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Balenciaga Music | Mina la capsule collection raccontata in esclusiva per Vogue da Demna e Massimiliano Pani, figlio e produttore dei dischi della cantante

Il designer è rimasto folgorato da una sua canzone nel 2011. Ma ci sono voluti 13 anni per arrivare a collaborare con Mina. Qui la storia di come è nata questa capsule collection
balenciaga mina

Balenciaga e Mina come nasce la capsule collection che celebra il coraggio (e il 25 marzo)

Una collaborazione sorprendente tra due giganti: Demna e Mina. Anzi, meglio: un omaggio alla cantante leggendaria. Questo è Balenciaga Music | Mina, una capsule collection Balenciaga dedicata alla Tigre di Cremona, il cui lancio avverrà il 19 settembre. Ad accompagnarla una playlist d’eccezione con 50 brani scelti da Mina, per un totale di tre ore di ascolto. In questa data sarà anche pre-rilasciato, in edizione limitata, L’amore vero, il primo estratto del nuovo album della cantante, in uscita a novembre. Una data storica, dunque, che segna la prima volta in cui Mina collabora ufficialmente con una casa di moda per la produzione di merchandising, e in cui ha pubblicato nuova musica in partnership con un marchio. Ve ne raccontiamo in esclusiva i dettagli nella conversazione tra Massimiliano Pani, figlio e produttore dei dischi di Mina, e lo stilista georgiano.

Il direttore artistico di Balenciaga, Demna.

Massimiliano Pani: Tanti sono gli stilisti di moda che venerano Mina. Ma so che tu, Demna, ti consideri un fan particolare, un sacerdote di alto rango di questo culto... Com’è nata questa grande passione?
Demna: Tutto è nato nel 2011, una sera in un bar-ristorante, in Veneto. Alla radio hanno trasmesso una sua canzone, e, fulminato dalla straordinaria carica emotiva che quella voce, bellissima, era in grado di esprimere, ho chiesto ai miei amici italiani: chi è questa cantante? Mi sono segnato il nome, solo quattro lettere: Mina. Poi, arrivato a casa, andando online mi si è aperto un universo... Prima che me ne accorgessi, mi sono ritrovato a esserne totalmente ossessionato. Si potrebbe dire che ho iniziato a stalkerarla su YouTube (ride, ndr). Mi sono immerso nelle sue esibizioni live, nei suoi album... Era semplicemente l’interprete giusta per quel periodo della mia vita, durante il quale nella musica cercavo un mezzo per dare voce alla malinconia e alla tristezza che avevo nel cuore a seguito della rottura di un legame importante.

MP: Le tue tre canzoni di Mina preferite?
D: Sicuramente E poi, una canzone che ha fatto da colonna sonora a quel periodo emotivamente un po’ difficile; una canzone di cui mi studiai prontamente il testo, scoprendo che parlava proprio della fine di un amore e di tradimento. Poi Città vuota, caratterizzata da una melodia struggente e da testi che evocano un profondo senso di solitudine e nostalgia; infine Bugiardo e incosciente, un capolavoro che includo in quasi tutte le mie playlist, che ci racconta del labile confine tra amore e odio. Questa è una delle massime qualità che riconosco a Mina: dar corpo al dolore e alla tristezza e trasformarli in bellezza sublime.

MP: La tua ammirazione è ricambiata, Mina segue da tempo con grande interesse il tuo lavoro, che reputa audace e pionieristico, caratteristiche nelle quali con tutta probabilità si riconosce. Motivo per cui, quando le è arrivata notizia del tuo desiderio di omaggiarla con questo progetto di Balenciaga, ha accettato subito di buon grado.
D: E così abbiamo iniziato a lavorare a distanza, come è sempre più comune fare oggi. Ho buttato giù delle idee, Mina ne ha proposte altre; ci siamo poi scambiati del materiale per posta e non ti dico l’emozione quando, scartando il suo pacco, ho intravisto la firma scritta a mano di questa diva così elusiva. Insieme abbiamo deciso di creare una T-shirt speciale in edizione limitata, con davanti il suo iconico volto e dietro l’impressionante lista completa dei suoi 106 album.

MP: Compilation escluse…
D: L’etichetta della T-shirt, come sai, sarà dotata di un chip NFC (Near Field Communications) che, attivato da un dispositivo compatibile, sblocca L’amore vero. Questa innovativa tecnologia, consentendo di offrire in esclusiva l’ascolto di uno o più brani, apre la strada a nuove, promettenti forme di interazione tra moda e musica, che in passato abbiamo sperimentato con BFRND, Archive e Jay-Jay Johanson. In questa capsule non potevano poi mancare gli occhiali da sole, l’accessorio che negli anni è diventato uno dei tratti più distintivi del look di Mina. La forma continua delle lenti nere è ispirata al suo iconico trucco occhi. La sua firma è incisa a laser all’interno, insieme a un codice QR esclusivo che, come il tag delle T-shirt, dà accesso in anteprima a L’amore vero.

