MODELLE

«Non mi sentivo rappresentata da nessuna modella e questo mi faceva pensare che non ci fosse spazio per me.» La storia di Malika El Maslouhi

Ha venticinque anni, ha origini marocchine e l'essere “incollocabile” è sempre stata la sua diversità… per questo la copertina di Vogue Italia la rende particolarmente orgogliosa
Malika El Maslouhi da Missoni

Lo stereotipo più falso sulla vita di una modella? «Che sia tutta questione di bellezza». A venticinque anni, Malika El Maslouhi ha creato uno spazio dove non c'era… E ora è una delle cover star del numero di febbraio di Vogue Italia

“Le” Malika, ahimè, non si incontrano tutti i giorni. Dico “le” perché persone come lei - di quelle a cui, se fosse ancora in vigore la legge della dote nunziale, sarebbe sufficiente la gentilezza - sono rare quanto basta a renderle perle nelle ostriche o papaveri nei campi incolti. “E tu, tesoro, cosa vuoi fare da grande?” La maestra, la dottoressa, la veterinaria, l'avvocata, la parrucchiera, più difficile sentir dire la modella. Impossibile, poi, se non esistono modelle come te. Malika El Maslouhi è cresciuta nello spazio tra una casella e l'altra, da “mista”, come dice lei. Papà marocchino, mamma italiana e una cultura a metà, o meglio doppia. Due lingue, due religioni, due colori. Era una scout e “per caso” è diventata una modella. Ma tanto il caso non esiste e lei, questo mestiere, non lo fa per una serie di strane coincidenze del destino e no, non è qui perché è stata baciata dalla fortuna. «Quando sono al lavoro, voglio che tutte le persone che sono lì con me passino una buona giornata»: dello scoutismo le è rimasta l'attitudine, insieme a una dose di dolcezza, spontaneità e tenacia tradotte in bellezza. Chanel, Dior, Etro, Missoni sono solo alcuni dei brand per cui ha sfilato o posato, l'abbiamo vista tra le pagine e sulle copertina delle riviste più prestigiose ma la cover di febbraio di Vogue Italia l'ha resa particolarmente orgogliosa di rappresentare la sua “diversità”.

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Malika El Maslouhi durante lo show GCDS autunno inverno 2023 2024

Daniele Venturelli/Getty Images

Malika El Maslouhi

L'intervista a Malika El Maslouhi

Hai debuttato su una passerella - quella di Alberta Ferretti - a diciotto anni: come è iniziato il tuo percorso?

«Quando nasci in una famiglia mista, non benestante, della periferia milanese, è difficile che la moda rientri nel raggio dei tuoi interessi: non ne sapevo nulla e non ho mai nemmeno pensato di voler fare la modella. Quando mi sono iscritta all’università - studiavo Scienze della Globalizzazione - avevo bisogno di un lavoro e questo mondo è entrato nella mia vita un po’ per caso. Mia zia in quel periodo lavorava nella redazione di un giornale e un giorno mi ha portata con sé: mi hanno vista ed è iniziata un'onda di “wow, dovresti assolutamente fare la modella”. Mi piaceva l'idea e pur essendo un microcosmo lontanissimo dalla realtà a cui ero abituata, ho deciso di cogliere l’opportunità. C'è da dire anche che avevo bisogno di un lavoro e non c’erano molte alternative in quel momento. Era strano sì, perché quelle dinamiche per me erano assolutamente sconosciute ma, non sapendo nemmeno di cosa si parlasse, avevo molto da imparare ed è stato divertente farlo. Mi sembrava di vivere una vita parallela, una storia da romanzi. La prima volta che sono uscita in passerella ero convinta di svenire, mi tremavano le gambe e pensavo che avrei avuto un attacco di panico, è stata una sensazione forte ma è davvero un attimo, finisce tutto nel giro di pochi secondi. Ho iniziato da Milano ma la stagione successiva ero già in giro per il mondo, da Dior, Chanel, Lanvin, Ralph Lauren. Sono passati anni ma di recente, all’ultimo show di Thom Browne, ho vissuto di nuovo quella sensazione. Era ispirato alla storia del Piccolo Principe e mi ha ricordato un po’ le prime sfilate...»

Malika El Maslouhi durante la sfilata di Thom Browne autunno inverno 2023 2024

Malika El Maslouhi durante lo show Chanel primavera estate 2020

Malika El Maslouhi durante lo show Alberta Ferretti autunno inverno 2019 2020

Diventare una modella non è sempre stato un sogno nel cassetto ma com’è nata la passione per questo mestiere?

