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Vivienne Westwood ci aveva raccontato che: «Non ho mai pensato di essere una fashion designer»

Ripubblichiamo il dialogo tra lei e il marito Andreas Kronthaler su amore, creatività e rivoluzione, uscito sul numero di giugno 2021 di Vogue Italia
Vivienne Westwood parla di amore e arte con il marito Andreas Kronthaler sulle pagine di Vogue Italia

Vivienne Westwood si racconta a Vogue Italia dialogando con il marito Andreas Kronthaler

Per ricordare Vivienne Westwood, morta il 29 dicembre a 81 anni, ripubblichiamo il dialogo tra lei e il marito Andreas Kronthaler, uscito sul numero di giugno 2021 di Vogue Italia. I due, che sono sposati da 30 anni, parlano di amore, di arte, di creatività e di rivoluzione: «Non ho mai pensato di essere una fashion designer – dice a un certo punto lei - Mi sono sempre considerata una combattente per la libertà».

Vivienne Westwood e Andreas Kronthaler sono seduti a gambe incrociate sul pavimento del loro studio di Battersea, nella parte sud-occidentale di Londra. Argomento della conversazione, i festeggiamenti per l’ottantesimo compleanno della designer, iniziati ai primi di aprile ma destinati a protrarsi per il resto dell’anno. Nessun profluvio di costosi regali, però, dato che, sotto questo aspetto, entrambi hanno scelto di mantenere un basso profilo. Andreas si è limitato a scrivere a Vivienne una lettera d’amore, mentre lei festeggiava facendo trasmettere dai megaschermi di Piccadilly Circus un documentario antibellico della durata di dieci minuti dal titolo Do Not Buy A Bomb

Quella di Vivienne è una carriera lunga cinque decadi, che ha visto i suoi risultati creativi maturare in modo significativo, intrecciandosi con innumerevoli istanze sociali e ambientali, di cui hanno rispecchiato, nel tempo, l’evoluzione. Oggi, al di là del suo lavoro di stilista, lei rappresenta un indispensabile faro di speranza. Mescolando il suo Dna punk con il frenetico mondo degli influencer e dei social media, è arrivata a contare 2,1 milioni di follower solo su Instagram. «È molto gratificante», dichiara entusiasta. «Se gli altri si fidano di me e credono in me, ho maggiori possibilità di salvare il mondo, di far sì che la gente capisca».

Vivienne Westwood a 18 anni, in compagnia di un'amica.

Il sodalizio creativo di Andreas e Vivienne dura ormai da trent’anni, di cui ventotto trascorsi come marito e moglie. «Non parliamo così tanto, di solito», dice lui ridendo, «quindi questa per noi è un’ottima opportunità».

Andreas: Negli ultimi anni ti sei concentrata sulla commercializzazione dell’arte. Vorrei che mi raccontassi qualcosa in proposito, dato che ti vedo quotidianamente impegnata su quel fronte.

Vivienne: Ho iniziato riproducendo su carte da gioco dei motivi grafici che avevo creato in precedenza, quindi li ho trasferiti su bandiere di preghiera (bandierine di stoffa colorata di origine tibetana, ndr), per riproporli, infine, nelle campagne pubblicitarie, nelle sfilate e nei capi d’abbigliamento. Adesso sto facendo degli esperimenti con i collage. Ho scritto con la buccia d’arancia la parola “Crash” (“Crollo”, ndr) e ho intitolato l’opera No More Oranges, perché quando il crollo arriverà, ed è già cominciato, non ci sarà più nulla da mangiare.

A: E quello dell’arte è un discorso che siamo intenzionati a portare avanti e ad ampliare...

V: Esatto. Quasi senza accorgermene, ne ho fatto il fulcro di una mostra il cui obiettivo è raccogliere cento milioni di sterline per salvare la foresta pluviale. Che ci crediate o no, è quanto basterebbe all’ente di beneficenza con cui collaboro, Cool Earth, per mettere in sicurezza l’intera foresta equatoriale. E così mi sono detta: «Facciamolo!».  

Vivienne e Andreas: alcune delle prime immagini dei due insieme, all’inizio della loro storia.

A: Queste iniziative sono strettamente legate al tuo lavoro. E alla moda, in particolare.

