Dal giornale

Dove vivono i PhotoVoguers? 

Viaggio alla scoperta delle case di 7 fotografi di PhotoVogue, tra spazi creativi originali, arredi ricercati, oggetti e colori 
case photovoguers

Com'è la casa di un fotografo? Sbirciamo tra le mura di sette artisti, che vivono tra Goa e Barcellona

Dove vivono i PhotoVoguers? Da una comunità così internazionale, sfaccettata e inclusiva, ci si aspetterebbe scelte abitative altrettanto diversificate. Ma osservando le immagini che seguiranno, salta all’occhio un minimo comune denominatore: la semplicità autentica, lontana da ogni artificio decorativo. Arredi basici e ridotti al minimo, spazi luminosi, piante, libri, schermi di computer, sedie da lavoro, solo poche immagini artistiche, di valore intimo e personale, appese qua e là.

Esempi di un’estetica “normcore” applicata alla dimensione domestica, questi luoghi
parlano un esperanto giovanile che se ne frega dei generi, delle religioni, delle etnie, delle provenienze geografiche e finanche dello stile. Perché la vita è altrove: nelle strade, nelle piazze, nei volti che si incontrano girando il mondo, e da cui nascono avvincenti racconti fotografici.

La postazione di lavoro di Pretika Menon

Pretika Menon

I PhotoVoguers sono viaggiatori, e le loro case lo testimoniano almeno quanto le loro scelte di vita, divise tra la voglia di natura e quella di metropoli. «Durante il lockdown ho visto per la prima volta i cieli azzurri a Mumbai, degli uccelli che non avevo mai notato in città affacciarsi alla mia finestra, e una sensazione generale di meraviglia per la natura ha preso il sopravvento», spiega l’indiana Pretika Menon, 34 anni. «Non appena il lockdown è terminato, il cielo è diventato grigio, gli uccelli sono scomparsi, il rumore del traffico ha ripreso il sopravvento e ho capito che non volevo più vivere in una città frenetica. Se apprezzavo il modo in cui Mumbai mi aveva aiutato professionalmente, ho dovuto accettare che per il bene della mia salute mentale volevo trasferirmi in una piccola città ed essere circondata dalla natura. Ora vivo a Goa, in India».

Lo studio di Bodhi Shola, uno spazio intimo che la fotografa descrive con la massima: “home is where the heart is”

Bodhi Shola

Il desiderio di uno spazio domestico come estensione di quello naturale è prioritario anche per la trentenne di nazionalità italiana Bodhi Shola, che risiede non lontano da Parigi, in un paese chiamato Hay Les Roses. «Quando sono venuta a visitare l’appartamento ho attraversato a piedi lo splendido parco che si trova proprio di fronte. Era aperto, pieno di fiori, con statue classiche in
mezzo a circoli alberati e il suono gioioso degli uccelli dappertutto. L’appartamento si trovava al piano superiore di un edificio con giardino e anche per questo ho deciso che mi sarei trasferita lì. Avevo desiderato una casa con spazi verdi per tanto tempo e sebbene sarei stata più lontana dalla
città e in cima a una collina, ho capito che il mio lato eremita ne avrebbe ricavato molta gioia».

Di Max Miechowski vediamo la camera da letto, usata anche come spazio creativo

Max Miechowski

Le case dei PhotoVoguers, in gran parte, riflettono la loro identità e non di rado c’è una corrispondenza tra lo stile delle loro immagini e gli ambienti che abitano. «Mi piace mantenere
i miei spazi il più minimali possibile, così come sono essenziali le mie composizioni e le mie cornici», spiega Max Miechowski, che vive in un magazzino convertito a Tottenham, Londra.

Il ventiseienne vietnamita Chiron Duong, invece, è basato nella caotica ma multiculturale Ho Chi Minh. «Ho bisogno di alcuni arredi specifici per poter lavorare: un tavolo basso per il bricolage, un piano allugato per nature morte, un banco reception e una zona tè. Necessito anche di mensole
appositamente progettate per appendere fogli di carta colorati da usare come sfondi fotografici. La mia stanza ha molti elementi culturali orientali, il colore rustico del legno, del bambù e della ceramica, e questo riflette la personalità semplice e introversa che mi contraddistingue».

