Elena Di Cioccio: «Oggi parliamo di filofobia, la paura di amare»

Elena Di Cioccio risponde alle vostre lettere (anonime): ecco la dodicesima puntata della rubrica Segreti
elena di cioccio

Care amiche e cari amici, bentornati su Segreti.

Non posso non iniziare ringraziandovi per le vostre confidenze, che settimana dopo settimana mi arrivano sempre più numerose alla nostra stanza anonima di Segreti (cliccate qui per mandare le vostre) attiva 24 ore su 24. Questo mi fa pensare a quanto sia importante il principio dell’anonimato che garantisce a chi condivide la libertà di raccontarsi senza paura di eventuali conseguenze, e a chi legge il privilegio di ascoltare il cuore dell’esperienza svincolato dal pregiudizio che l’eccesso di dettagli porta con sè.  Capita spesso che una vicenda perda il suo valore di insegnamento universale non appena la si riempie di dettagli che nutrono una curiosità morbosa allontanando l’opportunità di trovare dentro di essa i tratti che ci uniscono. Le esperienze degli altri, sono di vitale importanza se ci permettiamo il lusso di ascoltarne solo il cuore per vedere quello che hanno in comune con noi. Prevedere, correggere, giocare d’anticipo, farsi trovare preparati o solo rendersi conto di pericoli che potrebbero capitare a chiunque, sono tra le tante opportunità che ascoltare l’altro con l’orecchio sgombro ci offre.  In questi giorni siamo state tutte colpite al petto dalla orrenda fine di Giulia Cecchettin, l’ennesima vittima della storpiatura violenta di un sentimento criminale di possesso che non mi sogno nemmeno di avvicinare al nome di quello che muove il mondo e che inizia con la «A». Dobbiamo contribuire con ogni gesto a distruggere la cultura del femminicidio, e non possiamo più scrivere ossimori che finiscono per diventare una sfumatura accettata di sentimento per sua natura NON sanguina a morte ma nutre di vita. Io credo che per agire un cambiamento serva spegnere il chiacchiericcio morboso e le opinioni svianti che annacquano la crudezza del fatto e ci allontanano dal poter fare tutti esperienza concerta di questa morte e di tutte quelle delle altre donne affogate nel proprio sangue. Ho qualcosa, anche di microscopico, in comune con Giulia? Con le circostanze che hanno portato alla tragedia? Ho qualcosa in comune con il suo assassino, con il suo modo si pensare? Con la sua educazione?  Dobbiamo riuscire a sentire il suono pulito e assordante di questa morte e non quel rumoraccio di fondo che non serve a niente. Dobbiamo fare tutti un esame completo delle nostre vite per vedere se ci sono tracce anche minime di quella cultura millenaria che associa la passione al delitto. L’amore ha urgenza di smettere i panni della giustificazione e tocca a noi insegnarlo da capo tutte le volte che saranno necessarie per costruire e ricostruire il suo senso. Se mi fa male non è amore, se mi faccio del male non è amore, se faccio del male non è amore.

Buona Lettura.

Ho paura di amare. Ho paura che non amerò mai più. Ho paura che l'altro scopra che non sono degna del suo amore e che quindi mi lasci. E se mi lascia dopo che io mi sono innamorata di lui, io mi disintegro. Quindi è meglio non amare. Ma per quanto ancora posso vivere la vita nella paura? E come faccio ad affrontare tutto questo agghiacciante terrore se non nell'abbraccio continuo dell'amore?

