Nicolas Ghesquière lo stilista che da 10 anni guida Louis Vuitton: «Saper gestire l’accelerazione è fondamentale»

Dopo un anniversario celebrato con una mirabolante sfilata nel cortile del Louvre, il designer abbraccia nuove sfide personali e diverse consapevolezze. A noi ha raccontato quali…
Nicolas Ghesquière louis vuitton
JUSTINE TRIET

Nicolas Ghesquière e Louis Vuitton: la storia di quella “nuova silhouette” che è piaciuta a tutti

Quando, lo scorso marzo, ha presentato la sua sfilata A/I 2024-2025 nel cortile del Louvre, a Parigi, Nicolas Ghesquière stava guardando non solo al futuro, ma anche al passato. La collezione ripercorreva l’intero decennio che lo ha visto al timone di Louis Vuitton come direttore artistico, un incarico mantenuto sorprendentemente a lungo, soprattutto in una fase che vede i vertici creativi delle case di moda succedersi a un ritmo che sembra accelerare di anno in anno. Ma il défilé ha anche rivendicato la coerenza della visione di Ghesquière in un periodo in cui, si potrebbe dire, ben poco si dimostra duraturo. La sfilata, in effetti, era densa di allusioni alle sue precedenti collezioni, fra abiti sottoveste e dolcevita, it-bag e cappotti a redingote. «C’è una maturazione delle sue idee osservabile attraverso le collezioni, stagione dopo stagione», nota la regista Ava DuVernay, spesso ospite delle sfilate di Ghesquière. «Quelle idee hanno compiuto un percorso, hanno avuto una vita propria».

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Poi, un paio di mesi più tardi, lo stilista ha riunito un gruppo di modelle nel suo studio e, coerentemente con quelli che sono stati i suoi ritmi di vita durante gli ultimi dieci anni, si è accinto a rifare tutto da capo. Quando lo incontriamo, Sacha Quenby sta percorrendo la passerella al centro della stanza, mentre lui siede accanto ai suoi più stretti collaboratori, la responsabile del casting, Ashley Brokaw, il direttore del design e dell’immagine della maison, Florent Buonomano, e Marie-Amélie Sauvé, stylist e redattrice, al suo fianco da circa trent’anni.

Abito con paillettes, mini shorts in cotone, décolleté Berlin di pelle. Tutto LOUIS VUITTON collezione A/I 2024-25

«Ti è piaciuta la Cina?», Ghesquière chiede a Quenby, che ha sfilato per lui a Shanghai il mese precedente. «È stato divertente», risponde la modella, mentre fa un secondo giro in passerella. Lui si rivolge al suo team: «Bello, no?», chiede. «Bellissimo», conferma Sauvé. «I fiori staranno benissimo». La sfilata per il decimo anniversario di Ghesquière ha portato al Louvre 4mila persone, ma è stata vista online da circa mezzo miliardo. «Una volta, la moda era per la gente strana», osserva lui ridendo. Spiega che, quando ha iniziato a lavorare nel settore, negli anni 90, le persone che seguivano gli ultimissimi fashion trend si presentavano come una piccola, graziosa tribù di outsider e appassionati iconoclasti. Ora la moda fa girare la grande macchina dell’industria creativa e della celebrità globale. L’anno scorso, alle tre principali collezioni femminili di Vuitton – primavera-estate, autunno-inverno e Cruise, tutte disegnate da Ghesquière – ne è stata aggiunta una quarta, la Voyager, in gran parte destinata ai mercati asiatici, che rappresentano il maggiore fattore di crescita per il brand. «Saper gestire l’accelerazione è diventato fondamentale», nota lo stilista.

Quando è arrivato da Vuitton, dieci anni fa, Ghesquière aveva alle spalle un’ascesa presso Balenciaga così fulminea da poter sfidare gli stilisti di un paio di generazioni a fare altrettanto. All’epoca, il suo principale obiettivo era quello di creare non solo una collezione, ma anche un lessico di stati d’animo, stili e codici a cui improntare il suo percorso alla maison, un linguaggio a cui lui si riferiva come alla “nuova silhouette”. Cosa intendesse esattamente è apparso chiaro con la sua prima sfilata per Vuitton. Spalle forti e strutturate, busto lungo dalle linee sartoriali, nuovi, raffinati tessuti – uno dei suoi tratti distintivi –, tagliati secondo geometrie futuristiche che alludevano alla “V” di Vuitton. Gli orli cadevano appena sopra il ginocchio, infondendo all’insieme un tocco giovanile, con stivali alla caviglia che esaltavano la linea lunga e dritta della gamba. Ben presto, la “nuova silhouette” era dappertutto, così come il marchio. Quando Ghesquière è arrivato da Vuitton, la maison fatturava nove miliardi di dollari all’anno di vendite al dettaglio: l’anno scorso ha superato i 20 miliardi, totalizzando più della metà dei ricavi complessivi del gruppo madre, Lvmh.

L’ultimo rinnovo del contratto, firmato lo scorso autunno, garantisce a Ghesquière almeno altri cinque anni di lavoro presso Vuitton: un impegno, si potrebbe dire, nei confronti dell’idea di impegno. Quando ha iniziato a lavorare alla sfilata per i dieci anni, ha riunito i membri del suo team perché lo aiutassero a capire quali pezzi avessero superato la prova del tempo. Poi ha cominciato a mescolarli e a giocarci. «In un certo senso, è questo il bello di lavorare per una maison di lusso», afferma. «Arriva il momento in cui ti rendi conto che è ora di concludere un ciclo».

