storia della moda

La moda degli anni 60: rivoluzionaria, democratica, eterna. Dalla minigonna al Boho alla Space Age

Gli anni '60 hanno segnato un momento memorabile per la moda, specchio della società e dei movimenti giovanili
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La moda degli anni ‘60, un’epoca rivoluzionaria

Gli anni '60 hanno segnato un momento memorabile per la moda. Da un lato c'era Jackie Kennedy che da First Lady sfoggiava silhouette lineari e colori pastello. Dall'altro, c'erano Mary Quant e le sue compagne mods che portavano l'iconico taglio a cinque punte creato dall'hair stylist Vidal Sassoon e alzavano gli orli delle gonne, che assunsero proporzioni micro e decretarono la nascita della minigonna. E ancora, c'era un gruppo di designer così innamorato della corsa allo spazio che segnava l'epoca da creare abiti futuristici adatti al cosmo. E intanto la controcultura hippy promulgava i valori “peace and love” attraverso una moda folkloristica abbracciata da un'intera generazione.

Di seguito, un riassunto della moda del decennio.

Vogue Italia, novembre 1965

Vogue Italia, giugno 1967

Vogue Italia, maggio 1967

Vogue Italia, gennaio 1968

Vogue Italia, marzo 1969

Vogue Italia, gennaio 1969

Photographed by Bert Stern, Vogue, February 1, 1964
Photographed by Tom Palumbo, Vogue, September 1960
Photographed by Tom Palumbo, Vogue, September 1960
Photographed by William Klein, Vogue, April 1963

Tendenze femminili degli anni '60: la minigonna

Mai prima d'ora nella storia della moda si erano scoperte le ginocchia, nemmeno con le famigerate flapper degli anni '20. Dopo le silhouette a corolla a metà polpaccio del New Look di Christian Dior nel 1947, le gonne si sono accorciate costantemente nel decennio successivo. Sebbene gli storici della moda indichino il 1964 come l'anno in cui è nata la mini, ci sono stati dei precursori, fra cui Cristóbal Balenciaga che nel 1957-58 ha creato l'abito a sacco.

È stata quindi Mary Quant a inventare la minigonna? La risposta non è così semplice. Certo è che nel 1964 a fare presa, contribuendo ad alimentare la mania della gonna corta tra i giovani, è stato un abito di pizzo della stilista e i prezzi accessibili del suo brand low cost, chiamato Mary Quant's Ginger Group. Ci sono però voluti un paio d'anni prima che lo stile short, che all'inizio era appena sopra il ginocchio, fosse ampiamente adottato. Alla fine del decennio, i livelli micro raggiunti dalle gonne erano pienamente accettati. Le gambe erano talmente in mostra che le calze di nylon e i calzettoni dovettero essere sostituiti da collant.

Mary Quant e alcune modelle che indossano i suoi abiti, 1967.

PA Images/Getty Images

Marisa Bernson in Valentino nell'appartamento romano di Cy Twombly. Foto di Henry Clarke, Vogue, Marzo 1968.

Youthquake, il terremoto giovanile

Il termine Youthquake coniato dalla storica direttrice di Vogue Diana Vreeland racchiudeva il cambiamento sismico della cultura pop: la donna adulta cui fa riferimento la moda degli anni Cinquanta viene sostituita da una ragazza più giovane, con le gambe scoperte, che ascolta musica rock (Beatles, Who!) e spende il suo limitato reddito in abiti usa e getta pensati per il momento. Questo significava abbigliamento "fast fashion", come vestiti di carta fatti di cellulosa e capi iper-trendy realizzati con tessuti sintetici.

Le modelle Twiggy, Jean Shrimpton e Penelope Tree possedevano lo spirito Youthquake più di qualsiasi altro modello femminile.

Twiggy con un abito Liberty London, 1966.

Photo: Popperfoto/Getty Images

I tessuti sintetici proliferano nella moda

Nel 1960, negli Stati Uniti, il Textile Fiber Products Identification Act ("Textile Act") impose alla moda di elencare il contenuto delle fibre nei capi. Nel prêt-à-porter iniziano allora a comparire le nuove fibre sintetiche come Perspex, PVC, poliestere, acrilico, nylon, rayon e Spandex, celebrati come sviluppi meravigliosi. I più grandi utilizzatori di questi nuovi tessuti furono i marchi di prêt-à-porter che si rivolgevano ai giovani o alle famiglie in cerca di indumenti lavabili che si poteva evitare di stirare. Era l'alba di una nuova era e il momento fu segnato da un divertente articolo nel numero di Vogue del 15 aprile 1965, che introduceva l'etichetta.

«È legata o cucita su ogni abito prodotto in America e dice esattamente di cosa è fatto fino all'ultima fibra. Vengono indicate le percentuali, i nomi, e alcuni termini che prima suonavano come il laboratorio del Dr. No - come poliestere, acrilico, triacetato - ora hanno un suono familiare e fidato. Alcuni tessuti sono costituiti da sole fibre naturali, altri da sole fibre sintetiche; la grande maggioranza è costituita da miscele, con uno spettro di punti di forza e di potenziale».