Per Chiron Duong, una stanza che mixa dettagli culturali giapponesi, vietnamiti e cinesi

Chiron Duong

Il colore, in casa come nelle fotografie, è l’arma segreta della ventiduenne newyorkese Sophia Wilson. «Ho sofferto di problemi di salute mentale e questa scelta mi aiuta moltissimo», confessa. «Inoltre, molti dei mobili di casa mia sono stati costruiti da amici: la comunità è altrettanto importante nelle mie foto». Possono essere anche bisogni di connessione spirituale con luoghi lontani, quelli che si evidenziano nelle case dei PhotoVoguers. «Ogni stanza ha un altare e una funzione designata», ci spiega ancora Bodhi Shola. «La camera da letto per esempio è usata solo per dormire e meditare. Mentre dai miei viaggi in Asia meridionale e America centrale ho riportato nuove tradizioni e rituali che stanno trasformando l’appartamento in un guscio di sicurezza e serenità», conclude la fotografa.

La casa di Sophia Wilson, giovane fotografa newyorkese, è caratterizzata da un uso ironico e giovane del colore

Sophia Wilson

Come si nota da queste immagini, molte delle pareti domestiche dei PhotoVoguers sono occupate da fotografie e ciò non deriva solo dall’ovvio interesse verso il medium, ma anche da ragioni più pratiche, come racconta Hassan Kurbanbaev: «Attualmente sto lavorando al mio primo libro, una storia personale», rivela il fotografo quarantenne uzbeko basato a Tashkent. «Le foto sul muro rappresentano le idee per il volume e mi rammentano che il progetto deve avere una deadline!».

Più sentimentali le ragioni della spagnola Olga de la Iglesia, che vive a Barcellona nel quartiere di Poblenou, vicino al mare: «Non ho mai appeso alle pareti di casa le mie foto fino a poco tempo fa, quando ne ho stampata una dal progetto presentato a PhotoVogue: quando la guardo, quell’immagine in particolare mi dà la forza di cui ho bisogno per continuare. Ma cosa più importante sono le foto delle mie migliori amiche Camila Falquez e Carlota Guerrero, anche loro fotografe, senza cui questo difficile percorso sarebbe molto più complicato».

Un interior di Olga de la Iglesia: in primo piano uno scaffale con i libri dei fotografi che hanno ispirato il suo lavoro, e pezzi di artigianato dei paesi in cui ha viaggiato

Olga de la Iglesia

Nella scelta di Pretika Menon, invece, all’approccio sentimentale si affianca quello motivazionale: «Sui muri metto le foto dei miei viaggi, un reminder di tutto ciò che rimane da esplorare. Ma appendo anche gli sketch realizzati con gli amici perché sono una mappa della memoria». Il resto lo fa la luce: elemento creativo essenziale, mood lifter e strumento di lavoro imprescindibile per ogni fotografo, tanto che molti di loro la ritengono un discrimine fondamentale nella scelta della casa in cui vivere. O per immaginare la casa dei loro sogni, che spesso racconta futuri progetti lavorativi.

Lo spazio temporaneo in cui vive e lavora Hassan Kurbanbaev

HASSAN KURBANBAEV
Hassan Kurbanbaev

Come nel caso di Hassan Kurbanbaev. «Sto per aprire uno spazio chiamato Chilanzar Chicago, nome che rimanda al mio quartiere e alle mie preferenze musicali», conclude. «Mi piace vederlo come un contenitore luminoso che combina studio e casa – con molti fiori, grandi scaffali di libri fotografici e fanzine, ma soprattutto con una sala da tè per gli amici». Perché il senso della comunità dei PhotoVoguers è una prerogativa che non manca mai.

Da Vogue Italia, febbraio 2023, “Nelle case dei Phovoguers”, pp. 100-105

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