Cara amica, la disperazione che leggo mi accartoccia il cuore. Tutti noi, chi più chi meno, abbiamo un filo di paura quando ci innamoriamo. I sentimenti ci rendono vulnerabili, sono materia delicata che va trattata con cura, ed è fisiologico che mettano un po’ sull’attenti il nostro istinto di protezione. Quando ci innamoriamo, soprattutto nella prima fase romantica, da una parte siamo super feliciotti e dall’altra titubiamo un po’ nella speranza di non soffrire. Ma il rischio fa parte delle prime fasi del gioco, visto che l’entusiasmo dell’inizio ad un certo punto deve cedere il passo alla fase conoscitiva necessaria perchè un rapporto possa svilupparsi armoniosamente, ed evolversi in direzione della soddisfazione reciproca. Non è detto che accada ma quando accade è semplice: due interi equilibrati e distinti fanno reciproco spazio per creare una nuova zona comune. Questa paura incontrollata di innamorarti che descrivi nella tua lettera, invece, si avvicina molto ad un meccanismo di difesa inceppato per il quale la psicologia ha un nome specifico: filofobia che deriva dalla combinazione di due parole greche  “filos – amore” e “fobia- paura”.
Esperienze negative pregresse in fatto di amore come per esempio l’anaffettività, gli abbandoni, i rifiuti, i tradimenti, possono bloccarci dentro alla filofobia: ho sofferto per amore quindi elimino quello che mi fa soffrire, l’amore. Ma come possiamo vivere senza amore che è nutrimento necessario all’essere umano? Urge una autodiagnosi accurata, e se necessario una valutazione professionale di cui io sono sempre grande tifosa, per decidere coraggiosamente di medicare tutte le tue ferite e ritrovare te stessa ed iniziare ad indirizzare tutto questo bisogno di affetto che esprimi, verso l’unica persona degna di ricevere tutte le attenzioni che sapresti dare: te stessa! L’amore sei tu che oggi prendi per mano una alla volta tutte le altre te che in passato hanno sofferto e le abbracci fino a che non smetteranno di tremare. È faticoso, ma necessario. Purtroppo non possiamo chiedere a qualcun altro di salvarci , di riempire i vuoti, guarire le ferite, completarci e darci significato. Tu sei la sola carezza che può restituirti tutto quello che ti è stato tolto. L’amore non dipende dall’altro, non fagocita, non nasce dal bisogno. L’amore condivide con l’altro quello che c’è e quando una delle due parti è vuota, allora l’equazione avrà sempre come risultato il segno meno. Ti ricordi quella semplice regola matematica delle medie che recitava: più per più è uguale a più mentre meno per più è uguale a meno? Se ci aggiungiamo la parola «Amore» ecco che la regola ci mostra senza sconti la formula esatta per avere quello che cerchi:  più Amore per più Amore è uguale ad più Amore . Mentre più Amore per meno Amore è uguale a meno Amore. Ecco, il «più» di cui hai disperatamente bisogno per affrontare la vita sei tu! Con affetto, Elena.

Mi guardo e non mi trovo nemmeno una volta carina... Piacevole… Mi muovo nel mondo, come fossi una creatura da non guardare… Sempre spettatrice di bellezze altrui, sempre ad ammirare i visi altrui, sempre a confermare pareri su visi bellissimi... Ed io? La brava ragazza, l’instancabile lavoratrice, la ragazza dei valori, dal gran cuore... Ma vorrei sentirmi dire... Cavolo che carina...

Come è possibile che non ti trovi carina? Sei una creatura aliena con spighe di grano blu al posto delle dita? Invece degli occhi hai forse due crateri colmi di muffa verdastra? Il tuo corpo è una multiforme gelatina pelosa che assume la forma del recipiente che la ospita? Anche se anche avessi risposto sì a tutte e tre queste opzioni fantastiche, e te ne potrei proporre all’infinito, anche così saresti una creatura da guardare perché saresti unica! Unica e preziosa. E non sto scherzando. La bellezza è soggettiva, come il piacere.  Ci sono bellezze perfette che una volta viste non smuovono un ulteriore fremito di interesse, e imperfezioni clamorosamente attraenti a cui è impossibile resistere. La differenza la fa la persona che guarda: qualcosa che per qualcuno può sembrare brutto per altri potrebbe risultare bellissimo. E mai come in questa epoca storica, e direi finalmente, i criteri estetici assolutistici sulla bellezza sono crollati al grido di “non è bello ciò che è bello, è bello ciò che piace!”. Il “bello” è limitato alla sfera della bellezza mentre il “mi piace” è decisamente più inclusivo, più ricco di sfumature. E’ possibilista, ampio, si riferisce ai molteplici aspetti della persona come la simpatia, i valori, le sue qualità umane, il rapporto che crea con il prossimo, il suono della voce, il suo profumo, il guizzo degli occhi. Un “mi piace” è molto più potente di un semplice “e’ bello!”. Non a caso il “like” è diventato la spada con cui i social hanno vinto la battaglia della comunicazione nel nuovo secolo. Un “mi piace”, infatti, non è un giudizio estetico, ma una scelta specifica, è espressione di sé. Tutto può piacere. Sei una brava ragazza ? MI PIACE!  Sei una instancabile lavoratrice? MI PIACE! Hai un gran cuore? MI STRAPIACE (doppio like).  Sei bella ? Non saprei, a me piacciono più i gattini che gli esseri umani, quindi, a livello estetico è più probabile che tra una bellissimo uomo creolo di trent’anni ed un gattino nero di tre mesi, io metta un super mi piace al cucciolo di micio color notte e lo inoltri a tutta la chat “Pucciosità Lovers”. Tu mi piaci ma il gattino per me resta la cosa più bella del mondo. Non cercare la tua bellezza negli occhi degli altri, perché magari quegli occhi han sguardi solo per i micetti scuri. Appropriati della tua bellezza, gratificati, valorizzati, ripetiti tutti i giorni “Quanto sono carina? Tanto”.  Sii golosa spettatrice di te stessa e appena puoi mettiti davanti allo specchio, accendi Eros Ramazzotti e, a squarciagola, balla e canta “Più bella cosa non c’è! Più bella cosa di teeee, unica come seiiii , immensa quando vuoi …. Grazie di esistere!”

… e grazie anche ai gattini !

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