Photographed by Bert Stern, Vogue, May 1969

Il look Jackie, un'icona di stile alla Casa Bianca

Non tutte però volevano vestirsi seguendo lo Youthquake, il terremoto giovanile. Le donne che preferivano gli chignon e la couture ai caschi di Vidal Sassoon e al prêt-à-porter economico avevano la loro musa: Jackie Kennedy. Se le minigonne e le mary-jane erano per la sottocultura, la First Lady americana era “la” cultura. Molte case di moda parigine, come Balmain, Balenciaga e l'esordiente Hubert de Givenchy, proponevano look lineari con silhouette squadrate ma su misura. I codici sviluppati durante l'Età dell'oro della Couture (1947-1957) sono stati riproposti in look più snelli, ma non per questo meno artigianali.

Gonne a ruota, silhouette a trapezio e una generale rigorosità furono sostenute da stilisti come Patou, Saint Laurent e Pierre Cardin, e negli Stati Uniti da Norman Norell, Oscar de la Renta per Elizabeth Arden, Chez Ninon e Oleg Cassini. Quest'ultimo fu nominato stilista personale di Jackie Kennedy.

Jacqueline Kennedy , 1962

Bettmann

Jackie Kennedy, abito Duvier for Christian Dior, 1962.

Apic/Getty Images

La moda diventa democratica

Con lo Youthquake si verificò uno sconvolgimento del sistema moda. Sempre più stilisti salirono sul treno del ready-to-wear con marchi di diffusione offerti a prezzi più bassi. Nel 1959, Ungaro aveva dato in licenza il suo nome a una linea di prêt-à-porter e nel 1963 Mary Quant lanciò la sua linea Ginger Group.

Per quanto riguarda la vendita al dettaglio, se prima gli acquirenti potevano scegliere tra i grandi magazzini e i saloni di alta moda, ora gli stilisti del ready-to-wear sono in prima linea e accolgono i clienti nei loro mondi particolari. Una nuova serie di boutique a Londra, New York e Parigi funge da quartier generale per la cultura giovanile. Biba, con i suoi interni ispirati all'Art Nouveau in Abingdon Road a Kensington, attira i Mods londinesi. Carnaby Street ospita presto alcuni negozi di abbigliamento maschile che offrono una nuova interpretazione della categoria rispetto a Savile Row. A New York, Betsy Johnson anima la boutique Paraphernalia di Madison Avenue con capi a basso costo e di grande personalità, indossati dalla musa di Andy Warhol Edie Sedgwick.

A Parigi, il 19 settembre 1966, Yves Saint Laurent apre una boutique di moda pronta chiamata "Saint Laurent Rive Gauche", diventando così il primo couturier con una propria linea di prêt-à-porter di grande successo in Francia.

Una cliente nella boutique Biba in Abingdon Road, Kensington, Londra, 1965.

Roy Milligan/Getty Images

Yves Saint Laurent con la modella Ulla davanti al negozio di Parigi Rive Gauche, 1966

Keystone-France/Getty Images

Le tendenze beauty degli anni '60 (Vidal Sassoon e gli occhi più grandi)

Il look mod prevedeva capelli corti e a caschetto: il taglio asimmetrico a cinque punte creato da Vidal Sassoon per la modella Peggy Moffitt fece scalpore, così come quello per l'attrice cinese-americana Nancy Kwan.

Mary Quant sfoggiava questo look, così come Mia Farrow, il cui pixie era stato anch'esso realizzato da Sassoon. Se non erano tagliate a scodella, le donne portavano una frangia giovanile, come Jean Shrimpton, con molto volume e una piega sulle lunghezze simile alle curve di una pista da sci.

In quel periodo, l'industria cosmetica era in piena espansione e la tecnologia permetteva la produzione di massa di ombretti, mascara e rossetti. Gli occhi cerchiati di kohl e incorniciati dalle ciglia folte divennero il punto focale del viso, con tonalità di rossetto più morbide per un maggiore contrasto.

Mary Quant e Vidal Sassoon, 1964

Mirrorpix/Getty Images

Foto di Bert Stern, Vogue, 1965

Yves Saint Laurent, lo smoking da donna e altri pezzi iconici

Se il decennio è appartenuto a uno stilista, questo è stato senza dubbio Yves Saint Laurent. La sua ultima collezione per Dior nel 1960 (che gli è costata il licenziamento dalla maison) fu di enorme impatto e in anticipo sui tempi. Con la collezione soprannominata Beatnik, Saint Laurent guardava alla sinistra bohémien di Parigi come fonte di ispirazione, riproponendo giacche da motociclista e tuniche artistiche in una costruzione couture: in sostanza, anticipò l'influenza della cultura sulla moda, avendo la lungimiranza di riconoscere che la Chambre Syndicale de la Haute Couture (l'organo collettivo decisionale di moda fonato nel 1868) non era impermeabile alle fonti di ispirazione esterne. Nel 1962, con il sostegno del compagno imprenditore Pierre Bergé, Saint Laurent presentò la sua prima collezione con il proprio nome.

