trend

Lo stile Boho Chic torna al centro della scena

Il trend Boho Chic è meno mainstream di un tempo ma riconferma la sua estetica disinvolta. Com’è tipico dei momenti segnati dallo stress sociale e dalle incertezze politiche
boho chic

Lo stile Boho Chic è tornato: ecco come è nato e come lo interpretavano le sue massime esponenti

L'anno è il 2004, e Sienna Miller passeggia per le strade di Notting Hill in un abito bianco a balze e stivali slouchy. Il vestito potrebbe essere tanto un capo vintage degli anni 60 quanto una proposta della collezione P/E 2004 di Phoebe Philo per Chloé.

Circa centocinquanta chilometri più a ovest, Kate Moss è nel backstage del Festival di Glastonbury con indosso un gilet, un paio di shorts e una cintura borchiata vintage. Uno stile fresco, disinibito, che sarà presto etichettato come “new bohemien” e di cui Miller, con i suoi abiti fazzoletto di Roberto Cavalli, i top di Ossie Clark e le cinture fatte di monete, sarà la co-star.

Jessica Alba

Spostiamoci negli Stati Uniti, dove Mary-Kate e Ashley Olsen si aggirano per Manhattan in sandali e abiti a balze indossati sotto T-shirt e felpe con cappuccio, mentre, sulla costa occidentale, Jessica Alba sfila sul red carpet in un vestito di chiffon portato sopra i jeans e Kate Hudson viene paparazzata in un arioso minidress bianco, con una borsa di camoscio a frange appesa alla spalla.

Il “boho-chic”, come questo fenomeno è stato definito, è molte cose. È un genere di estetica disinvolta, rilassata, scomposta, e, sebbene alcuni sostengano che non sia mai davvero scomparso (marchi a guida femminile come Isabel Marant, Ulla Johnson e Zimmermann si ispirano da anni alle sue vibes), ora, a due decenni da Sienna, Kate e tutto il resto, è tornato trionfalmente al centro della scena, sponsorizzato dalla direttrice creativa di Chloé, Chemena Kamali.

Greta Gerwig, Sienna Miller, Chemena Kamali, Zoe Saldana ed Emma Mackey al Met Gala

Kevin Mazur/MG24/Getty Images

Il debutto di quest’ultima alla guida della maison in occasione delle sfilate parigine per l’A/I 2024-25, lo scorso febbraio, sembrava dare voce a questo nascente desiderio di abiti semplici, leggeri, pensati per spiriti liberi. Kamali ha trascorso gli anni formativi presso Chloé – come stagista sotto Philo e poi come designer per Clare Waight Keller, che è stata direttrice artistica del brand – e i suoi orli a volant, le scollature arricciate, le collane serpentiformi e gli zoccoli di legno (indossati, fra le altre, da Miller, Liya Kebede, Georgia May Jagger e Pat Cleveland nel front row) ricordavano la Chloé che ha contribuito a definire il look di inizio millennio. «Volevo ogni singolo pezzo», ha detto Miller dopo la sfilata. «È stato come vedere il guardaroba dei miei sogni passarmi davanti agli occhi».
Se l’originaria rinascita del boho è stata alimentata dagli outfit vintage di Miller e Ossie Clark, la rivisitazione più grunge della tendenza da parte delle gemelle Olsen – detta “bobo-chic”, dall’espressione “bourgeois bohème”, introdotta negli anni 90, quando lunghe collane, anelli per le dita dei piedi e maxigonne dominavano Lower Manhattan – era su tutte le passerelle dell’A/I 2024-2025. Perché ora?