La cover dell’album “Ridi pagliaccio” di Mina del 1988 scattata da Mauro Balletti. Una selezione più ampia di immagini d’archivio della cantante è disponibile sul sito minamazzini.it/ mina-disegnata- e-fotografata.

MP: Molto è stato scritto negli anni sui suoi iconici Ray-Ban a goccia. Uno strumento per tutelare la sua privacy, si è detto, di cui notoriamente è così gelosa, e per conferire al contempo al proprio personaggio un alone di mistero. Non tutti sanno in realtà che gli occhiali per Mina, lungi dall’essere un vezzo o una mera scelta di stile, sono innanzitutto una necessità: fin da quando era ragazza, infatti, soffre di una forte miopia, soprattutto a un occhio. Pensa che in televisione era costretta a fare tutto a memoria, perché senza occhiali non riusciva a leggere il gobbo, o semplicemente a orientarsi. Quando entrava in scena, sotto la telecamera c’era spesso un addetto dello studio a guidarla: “Fai quattro passi, gira a sinistra, tre passi gira a destra”... perché lei non vedeva niente. Immaginati che difficoltà…
D: Ma dai!
MP: Ha saputo mascherare con una grande presenza di spirito questo difetto fisico. Incorporando gli occhiali da sole (graduati) nel suo stile, è riuscita poi negli anni – magia della moda! – a trasformare quel punto debole in un elemento di forza.

D: C’è poi la preziosa playlist che Mina ha creato per questa collaborazione…
MP: Non una raccolta dei suoi successi, come si potrebbe credere, ma pezzi scelti da lei tra quelli che ama in particolar modo e che ascolta più spesso. Un viaggio affascinante nel suo mondo musicale, dentro il quale si trova di tutto: da Vivaldi a Bruno Mars, da Cole Porter agli Aerosmith, da Battisti a Sinatra. La compilation comprende solo due brani interpretati da lei. Oltre a L’amore vero, vi si trova This masquerade, uno standard jazz da lei reinterpretato.

D: Una delle cose che più colpisce di Mina è la disinvoltura con la quale si muove in generi musicali completamente diversi.
MP: Come ben sai, non è una cantante, ma tante cantanti diverse che convivono nella stessa persona. La sua, del resto, non è una musicalità tipica da cantante pop. Prima ancora di essere una cantante, Mina è “una musicista che canta”. Il cantante rock di solito ascolta il rock; il cantante funk ascolta il funk. Lei invece, come dimostra questa playlist, è onnivora e insaziabile, ascolta di tutto. E quando decide di fare una cover, solitamente, la fa comme il faut, con immenso rispetto per quello specifico genere musicale. Questa è la sua grandezza: riuscire a essere immancabilmente l’interprete giusta in ogni genere che affronta. Questo non lo dico io, lo dicono i grandi musicisti. Alla domanda su chi sia la più grande cantante di standard jazz oggi, il famoso jazzista americano Kenny Barron ha risposto: “è una cantante italiana... che non è una cantante di standard jazz. Ma è la più brava di tutte. Si chiama Mina”.

D: Un altro suo superpotere è quello di essere riuscita a rimanere in contatto con le nuove generazioni.
MP: Spotify ha recentemente pubblicato la classifica delle cantanti più ascoltate sulla piattaforma in Italia. In vetta trovi Annalisa, Elodie, le due cantanti del momento, e Mina. Se ci pensi, è un risultato incredibile. Loro fanno serate, televisione, social network: lei invece fa il contrario, vive in assoluta riservatezza, lontano dai riflettori, da quasi mezzo secolo. Chiunque altro, diciamoci la verità, sarebbe finito nel dimenticatoio. E nonostante tutto è sempre in contatto con il pubblico, anche con il nuovo pubblico, quello della generazione TikTok. La recente collaborazione con Blanco nasce proprio da lui, che le ha scritto per proporle di fare un pezzo insieme. All’epoca aveva diciannove anni. Lei ha trovato la cosa molto carina, e quindi ha accettato.

D: Come ti spieghi questa straordinaria presa di una cantante ormai nella sua ottava decade di vita con un pubblico così giovane?
MP: Al di là della sua voce, credo che i giovanissimi, ancora oggi, la ammirino come icona di coraggio e indipendenza creativa. Lei è stata del resto una donna coraggiosissima, come dimostrano le sue scelte artistiche audaci e sperimentali, il ritiro dalle scene pubbliche all’apice della carriera nel 1978, l’aver saputo affrontare scandali legati alla sua vita personale con forza e dignità – tutte manifestazioni di uno spirito indomito e di una capacità di reinventarsi costantemente. Quando ha capito che la televisione stava cambiando, ha deciso di dedicarsi ad altro. È stata la prima a creare una propria etichetta discografica per difendere la sua autonomia artistica. Ha spesso utilizzato la sua immagine pubblica per rompere gli schemi e sfidare le norme sociali dell’epoca, dimostrando un costante impegno nel reinventarsi e nel sorprendere il suo pubblico, vent’anni prima di Madonna e trent’anni prima di Lady Gaga.

