Steven Meisel la biografia e il rapporto con Vogue Italia: storia del fotografo che ha cambiato tutto (pur non cambiando mai)

Dalla prima copertina per Vogue Italia, agli indimenticabili servizi di moda. Senza dimenticare i suoi rapporti più profondi, con Franca e Ariela, ma anche con Linda. Senza dimenticare quel primo incontro con Twiggy
steven meisel biografia
steven meisel biografiaRon Galella/Getty Images

Steven Meisel la biografia e il rapporto con Vogue Italia: storia del fotografo capace di cambiare registro, ma non identità

* Alla fine del testo italiano trovate un estratto dello stesso tradotto in inglese / At the end you will find the English translation of an extract of the Italian version

Steven Meisel con Marianne Faithfull

WWD/Getty Images

«Se Steven Meisel fosse una star del cinema, sarebbe Greta Garbo». Lo ha detto lo scorso settembre lo scrittore James Reginato, durante il cocktail party che a New York, Lower Manhattan, festeggiava la collezione disegnata dal fotografo per Zara. E dove l'unico a non presentarsi, commentava Jacob Bernstein nell’articolo del New York Times, è stato proprio lui. Uno dei più grandi fotografi di moda contemporanei. Un nome assolutamente inevitabile quando si parla di fashion. Di sicuro il più inafferrabile.

Il 5 giugno è il compleanno di questa primula rossa, che in Vogue Italia ha un posto speciale. E lo vogliamo raccontare. Perché Meisel è il segno fotografico che ha solcato il magazine sin dal 1988 senza cadere nella trappola dell’omologazione e della ripetitività che poteva scattare con la presenza costante sul magazine, mese dopo mese fino al 2016. Scandendo Pop e Couture, modelle solite e insolite, abiti che cambiano sempre ma che rimangono indimenticabili… Quel che di Meisel mi /ci ha sempre colpito era la capacità di cambiare registro ma non identità, e nello stesso tempo di cambiare identità con lo stesso registro di fondo.

La prima cover, quella “della camicia bianca”

Affrontare quindi le mille e mille facce del suo vasto corpus di lavoro in Vogue Italia è un po’ smarrirsi. Cosa scegliere? Da cosa partire? Per arrivare dove? Mi affido a una razionalità che fa ordine, e che credo ben risponda alla firma sempre “pulita”, alla tecnica impeccabile di un fotografo che dal luglio/agosto 1988, dalla ormai famosa prima copertina “della camicia bianca” dell’era Franca Sozzani, storica direttrice del magazine, ha costruito mondi, partorito idee e le ha trasformate in visioni, pescando nell’immaginario cinematografico, nei trend come nelle prospettive future, nella cruda attualità come nella più banale quotidianità. Sibilla capace di cogliere il futuro, ancora, deus ex machina capace di mostracelo sullo schermo delle pagine del magazine. Ogni tempo ha il suo folletto, il mago che dal cappello sa far uscire la normalità con gli abiti dell’impensato. E cos’è un abito se non lo sbocciare di un’idea nella realtà? Il riflesso futuro dell’oggi? La moda non sarebbe se non ci fosse chi la vede e prevede… Ecco perché le sue immagini non sono semplici scatti di moda, ma schegge del tempo che oggi appartengono a tutti noi.

La cover di Vogue Italia Luglio/Agosto 1988 - Foto Steven Meisel

Steven Meisel e una biografia raccontata da chi lo conosce bene

Ariela Goggi, storica fashion director di Vogue Italia – mix di fashion culture, gusto, nonché di imprevedibili e sempre azzeccate svolte –, lo racconta così: «Bellissimo, delicato, raffinato, pacato non potevi togliergli gli occhi di dosso. Riservato. All’inizio lo vedevi alle sfilate, in giro qua e là, poi si è ritirato, eclissato, ha scelto il mistero. Sul set c'erano solo quelli del suo team più stretto, i fashion editor – Edward Enninful, Karl Templer, Joe McKenna, Nicoletta Santoro, Carlyne Cerf, Brana Wolf… –, i “soliti” per trucco e capelli – Pat McGrath, Francois Nars, Garren, Julien d’Ys...». Audace e intuitivo, aggiungo, unico nel restare distaccato dallo star system che altrimenti, forse, lo avrebbe trasformato in una delle tante stelle… «Ma il tratto più incisivo di Meisel», continua Goggi, «è che è un “vero” esperto di moda, ha una profonda conoscenza della materia, delle collezioni, dei look.

