Giorgio Minisini dice addio al nuoto artistico: «La mia priorità è la salute mentale»

«I risultati possono anche essere vuoti, e un risultato vuoto è peggio di una sconfitta», confessa a Vogue
Giorgio Minisini e Mariangela Perrupato ai Campionati di Budapest 2017
Giorgio Minisini e Mariangela Perrupato ai Campionati di Budapest 2017Laurence Griffiths/Getty Images

Il plurimedagliato del nuoto artistico Giorgio Minisini si ritira: «La perfezione nello sport è tossica»

Giorgio Minisini aveva appena quattro anni quando, nel 2000, mentre a San Pietro papa Giovanni Paolo II apriva la Porta Santa, viveva il suo personale giubileo all’Open Internazionale di nuoto artistico sincronizzato in quel tempio dello sport che è il Foro Italico. Fu lì che, al seguito della madre, la nuotatrice Susanna de Angelis, vide per la prima volta Bill May, che ha iniziato a fare nuoto sincronizzato nell’89, quando lo sport era prerogativa femminile e, pertanto, non si poteva competere in gare internazionali. Solo nel 2015, la federazione World Aquatics ha ammesso gli uomini ai campionati del mondo con il duo misto. Ventiquattro anni dopo quell’evento e nello stesso Foro Italico, Giorgio Minisini, annoverato fra i pionieri del nuoto sincronizzato maschile, ai Campionati Italiani assoluti del 21 luglio dice addio al nuoto sincronizzato: «Quella di ritirarmi dalla carriera di atleta è stata una decisione presa per ragioni di natura personale: la mia salute mentale. È la cosa più importante in questo momento, è una decisione che è stata ponderata per tanto tempo, non è figlia di una mia situazione lunga, ma maturata in terapia», confessa a Vogue.

Giorgio pensava di togliersi il peso con poche, scarne righe in un post via Instagram. Poi, la scelta di una conferenza stampa a Roma per quella che vede sente alla stregua di un’operazione a cuore aperto: «Parlare di me stesso mi ha sempre messo a disagio, perché nel nuoto ho cercato di mettere in luce l’intera squadra. Ma ho capito che questa cosa riguarda me, e parlarne a tutti è l’occasione per essere sincero e mostrare chi sono veramente, oltre le medaglie» dice. Per questo, ha scelto ogni singola parola del suo discorso, meditandola: «È una tappa importante della mia crescita personale, mi permette di parlare di ciò che farò. Perché è vero: ho avuto una carriera bella, soddisfacente, piena di risultati. Ma non li ho sfruttati appieno, a livello di soddisfazione personale, proprio perché mi mancava sempre un pezzo».

Foto: Roberto Recanatesi
Foto: Roberto Recanatesi

Il costo dei risultati

I successi vissuti in apnea, la sincronia perfetta degli elementi in superficie - cavaliere, avvitamento, coda di pesce - erano il lessico di un Giorgio perfetto. Sotto il pelo dell’acqua, invece, lo sforzo di rimanere a galla rifletteva un abisso interiore: «A volte succede che dopo esserti trovato in cima, tu ti senta scivolare, e più cerchi di frenare la caduta, più si fa rovinosa» scrive ne Il maschio (Sperling & Kupfer, 2023), dove il racconto della sua storia è l’ammissione che parole come «oro» e «vittoria» nell’agonismo non bastano: «I risultati possono anche essere vuoti, e un risultato vuoto è peggio di una sconfitta, e nella mia carriera i risultati vuoti sono andati per la maggiore. Avevo qualcosa dentro, che ho iniziato ad affrontare tardi: ho curato solo l’atleta per tanto tempo, tralasciando il supporto delle persone importanti, quelle che ti riempiono la vita».