Quest’anno, il concetto di ciclicità della vita, con il movimento in avanti che esso implica, è stato particolarmente presente nei suoi pensieri, perché il padre, a cui era molto legato, è mancato in aprile. «Se ripenso al tempo che sono riuscito a trascorrere con lui nel corso dell’ultimo anno, mi accorgo che non è stato molto, ma è stato di qualità», dice. «A essere onesto, tuttavia, credo di non avergli dato la priorità, privilegiando invece il mio lavoro». È un errore che non intende ripetere.

Nel gennaio 2020, un amico aveva deciso di colmare quella che riteneva essere una lacuna nella vita dello stilista, organizzando per lui un appuntamento al buio a Los Angeles. Il fortunato era Drew Kuhse, un esperto di VIP marketing nato in Oklahoma ma cresciuto fra San Diego e la Costa Rica e residente a L.A. «Sapevo che mi stavo mettendo nei guai», ricorda Ghesquière. «Ma mi sentivo così bene. Ero eccitato, potrei persino dire “felice”».

Ghesquière con il compagno Drew Kuhse, e i cani Léon, Achilles e il Greyhound-Terrier Banjo, ultimo arrivato in famiglia

Quando torna a casa, ha la sensazione che qualcosa sia cambiato. Fa sfilare la collezione A/I, quindi parte nuovamente per Los Angeles. È la metà di marzo del 2020, e in Europa il Covid sta dilagando a macchia d’olio. La sfilata di Vuitton è stata l’ultima in calendario alla Paris Fashion Week: mentre vola alla volta della West Coast, Ghesquière non può sapere che per molto tempo non se ne vedranno altre nella capitale francese. Mentre è a Los Angeles, riceve telefonate disperate da parte di Sauvé e Julien Dossena, il direttore creativo di Rabanne: «Stanno per chiudere i confini!», lo avvertono. Anche la madre lo implora di tornare.

Dopo due settimane, un Ghesquière sempre più innamorato torna con riluttanza in Francia, stabilendosi nella sua casa di campagna con Dossena e Sauvé. In giugno, si offre di fare da fotografo per due campagne pubblicitarie, sapendo che questo lo riporterà a Los Angeles. Propone a Kuhse di affittare insieme una casa a Malibu e, dopo un mese, decide di comprare nella zona, mettendo gli occhi sulla Wolff Residence, un edificio di inizio anni 60 con i muri esterni in pietra, situato nei pressi di Sunset Plaza. «Per noi era importante essere a Parigi, ma anche avere un pied-à-terre nel luogo di provenienza di Drew», spiega Ghesquière. Nel frattempo, gli interludi californiani hanno cambiato il suo concetto di lusso. «Ha sempre avuto questa tendenza a stravolgere un po’ tutto», osserva Sauvé. «Si ispira a qualcosa e trasforma l’idea in qualcos’altro, o la incrocia con un’altra che è esattamente l’opposto». Così, la California è diventata un altro nastro lungo la treccia della sua immaginazione, un universo stilistico ispirato al Pacifico da rielaborare per trasformarlo nella sua prossima creazione.

Un decennio fa, Ghesquière presentava la sua prima collezione Cruise a Monaco. Quest’anno l’ha allestita a Barcellona, in coincidenza con le gare velistiche dell’America’s Cup, lo scorso maggio. Il Parco Güell, arroccato sulle colline dietro il centro città, era stato originariamente concepito da Gaudí come centro residenziale, senonché, durante la costruzione, fu deciso di farne un parco pubblico, e oggi è una delle principali attrazioni di Barcellona. Per la Cruise 2025, Vuitton ha preso possesso dell’intero parco per un giorno, una temporanea appropriazione di uno spazio pubblico che in città non tutti hanno gradito. Il primo look ha sfilato sulle note di Music for Chameleons, di Gary Numan: cappello a tesa larga, occhiali da sole, tunica con il profondo scollo a V caratteristico di Ghesquière. Poi è andato in scena il look n. 2: cappello, giacca e pantaloni a sigaretta beige, il tutto abbinato – dettaglio inconsueto per lo stilista – a un paio di stivali opalescenti effetto arcobaleno. Al termine della sfilata, un Ghesquière interamente vestito di nero, dalla felpa alle sneakers, è stato accolto da uno scroscio di applausi quando è salito in passerella per ringraziare il pubblico.

Cardigan di lana smanicato, T-shirt di cotone con catenina, maxi gonna in seta, borsa Petite Malle in monogram e derby di pelle. TuttO LOUIS VUITTON collezione A/I 2024-25.

Il giorno dopo, lo stilista ha lasciato Barcellona per trascorrere una vacanza in California con Kuhse e festeggiare il 40esimo compleanno di quest’ultimo. Qui, al San Diego Air & Space Museum – il cui responsabile è il patrigno di Kuhse –, mentre si aggirava tra capsule spaziali, aerei a reazione, sagome slanciate dai colori vivaci inneggianti ai viaggi e alla velocità, qualcosa è scattato nella sua mente: «Mi sono detto: “È tutto così Louis Vuitton!”. Non è nella mia collezione Primavera/Estate 2025, ma in futuro chissà...».

In apertura: Nicolas Ghesquière con i suoi Labrador Léon e Achilles nella sua casa di campagna alle porte di Parigi. Questo articolo lo trovate anche sul numero di Settembre di Vogue Italia

CREDITI RITRATTI:

Foto di JUSTINE TRIET
Produzione TANN SERVICES
Sittings editor AMANDA HARLECH.

CREDITI SERVIZIO:

Foto di STEVEN MEISEL
Fashion editor GRACE CODDINGTON
Hair GUIDO PALAU
Make-up PAT MCGRATH
Production PRODN

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