«La vita è un film». Giorgio Armani racconta il suo rapporto (idillico) con il cinema

«E i miei capi d’abbigliamento sono i costumi». Giorgio Armani con le star e soprattutto i red carpet ha una relazione speciale, nata negli anni Settanta, con Diane Keaton. E diventata passione
Giorgio Armani e Sophia Lauren insieme in occasione della One Night Only
Giorgio Armani e Sophia Lauren insieme in occasione della One Night OnlyGerman Larkin

Giorgio Armani. La simbiosi Armani - cinema da Diane Keaton a Matilde Gioli

Los Angeles, 3 aprile 1978. Diane Keaton sale i gradini del palcoscenico del L.A. Music Center per ritirare l’Oscar come migliore attrice di Io e Annie di Woody Allen. Con il suo look – capelli raccolti con nonchalance, gonna longuette plissé soleil, blazer oversize – oltre a fissare per sempre l’essenza dell’elegante scompostezza anni Settanta, portò per la prima volta Giorgio Armani sul red carpet. E anche al cinema, visto che Woody Allen non appena Diane si presentò sul set del film le disse senza giri di parole: «Indossa quello che vuoi, devi muoverti come una persona reale». Fu così che Diane “costruì” se stessa nei panni di Annie Hall. A raccontarlo è la stessa attrice che, nelle sue memorie (Then Again, 2011), scrive: «Volevo mettermi quello che indossavano le donne cool in giro per Soho (…). Da Armani comprai un paio di pantaloni eleganti, una giacca di lino e una camicia bianca».

Diane Keaton e Woody Allen in Io e AnnieUnited Artists/Getty Images

«Quando seppi che aveva sfoggiato una mia giacca sul red carpet», ci confessa oggi lo stilista piacentino, «fui sorpreso ed emozionato. Erano trascorsi solo tre anni dal lancio del mio brand (1975, ndr) e questo mi diede la sensazione di essere sulla giusta strada con il mio lavoro, di fare qualcosa di rilevante. All’epoca non c’erano stylist al seguito delle star e il risultato, spesso, era più autentico. Lo stile di Diane nel film era un misto di maschile e femminile, molto morbido e personale. Indossare la mia giacca portò quello stile, inatteso, fuori dallo schermo».

One Night Only, il party-sfilata all’Arsenale

Da allora, il cinema non è più uscito dalla vita dello stilista. Il mese scorso, in occasione dell’ottantesima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, oltre ad aver vestito una quantità di stelle – dalla madrina Caterina Murino a Matilde Gioli, da Micaela Ramazzotti a Ksenija Rappoport – Armani ha organizzato One Night Only, un grande party-sfilata all’Arsenale con una madrina d’eccezione, Sophia Loren, in onore della sua passione di sempre, il cinema.

Un ritratto di Giorgio Armani che dà gli ultimi ritocchi alle modelle prima della passerella. È stato realizzato da David Downton, uno dei più noti illustratori di moda, nel backstage della sfilata Giorgio Armani Privé all’Arsenale di Venezia durante la Mostra del Cinema 2023.
La collezione Giorgio Armani autunno inverno 2023-2024, fotografata da Brett Lloyd

«Prima di Armani il red carpet era una sorta di Far West», ha dichiarato Clare Sauro, storica della moda e curatrice alla Drexel University di Philadelphia. Da quando, alla metà degli anni Sessanta, Edith Head, la costumista che con otto Oscar è stata la più premiata della storia, aveva smesso di essere la consulente d’immagine per la notte degli Oscar, le attrici si trovarono completamente perse. Così, continua Sauro: «Avevi Demi Moore in shorts da biker, Cher con i suoi eccentrici copricapi. Armani è stato il primo designer a dire: “Lascia che ti vesta”». Come ha notato Hamish Bowles, a giudicare dalle sue felici collaborazioni con attrici come Cate Blanchett e Julianne Moore, Kirsten Dunst e Isabelle Huppert, «Armani ha saputo costruire rapporti di simbiosi con le stelle di oggi».