Steven Meisel con Karl Lagerfeld

Ron Galella/Getty Images

Se dovevamo fare uno shooting sul tema del rosso, lui snocciolava i nomi dei brand, erano già nella sua testa. Questo lo ha reso un fotografo di moda a sé stante. Sapeva fare tutto, già prima di Vogue. Ricordo addirittura un servizio per Lei (young magazine di Condé Nast negli anni 80, sempre diretto da Sozzani, ndr), io ero sul set con Anna Sui, allora fashion editor, ed era Steven a occuparsi di hair e makeup …».

Steven Meisel con Anna Sui

Catherine McGann/Getty Images
Il primo amore per il disegno e poi…

A tutto questo si sommano velocità, rigore, grande flair e straordinaria capacità visionaria e narrativa: con queste armi il fotografo ha dato vita a una produzione variegata, costruita anche grazie alla lezione appresa dal lavoro di grandi fotografi: Penn, Newton, Parkinson… In realtà all’inizio l’amore di Meisel per l’elemento femminile – che coltiva sin da piccolo – si esprime attraverso il disegno, che studia a New York alla High School of Art and Design e alla Parsons School of Design. Sono proprio le illustrazioni a catturare l’attenzione di Halston, che lo assume per disegnare le sue collezioni. Al tempo stesso, come secondo lavoro, scatta i primi provini fotografici a modelle dell’agenzia Elite (anche lui ha lavorato come modello), queste li portano alla redazione di Seventeen e… grande successo. Il gioco degli scatti è cominciato.

L'anno in cui tutto ebbe inizio

Un gioco durissimo, che lo trova però infaticabile. Nel solo 1993 – anno a cui è stata dedicata la mostra Steven Meisel 1993. A Year in Photographs, tenutasi in Spagna, a La Coruña, da novembre 2022 a maggio 2023–, dopo il libro fotografico Sex, realizzato in collaborazione con Madonna, Meisel ha costruito 28 copertine per Vogue Italia e gli altri Vogue, e più di cento editoriali.

Steven Meisel con Madonna

Catherine McGann/Getty Images

«Non sono il tipo che si mette seduto a guardare il suo lavoro, a meno che non sia costretto a farlo…», ha raccontato a Michael Benson su vogue.it in occasione della mostra spagnola. «Il lavoro è qualcosa che faccio semplicemente d’istinto, mi viene spontaneo. Si tratta di immagini che ho in testa fin da quando ero bambino». Il suo privato è top secret, le interviste sono “pressoché “impossibili, ma l’incipit della sua stringatissima bio sul sito di art+commerce dà subito perfettamente la misura del suo lavoro: «Ha un talento prodigioso nello scrivere storie che riflettono la cultura, non solo fotografa la moda, ma la delinea e le conferisce una risonanza culturale…». Un talento, il suo, che unito alla “conoscenza” dell’arte fotografica, del cinema e di tutto quanto ne ha nutrito la curiosità, si è tradotto in visioni singolari, dispensatrici di trend, di moda e mode, ma anche in interpretazioni fashion dello Zeitgeist e della pura attualità: questioni politiche e sociali, disastri ambientali, gente… Perché gli shooting di Meisel non sono semplicemente scatti di moda, sono storie, veri racconti.

