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Tutte le vite che ha vissuto Margherita Sarfatti oltre a quella di amante di Mussolini

Prima critica d'arte italiana e celebre giornalista di origine ebraica: Margherita Sarfatti raccontata nel libro omonimo di Micol Sarfatti
Margherita Sarfatti
Margherita Sarfatti, Roma, 1931Archivio GBB / CONTRASTO

Margherita Sarfatti: amante di Mussolini e non solo. Chi era la prima critica d'arte italiana e celebre giornalista di origine ebraica

Leggere il nome di Margherita Sarfatti risveglia nei ricordi, catalogati sotto quei manuali di storia sfogliati in tutta fretta, che era l'amante di Mussolini e poco altro. Una definizione riduttiva, considerando che è stata lei a formulare l'immaginario fascista, a introdurre un Mussolini ancora inesperto nei salotti milanesi che contano e a farlo conoscere tramite la biografia che ha scritto di lui nel 1925. La prima critica d'arte italiana, ideatrice del movimento artistico del Novecento, giornalista più colta e più richiesta tra i salotti letterari dello scorso secolo. Forse però è più facile ridurla così, come una semplice amante, è dopotutto un personaggio scomodo perché la sua vita è - e sarà sempre - associata al fascismo. Non si sa, per esempio, che Margherita Sarfatti, prima di conoscere Mussolini, frequentava il circolo socialista di Filippo Turati e Anna Kuliscioff con cui dibatteva di ideali politici e con i quali aveva acconsentito a dismettere le sue amate pellicce e collane di perle perché lo sfoggio era lontano dagli ideali del partito. O che lei, quel giorno di dicembre del 1912, si era recata nella sede del giornale socialista col quale collaborava, Avanti!, per dare le dimissioni perché non era d'accordo con le idee del nuovo direttore, Benito Mussolini. E che, invece, da quel primo incontro nasce una vorticosa storia d'amore e allo stesso tempo la nostra Storia prende un'oscura declinazione. Sarà per il ritrovato interesse a far luce sulle contraddizioni di certi complex female characters, o a restituire una individualità a chi per tutta la vita è stata definita “la donna di”, che Micol Sarfatti, giornalista del Corriere della Sera, ha ripercorso la sua storia nel libro Margherita Sarfatti. La signora del futuro (Perrone Editore).

Chi era Margherita Sarfatti

Con Margherita Sarfatti, Micol condivide il cognome. Leggere il suo La signora del futuro è assistere al districarsi di una bizzarra storia famigliare, cogliere le coincidenze che si ritrovano casualmente con alcuni lontani antenati. Margherita Sarfatti, però, nasce come Margherita Grassini a Venezia nel 1880. Nell'esergo del volume che Micol Sarfatti le ha dedicato, c'è questa sua citazione: «Alla donna francese riconosco la conquista di due grandi libertà: amare come vuole e avere l’età che le piace». Margherita, infatti, è solita darsi qualche anno in meno e mentire agli uomini che incontra. Fin dall'infanzia è circondata da scrittori, inventori, come Guglielmo Marconi, con cui guardano insieme le stelle, studia da casa con dei precetti illustri e parla fluentemente cinque lingue. Raccontano i vicini di casa che sapevano quale giorno della settimana fosse in base a quale lingua stavano parlando i bambini Grassini. È appassionata alla Divina commedia, che consulta come se fosse l'I Ching, ponendo delle domande e trovando risposte esistenziali nei suoi versi. Un giorno accompagna il padre a un'asta e si innamora di un dipinto, si scoprirà anni dopo che si tratta di un Guido Reni originale. Ha una passione per l'arte, sogna di diventare un giorno una critica. Un altro ascendente che insegue è quella per gli uomini, soprattutto per quelli più grandi, da cui le piace essere desiderata, corteggiata, e che sa come usare. Dalle lettere che si scambia con un professore di antropologia di 17 anni più grande, per esempio, scopre il socialismo. È avvilente, quindi, che venga ricordata per gli uomini che ha amato, Mussolini, e il marito Cesare Sarfatti, avvocato, di cui prende il cognome, derivante dalla diaspora ebraica sefardita francese. È qui che la storia di Margherita Sarfatti si intreccia con quella dell'autrice Micol Sarfatti, imparentata col ramo della famiglia del marito.

«La donna più informata d'Italia. L'unica che conosce davvero il pensiero di Mussolini»

È sempre una questione di retaggio. Margherita Sarfatti nasce in una famiglia ebrea, per poi convertirsi più avanti al cattolicesimo. Il suo primo incontro con Mussolini nella redazione di Avanti! segue quelle dinamiche di attrazione e repulsione solite delle prime volte. Dopo un primo scambio di battute lei ha modo di cogliere tutto il suo maschilismo: «Stai andando a trovare una donna? Non dimenticare la frusta», le dice lui scherzosamente citando Nietzsche, e ancora prima di incontrarlo, lei è perfettamente a conoscenza delle sue idee antisemite e in generale della sua esaltazione della violenza, che lei non appoggia. Eppure, dopo la sua richiesta di non abbandonare il giornale, trovano il modo di far funzionare tutto perché lei inizia a plasmarlo secondo il suo gusto alto borghese e raffinato. Gli fa leggere Marx, Machiavelli, Bakunin, lo convince a imparare altre lingue straniere, «Gli ha persino insegnato a stare a tavola e a vestire: camicie bianche immacolate al posto di quelle lise, giacche ben tagliate, fiori all’occhiello», scrive Micol Sarfatti. E intanto, dal canto suo, lei con l'aiuto di Mussolini mette insieme il gruppo di artisti che formeranno il “movimento” artistico para-nazionale del Novecento (Sironi, Funi, Bucci).

Lui le manda lettere che recitano parole, a loro modo, romantiche: «Ti amo molto, più di quanto non credi. Ti abbraccio con tenerezza violenta. Stasera prima di addormentarti pensa al tuo devotissimo selvaggio, che è un po’ stanco, un po’ annoiato, ma tutto tuo, dalla superficie al profondo». Eppure, scrive Micol Sarfatti nel libro, «La Storia ci dice che Margherita Sarfatti non è riuscita a indirizzare lo svolgimento del carattere di Benito Mussolini come avrebbe voluto». Quando sale al potere, infatti, Mussolini sembra dimenticarsi di lei. Mentre Margherita Sarfatti fa un viaggio negli Stati Uniti per propagandare l'idea del fascismo di Mussolini, sfrutta l'occasione per scongiurare l'alleanza con la Germania a favore di una con gli Stati Uniti, incontra Roosevelt e la moglie, a cui viene presentata come “la donna più informata d'Italia. L'unica che conosce davvero il pensiero di Mussolini”. Al suo ritorno, Mussolini la allontana, l'unica concessione che le fa, in quanto ebrea, è darle il permesso di emigrare nel momento in cui promulga le leggi razziali. Scappa in Uruguay e in Argentina poi, dove campa inizialmente vendendo i quadri che si è portata con sé, e passa i suoi giorni scrivendo poesie. Sua sorella muore invece in un campo di concentramento.

Margherita Sarfatti. La signora del futuro

Margherita, post-fascismo

È da riconoscere a Margherita Sarfatti che è stata dotata di una capacità incredibile di reinventarsi. Quando si ritrasferisce in Italia, si vocifera che abbia venduto le lettere d'amore di Mussolini destinate a lei a un chirurgo plastico per una cifra altissima. «Margherita continua a essere “felice, malgrado tutto”. Non smette di scrivere, perché non sa vivere senza tenere accesi cervello e curiosità», scrive Micol Sarfatti, che in 95 pagine è riuscita a catturare così meticolosamente e cabalisticamente lo spirito di questa sua specie di antenata. Condensa ad esempio, la sua condanna all'oblio in queste frasi: «Così un uomo, desiderato, ma tragicamente sbagliato, ha offuscato per decenni la sua figura e il suo pensiero. Margherita non è mai entrata nei cataloghi dell’eroine ispiratrici che negli ultimi dieci anni ci siamo ritrovati a leggere, guardare, ascoltare». E allega un dato: la sua biografia/agiografia di Mussolini è stata, al suo tempo, un successo, ha venduto milioni di copie ed è stata tradotta in 18 lingue, un record che successivamente solo Oriana Fallaci ed Elena Ferrante sono riuscite a eguagliare. Un motivo, forse, per riscoprire oggi la sua scrittura?

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