In pochi anni, il couturier avrebbe creato capi iconici, un aggettivo usato spesso ma raramente a proposito. Nel 1965 arrivano i primi abiti ispirati all'opera geometrica di Piet Mondrian; Saint Laurent, che non era uno degli stilisti della Swinging London, sembrò batterli al loro stesso gioco. Nel 1966 presenta lo smoking da donna (Le Smoking), che declina il rigore sartoriale dell'abito maschile con dettagli e proporzioni femminili. Nel 1967 è la volta della collezione ispirata al safari, brillantemente documentata da un memorabile scatto di Veruschka by Richard Avedon. E Saint Laurent aveva appena iniziato.

Susan Moncur con l'abito da cocktail omaggio a Piet Mondrian, Haute Couture, Saint Laurent autunno 1965.

Photo: Alamy

Tailleur pantaloneSaint Laurent Haute Couture primavera 1967.

Photo: Getty Images

La Space Age, il futuro è adesso

Se lo sbarco sulla Luna è avvenuto nel 1969, la moda Space Age è stata lanciata anni prima. Il fascino dell'epoca per le esplorazioni spaziali si espresse in un nuovo movimento stilistico chiamato Atomic, mentre un gruppo di stilisti visionari come André Courrèges, Paco Rabanne e Pierre Cardin lasciò che le proprie fantasie spiccassero il volo. Un luccicante vinile argentato, simile a un foglio di alluminio, caratterizzava la collezione primavera estate 1964 di Courrèges chiamata Space Age, che presentava anche cappelli e occhiali da "astronauta" e stivali in vinile a metà polpaccio. Nel 1966 Cardin pubblicò una collezione di abiti grembiule che venivano indossati su magliette e dolcevita.

Photographed by Franco Rubartelli, Vogue, May 1968
Photographed by William Klein, Vogue, March 1, 1965

La cultura Hippie e la moda boho

Alla fine del decennio, l'accresciuta disapprovazione per la guerra in Vietnam e la richiesta di diritti civili diedero vita a un movimento che affondava le radici nei valori della pace e dell'amore. Nei campus universitari, gli studenti protestano contro la guerra. In Alabama, nel 1965, ci furono proteste per il divieto di voto ai Neri americani. Nel 1967, migliaia di giovani in cerca di pace, amore e libertà si riunirono nel quartiere Haight-Ashbury di San Francisco in un evento che è stato soprannominato The Summer of Love. Nel 1969, a nord di New York, si svolse il concerto senza precedenti di Woodstock, durato dal 15 al 18 agosto. Il movimento giovanile nato negli Usa raggiunse la sua massima espansione nel 1968 nell'Europa Occidentale, ed ebbe il suo apice nel Maggio Francese. La moda era scandita da maxi abiti bohémien a fiori sgargianti, silhouette larghe e svolazzanti, e capi folcloristici ispirati al'Europa dell'Est. Se quest'estetica era certamente considerata una moda della sottocultura, a metà degli anni '70 emblemi di questo look apparvero anche sulle passerelle.

Foto di Patrick Lichfield, Vogue, Novembre 1969.

I migliori stilisti degli anni '60

Yves Saint Laurent, Balenciaga, André Courrèges, Paco Rabanne, Mary Quant, Barbara Hulanicki, Roberto Capucci, Pierre Balmain, Oleg Cassini, Rudi Gernreich, Norman Norrell, Nettie Rosenstein, Vera Maxwell, Hubert de Givenchy, Emilio Pucci, Claire McCardell, Bonnie Cashin, Pauline Trigère, Hardy Amies, Norman Hartnell, Pierre Cardin.

Pierre Cardin, 1962

Photo: Getty Images

Tendenze maschili degli anni '60

Mai come negli anni '60 gli uomini si sono divertiti con la moda. Per tutto il XX secolo, gli uomini potevano optare per un abito sartoriale o per qualcosa di più casual se impegnati nello sport o nel tempo libero. Il colore, l'estro e l'individualità non erano apprezzati nell'abbigliamento maschile, che era sobrio ma distinto. All'inizio del decennio, i film che immortalavano la dolce vita (si pensi a Marcello Mastroianni) iniziano a proporre un modo di vestire più disinvolto. Presto gli uomini ebbero più opzioni: potevano essere mod (abbreviazione di modernisti) e vestire con dolcevita, pantaloni a quadretti e abiti senza collo come quelli presentati da Pierre Cardin dopo aver viaggiato in India ed essersi innamorato della giacca Nehru. La londinese Carnaby Street, preferita dai più giovani che volevano scardinare le tradizioni di Savile Row, era in fermento. Mentre il decennio avanzava, musicisti come i Beatles, gli Who, i Rolling Stones e Jimmy Hendrix diventavano sempre più bohémien, e la moda era fedele specchio dei tempi.

I Beatles, Paul McCartney, John Lennon, George Harrison e Ringo Starr, 1963.

Photo: Daily Herald Archive/Getty Images

Jimi Hendrix alla Royal Albert Hall di Londra, 1969.

Photo: David Redfern/Getty Images

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Questo articolo è stato pubblicato originariamente su Vogue America