Le storie più belle narrate su Vogue Italia

Un cantastorie dei nostri giorni, dunque, con nell’obbiettivo racconti belli, a volte felici a volte feroci, e che non si è tirato indietro di fronte alle storture della società, anzi. Nel luglio 2005, il dito è puntato sull’ormai maniacale e spesso cieca ricerca della perfezione fisica: Makeover Madness è un elegante e spiazzante racconto in cui bisturi, siringhe, sedie a rotelle e bendaggi accompagnano gli eleganti trend dell’A/I.

La cover di Vogue Italia Luglio 2005 - Foto Steven Meisel

Due anni dopo esatti (luglio 2007) è la volta di Super Mods Enter Rehab: Agyness Deyn, Lara Stone, Missy Rayder, Tasha Tilberg, Sasha Pivovarova, Iselin Steiro e Guinevere van Seenus negli atteggiamenti riecheggiano quelli scomposti, decadenti e shock di alcune icone dei nostri giorni – da Britney a Paris, a Lindsay. Lo stridore del mondo si sente invece in State of Emergency (settembre 2006), in cui una sottesa brutalità permea la rappresentazione dei controlli di sicurezza dei poliziotti negli aeroporti. Nel settembre 2007 la cover dice Extraordinary, lo shooting titola Make Love, Not War: il fango della guerra sui volti, gli elmetti… partì l’accusa di aver glamourizzato il conflitto in Iraq. Ma Meisel è incisivo, non romanticizza… Non lo ha fatto neppure in The Latest Wave (agosto 2010), raccontando uno dei peggiori disastri petroliferi di sempre: nell’aprile di quell’anno, al largo del Golfo del Messico, un geyser esplose nelle fasi finali della perforazione di un pozzo e per tre mesi sputò una devastante marea nera.

La cover di Vogue Italia di Agosto 2010 - Foto Steven Meisel

Meisel colora la tragedia di buio, spalmando di pece la sirena che ormai agonizza sulla spiaggia, Kristen McMenamy. Un’immagine dolorosamente bella, minacciosamente elegante. Il colore nero torna in Silent, agosto 2008, un elegante e assolutamente ironico servizio in b/n, dove la farsesca disperazione di vedove in veletta attraversa e si riversa sull’architettura cimiteriale…

La moda ride

Paure, inquietudini, paranoie viste attraverso il prisma della moda, dunque. Ma la realtà non è solo “opera al nero”, è ricca di curiosità, stramberie, spunti e passioni, da osservare con occhi aperti e divertiti – «È inevitabile, dobbiamo ridere. Posso concentrarmi, quando serve, ma ho anche bisogno di farmi una risata e divertirmi con tutti…», raccontava a Benson sempre su vogue.it. Così nel gennaio 2005 Meisel cattura L’altra Hollywood. «Meno glittering, più easy, meno stereotipata, più personale. Lo stile, la moda i personaggi: come cambia l’immagine dello show biz», recitava il sommario di apertura di 70 pagine che concentravano un vero e proprio studio della normalità quotidiana delle celebrities. 80 sono invece le pagine di Runaway, gennaio 2010: un susseguirsi vorticoso di foto, modelle, capelli arcobaleno, fogge e colori disparati. Una gigantesca passerella corredata di backstages che mette in pagina la frenesia, l’euforia di quella incredibile parade che è la sfilata. Poi la moda cambia i suoi canali, Meisel la osserva, e nel marzo 2017 la organizza in Buy, Bye, specchio delle schermate di vendite on line, dove il click frontale sui modelli è sostenuto dal nuovo lessico web: see now buy now, runaway click, stylestop… Chi non ricorda poi numeri storici come il luglio 2008, The Black Issue, o le Belle Vere del giugno 2011? Portavano in primo piano in quanto ricchezza i Black people e la “differenza di taglia”. Ormai talmente celebri che parlarne è ridondante, sono sempre esempi di uno spirito positivo, che guarda al cambiamento, all’evoluzione, e lo introduce come dato di fatto nella realtà.

