Buon compleanno Anna Piaggi: 5 amici speciali raccontano chi era veramente

Il 22 marzo avrebbe compiuto 93 anni. Celebriamo l'icona della moda con le voci di chi l'ha conosciuta da vicino
Anna Piaggi London Fashion Week 2004
Anna Piaggi, ritratta durante la London Fashion Week 2004 in LondonMaurits Sillem/Getty Images

Anna Piaggi, il suo guardaroba fu come un'astronave che attraversava gli universi spazio-temporali della moda

Anna Piaggi, nata il 22 marzo 1931 e mancata nel 2012, cugina della giornalista Natalia Aspesi e moglie del fotografo Alfa Castaldi, non fu solo una preziosa firma della nostra testata. Anna è stata soprattutto un esemplare di quel dandysmo così colto da risultare visivamente abbacinante - e ben lo testimonia un documentario del 2016 come Anna Piaggi - Una visionaria nella moda, della regista Alina Marazzi. Tanto la sua penna futurista quanto il suo incredibile guardaroba, un'idiosincratica wunderkammer che permetteva di viaggiare nelle epoche e nei luoghi più disparati, l'hanno resa un'icona universale per il mondo della moda, un punto di riferimento di Vogue Italia durante la direzione di Franca Sozzani, e una musa per l'amico Karl Lagerfeld, che amava ritrarla oltre che vestirla.

Anna Piaggi al Karl Lagerfeld Party di Parigi

Nick Harvey

E se il ricordo è l'omaggio più grande, nel giorno in cui avrebbe compiuto 93 anni, niente di meglio che chiedere a cinque amici di Anna Piaggi chi fosse questo stranissimo alieno caduto sul pianeta moda. Leggete le loro parole, e lasciatevi trasportare in un'epoca in cui la creatività andava di pari passo con la cultura e l'affermazione selvaggia dell'originalità.

Anna Piaggi alla sfilata di Yohji Yamamoto primavera estate 2008 Michel Dufour
Anna Piaggi alla sfilata di Givenchy autunno inverno 2007 2008Michel Dufour
Anna Piaggi con John Galliano durante la sfilata di Galliano autunno inverno 2011Michel Dufour

Ariela Goggi (ex Vice-Direttore di Vogue Italia)

“Per una ragazza normale - liceo classico, laurea in architettura - come ero io quando da un giorno all’altro mi sono trovata a lavorare nel mondo della moda, persone come Anna Piaggi avrebbero potuto sembrare alieni. Ma io ero molto curiosa e aperta a conoscere altre estetiche e Anna era così “comoda” nella sua immagine che ti metteva immediatamente a tuo agio. In un attimo non la vedevi più strana, ma solo Anna.

Mi resi però conto che poteva trasmettere un’impressione sbagliata quando un giorno in ufficio una giovane collaboratrice del giornale, che non la conosceva, tirò fuori il portafoglio per darle l’elemosina scambiandola per una mendicante stravagante. Riuscii a fermarla al volo evitandole una figuraccia e presentandole Anna per quello che era”.

Ariela Goggi e Anna Piaggi a una sfilata negli anni Novanta

Bardo Fabiani (fotografo di moda e collaboratore di Anna Piaggi)

"Anna viveva per la moda, la faceva sentire frivola e gioiosa! Era sempre di buon umore con il suo sense of humour un po' british mischiato con la coquetterie francese… Magnifica! Era anche la persona che abbia conosciuto con la più profonda conoscenza della moda. Da qui l'idea con Franca di creare le DP, pagine di pura moda senza interferenza alcuna, né pubblicitaria né di pseudo-tendenza !