V: Avendo cominciato come punk, mi ci è voluto del tempo per rendermi conto di essere una fashion designer. Ho disegnato la mia prima collezione semplicemente perché, dopo aver assistito ad alcune sfilate a Parigi, ho pensato: «Sono solo una ragazza dell’Inghilterra del Nord, ma ci tengo a fare del mondo un posto migliore, a fermare la violazione dei diritti umani. Perché non sfruttare il mio potenziale?». E così è nata la Pirate Collection. L’unica rivoluzione è la cultura. La cultura può salvare il mondo. Il XX secolo è stato un errore. Alle persone è stato insegnato a rifiutare il passato, a credere che fossimo tutti meravigliosi, che bastasse essere belli e tirare avanti, perché il mondo sarebbe diventato un paradiso. Così abbiamo perso un’intera generazione. E adesso ci ritroviamo con gente priva di istruzione perennemente intenta a twittare su Internet.

A: Però gli influencer e Internet possono risultare fondamentali per promuovere progetti come No Man’s Land (il video realizzato per il lancio della collezione SS 2020 in cui si denuncia il “Rot$”, il sistema finanziario corrotto, ndr).

V: Se riusciremo a introdurre il concetto che la terra può solo essere affittata, mai posseduta, allora sarà possibile cominciare a discutere del suo reale valore. Mettiamo quel denaro nelle casse pubbliche e ne ricaveremo un profitto enorme. Ho intenzione di rivolgermi a Kim Kardashian. Le ho chiesto di sostenere alcune mie battaglie in passato, forse ci rifletterà. Se ci riesco, farò in modo che Pamela Anderson le parli.

A: Tutto ciò che fai deve sempre avere una ragione, ed è questo che amo di te. Sei il mio opposto, il genere di persona che, quando inizia una cosa, deve assolutamente portarla a termine, mentre io mi muovo in tutte le direzioni senza pensare a dove voglio andare a parare, con il risultato che alla fine devo ridimensionare ciò che ho fatto. Il mio è un comportamento più istintivo. Io credo nel cosmo.

V: Ognuno di noi è parte del cosmo, tutto qui. Solo che io mi baso sui fatti concreti, ho una mente analitica, mentre tu ti lasci guidare da ciò che vedi, ascolti e dalle prime impressioni. Sei in grado di capire il carattere di una persona nel momento stesso in cui entra in una stanza. È incredibile. Il mio problema, invece, è che mi fido di chiunque. Così, ogni volta che parlo con qualcuno, do per scontato che capiscano. Mi succede anche con i bambini. Offro la mia onestà a tutti.

A: In effetti, sei un’ingenua, ma è proprio qui che il mio istinto diventa utile.

V: Hai assolutamente ragione. Per me, la tua opinione conta più della mia, e sono quindi felicissima di sapere che apprezzi la mia arte. È una sensazione elettrizzante.

A: Ne sono davvero lusingato. Ed è per questo che volevo parlare di arte, perché si tratta di un nuovo capitolo per te. Oltre che di un’attività molto intensa. Tu la definisci terapeutica, ma ti ci dedichi per intere settimane.

V: La mia amica Tracey Emin ama ripetere all’infinito quanto sia duro il lavoro di creare arte, io invece credo si tratti di pura e semplice terapia. È normale sentirsi esausti dopo aver passato una giornata a realizzare collage tridimensionali, ma poi ci si fa una bella dormita… sempre che, ovviamente, non si sia troppo eccitati per via di ciò che si è creato.

A: Come persona, sei sempre alla ricerca della soluzione, qui, adesso, immediatamente. Io, invece, lascio aperte tutte le strade fino all’ultimo minuto, perché non so mai cosa potrebbe influenzarmi o capitarmi fra le mani all’improvviso. Mi trovo in un perenne stato di flusso creativo.

V: Sei anche più fragile.

A: Sì, isterico (ride). 

V: Il fatto è che non hai alcuna fiducia in te stesso. Questi pantaloni che indosso, per esempio, avevano già subito varie modifiche e ormai li trovavo perfetti, ma poi tu hai scambiato il davanti con il dietro, e adesso sono incredibili. Ma, tornando a parlare di soluzioni, è proprio perché ho una soluzione che ho un piano per salvare il mondo. Non avrei un piano se non avessi una soluzione. Non ho mai pensato di essere una fashion designer. Mi sono sempre considerata una combattente per la libertà.