La cover di Vogue Italia di Giugno 2011 - Foto Steven Meisel

La cover di Vogue Italia di Luglio 2008 - Foto Steven Meisel

Il rapporto con il cinema e le battaglie sociali

Tutte issues che si affiancano a quelle che evocano la realtà fantastica del cinema, da Meisel amata e spesso utilizzata. Nel marzo 1998, I’ve seen things you people would not believe è uno splendido, siderale omaggio a Blade Runner. Pulp (luglio 2004) si ispira invece all’iconografia hollywoodiana degli anni 40/50, replicando erotismo voyeristico, aristocratiche, gangster e imperturbabili stripper girls. Atmosfere diverse da quelle di An Undiscovered Musical (aprile 2015), sorta di rielaborazione della coppia Ginger e Fred by Karen Elson e Christopher Niquet. Sempre al cinema guardano cover e servizio del Cinematic aprile 2014, con immagini che in Horror Movie ricreano la suspense di un thriller grandguignolesco, con modelle in taffettà, pizzi e sete oggetto di una volontà omicida… Non un semplice omaggio al grande schermo, ma un manifesto di denuncia della violenza sulle donne.

La cover di Vogue Italia di Aprile 2014 - Foto Steven Meisel

E ancora, The Heart of The Machine (febbraio 2015), uno shooting a mezza via tra Metropolis e Flashdance, palcoscenico di una working class tra sartine d’altri tempi e metallurgia… E poi la routine di un viaggio in metropolitana, che con l’allure di Raquel Zimmermann si trasforma in un percorso di stile (novembre 2011). L’amore del fotografo per lo stile Mid Modern della Sheats-Goldstein Residence, capolavoro degli anni 60 di John Lautner, discepolo di Frank Lloyd Wright, che troneggia sulle colline di Beverly Crest, LA (marzo 2000). Il gioco di sedie, tavoli, di linee geometriche e colori che incorniciano modelle anni 20 stile Mondrian in Neo Structure (ottobre 1996)…

Da Twiggy in poi: Stevel Meisel e le top model

Una terrific marathon, potremmo dire, che non può non tenere conto delle modelle. «Andavo a scuola sulla 57ma strada. Non so perché, ma avevo sempre con me una Instamatic. New York sembrava piccola e, a quei tempi, si vedevano modelle dappertutto», ha raccontato sempre al fortunato! Benson, al quale non posso che essere grata perché ora so di più di Meisel... «Era difficile non notarle. Quindi, sì, è iniziato tutto quando ero molto giovane, forse anche prima che cominciassi a scattare foto. Semplicemente, mi piaceva la moda». E le modelle. Imprescindibile per lui è stata Twiggy. «Ero un fan di Twiggy. Avevo 12 o 13 anni e volevo incontrarla. Così, ho saltato la scuola e sono andato allo studio di Melvin Sokolsky, perché sapevo che si trovava lì. Busso alla porta, e la stylist – Ali MacGraw, niente meno – mi dice di no, ma il fotografo, invece, mi lascia entrare. Così ho ottenuto la mia fotografia, e persino un autografo. Lei aveva 17, forse 18 anni, e credo che fosse il suo primo viaggio a New York. Suppongo che allora fosse prigioniera del suo essere Twiggy. Era così stupita quando le ho raccontato questa storia, tanti anni dopo».

Il capitolo Linda Evangelista

E poi c’è Linda. La sola, l’unica, la bellezza, la musa che non si tira mai indietro, mette gioia in quel che fa e si vede. Cover febbraio 1989, Meisel la ritrae in auto: sorriso incantevole e capelli à la garçonne. In un numero che racconta la nuova donna, e che per farlo snocciola i nomi di Elgort, Watson, Demarchelier, Lowit, Satoshi Saikusa, la copertina è Meisel. Perché? Perché prima di tutto lo shooting è già una “storia”, e poi racconta una donna speciale, che salta fuori dalla pagina e ti rimane addosso. Meisel la porterà con sé, facendole spiegare nel dicembre ’89 gli Eccentrici stravaganti 90 che stavano arrivando, vestendola da motard chic insieme a Naomi e Christy.

