i nostri consigli su come abbinarli ai look da sera)
- 6 consigli su come scegliere la collana in base alla scollatura (e non sbagliare abbinamento)
- Storia della gioielleria Pennisi amata dai più grandi collezionisti, ma anche da Rihanna e Madonna
- Earcuff senza buco, ovvero gli orecchini speciali che rubano l’attenzione
- I diamanti sintetici diventeranno i nostri migliori amici (e sono anche sostenibili)
- Questi orecchini particolari dal gusto vintage daranno una svolta anche al tuo look più basic
Vuoi ricevere tutto il meglio di Vogue Italia nella tua casella di posta ogni giorno?