Elena Di Cioccio: «Sesso con la zia: storia di un incontro proibito»

Elena Di Cioccio risponde alle vostre lettere (anonime): ecco la tredicesima puntata della rubrica Segreti
elena di cioccio

Bentornati su Segreti.

Come state? Indaffarati immagino, visto che mancano una manciata di giorni a Natale e siamo in pieno rush finale tra lucine da appendere, regali da scegliere, menù da approvare, apericene aziendali in total look rosso-verde-oro acchittate in improbabili location «troppo carine». Senza contare le migliaia di fattorini Amazon che volano su e giù per le città in assetto «quattro frecce» pronti a invadere passi carrai, seconde e terze file, pur di finire in tempo la mole impressionante di consegne. Ma ci pensate a cosa potrebbe succedere se i fattorini della Nazione, si mettessero in malattia tutti assieme la settimana prima del 24? Panico! Potrebbero mandare in palla i nervi di una intera Nazione che conta di sfangarsi almeno la metà dello sbatta-doni grazie a loro! Non so voi ma io quando scatta questo countdown folle come se il mondo non dovesse mai più vedere l’alba del 26 Dicembre, io mi diverto a fare i miei soliti voli fantasiosi trasfigurando tutto come se tutto fosse un film Natalizio di serie B. Avete presente? Quelli dove tra scenari assurdi tipo una valanga inaspettata che con 300 cm di neve chiude la strada principale fino a capodanno, o un abete antico del centro storico di un paesino che manco sta sulle mappe vince il primo premio della gara nazionale di addobbi, o la ricetta dei biscotti di nonna Claire salva una multinazionale del dolce dalla bancarotta, due sconosciuti si incontrano, si scontrano, si stanno sul ca**o ma alla fine dopo mille peripezie smantelleranno da cima a fondo le loro vite per un limone sotto al vischio! Così, nella mia testa, i due tizi, lei e lui, che oggi si litigavano animosamente l’ultimo parcheggio del centro commerciale, me li vedo avvinghiati sul divano dinanzi al camino con in mano due vasche di cioccolata con una piramide di panna così alta che per sicurezza è stato chiamato un ingegnere strutturista. O il mastro casaro del negozio vicino a casa mia che, in maglietta bianca, mentre intreccia in vetrina i nodini di mozzarella, incrocia lo sguardo spigoloso dell’avvocatessa su tacco 12 che ordina “al volo” per il 23 mattina due kili di zola al cucchiaio che per lei è “l’unico formaggio decente”, e scatta tra i due una chimica che caglierà i loro corpi in un ensable erotico, meglio di come il latte di bufala fa sotto le sue mani. Cosi stavo pensando a chissà quanti e quali segreti mettiamo sotto l’albero assieme ai doni. Quante cose vissute e non dette, provate e non rivelate, desiderate e non condivise, incartate, nascoste, mai spacchettate teniamo per noi?  E quanti segreti stanno per nascere sotto al vischio, quando l’emozione del Natale ci rende aperti alla magia di lasciarsi andare per quell’attimo speciale? Anche fosse solo con la nostra immaginazione? La stanza dei segreti dove tutto si può confessare, non chiude mai,  e vi aspetta qui (scrivetemi!) con il dono prezioso della discrezione e dell’anonimato. Avete voglia di raccontare?

Buon Natale

Elena


Nessuno lo sa e nessuno lo saprà a parte Segreti… Questa estate ho avuto rapporti con mia zia. Esperienza strana, ma porca miseria che donna!

Booom, ecco la bomba!  Ogni settimana penso che tanto prima o poi smetterete di scrivere perché suvvia, quanti segreti ci potranno mai essere in giro e invece, eccovi qui pregni di esperienze da raccontare e molto generosi da farcene partecipi. So che la mia curiosità squisitamente impicciona di sapere la tua e la sua età non potrà essere soddisfatta, ma era mio dovere restituire la confidenza ricevuta confessando a mia volta che avrei voluto proprio avere tutti i dettagli di questo incontro super proibito, ma da come lo racconti, completamente consenziente. Rileggendo bene hai usato il plurale, quindi sembra che di incontri ce ne siano stati più di uno. Almeno due. In estate quando la pelle è elettrica come la scorza degli agrumi, le vesti leggere esaltano il tocco del vento e la temperatura calda ammorbidisce i confini dei corpi. Non mi immagino una zia sciocca, festaiola e “alternativa” da cine panettone che fa da nave-scuola al nipote inesperto ed arrapato, ma due persone, un giovane uomo e una donna più matura, che per un attimo, sull’altare del piacere, spostano insieme il limite del concesso. Ora lasciando fuori tutti i perbenismi del caso e i vari “O cielo !”  “No, non si fa!”, “A tutto c’è un limite” che dentro alla stanza di Segreti rimbalzano come palline del flipper ma non attecchiscono da nessuna parte, stavo pensando alla enorme differenza che questa lettera avrebbe avuto se fosse stata scritta da interpreti diversi : una ragazza e lo zio, un ragazzo e lo zio, una ragazza e la zia. Ciascuna di queste opzioni mi avrebbe solleticato un immaginario nuovo con risvolti di senso, dettati vuoi dai preconcetti o vuoi dalla fantasia, completamente diversi. Lo zio si è divertito a sedurre le fragili difese di una giovane ragazza sessualmente matura ma inibita? Oppure è stata lei, giovane e sicura del proprio corpo, ad seminare di provocazioni la vita del povero zio impacciato? La zia “mai sposata” ha trovato nella nipote la sé stessa di molti anni prima che non sa ancora capire la sua sessualità? O lo zio e il nipote si sono trovati geo localizzati insieme a 20 mt di distanza nella stessa chat di incontri? La questione è che succede quello che succede, la vita è così, molto più ampia delle nostre regole che possiamo scegliere di seguire o di non seguire. E quando nessuno si fa male, perché non osare? Perché non dirlo? Perché non immaginare? E comunque perché non accettare che gli altri sono semplicemente gli altri ma sempre degni di essere se stessi?