Steven Meisel con Christy Turlington

Ron Galella/Getty Images
Amber, Stella, Shalom…

Un trio che spesso si rinnoverà, arricchendosi nel maggio 1993 di Amber Valletta e Shalom Harlow nella cover Belle così: gioiose creature che in candide camicie oversize fanno a cuscinate… E qui risuona l’eco di una celebre foto dei Beatles di Harry Benson…

La cover di Vogue di Maggio 1993 - Foto di Steven Meisel

Linda sarà Lady or Sir? nel settembre 1991, Katharine Hepburn nel marzo 1994, l’emblema del Glam Italiano! nel maggio 2012, l’addicted della chirurgia estetica nel già citato Makeover Madness, epitome di stile in The Duchess Linda Evangelista, giugno 2008… Un rapporto inestricabile confluito in Linda Evangelista photographed by Steven Meisel, il volume di Phaidon 100 uscito nel 2023. Ma anche Naomi Campbell, idolo d’oro sulla cover del luglio 1990, e prima inguainata d’argento nel luglio 1989, poi guerriera metropolitana nel gennaio 2017… Stella Tennant, modella incredibile, allure aristocratica, che il fotografo ha adorato.

Steven Meisel con Naomi Campbell

Ron Galella, Ltd./Getty Images

«Si sedeva lì e leggeva libri in cinese come se niente fosse…». È lei nel settembre 2011 a replicare – con dei trick di postproduzione – Ethel Granger, la vita più stretta del mondo, icona controversa del mondo fetish in un servizio dal significativo titolo di The Discipline of Fashion.

«Credo di essere bravo a scegliere le persone, a scoprirle»

Insomma, fiumi di modelle hanno incrociato l’obbiettivo di Meisel, spesso in servizi moda ad altissima densità di volti, come The Group (luglio 1999), 40 pagine di più e meno note e che rappresentano un vero compendio dell’estetica Nineties… Troppe per raccontarle tutte… Molti pure i personaggi. Anche della vita reale, come la pittrice Elizabeth Peyton, sulla cover del luglio 1998 che titola Real life. Dove vive la moda. Con lei nel numero altre real people – pittrici, scrittrici, stylist, pr – ritratte in “real places”, a casa, in studio, in ufficio. «Credo di essere bravo a scegliere le persone, a scoprirle... Scorgo in loro cose che i diretti interessati potrebbero non vedere», diceva Meisel sempre a Benson.

Madonna come Marilyn, Isabella come Sophia

E chissà cosa ha visto in tre donne-personaggio, grandi stelle qui prese a esempio che in tempi diversi hanno abitato le stanze di Vogue Italia. Comincio da Madonna. Meisel, che nel 1984 aveva scattato la copertina dell'album Like a Virgin, e nel ’93 con lei avrebbe dato alle stampe Sex, la reinventa nel febbraio 1991 in versione moderna Marilyn: una cover dal fascino potente, in cui l’energia scomposta della star si rapprende in un nucleo atomico di puro stile firmato Gianfranco Ferré. Ecco poi Sofia Coppola, che nella issue del dicembre 1992 è una delle donne di cui quell’anno si è parlato… Approdata – per caso, diceva – nel Padrino parte III… «Temevo che Steven Meisel, da grande fotografo e image-maker qual è mi avrebbe convinto a radermi le sopracciglia», raccontava nella interview di Manuela Cerri Goren, «invece mi sono dovuta ricredere: la photo-session è stata eccezionale, l'atmosfera, la musica, la privacy dello studio mi hanno fatta sentire del tutto a mio agio. È stato un po' come lavorare sul set di un film».

La cover di Vogue di Dicembre 1992 - Foto di Steven Meisel

Appunto. Isabella Rossellini è presenza costante nella storia fotografica di Meisel in Vogue Italia. Il bianco e nero del dicembre 1988 la vede condividere la cover con Lauren Hutton e Veruschka per rappresentare “le donne più belle”.

