Quella stella di Michela Murgia

L'editoriale del direttore Simone Marchetti
Editoriale Simone Marchetti

Questo articolo sarà pubblicato sul numero 35 di Vanity Fair in edicola dal 16 al 29 agosto 2023

«Riconoscere la felicità è una forma di intelligenza. Perché molte volte la felicità ti passa accanto e tu non capisci che quello è un momento felice. Io oggi vi dico: questo è il tempo migliore della mia vita. Visto dal fuori non lo è. Ho il cancro, ho il tempo contato. Dovrebbero essere elementi di non felicità. Ma non conta il cosa, conta il come. In questo momento HO SCELTO IL COME».

Michela Murgia, 3 giugno 1972 – 10 agosto 2023

Foto Joseph Cardo

Se in una di queste notti d’agosto alzate gli occhi verso il cielo, guardando verso sud e alla fine della Via Lattea, dovreste riuscire a vedere la costellazione dell’Aquila. È vero: per distinguerla ci vuole molto buio ed è meglio non essere in una grande città. Ma se vi trovate in un luogo di vacanza o comunque in un angolo senza troppe luci, allora potrete osservare questo insieme di astri che mimano il volo di un’aquila. Soprattutto, non mancherete di notare un punto luminoso, uno dei più luminosi dell’arco celeste: la stella Altair. Il suo nome viene dall’arabo e significa, appunto, «aquila che vola». Per i Greci, l’aquila era l’uccello del tuono e portava la folgore di Zeus avanti e indietro per il cosmo. Nella simbologia dell’astrologia, invece, Altair è vista come una vedetta e ha il potere di andare nel futuro per vedere cosa succederà e poi tornare indietro a descrivere a chi vive nel presente come comportarsi per prepararsi al domani.

Non so sotto quale costellazione sia nata Michela Murgia ma so che questa scrittrice, attivista, femminista può essere considerata come la vedetta Altair. In ogni suo scritto, in ogni suo post sui social, in ogni azione pubblica o privata, aveva sempre il potere di riportare qui, nel nostro complicato presente, il futuro che aveva avuto la fortuna di vedere o di intuire.

Si dice che, nelle fasi del dolore e della morte, dopo il rifiuto, dopo la negazione arrivi la rabbia. Infatti, in questo editoriale, vorrei elencare la bassezza, la meschinità, l’incapacità di vedere il futuro che hanno caratterizzato gli orrendi attacchi che Michela ha subito da politici, giornalisti, opinionisti di genere vario e avariato.
Ma servirebbe a poco. Ciò che più conta, sotto un cielo nero d’agosto (Michela se n’è andata proprio la notte di San Lorenzo, quella delle stelle cadenti) è che invece la ricorderò come la stella Altair, un rapace assetato di domani, un’aquila a cui non è mai bastato questo presente di retroguardia e di reazione.

A lei interessava la costruzione del futuro attraverso la demolizione degli ostacoli che ci impediscono di ergerci in volo per raggiungerlo.

L’ho già scritto nel numero di Vanity Fair che Michela Murgia ha diretto a giugno, ma ci tengo a ribadirlo: se potessi, vi direi di chiudere in uno scrigno tutto quello che questa grande scrittrice ha detto e scritto per poi aprirlo tra dieci anni. Perché tra dieci anni, forse prima, tutte le sue idee, i suoi pensieri diventeranno la norma. L’amore, la diversità, la voglia di futuro non si possono fermare. Non ci sono né ci saranno governi come questo o come altri che riusciranno a farlo. Certo, forse ne rallenteranno il corso. Ma non lo fermeranno. Le idee di Michela diventeranno realtà. E mentre tutto il resto verrà archiviato dalla storia come retroguardia e reazione, lei sarà per sempre Altair, la stella, la vedetta, l’aquila che ci ha fatto vedere il nostro futuro.
Grazie Michela. Grazie davvero. Grazie di tutto.

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