American Gigolò, Richard Gere e il dandy di massa

Dopo il casuale esordio cinematografico con Diane Keaton, gli venne chiesto di offrire gli abiti della sua collezione per American Gigolò (1980), il film di Paul Schrader che ha segnato, a dire di Germano Celant, «la nascita del dandy di massa». Oltre a far entrare nel mito un allora giovane Richard Gere, assurto a sex symbol degli anni Ottanta, questo film ha rappresentato la consacrazione internazionale di Armani. Lo stilista che, come ha scritto Judith Thurman sul New Yorker, «ha disarmato gli uomini e i loro indumenti senza evirarli e ha donato loro la libertà di essere guardati e desiderati dalle donne (e da altri uomini)». Attraverso i magnifici completi, le camicie e le cravatte indossate dal protagonista, fascinoso gigolò per signore annoiate, Armani ha rivoluzionato un caposaldo dell’eleganza conferendo una nuova dimensione all’estetica di quel decennio. Da quel momento ha fornito i suoi abiti a più di 250 film, da Gli Intoccabili a The Wolf of Wall Street, e ha realizzato centinaia di abiti per i tappeti rossi.

Cate Blanchett in Giorgio Armani Privé ai Golden Globe Awards 2014, quando vinse la statuetta come Miglior Attrice per Blue JasmineJeff Vespa

Gli Oscar del 1990: la svolta

Nel 1988 aprì un negozio in Rodeo Drive a Beverly Hills in California. Allora la sua collaborazione con le stelle di Hollywood divenne sempre più stretta. Il 1990 fu l’anno di svolta. In occasione della cerimonia degli Oscar, Armani vestì tutte le star del momento: Michelle Pfeiffer, castigatissima in velluto blu, Jessica Tandy con giacca gioiello, Julia Roberts con slip-dress senza reggiseno, Jodie Foster in tailleur pantalone. Il risultato era super-contemporaneo. Tutte e quattro erano accomunate da un glamour silenzioso, in netto contrasto con i colori accesi e i dettagli rutilanti degli anni Ottanta. Il 27 marzo di quell’anno il Women’s Wear Daily pubblicò un articolo dal titolo The Agony and the Ecstasy. Sotto campeggiavano le foto di Kim Basinger con un vestitone di raso in stile Eighties, e di un’impeccabile Michelle Pfeiffer, nitida ed essenziale, in Armani.

Jodie Foster nel 1992 con il suo secondo Oscar come miglior attrice protagonista per “Il silenzio degli innocenti”.Getty Images
Jane Campion con il Leone d’Argento alla Regia per “Il potere del cane”.Getty Images

L'Armanizzazione del cinema

Ci trovavamo di fronte a una sorta di “armanizzazione” degli Oscar. Anna Wintour la definì una rivoluzione: «La fine di quel modo sgargiante, eccessivo e piuttosto volgare di vestirsi. Armani ha regalato alle stelle del cinema un’immagine contemporanea». Harold Koda, allora curatore capo del Fashion Institute del Metropolitan Museum, osservò: «Armani ha professionalizzato il red carpet. Lo ha reso un luogo in cui le attrici avevano di nuovo il glamour degli anni d’oro di Hollywood». E oggi? Come ci confessa lo stesso Armani: «Il red carpet è diventato una vera e propria industria. La quantità di immagini che circolano durante i festival e le altre occasioni cinematografiche è enorme e questo ha una ricaduta molto importante sul nostro lavoro. Lo studio di quel che viene proposto è molto più accurato e questo significa trovare la giusta sintonia. Per quanto mi riguarda, conta ancora molto il rapporto di amicizia e stima, che conduce ai risultati più gratificanti». D’altronde, come aveva confessato a Martin Scorsese nel film documentario Made in Milan, «la vita è un film e i miei capi di abbigliamento sono i costumi».

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