I miei ricordi con Anna sono molto legati alle sfilate di Parigi e poi alle nostre lunghe, buffe ed esilaranti telefonate o colazioni alla ricerca di titoli. Per Anna i titoli e le parole che usava per le D.P. (Doppie Pagine) erano tutto. Si inventava parole in non si sa bene che lingua – prendeva una parola inglese per poi aggiungerci un finale un pò latineggiante o un francesismo poi imbastardito con dell'taliano eccetera... per dare una parola dal suono atmosferico alle sue pagine, alla sua visione di quel mese. Un lavoro affascinante al quale a volte assistevo fingendo di partecipare non essendone all'altezza !

A Parigi andavamo solitamente in macchina dopo che ho rifiutato di viaggiare in aereo con le sue innumerevoli valigie e overweight. Per non parlare di quello che succedeva dopo l'11 settembre, con le sue sottovesti tenute insieme da spille da balia o le sue canne da passeggio con pungiglione metallico incorporato che regolarmente ci facevano perdere il volo per i controlli anti-attentati!

I nostri viaggi parigini erano pieni di risate, buon umore, lunch meravigliosi e visite prolungate da Dior e Chanel per creare i vari look di Anna per le sfilate. Ci divertivamo moltissimo e senza sforzo alcuno producevamo un enorme mole di magico lavoro. La foto qui sotto ben rende l'idea dell'ingombro di pacchi in auto!"

Anna Piaggi by Bardo Fabiani

Carlo Ducci (ex Caporedattore Attualità di Vogue Italia, giornalista e fondatore di Accademia de la Felicina)

"Chi fosse Anna, forse alcuni lo intuivano. Per molti il suo linguaggio era invece un mistero, che celava chissà quale strategie d'immagine. Quello che gli amici, in più, sapevano è che Anna era proprio così come si poneva esteticamente: un insieme speciale di audacia, intuizione, sense of humour, professionalità strategia e proiezione nel nuovo. Lo studio di una pagina in redazione era minuzioso come minuziosamente accurato era il suo vestire, il suo parlare e le sue frasi lanciate a guisa di titolo in ogni conversazione.

Mi elesse suo "biografo" dopo un'intervista per Vogue Italia a proposito di primi cellulari di massa, allora oggetti di desiderio, oggi oggetti da museo. Nella sua spettacolare casa mi accolse con abiti e accessori che si rivelarono essere scelti ad hoc per la nostra conversazione, dalla luce e fascia "da minatore" e i pin-nez per veder meglio i numeri" al rossetto\anello che permetteva di truccarsi parlando con telefono all'orecchio (cuffie e smartphone erano lontani da venire) fino alla size dell'abito e al trucco easy (mi spiegó che lo aveva fatto così per entrare nelle variazioni di movimenti e quindi dello stile che il cellulare avrebbe generato). E aveva anche diversi tipi di custodia da appendere al collo, che avrebbero facilitato i movimenti.

Anna si divertiva giocando il ruolo che si era scelto, quello di essere se stessa. Anna Speciale, si. Anna Oltre, no. Anna Avanti, per certo. Episodi, foto, libri, pagine son tutti collegati dal quel fil rouge ironico e competente che si addice a un genio. Anna, un Genio, si."

Anna Piaggi, Zandra Rhodes, 2005 © Lorenzo Camocardi, Courtesy Fondazione Sozzani

Carla Sozzani (Gallerista e Presidente Fondazione Sozzani)

Quando e come Anna Piaggi diventò Anna Piaggi? Sembra esserci stato un momento preciso, in effetti. Ricordo un aneddoto risalente ai tempi in cui lavoravo per Vogue Bambini con un fotografo che si chiamava Dinelli: proprio lui mi raccontò che Anna faceva la segretaria a Rho e si vestiva con impermeabili Burberry's, era molto seria insomma. Poi un giorno, sull'autobus, Dinelli sente una mano con delle unghie verdi che gli afferra il braccio, si volta e vede Anna Piaggi completamente trasformata: aveva conosciuto Alfa Castaldi facendo delle foto di cucina, si erano innamorati e sposati a New York… Per il matrimonio lui le comprò un finto Cardin.