«Non so se a 21 anni ne fossi consapevole, ma, storicamente, questa morbida femminilità ha fatto la sua comparsa in momenti segnati da stress politico e guerra», dice Miller. «Per decollare adesso, deve aver toccato le corde dello Zeitgeist». Se i primi anni del millennio hanno visto l’11 Settembre, l’uragano Katrina e l’invasione dell’Iraq, oggi ci sono i conflitti in Ucraina e a Gaza, la guerra civile e la crisi umanitaria in Sudan e altrove, mentre negli Stati Uniti si profila un’elezione cruciale. Come allora, non c’è carenza di situazioni critiche. «Quello stile mi ricordava un’epoca che mi ispirava e a cui mi sentivo legata», dice Miller. Pensiamo alla Summer of Love del 1967 o ai movimenti hippie e “no war” che hanno definito il pensiero e l’estetica di una generazione.
Nella moda, i primi anni 70 hanno visto la nascita del “soft look”. Gli stilisti, a cominciare da Karl Lagerfeld, allora direttore creativo di Chloé, iniziano a rendere le silhouette più fluttuanti, eliminando fodere e imbottiture, e le loro vaporose creazioni, dalle proporzioni generose, conquistano le passerelle, i palcoscenici (si pensi a Stevie Nicks) e infine le strade. Proprio come la sua reincarnazione boho-chic di trent’anni più tardi, quel look era libero e irriverente. «È proprio ciò di cui abbiamo bisogno», dice Kebede, già protagonista delle passerelle di Chloé all’apice del boho-chic firmato Phoebe Philo. «Oggi ci sono troppe regole. I creativi di allora erano più liberi, potevano fare cose più folli, sognare di più». Secondo la modella, ora le tendenze sono più prescrittive – barbiecore e cottagecore vi dicono qualcosa? –, mentre il boho era privo di vincoli. «Forse è per questo che stiamo tornando al romanticismo, agli abiti fluidi. La gente vuole più libertà».
Come quello di due decenni fa, il boho-chic di oggi è più un look che un movimento. È una vibrazione. Certo, reagisce a un contesto, ma, come spesso accade con ciò che reinventiamo, parte del significato originale rischia di andare perso nella rilettura. Se, nei 70, questa era un’estetica “politica” – di sicuro era tale per gli hippy o le femministe della seconda ondata –, nel XXI secolo non lo è altrettanto. È vero che, una generazione fa, le ragazze alla moda sfoggiavano spigliati look bohémien, ma occorre ricordare che quelle più in vista erano prevalentemente bianche. «Le persone Black godevano di scarsa visibilità», conferma Kebede, che cita la cantautrice Erykah Badu e l’attrice Lisa Bonet quali regine sottovalutate del boho. Oggi, come osserva la modella, non solo c’è una maggiore inclusività, ma la definizione di ciò che è alla moda è diventata più ampia. Se l’originale look bohémien del XX secolo rifletteva uno stile di vita e la sua rinascita era legata al recupero di quello stato d’animo, la sua attuale reiterazione potrebbe semplicemente riguardare la mancanza di costrizioni che, storicamente, questa estetica ha rappresentato.

«Credo che ci sia un desiderio di libertà, autoindulgenza e brio che affonda le sue radici negli anni 70, quando le persone volevano svincolarsi dalle convenzioni, dagli stili di vita e dalla sessualità tradizionali», dice Kamali, che richiama l’attenzione su un genere di evoluzione ricorrente nella moda. «A un certo punto, il boho si è fatto eccessivo ed è scomparso». In effetti, il boho-chic era diventato una follia, con bizzarrie come le gonne indossate come top sopra i jeans. «E tuttavia mi manca quell’irriverenza», commenta Miller. «Allora eravamo meno timidi di oggi. Non c’erano ancora i social media, era più facile essere individui».
In realtà, a spingere l’attuale boho-chic sono le passerelle, non TikTok. Le It-girl inseguono altre tendenze (si veda il quiet luxury) e ciò significa che il boho è più di nicchia che mainstream. E c’è un motivo se, oggi, non presenta un volto unico. Certo, ci sono artiste come FKA twigs o modelle come Paloma Elsesser che ne incarnano vari aspetti, ma il loro è uno stile di più ampio respiro e più sfumato. La ragazza boho del 2024 è là fuori da qualche parte a godersi il confortevole abbraccio del suo morbido abito a balze, la libertà di essere disordinata, caotica, senza che nessuno lo noti. E per quanto riguarda il revival che Kamali sta guidando chez Chloé? «La gente vuole sentire di nuovo quello spirito», dice la designer. «Vuole definire da sé il proprio stile di vita».

Leggi anche:

Vuoi ricevere tutto il meglio di Vogue Italia nella tua casella di posta ogni giorno?

Iscriviti alla Newsletter Daily di Vogue Italia