Fendi e LVMH si aprono alla pelliccia sostenibile (non animale e senza plastica)

La maison italiana e la multinazionale del lusso scommettono sullo sviluppo di un'alternativa biologica alle pellicce sintetiche o di origine animale. Allo studio, una fibra a base di cheratina coltivata in laboratorio
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Photo: Edward Berthelot/Getty Images

Fendi e LVMH puntano su una fibra ricavata dalla cheratina come alternativa (parziale) alla pelliccia di origine animale o a base di materiali plastici

L'impegno dell'industria della moda ad abbandonare progressivamente l'utilizzo della pelliccia di origine animale è un argomento che, negli ultimi tempi, ha destato grande attenzione da parte del pubblico e dei media. È bene sapere, tuttavia, che le principali alternative al pelo naturale sono realizzate con materiali plastici, che risultano nocivi per l'ambiente. Ora LVMH, uno dei grandi gruppi internazionali cui fanno capo le maggiori aziende del lusso, è impegnato a sviluppare una nuova alternativa sostenibile, utilizzando come punto di partenza la cheratina, la principale proteina dei capelli. 

Il progetto di LVMH

LVMH sta infatti lavorando con due prestigiose istituzioni londinesi, l'Imperial College e la Central Saint Martins University of the Arts, al fine di mettere a punto un nuovo tipo di fibra coltivata in laboratorio con cui produrre pellicce di origine non-animale per capi e accessori di lusso. A guidare la carica è Fendi, che, fra i brand appartenenti al gruppo LVMH, è quello storicamente più legato all'utilizzo della pelliccia. Secondo il vicedirettore dello sviluppo ambientale di LVMH, Alexandre Capelli, l'obiettivo è quello di sviluppare un'alternativa di origine non animale che sia equivalente, dal punto di vista qualitativo, alla pelliccia naturale e, al tempo stesso, non danneggi l'ambiente. 

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 «Occorre mettere a punto dei materiali alternativi che non richiedano l'utilizzo della plastica», spiega Capelli. «La qualità della pelliccia artificiale è migliorata negli ultimi tempi, ma non può ancora competere con quella della pelliccia naturale. Con questa nuova fibra, tuttavia, dovremmo essere in grado di ottenere una qualità molto vicina a quella del materiale di origine animale». 

LVMH è una delle poche multinazionali attive nel settore del lusso a non avere ancora detto di no all'utilizzo della pelliccia, nonostante i suoi concorrenti, tra cui Kering, di cui fa parte Gucci, non perdano occasione per annunciare pubblicamente di averla bandita. Se riuscisse a sviluppare un'alternativo a base di cheratina, LVMH potrebbe utilizzarla in sostituzione dei materiali di origine plastica che impiega attualmente, anche se, come precisa Capelli, l'uso della pelliccia di origine animale non verrebbe del tutto abbandonato. Tuttavia, il gruppo e i suoi partner credono nell'esistenza di un potenziale ancora non sfruttato nell'uso della biotecnologia per produrre pellicce ecologiche e sono ottimisti riguardo sia alla qualità del risultato finale, sia alla gamma delle sue applicazioni.

Il successo dello sviluppo di un'alternativa biologica a basso impatto potrebbe fare la differenza per LVMH e per l'intero settore della moda, a patto che tale alternativa sia utilizzata in modo appropriato. Qualsiasi innovazione finalizzata alla sostenibilità – che si tratti di materiali o di modelli di business, come il “resale” – può migliorare l'impatto ecologico di un brand solo se riesce a sostituire ciò che era all'origine del problema.

Una pelliccia scannerizzata con il microscopio.Photo: Tom Ellis Lab, courtesy of LVMH

La fashion industry e le biotecnologie

Quello attualmente in fase di sviluppo non è il primo progetto che utilizza la biotecnologia per creare realistiche versioni a base vegetale di prodotti di origine animale. Questa corsa all'innovazione ha infatti conosciuto un'incredibile accelerazione non solo nel settore dell'abbigliamento, ma anche in quelli dell'alimentazione e della cosmesi. Hermès, ad esempio, ha collaborato con Mycoworks, una startup californiana che produce materiali a base di micelio (l'apparato vegetativo dei funghi), mentre Stella McCartney ha realizzato capi in Mylo, un'alternativa vegetale (sempre a base di micelio) alla pelle animale, prodotta da Bolt Threads. Ancora, PVH, la società madre di Tommy Hilfiger e Calvin Klein, e il rivenditore danese Bestseller hanno stretto una partnership con Ecovative, azienda specializzata nei biomateriali, che ha avuto un ruolo pionieristico nell'utilizzo del micelio. 

Parallelamente, il numero dei brand di moda e dei rivenditori che hanno gradualmente eliminato la pelliccia o si sono impegnati a farlo è salito rapidamente. Tra le prese di posizione più recenti, quelle di Mytheresa, Oscar de la Renta, Burberry, Neiman Marcus, Coach, Miu Miu e Canada Goose. Come già detto, il gruppo Kering si è impegnato fin dall'anno scorso a eliminare l'uso della pelliccia dai cicli produttivi di tutti i suoi marchi. 

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Occorrerà aspettare un paio d'anni per vedere i risultati del progetto promosso da LVMH. Tuttavia, i membri della partnership sono fiduciosi, in considerazione sia della crescente richiesta di materiali sostenibili ed etici, sia dei progressi nella bioingegneria in generale, senza contare il fatto di poter contare su un team di altissimo livello, di cui fa parte anche Tom Ellis, un esperto di biologia sintetica dell'Imperial College che vanta collaborazioni con una serie di aziende farmaceutiche e biotech. 

«Non siamo interessati a sviluppare una nuova fibra solo per il gusto di farlo. Quello che vogliamo ottenere è qualcosa di radicalmente nuovo e sostenibile», dice Carole Collet, docente di design alla Central Saint Martins e direttore di Maison/0, la piattaforma creativa per il "lusso rigenerativo" fondata congiuntamente dall'università e da LVMH nel 2017. «Siamo lontani dall'essere sostenibili nello stesso modo in cui lo è la natura. È da lei che dobbiamo prendere esempio, e più la imitiamo, meglio è». 

Il brand Stella McCartney, entrato a far parte di LVMH nel 2019, ha già sperimentato una pelliccia sintetica parzialmente bio-based, ma si dà il caso che il materiale contenesse anche plastica. La capacità dell'alternativa a base di cheratina di ridurre l'impatto ambientale di LVMH dipenderà in parte dal fatto che i brand del gruppo la utilizzino al posto della pelliccia naturale o delle alternative a base di plastica già esistenti, in parte dalla loro disponibilità a lanciare nuove linee di prodotti che imprimano una forte caratterizzazione al nuovo materiale. 

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Il fattore sostenibilità

Anche l'impatto del materiale stesso rimane da verificare. Il progetto è solo agli esordi e non c'è ancora un processo produttivo di cui parlare. Si sa solo che la cheratina sarà coltivata in laboratorio, utilizzando il lievito per favorirne la crescita. «L'alimentazione del lievito sarà uno dei fattori da valutare a livello di impatto», precisa Capelli. «I lieviti hanno bisogno di zucchero. Per esempio, si potrebbe immaginare di alimentarlo con scarti delle nostre industrie produttrici di vino e alcolici. Sarebbe fantastico, perché creeremmo un sistema circolare». Ma per ora, aggiunge, «è un sogno». 

Il processo di trasformazione della cheratina in una fibra adatta alla fabbricazione di pellicce è ciò che i ricercatori stanno ora cercando di sviluppare. Il team userà sequenze di DNA per istruire le cellule a produrre proteine di cheratina e aggiungerà le sequenze nelle cellule di lievito. «Il lievito può generare le proteine di cheratina mediante un processo simile a quello relativo alla produzione della birra. Le proteine possono poi essere “filate” in modo da ottenere fibre adatte ai tessuti», spiega Collet, che non ha voluto condividere ulteriori dettagli, citando la necessità di proteggere la proprietà intellettuale. Gli aspetti ambientali restano quindi alquanto vaghi, ma, essendo la sostenibilità alla base dell'intero progetto, Collet si dice fiduciosa in proposito. 

Il principale punto interrogativo, tuttavia, riguarda la produzione in grandi quantità. «Realizzare un prototipo è una cosa, riprodurlo su vasta scala è una questione ben diversa», dice Collet. Si tratta infatti di un tipo di produzione completamente diverso da quello che riguarda le fibre convenzionali. «Stiamo parlando di produzione biologica. Sappiamo molto bene come procedere quando si tratta di tecniche tradizionali, ma adesso la sfida consiste nel reinventare i nostri metodi produttivi». 

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Capelli fa sapere che LVMH è coinvolto nel progetto a livello di gruppo, con Fendi in prima linea, anche se, aggiunge, è probabile che anche altri brand finiscano per usare il nuovo materiale. Inizialmente ci si concentrerà sul visone, con la speranza che la nuova fibra possa poi sostituire qualsiasi tipo di pelliccia, e persino la lana. 

È raro per una grande azienda di moda annunciare progetti di questo genere in una fase così poco avanzata, senza nulla di concreto da poter mostrare. Capelli, tuttavia, osserva quanto rapidamente il panorama industriale e la mentalità dei consumatori stiano cambiando. «Era qualcosa di cui dovevamo parlare», dice. «Credo che tutti i nostri clienti, specialmente quelli della giovane generazione, debbano essere consapevoli di questo nostro impegno nella ricerca di materiali alternativi». 

Questo articolo è stato pubblicato originariamente su Vogue Business.