Grazie a Castaldi, che aveva che aveva una cultura enciclopedica, rinascimentale, lo stile di Anna cambiò. Il suo aiuto si estese anche all'uso delle parole, al linguaggio di Anna. Un enorme svolta venne anche da Vern Lambert, incontrato a Londra nel 1967. Lui, che vendeva vestiti al Chelsea Market, vestiva tutte le star, girava in Rolls Royce, ha dato ad Anna la spinta a mescolare lo stile etnico con Balenciaga o Schiaparelli.

Poi conobbe Karl Lagerfeld e fu un'altro grande amore, molto proficuo… A casa di Anna e Alfa passavano tutti: lì ho conosciuto Karl, Walter Albini, Paloma Picasso, Ken Scott… Era un periodo incredibile! Nello studio di Alfa, completamente rivestito di carta stagnola come la factory di Warhol, c'era anche Antonio Lopez. Io sono cresciuta così: quello che so della moda lo devo a loro!".

Anna Piaggi e Carla Sozzani in un disegno di Gladys Perint Palmer.

Luca Stoppini (ex Art Director di Vogue Italia e di Vanity Fashion, oggi Creative Director Icon Magazine)

Anna Piaggi, con cui ho lavorato sia a Vogue Italia sia a Vanity Fashion, si è inventata un alfabeto, un modo di scrivere che chiamava “algebra”, molto legato al mondo della illustrazione. La sua tendenza a coniare delle parole nuove, torturandole e sminuzzandole, derivava da questa sua visione estetica e grafica diversa, perché le vedeva in pagina prima ancora di sentirle e intenderle. La mia fortuna è stata trovare persone che avevano, come lei e Franca Sozzani, un'attenzione così profonda per l'immagine della parola scritta.

Vedeva il disegno come sublimazione della fotografia – la quale permette sì di fare qualsiasi cosa, ma sempre qualcosa in meno dell'illustrazione, tant'è che per fare quel salto ulteriore necessita della post-produzione. Per Anna il disegno era come la fotografia ma dava quel surrealismo in più. Vedeva le sessioni di illustrazione come un vero shooting fotografico: nello studio di Alfa, così come in via Morimondo (dove erano i primi studi di Vogue Italia) o casa sua in via San Martino, c'erano sempre le modelle che posavano dal vero, Donna Jordan e Jerry Hall su tutte: venivano vestite da lei, pettinate e truccate, poi Antonio Lopez ne scattava delle Polaroid (diventate cult), e da lì si passava al disegno.

Anna aveva un approccio ironico e auto-ironico che la portava ad andare molto d'accordo con i giovanissimi – i quali non manifestavano quell'ossequio e quel timore che i senior della moda avevano. Anna era un gioco! Anna non si “vestiva”: lei era una costruzione. L'abito era parte del corpo. Impossibile non indossarne almeno dieci insieme: sarebbe come se io uscissi di casa dimenticandomi una mano.

Un ricordo divertente, per capire come era fatta: Anna e Alfa avevano una casa nel varesotto, vicino ai Missoni, dove andavamo qualche volta insieme. Una domenica d'estate ero lì con loro, faceva un caldo impossibile, e decidemmo di andare a mangiare nell'osteria del minuscolo paesino vicino. Io e Alfa eravamo sbracati, lei ovviamente vestita di tutto punto. Arriviamo a metà del percorso e lei si ferma: "no no no no, scusate, torniamo indietro, devo cambiare le scarpe perché non funzionano". Non è che le facessero male o altro, semplicemente non le piacevano più. Tutto con un'ironia pazzesca.

Lei era un disegno: lo vedevi anche nel suo volto. Tutto era studiato, dal trucco al colore dei capelli. Però pur essendo tutto così costruito, lei aveva un pensiero leggero".

Anna Piaggi, courtesy Associazione Culturale Anna Piaggi

Anna Piaggi, courtesy Associazione Culturale Anna Piaggi

Anna Piaggi, courtesy Associazione Culturale Anna Piaggi