cinema

Women talking è il film da guardare l'otto marzo

Perché un film in cui le protagoniste femminili, semplicemente, parlano tra loro è da vedere adesso
WOMEN TALKING
Michael Gibson© 2022 Orion Releasing LLCMichael Gibson

Esce proprio l'8 marzo, si chiama Women Talking – Il diritto di scegliere ed è un film in cui le protagoniste femminili, semplicemente, parlano tra loro: ed è da vedere

Esiste un metodo per misurare la rappresentazione femminile nei film che consiste nel calcolare il numero di battute che si scambiano due personaggi femminili che non abbiano a che fare con discorsi sugli uomini. Si tratta di contare semplicemente i momenti in cui due o più donne parlano liberamente tra loro, come se nessuno le stesse ascoltando. Si chiama test di Bechdel ed è dagli anni Dieci circa che se ne sente parlare specialmente come misurazione critica, per commentare quei film blockbuster che piacciono a tutti e che ottengono un gran successo al botteghino ma in cui poi le donne sono relegate ai soliti ruoli di rappresentanza e mai ritratte per davvero nelle loro complessità. In generale, infatti, le percentuali che escono dal test di Bechdel sono sempre basse. È per questo che guardare il film Women talking – Il diritto di scegliere ha prima di tutto un effetto straniante, perché non siamo abituati a vedere sullo schermo delle donne che parlano tra di loro e parlano solo di loro stesse, dei loro desideri, e se parlano di uomini lo fanno solo per dire quanto li odiano. Non fanno molto altro nel film.

Women Talking © Eagle Pictures

Michael Gibson

Le protagoniste di Women Talking, donne che parlano, parlano soprattutto di come sbarazzarsi degli uomini della comunità mennonita (tipo una grande fattoria in Canada) in cui vivono, che nel corso di qualche anno hanno abusato sessualmente di almeno una centinaia di loro, perpetrando le violenze di notte nelle loro case, addormentandole con un sedativo per mucche, non concedendo nemmeno l'occasione di parlare e dire di no. Le ragazze, di tutte le età, si svegliavano alla mattina piene di lividi e quando chiedevano spiegazioni, gli uomini del villaggio le liquidavano dicendo che o se lo stavano inventando ("la selvatica immaginazione femminile") oppure che erano state possedute dal demonio. Il racconto che fa la regista Sarah Polley è tratto dal romanzo Donne che parlano di Miriam Toews, autrice nata in una comunità mennonita, che fa fede a sua volta agli avvenimenti che hanno avuto luogo nella colonia mennonita di Manitoba, Colombia, tra il 2005 e il 2009. 

Sono tre le soluzioni che hanno trovato le donne della comunità, che hanno due giorni per discutere di cosa fare una volta che gli uomini sarebbero ritornati dalla prigione vicina dove sono stati reclusi alcuni dei perpetratori più gravi e gli altri sono andati per pagare la cauzione. Restare e non fare niente, restare e combattere oppure andarsene dalla colonia. Prima di andarsene gli uomini e i saggi del villaggio avevano decretato una sola soluzione accettabile per la comunità, le donne sarebbero state cioè costrette a perdonare gli uomini se volevano guadagnarsi un posto in paradiso. Nella realtà in Colombia è quello che avrebbero fatto, ma nella finzione di Toews e del film si immagina che le donne della comunità lo mettono al voto: fanno le crocette sopra alla loro scelta, e decidono alla fine alla parità tra andarsene oppure combattere. A tre famiglie viene lasciata la scelta definitiva, che si deve raggiungere con un dialogo. 

Women Talking © Eagle Pictures

Michael Gibson

Così parlano, si arrabbiano, piangono, non sono d'accordo, chiedono all'unico uomo rimasto nel villaggio – un professore dolcissimo che è innamorato da sempre del personaggio interpretato da Rooney Mara, incinta del suo aggressore e che vuole semplicemente andarsene – di trascrivere i loro dialoghi e prendere nota perché loro non sanno né leggere né scrivere. Nella loro impossibilità di capirsi, per analfabetismo o per divergenza di pensiero, in sottofondo fanno cameo dei piccoli accenni della modernità, un furgone che chiede alle donne di uscire dalla casa per il censimento e che spara dalla radio una canzone pop. Parlando di incomprensioni, sono infatti i personaggi di Claire Foy e di Jessie Buckley quelli che più si confrontano, la prima una madre sposata con un uomo violento che picchia puntualmente lei e la figlia ma che è convinta di meritarselo, e la seconda anche lei madre che ha visto un uomo violentare la figlia e che dal quel momento si è armata fino al collo per fare in modo che quell'uomo non se lo dimentichi. 

WOMEN TALKING (2022)Rooney Mara, Claire Foy, and Jessie Buckley CR: Michael Gibson/United Artists ReleasingMichael Gibson

Così mentre gli adulti parlano, le più giovani giocano insieme, si fanno le trecce, corrono mano nella mano tra i campi di grano, usando come linguaggio la leggerezza della giovinezza e l'incoscienza del futuro. La parte più potente del film è sicuramente vedere queste donne usare per la prima volta la parola per ragionare, finalmente si sentono in diritto di farlo, di dire in maniera insolente quello che pensano e raggiungere una consapevolezza nel momento in cui enunciano il loro pensiero. E sorprendersene. 

Mi immagino cosa succederebbe se questi minutaggi che il film dedica a scene in cui donne discutono tra di loro venissero dedicati a tutti i film. Alla fine l'insegnante serviva solo per trascrivere, e ogni volta che prendeva parola veniva subito zittito. Serviva per prendere testimonianza, insegnare agli uomini del futuro che quelle donne che hanno tanto screditato esistono anche quando loro non ci sono. E parlano.

Leggi anche: