L'atlante delle architetture dimenticate del Novecento

Si chiama “Forgotten Architetture” ed è un'opera di mappatura di strutture sgretolate dal tempo: caserme, balere, caselli autostradali smarriti nella storia. Intervista a Bianca Felicori, autrice del progetto nato come gruppo su Facebook e diventato in breve una community e un libro
Forgotten Architetture l'atlante delle architetture dimenticate del Novecento
Carlo Celli, Luciano Celli, Dario Tognon, complesso residenziale ATER Rozzol Melara, Trieste, 1968-82. Foto di Federico Torra.

Riscoprire le architetture dimenticate del Novecento e osservarle con lo sguardo del presente. È il progetto di Bianca Felicori, che ha dato vita a una community globale prima attraverso Facebook poi con un libro che le racconta

Esiste sorprendentemente, come un anello di congiunzione, un termine che connette l’opera del fotografo Gabriele Basilico a quella dei Club Dogo. È un’immagine, più che una parola, che sintetizza nelle sue sillabe uno dei temi più costanti del genere rap: “Palazzi”. Quelli che nella periferia milanese raccontata da Basilico, da Quarto Oggiaro a Cinisello, fino a Baggio, rappresentavano falansteri funzionali di fronte ai quali giocavano i ragazzini, gli stessi poli di aggregazione che il gruppo di rapper di Milano ha cantato come fossero smagliature della rapida ascesa del tessuto della città negli ultimi vent’anni. «Questi “blocchi” di periferia, spesso disegnati da grandi architetti nel secondo dopoguerra, sono stati fintamente venduti come oasi felici e micro città piene di servizi», spiega Bianca Felicori, architetta ventinovenne. «Ma era solo un modo per innescare processi di isolamento, tenendo la periferia lontana dal centro e generando fenomeni di ghettizzazione. Poi, lentamente, anche quei palazzi come le persone che li abitavano sono stati dimenticati». È uno dei numerosi aspetti che Felicori, autrice e ricercatrice alla UCLouvain di Bruxelles, ha indagato in tutte le sue derivazioni con Forgotten Architetture, un progetto di mappatura del patrimonio invisibile, di architetture dimenticate, nato come gruppo su Facebook nel maggio 2019 e diventato in breve tempo una community dove condividere grandi edifici, villaggi turistici, discoteche, case, piazze, locali il cui nome si è smarrito nella storia. «Volevo evadere dai limiti dell’università, in cui ancora vivo e lavoro, che sono dettati da una critica che ha deciso per noi chi fosse importante e chi no», mi spiega da Parigi, dove si trova per un dottorato su arte e architettura.

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Il libro “Forgotten Architecture” (Nero Editions), spin-off cartaceo del progetto nato sui social.

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«Chi seleziona per noi l'architettura sui libri? Ho voluta cambiare le regole»

«Quando studiamo, lo facciamo solo su una selezione fatta da qualcun altro, tendenzialmente da un uomo della vecchia generazione che ha arbitrariamente scelto cosa fosse utile per il nostro bagaglio culturale. Io volevo cambiare le regole. E Facebook all’epoca era lo strumento perfetto per farlo». Spinta da un interesse per l’architettura sperimentale definita a partire dai Settanta “visionaria e radicale”, Felicori ha deciso di sottrarre all’oblìo i progetti di architetti poco noti, considerati minori, illustrando lavori rimasti nell’ombra come la Casa del Portuale di Aldo Loris Rossi a Napoli o il cimitero di Busto Arsizio – «È l’opera che mi ha sorpreso di più, un non luogo diventato iconico proprio grazie a Forgotten dove tutti ora vogliono andare, tanto da essere finito in un videoclip di Emma Marrone», con la cantante che si muove davanti alle arcate nate con l’ampliamento del 1970, firmato dall’architetto Luigi Ciapparella. Nel frattempo, dopo aver costruito un enorme database in cui Felicori ha riunito tutte le segnalazioni che gli utenti inviavano (con l’unica indicazione di rimanere nel perimetro del Novecento), altri social hanno soppiantato Facebook e, dopo Instagram, dove Forgotten Architecture conta quasi 42mila follower, da spazio virtuale l’archivio collettivo è diventato un libro (pubblicato da NERO Editions e realizzato grazie al sostegno della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura nell’ambito di Italian Council 12a edizione 2023, e grazie a RESIDENZA 725 - shopping universe, land of culture): un atlante tematico di immagini e approfondimenti che esplora quanto possa essere magnificente la dimenticanza. Come il Complesso delle Ciminiere di Giacomo Leone a Catania, o la scultorea Madre Natura collocata da Tomaso Buzzi a La Scarzuola, in Umbria, che è anche la copertina del libro e del gruppo.

«Le nuove generazioni hanno una sensibilità diversa per l'architettura»

«Hai presente gli architetti che si capiscono solo tra di loro? Forgotten promuove il contrario, aprendo un dialogo orizzontale e informale ma preciso con un pubblico generico, estraneo a questo mondo ma interessato, che magari sogna di cambiare le cose come dovrebbe fare la nostra disciplina», continua Felicori. Ripartire dal disegno e soprattutto dalle persone: «Le nuove generazioni come la mia hanno una sensibilità diversa, abbiamo studiato una storia urbanistica che prende in coèp'ìnsiderazione altro. Che sa, per esempio, che la città è stata disegnata per l’uomo e non per la donna, che la sostenibilità deve riguardare i singoli edifici e non solo la teoria», o ancora che l’estetizzazione della periferia è un’operazione borghese, e che invece di “rivestire” bisognerebbe “risolvere”. «Perché», continua, «non esistono edifici brutti, esistono edifici senza senso come il cimitero di Jesi di Leonardo Ricci, un luogo assurdo nelle Marche assolutamente privo di logica. Come una torta uscita malissimo». Interrogarsi sulla funzione è un aspetto su cui il passato può aiutarci. Glielo ricorda l’appartamento milanese di Arnaldo Pomodoro disegnato da Ettore Sottsass, una “forgotten architecture” diventata casa privata. «Ho conosciuto Giulia, l’attuale proprietaria, grazie al gruppo. L’ha acquistato da un architetto che l’aveva a sua volta rilevato da Pomodoro. È incredibile come tutti gli interni anni Settanta siano rimasti intatti, considerando la quantità di feste che ci hanno fatto dentro». Nato per essere un pied-à-terre dell’artista dove ricevere ospiti e amici, ha conservato lo scopo originario. «Già allora rispondeva alle esigenze della persona, e rimarrà così per tantissimi anni. Per questo dobbiamo ripartire dalla vita».

Autogrill Pavesi di Fiorenzuola d’Arda. Foto Archivio Arch. Jan Jacopo Bianchetti

Ken Isaacs, Beach Matrix, Westport, Connecticut, 1967. Credits: Archivio Vittorio Giorgini, Camilla Messini, Giovanni Presutti

Aldo Loris Rossi, Casa del Portuale, Napoli, 1968-80. Foto di Fabrizio Vatieri.

Cesare Leonardi, Casa Mescoli-Goich, Modena, Italia, 1984-93. Credits: Archivio Cesare Leonardi Progetti

Luigi Ciapparella, Ampliamento del Cimitero di Busto Arsizio, Italia, ca. Credits: Stefano Perego

L’appartamento milanese di Arnaldo Pomodoro disegnato da Ettore Sottsass.

NICOLA NUNZIATA / Op-Fot

Casa Saldarini di Vittorio Giorgini a Piombino. Foto Archivio Giorgini

Casa Albero di Giuseppe Perugini, Uga De Plaisant e Raynaldo Perugini a Fregene. Foto Archivio Perugini