Akeldamà - Non piangere per Giuda
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"Perché io?" chiede Yehudah Ekariot, prima a un dio che non può sentirlo, poi all'uomo che ama e che lui stesso ha tradito. "Perché io?" Ma Yeshù Ha-Notsri, come qualsiasi altro cadavere, non può rispondergli.
Con una scrittura nitida e coinvolgente, l'autore di Daimon (Esto miles fidelis) ritorna alla tematica cristiana, riconsegna i personaggi evangelici alla loro cornice originaria e compone un dramma che è il dramma di ogni uomo che chieda ragione della propria sofferenza.
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Magnitudo 5.9 Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniDaimon: 1. La custode Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniL'Estate Dei Mondiali Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIntenzioni (2006-2012) Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniConfiteor Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniVentuno Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioni
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Anteprima del libro
Akeldamà - Non piangere per Giuda - Luca Valerio Borghi
LUCA VALERIO BORGHI
akeldamà
Non piangere per Giuda
tacete esseri mortali,
vane superbie, tacete
Giuseppe Genna
I.
Cantavano.
Le voci degli uomini salivano tra gli ulivi neri della notte di Yerushalayim. Nella città bianca, al di là del torrente Qidròn, chi non dormiva li sentiva forse cantare le parole del Salmo:
Il vino fa ridere il cuore dell’uomo!
Il pane fa forza!
Accasciati ai cespiti erbosi dell’Har HaZeitim¹ come una masnada di inquieti, senza riposo e senza scopo, i Dodici cantavano e vigilavano a turno un agnello che si cuoceva sulla fiamma nitida senza versare sangue.
Dopo avere riempito a ciascuno il calice di hamar, il vino puro, l’uomo che chiamavano rabbì rimase fermo in piedi a contemplare l’otre di pelle ovina che conteneva la bevanda.
«Se voi togliete l’otre a questo vino, che succederà?» chiese ai suoi.
«Il vino si perderà» rispose uno dei Dodici. «Andrà tutto in terra» rispose un altro.
«Ma se togliete l’otre a voi stessi, che sarà di voi?» chiese il rabbì.
«Noi saremo svelati» rispose uno dei Dodici. «Noi saremo nella luce e nella vita vera» rispose un altro dei Dodici.
E Yeshù, l’uomo che chiamavano rabbì, versò il vino anche nel proprio calice. E quando tutti gli furono intorno per la benedizione, chiese:
«A cosa mi somigliate? Non ditemi a chi ma ditemi a cosa.»
E tutti tacevano e guardavano lui.
«Cercate nelle cose del mondo: scorrete tra gli uccelli e tra i pesci, tra le belve e i pascoli, tra i sassi e i fiori dell’erba. A cosa mi somigliate tra tutto?»
E tra tutti che ancora tacevano «Tu non sei come nessuno, rabbì» disse uno dei Dodici, il maggiore di loro, Shim’on detto Kefa
, che in aramaico significava pietra
.
E Yeshù si voltò verso di lui e indicò il calice che Shim’on teneva in mano. «Usa bene di quella pianta» gli disse.