Mina negli ICET Studios di Cologno Monzese nel giugno 1970 durante la realizzazione dei Caroselli Barilla, diretti daValerio Zurlini.

D: Se ai miei occhi Mina rappresenta la quintessenza dell’Italia – non c’è nessun altro, nel mio universo, che rappresenti l’Italia più di lei – è proprio perché in lei vedo una donna straordinariamente coraggiosa, che nel corso della sua carriera ha saputo osare come pochi altri. In questo mi sento molto simile a lei... chissà se è dovuto al fatto che siamo nati lo stesso giorno, il 25 marzo!
MP: Non lo sapevo!

D: Il coraggio è una dote che associo fortemente all’Italia, si pensi alla storia dell’arte: quante regole sono state infrante dai grandi artisti italiani nel corso dei secoli, per imporne di nuove al mondo intero. Che poi è il motto della mia vita: darmi delle regole per il gusto di romperle, una dopo l’altra.
MP: Aggiungerei poi la cura maniacale del dettaglio, cui si deve la grandezza di tanta eccellenza italiana in ogni settore. Come cantante, lei è un’assoluta perfezionista; si approccia sempre con rispetto ai brani che interpreta, studiandoli a lungo, per comprenderli. Poi magari entra in studio, la canta una sola volta, ed è buona la prima. Questo è particolarmente evidente nelle sue performance televisive: ciò che emerge, fin dalle sue prime apparizioni, è una professionalità straordinaria. Quello che più impressiona, guardando quei video degli anni 60, quando aveva solo 22 o 23 anni, è la disinvoltura con cui si accompagna ai massimi mostri sacri dell’epoca: Alberto Sordi, Totò, Vittorio De Sica... Già così giovane, la sua personalità era strabordante; stupisce vedere come stare accanto a quei colossi, uomini maturi e artisti consacrati, le risultasse così naturale, quasi avesse già chiaro di essere una loro parigrado.

D: Tra i tratti che associo all’Italia, vi è poi la sua ironia. Mina interpreta spesso canzoni drammatiche, ma emerge frequentemente anche una vena ironica, un senso dello humour sofisticato e una leggerezza tutta italiana. Su un tabloid ho letto di quella volta che un fan trovò il modo di telefornarle a casa… e lei rispose fingendosi l’addetta alle pulizie.
MP: Confermo, Mina è una donna molto ironica, come del resto ha dimostrato giocando con la sua immagine. È stata una delle grandi bellezze della sua generazione, tant’è che le ragazze italiane negli anni 60 e 70 si truccavano e pettinavano come lei. Poi si è stufata di quell’immagine e ha iniziato a trasformarsi in scimmia, alieno, culturista, persino in paperina… Questo perché, come molte persone intelligenti, si diverte anche a prendersi in giro.

D: Concluderei con la costante ricerca del bello che contraddistingue la sua carriera, anche nell’insolito. Una sua caratteristica nella quale mi riconosco molto, perché da sempre, nel mio lavoro, cerco la bellezza in luoghi dove nessuno si aspetta che possa celarsi.
MP: Questo è particolarmente evidente nelle iconiche copertine dei suoi album, contraddistinte da una costante ricerca estetica: si pensi a quella di Rane supreme, dove si fonde col corpo di un culturista, quella di Caterpillar, dove si immagina come una donna boteriana, o quella di Leggera, dove appare come centometrista che taglia il traguardo.

D: Un vero e proprio patrimonio artistico, già esposto nei musei d’arte, che fanno di lei una delle prime musiciste a decostruire e ricostruire la propria persona attraverso l’arte visiva. Quando mi sono imbattuto nella copertina di Salomè, dove si presenta con una barba, sono letteralmente rimasto a bocca aperta… che audacia, mi sono detto, che pioniera!
MP: E poi, certamente, la ricerca del bello nella musica. Mina cerca ancora oggi il bello nella musica a 360 gradi, in tutte le sue manifestazioni, senza stancarsi mai, con la gioia di una bambina a cui è stato regalato il primo giradischi. Perché di bellezza, nella musica, ce n’è una quantità pressoché illimitata – ad avere gli occhi per vederla, certo, o meglio, le orecchie per ascoltarla. E con quel gioiello di orecchio che si ritrova, Dio solo sa quanta bellezza sente… e come si diverte!

In apertura: un ritratto di Mina per l’album “Catene” del 1984.
Crediti: FOTO M. BALLETTI/PDU PRODUCTIONS. R. BERTOLINI/PDU PRODUCTIONS. BFRN
Questo articolo si trova anche sul numero di Settembre di Vogue Italia

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