La storia di Lacoste e quel Coccodrillo protagonista di una “favola”, cucita su una polo.
Metti una borsa in pelle di coccodrillo, una scommessa persa, un paio di maniche tagliate e un inventore, che poi è stato anche un tenace tennista della Nazionale Francese e il fondatore di un brand. È una di quelle storie che potrebbero ricordare le favole di Luis Sepúlveda, tipo quella della gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, quella della lumaca che scoprì l'importanza della lentezza o quella di una balena bianca raccontata da lei stessa. La storia di Lacoste è la storia di un uomo mai sazio di esperienza, un bulimico di conoscenza con una visione talmente nitida da essere riuscito a trasformarla in un progetto lungo cento e più anni.
Siamo a Boston, nel 1923, per la Coppa Davis. René Lacoste ha 19 anni ed è un giovane prodigio del tennis, ma non è uno di quelli dotati di un gran talento naturale. È un giocatore tenace e caparbio, uno di quelli che hanno studiato e fatto pratica, studiato, fatto pratica e studiato ancora. Tanti libri (così tanti che poi ne scrisse anche uno tutto suo, una sorta di Bibbia per la vittoria pubblicata nel 1928 come Tennis), un muro, una racchetta, ovviamente delle palline e mesi di allenamento. Ad aspettarlo ci sono i suoi compagni di squadra ma lui non riesce a staccare gli occhi da quella elegantissima borsa di coccodrillo esposta in vetrina. Il capitano si avvicina e, con una pacca sulla spalla, lancia una scommessa: se avesse vinto le due difficili partite che lo aspettavano, gli avrebbe regalato quella borsa. René perde i match ma sul campo ha avuto la determinazione di un coccodrillo e il giorno seguente un quotidiano americano titola “Sconfitta per l'Alligatore Francese”. In Francia rimbalza di giornale in giornale e René Lacoste diventa il Coccodrillo.
È nel 1927 che il Coccodrillo diventa un simbolo, disegnato dallo stilista Robert George. René voleva personalizzare i suoi capi per distinguersi sul campo e lo fa ricamare sui blazer bianchi. Camicia a maniche lunghe, pantaloni con pinces e cintura: questa doveva essere la divisa dei tennisti allora. Sfida le convenzioni e decide di tagliare le maniche - per soffrire meno il caldo e avere più mobilità - e crea così la prima polo. Con un coccodrillo verde cucito all'altezza del cuore, ovviamente. La sua squadra quell'anno aveva portato a casa l'ambita Coppa Davis così, a Parigi, era stato eretto un “monumento” in loro onore: lo stadio Roland Garros. I compagni, mossi dal desiderio di avere una tenuta più confortevole e anche di essere riconosciuti come team, decidono di far realizzare altre tre polo. La richiesta si moltiplica e Lacoste diventa, inaspettatamente, anche un uomo d'affari.
Causa una forma di tubercolosi, intorno ai trent'anni lascia il tennis ma senza mai appendere al chiodo la racchetta. La maniglia della sua era scolpita e coperta da un nastro chirurgico, in modo che avesse una presa migliore ma, per uno abituato a studiare e a fare ricerca costantemente, non era abbastanza. Fu lui infatti ad inventare la racchetta di metallo, decisamente più leggera e maneggevole di quella in legno. Nel corso della sua vita deposita circa trenta brevetti, fra i più famosi quello della macchina per sparare palline con la forza calibrata, strumento fondamentale per allenarsi da soli. Quel Coccodrillo, però, ha oltrepassato i confini dei campi da tennis ed è diventato un'icona che sarà sempre sinonimo di una storia di determinazione, caparbietà e successo. René non avrà avuto la meravigliosa borsa che desiderava ma ha riempito valigie di esperienza e le ha regalate al mondo.
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