«La verità è che non lo conoscevo affatto, non ne sapevo assolutamente niente e i miei genitori non ne sono mai stati interessati, a casa mia si parlava di tutt’altro. E poi non mi era mai capitato di pensare “wow quella ragazza mi somiglia, potrei fare la modella anch'io”. Non mi sentivo rappresentata e questo mi faceva pensare che non ci fosse spazio per me. Nelle pubblicità o nelle affissioni in giro per Milano non ho mai visto nessuno come me e, ancora oggi, le ragazze arabe non sono così tante, quindi l’ho presa un po’ come una missione.»

E se non avessi fatto la modella?

«Ah boh! Ho fatto la scout per undici anni, sono sempre stata molto interessata all'ambiente e agli animali. Se non avessi iniziato questo percorso, probabilmente, mi sarei occupata di temi sociali e di attualità ma a dire la verità ci penso ancora oggi e magari un domani lo farò. Sarebbe bello riuscire ad aiutare le persone attraverso la natura.»

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Hai sempre avuto piena consapevolezza delle tue capacità? Cos’è cambiato rispetto a quando hai iniziato?

«Prima di iniziare a lavorare cercavo quasi di mimetizzarmi tra le altre ragazze, di non essere quella diversa: ero la più alta, quella araba che non stava né da un lato né dall’altro. Per far parte di un gruppo dovevo nascondermi. Quando ho cominciato a stare davanti agli obiettivi e sotto i riflettori, questa parte di me, mista, è stata messa in risalto ed io per prima ho finalmente preso consapevolezza di ciò che ero e dell'enorme opportunità che quella diversità rappresentava. Ho iniziato a cercare di più nelle mie radici, nella mia cultura, mi sono chiesta cosa voglia dire venire da dove vengo, convivere con due religioni diverse o crescere fra la cultura italiana e quella araba. Un altro fattore determinante sono stati i viaggi. Fino ad allora, non avevo praticamente mai lasciato l’Italia: ero stata in Marocco, dalla mia famiglia, e in Calabria, dall’altra parte della mia famiglia. Non avevo mai visto niente ma, da un giorno all’altro, ho iniziato a girare il mondo su voli intercontinentali. Questo mestiere mi ha obbligata a crescere e a responsabilizzarmi, oltre che a diventare una business woman: devi occuparti di amministrazione, di tasse, ti devi prendere cura delle relazioni, devi essere brava a parlare con le persone, devi uscire e farti vedere ai party, ma non troppo. Nello stesso tempo devi prenderti cura del tuo fisico, per cui è stata una questione di necessità e non c'è molto tempo per capirlo. All’inizio non è stato facile perché la mia vita era tutt'altro: ero una ragazzina della periferia milanese che faceva la scout e un attimo dopo tutti erano lì a chiedermi quali fossero i miei valori, in cosa credessi. Cercavano di conoscermi ma, a diciotto anni, non ci si conosce nel profondo neppure da soli.»

Malika El Maslouhi

Sei nata in Italia ma hai origini marocchine, mamma italiana, papà marocchino. Ti sei mai sentita “diversa”?

«Prima di iniziare a lavorare mi sentivo molto diversa. Ero l’unica con questo aspetto fisico. Ora sono entrata in questa sorta di comunità in cui siamo tutti diversi, tutti un po’ strani o un po’ speciali e ho smesso di sentirmi fuori dal coro. E poi ho imparato a trasformare in ricchezza tutti quegli aspetti che fino a qualche anno fa consideravo debolezze. Non appartenevo al gruppo di amiche italiane né a quello di amiche africane - non c’era nessun altro arabo nella mia scuola - ma ora so di avere un’altra cultura ed è esattamente quello lì il mio valore aggiunto… è sempre stato molto interessante, fare Pasqua ma celebrare anche la fine del Ramadan, ma l'ho capito crescendo. Quando sei piccola certe cose non le sai, o meglio non riesci a comprenderle a pieno: oggi sono molto fiera delle mie origini e mi piace parlarne, mi piace scoprire di più.»

Malika El Maslouhi

Cosa vorresti che arrivasse agli altri della tua cultura?

«Vorrei si capisse che la cultura marocchina è molto accogliente, un po’ perché la religione musulmana prevede una grande apertura verso chi entra nelle nostre case, un po’ perché siamo persone solari per natura. Spesso sento dire che non sono tante le modelle marocchine o arabe perché secondo l'Islam le ragazze non possono lasciare la famiglia o il Paese. Onestamente credo che il punto non sia questo, anzi la questione è molto più semplice. Non si fa scouting né si fanno casting in quei Paesi, vengono ignorati e di rado considerati.»

Cos’è per te un casting davvero inclusivo? Ne hai mai fatto parte?

«Ammetto che mi capita di pensare “ok mi chiamano per spuntare una casella” ma se non chiamassero me, chi chiamerebbero? Certo non un'altra come me. A volte mi sento strumentalizzata sì, ma se serve a cambiare qualcosa e creare uno spazio che finora non c'era, sono pronta a farlo. Un casting inclusivo è un casting in cui le persone non si scelgono pescando dal cilindro delle categorie da rappresentare. Stories, sizes, spectrum, sexuality, social & success: nella mia lista delle S ci sono tutte quelle caratteristiche che molto spesso si cercano, anche forzatamente, invece di scegliere una persona per la sua reale diversità. Ho mai fatto parte di un casting davvero inclusivo? Non mi viene in mente, ma spero accada presto.»