Guardando al palmares di Minisini, è difficile credere alle sue parole: due bronzi ai Mondiali di Kazan nel 2015, l’oro a Budapest nel 2017, poi replicato due volte nel 2022 con Lucrezia Ruggiero, terzo nella finale del solo tecnico agli Europei di nuoto artistico a Belgrado e un oro sudatissimo nel solo libero ai Mondiali di Doha 2024. Eppure col primo posto sul podio – nel 2017, a Budapest - è arrivato pure il terremoto: «Inseguivo la medaglia d’oro da anni, pensavo che mi avrebbe reso felice… E invece, nel momento in cui mi sono reso conto che non lo stava facendo, è stato uno scossone. Sarebbe stato lo stesso con la mia prima medaglia d’oro nel singolo, se una bambina dagli spalti non avesse gridato Giorgio sei grande! Sono scoppiato a piangere e ho capito che la medaglia non è riuscita a colmare quello che l’entusiasmo di una bambina di sette anni ha fatto». In uno sport nato come femminile, Giorgio era semplicemente “il maschio” nel posto sbagliato. All’epoca valeva ogni cosa per giustificare il proprio spazio: gli allenamenti sfibranti, i disturbi alimentari, tutto contribuiva a creare la maschera perfetta sul pelo dell’acqua: quando si ha paura di respirare, stare sul fondo non è poi tanto male. Fuori, il giudizio e i punteggi riducono Giorgio allo sguardo altrui, alla classifica stilata dai giudici.

Foto: Alberto Gottardo
Foto: Alberto Gottardo

Verso un futuro autentico

E anche quando le medaglie fioccano, tutto sembra vuoto: «È vero: ho avuto una carriera bella, soddisfacente, piena di risultati. Ma non l’ho sfruttata appieno, a livello di soddisfazione personale, proprio perché mancava quella parte lì, sicura di me: è arrivata più tardi, con anni di terapia, ma vorrei che gli atleti ci arrivassero prima. Il tema della salute mentale è centrale in questo contesto, e credo nella costruzione di ambienti sportivi che siano indirizzati più sulla persona che sul corpo dell’atleta. Credo nel bisogno e nell’opportunità di fare questo lavoro, e lo farò presto».

In questi vent’anni di carriera, per lottare contro il suo drago, Giorgio ha così tanto stravolto sé stesso da scendere in quella nebbia dove sogno e incubo sono sinonimi. Non è l’unico nel nuoto artistico maschile, come gli confessava Benoît Beaufils, suo amico e anche lui nuotatore, a Città del Messico nel 2020: «Vedi, Giorgio, io e te abbiamo vissuto la stessa esperienza: entrambi ci siamo dovuti nascondere. Io celando la mia omosessualità, tu mostrando il più possibile la tua virilità. Ma se oggi siamo qui, è anche merito del non essersi arresi. Dovremmo essere fieri di ciò che abbiamo fatto». Oggi Giorgio guarda all’ultima sua gara con entusiasmo e voglia di riconciliarsi: «Ho capito che, per stare meglio, devo fare pace con vent’anni di nuoto artistico e concludere il percorso intrapreso. I campionati italiani sono le mie ultime gare, e le guardo con trepidazione, gioia, entusiasmo» ammette.

Giorgio Minisini e la collega Susanna Pedrotti sul red carpet del festival di Cannes 2024

Ma è lontano dal suo epilogo: «Giorgio l’atleta sta vivendo i suoi ultimi momenti di soddisfazione, sono pronto a ringraziare e diventare altro». Sembra ieri quando tutto è iniziato, lui bambino che – come racconta ne Il maschio - sognava di acchiappare invano una gallina: le inseguo e provo ad acchiapparle, ma loro corrono da tutte le parti e io non riesco a scegliere. È assurdo, ma anche la scrittrice Teresa Ciabatti nel romanzo La più amata (Mondadori, 2017) arriva a far pace con sé stessa lasciando andare una gallina inafferrabile che scorrazza nel giardino: «Noi dietro, con le mani protese, pronti ad afferrarla […]. E invece no, nessuno di noi ce la fa, lei corre, corre, rumore di ali. S’infila in un cespuglio, ed esce per sempre dalla nostra storia». Così anche Giorgio, astro del nuoto artistico, lascia andare il passato per un futuro autentico, tutto da scrivere.

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