Sostenibilità

Alexander McQueen: i materiali d'archivio in dono agli stilisti di domani

Sarah Burton dona l'archivio dei materiali della maison McQueen ai neolaureati in moda. Un esempio da imitare
Abito in taffetà di seta rosso Alexander McQueen
Abito in taffetà di seta rosso Alexander McQueenTim Beddow

I tessuti dell'archivio di Alexander McQueen agli studenti di moda

Sarah Burton è probabilmente una delle stiliste più riservate al mondo,  ma il 14 febbraio prossimo, primo giorno della London Fashion Week, il suo grande e premuroso dono agli stilisti di domani comincerà a essere molto visibile a tutti. Il suo progetto, quello di donare i tessuti inutilizzati dagli archivi McQueen alle scuole di moda del Regno Unito, prenderà infatti vita, per cominciare,  nelle collezioni di laurea degli studenti di moda.  “Io sono stata fortunata, perché quando ho iniziato a lavorare da McQueen, Lee mi aveva aiutato a trovare i tessuti per la mia collezione di laurea”, ha detto Burton in un comunicato. “E oggi è ancora più complicato, in un momento come questo, in cui tutti pensiamo che le risorse più preziose vadano utilizzate nel modo appropriato”.

Collezione di laurea di Steven-Stokey Daley che ha usato tessuti McQueenLiam Leslie

E il fatto che ci siano così tanti materiali nell’archivio della maison — centinaia di metri di chiffon nude, tweed, tessuti per camicie e sete in un arcobaleno di colori e pesi — è il risultato di un’abitudine radicata: da quando Burton ha iniziato a lavorare con Alexander McQueen nel 1996, “non abbiamo mai buttato via niente”!

Finora quattordici scuole in Inghilterra, Galles e Scozia hanno beneficiato del progetto, il che significa che gli studenti meno abbienti adesso hanno la possibilità di utilizzare gratuitamente tessuti favolosi che le scuole non riescono a fornire. “Inizi a studiare moda pensando alla collezione finale, ma non hai idea di quanto ti verrà a costare”, dice Steven Stokey-Daley, uno studente della Westminster, che parla a nome di una generazione di giovani con la prospettiva di dover contrarre grossi debiti. “Solo dopo due anni di studio ti rendi conto, tutt’a un tratto, che si spendono 10-15mila sterline per la sfilata finale, e ti chiedi se potrai mai permetterti una cifra simile”.

In pratica, un magazzino pieno di materiali, accumulati in 10-15 anni di attività del brand McQueen, sta per essere donato a studenti di moda in tutta la Gran Bretagna. E questo materiale è disponibile in gran parte a causa di una pratica diffusa da parte delle industrie tessili, quella degli ordini in eccedenza.

Collezione di laurea di Steven-Stokey Daley che ha usato tessuti McQueenLiam Leslie

Archiviare e immagazzinare in modo meticoloso ogni singolo disegno, porzione di tessuto o cartamodello è da sempre il metodo praticato da Sarah Burton. Tutto quello che Alexander McQueen faceva all’inizio veniva messo insieme praticamente a costo zero, ma non si trattava solo di evitare gli sprechi. Una delle tante cose che Burton faceva per la maison a 23 anni, dopo la laurea alla Central Saint Martins (aveva iniziato come stagista) era quella di magazziniera (auto-proclamata), perché doveva sempre sapere dove fossero i materiali in caso McQueen ne avesse avuto bisogno, ma le capitava anche di passargli gli spilli, in ginocchio sul pavimento del suo minuscolo studio ad Hoxton Square.

L’esistenza di questo enorme archivio, costruito con cura anno dopo anno, l’anno scorso aveva fatto venire in mente a  Burton un’idea, quella di presentare una serie di installazioni presso il negozio di Alexander McQueen. Le sue mostre aperte al pubblico danno la possibilità di osservare da vicino i dettagli più nascosti e intricati dei modelli e del lavoro di squadra, iniziativa diventata argomento di studio, coinvolgendo gli studenti e portandoli nella boutique per alcune lezioni mirate. In questo momento l’installazione Roses rivela il lavoro dietro all’esecuzione dei modelli ispirati al mondo floreale, dai vestiti con i fiori di lino di Burton della PE20 all’abito floreale ricamato a mano di Lee McQueen per la PE 1999.

Collezione di laurea di Steven-Stokey Daley che ha usato tessuti McQueenLiam Leslie

Oggi la sua idea è diventata qualcosa di più, ovvero aiutare concretamente gli studenti a creare i loro abiti. In un certo senso è un esempio di quello che le aziende più grandi possono fare per eliminare tutta la produzione in eccedenza che si accumula in ogni settore della fashion industry. Stock di materiali vergini giacciono inutilizzati ovunque nelle fabbriche e nei depositi di stoccaggio. Invece di buttare via  risorse per la cui produzione sono state già usati materie prime e metodi che emettono CO2, la redistribuzione benefica è un passo costruttivo verso la creazione di quell’economia circolare più responsabile di cui la moda ha urgente bisogno.

Dobbiamo sperare che quello di Alexander McQueen non resti un caso isolato, ma che la presentazione al pubblico dell’iniziativa possa diventare un precedente in un settore che per cultura non ama svelare i segreti del mestiere. Riciclare i tessuti in collaborazione con un sistema, quello britannico, famoso perché forma tanti studenti che vengono a studiare moda da ogni parte del mondo, è un’iniziativa che ha tutte le carte in regola per uscire anche fuori dai confini del Regno Unito. Un sistema concreto di aiuto che può essere bene accolto anche a livello internazionale, in armonia con l’attivismo sul clima delle generazioni di oggi nasce in tante scuole di moda nel mondo. Una moda bella e originale può essere creata con le risorse che abbiamo già a disposizione: gli studenti e gli stilisti emergenti sono i migliori sostenitori di questa filosofia. E quando le grandi aziende finalmente si uniranno a loro, sarà un grande passo verso la rivoluzione di cui la moda ha bisogno.