Malika El Maslouhi

Malika El Maslouhi

Melodie Jeng

Quanta mente e quanto corpo rendono tale una modella?

«Il 100% dell'uno e dell'altro. Parte tutto dalla testa, da come si arriva sul set o nel backstage di una sfilata. È un lavoro che richiede pazienza: si passano ore e ore ad aspettare una risposta, senza sapere che lavoro si avrà, se se ne avrà uno, fino al giorno prima. Io faccio molta meditazione, leggo, passo tanto tempo nella natura facendo lunghe camminate. E tutto questo mi tiene con i piedi ben ancorati a terra: è un mondo in cui è facile perdere la bussola. Si vede di tutto ed è facile sentirsi smarriti, ma è importante essere nel posto giusto con la mente, concentrarsi e lavorare sodo. E se è vero che inizia tutto dalla mente, è altrettanto vero che io mi alleno tutti i giorni, mangio sano, ho smesso di bere e fumare. È uno stile di vita impossibile da mantenere con delle cattive abitudini. È un lavoro 24 ore su 24, 7 giorni su 7: quanto dormi, cosa fai quando ti svegli o durante il giorno, tutto influisce. Ed è una questione di disciplina, costanza e perseveranza… anche perché si ricevono molti no, si conoscono tante persone a cui non si piace per il semplice motivo che non si può piacere a tutti, altrimenti ci sarebbe un problema. Come si reagisce? Si sorride e si va avanti con un “Grazie dell’opportunità! È stato un piacere, alla prossima!” Poi però cambiano idea…»

Cosa ami e cosa invece apprezzi meno del tuo lavoro?

«La cosa che mi piace di più è tutto quello che ho imparato viaggiando per il mondo, conoscendo persone con culture molto diverse. Ho imparato cose che, restando a Milano, non avrei mai nemmeno potuto immaginare. Ciò che non mi piace, invece, è la lentezza con cui si cerca di raggiungere un modello più sostenibile. So bene che non è facile ma manca un vero intento: se l'unico obiettivo continua ad essere fare più soldi possibile, la risposta vien da sé.»

Quanto c’è della tua personalità e del tuo carattere nella tua attitudine sulle passerelle o davanti agli obiettivi?

«C'è la mia simpatia. A volte mi chiedono di essere me stessa, altre di calarmi in un ruolo come se recitassi. In entrambi i casi a fare la differenza è la mia carica di personalità. Quando sono sul set intrattengo tutte e trenta le persone che sono lì, intorno a me per l'intera giornata. Sento la pressione degli occhi addosso, mi sento quasi controllata a vista ma voglio che gli altri si ricordino di me. Voglio che tutti, in quel momento, passino una buona giornata e non trovo carino comportarsi con spocchia o antipatia. Siamo lì a lavorare e magari sono pagati anche meno di me, per cui tengo molto a questo aspetto.»

Cosa ti rende particolarmente orgogliosa del tuo percorso?

«L’attitudine verso questo mestiere. Penso che il lavoro non sia il fine ma il mezzo per imparare e sono orgogliosa di riuscire ad arricchire il mio bagaglio culturale costantemente. E poi sono fiera di essere di supporto alla mia famiglia e riuscire a prendermi cura di loro economicamente. Queste sono le due cose che mi rendono più felice.»

Malika El Maslouhi

La moda, così come la visibilità, non sono o non dovrebbero mai essere fini a se stesse. C’è un messaggio a cui ti piacerebbe dare voce?

«Penso sempre a cosa avrebbe voluto sentire o vedere la me bambina. E penso a tutte le ragazze come me, che non vengono da questo mondo e hanno bisogno di qualcuno che faccia vedere loro che ce la possono fare. Questo è il mio messaggio. E poi vorrei far sapere alle persone quanto lavoro c’è dietro all’immagine che si vede su un magazine. Non è un “ah sono andata sul set, ho fatto una foto”. Banalmente per arrivare su un set a volte ci metto un'intera giornata, vado dall’altra parte del mondo e lavoro senza sosta per ore. Certo, sono stata fortunata ad essere bella e avere questa combinazione di geni ma c’è molto lavoro dietro, ci sono costanza e perseveranza. E poi mi piace credere che sia possibile creare un mondo migliore. Non dobbiamo aspettare che lo faccia qualcun altro al posto nostro.»

Malika El Maslouhi

Malika El Maslouhi durante lo show Chanel resort 2024

Malika El Maslouhi durante lo show Etro autunno inverno 2022 2023

Malika El Maslouhi

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