Ciao Elena, volevo dire che non sopporto più i miei colleghi e il mio capo. Originale vero? È che davvero non ne posso più. Fingono di essermi amici ma ho beccato più volte delle mail di presa in giro.  Una volta addirittura una collega aveva dimenticato il cellulare in bagno. Ho letto tutte le chat e ne diceva di ogni anche se ovviamente fingeva di essere la mia migliore amica. Una delusione pazzesca all'inizio poi ho capito che al lavoro funziona così, tanti sorrisi e molte malelingue. Ora io vorrei andarmene perché li detesto ma non so bene cosa mi aspetta fuori, nel senso che avrei un'alternativa ma si tratterebbe di lavorare con i miei suoceri e non so se lo voglio fare... Avrei preferito un ambiente un po' più neutro non so se mi spiego. Tu hai lavorato in mille situazioni e magari mi sai dare un consiglio non so. Ho letto il tuo libro e penso che sei la persona più coraggiosa in circolazione e magari sai darmi la spinta che io non so darmi da sola. Ciao, baci, scusa la lungaggine.

Ciao Cara! Tranquilla, non c’è un limite di caratteri! Per sfogarsi servono le parole che servono. Capisco come ti senti, la delusione sul posto di lavoro è sempre dietro l’angolo quando scopriamo che la realtà delle cose è meno rosea di come ce l’aspettassimo. Aumenti che non arrivano, progetti che non vanno in porto, occasioni mancate e parterre umano complesso e forse ostile. È vero che non bisognerebbe mai avere aspettative ma è fisiologico farsi delle idee, magari anche fantasiose di come vorremmo che fosse la nostra vita lavorativa. Quando queste non coincidono in alcun punto, tutto diventa pesante e faticoso ma, aggiungo, non impossibile. Partiamo da un punto preciso: non esiste un ambiente di lavoro neutro. Nemmeno se viene imposto dall’aIto con regole e decaloghi comportamentali. Il luogo di lavoro, esattamente come la scuola, il circolo di scarabeo, il condominio e anche la famiglia, è “fatto” di relazioni e per quando sotterrane possano essere le correnti caratteriali, i bisogni e le debolezze di tutti formano la collettività che è il riflesso della somma dei singoli. C’è quell* che si scapicolla per essere l’amic* di tutt*, quell* che accentra su di sé ogni energia del gruppo, quell* che basta che non mi create problemi a me va bene tutto, quell* che si defila, quell* che critica , quell* che viene criticat*, quell* che seduce, che sgomita, quell* stronz*, quell* stupid*,  quell* ingenu*, quell* combattivo, quell* accondiscendente e tutte le altre sfumature dell’ego umano di cui, piaccia o non piaccia, siamo tutti dotati. Sbagliato o giusto, è soggettivo. Ed è soggettivo anche il come decidiamo di porci verso l’altro. Lasciamo confini troppo larghi? Troppo stretti? Ci facciamo invadere o invadiamo? Io ho lavorato in posti dove il mio carattere è stato messo a dura prova, e in altri dove, invece, ero io a creare dinamiche ottime per me e meno felici per gli altri. Ho preso e ho dato, ho avuto e mi hanno tolto. Il punto è quale è il tuo obiettivo? Un posto di lavoro o un gruppo di amici dove anche si lavora? Non dico che non sia auspicabile avere un bel clima in azienda ma molti scambiano il posto di lavoro per una puntata di Friends Office Edition. Il proverbio è chiaro: “La troppa confidenza fa perdere la riverenza". Si possono fare amicizie sul lavoro ma quello resta sempre un luogo dove tempo e sforzi vengono retribuiti a fine mese con un adeguato stipendio. Il mio consiglio è di valutare bene cosa conta per te. Il lavoro spero!  E ancora: quali sono le persone da cui ti senti ferita? Di che pasta sono fatte? Davvero ti interessa l’amicizia di una che non ha altre vie di conversazione se non parlar male alle spalle dei colleghi? Davvero è così facile distrarti dai tuoi obiettivi? Io dico di no.

P.s. L’opzione suoceri nemmeno la prendo in considerazione!

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