Steven Meisel con Lauren Hutton

Catherine McGann/Getty Images

Nel settembre 1989 il fotografo la trova Irresistibile, il mese dopo il titolo è Isabella Rossellini vista da Steven Meisel, che nel settembre 1990 la elegge a simbolo del fascino italiano Lollo-Loren. Sensualissima nel febbraio 1992, il giugno 2012 è Feeling good… Un amore senza fine. Serio, la lunga onda dei capelli ad ammantarlo di mistero, Mr Meisel forse leggerà il fiume qui generato. Magari riderà, poi tornerà a ispirarsi con la moda e tutto il resto. Buon compleanno, Marvelous Mr Meisel!

* Qui sotto trovate un estratto dello stesso tradotto in inglese / Here is the English translation of an extract of the Italian version

Steven Meisel's biography and relationship with Vogue Italia: story of the photographer who changed everything (while never changing)

Steven Meisel's photographs have been gracing the pages of Vogue Italia since 1988. His work, appearing month after month until 2016, was never boring or repetitive. He fused pop and couture, the usual models and unusual ones, and clothes that always changed but remained unforgettable. What has always struck me/us about Meisel is his ability to change his style but not his identity, and simultaneously change his identity with the same style.

Tackling the various aspects of his body of work for Vogue Italia is a bit daunting and confusing. What to choose? Where to start? Where to go? I rely on a rationale that creates order, and which I believe successfully responds to the always "clean" signature of a photographer who, since November 1988 with the now famous first cover of "the white shirt", has built worlds and transformed them into visions. In addition to starting the partnership between Meisel and Franca Sozzani (which lasted until the editor-in-chief's death in December 2016), that cover marked the beginning of a new direction for the magazine. Model Robyn Mackintosh wore only a white shirt and the message was clear: let's start from scratch, let's make this magazine less commercial and more independent. Let's transform it into a training ground where new talents in photography and fashion can express themselves.

Ariela Goggi, the historic fashion director of Vogue Italia, remembers Meisel as "gorgeous, delicate, refined, calm, reserved. You couldn't take your eyes off him. In the beginning, you saw him at fashion shows, here and there, and then he retired, vanished, and chose mystery. On set, there were only people from his small team, fashion editors Edward Enninful, Karl Templer, Joe McKenna, Nicoletta Santoro, Carlyne Cerf, Brana Wolf, and the "usual" makeup and hair stylists – Pat McGrath, Francois Nars, Garren, Julien d'Ys..." He was bold and intuitive, I will add: the only one who remained detached from the star system which otherwise might have transformed him into one of the many ‘shooting stars.’ "But Meisel's most incisive trait is that he is a 'true' fashion expert," continues Goggi. "He has a profound knowledge of the subject, the collections, and the looks.

If we had to do a shoot with a red theme, he would reel off the names of the brands that were already in his head. This made him a fashion photographer who stood out from the rest. He knew how to do everything, even before Vogue."

Actually, Meisel's initial love for the feminine figure was expressed through drawing, which he studied in New York at the High School of Art and Design and then at Parsons. It was his illustrations that captured the attention of designer Halston, who hired him to draw his collections. At the same time, as a second job, he took the first headshots for models at the Elite agency (he also worked as a model). This led him to the editorial staff of Seventeen, and the rest is history. In 1993 alone – the year of the Steven Meisel 1993. A Year in Photographs exhibition in La Coruña, Spain – the photographer created 28 covers for Vogue Italia and other Vogue editions, and more than one hundred editorial features.

His private life is top secret and interviews are almost impossible, but the intro of his very concise bio on the website of his art + commerce agency immediately gives the measure of his work: "He has a prodigious talent for scripting storylines that reflect culture. Meisel not only depicts fashion, he defines it and gives it cultural resonance." This ability of his, combined with knowledge of the art of photography, cinema, and everything else that feeds his curiosity, is translated into singular visions, the dispensers of trends and reflections: political and social issues, environmental disasters, and so on. Meisel's photo shoots are not simply fashion shots: they are stories.

In July 2005, for example, the finger was pointed at the now maniacal search for physical perfection: Makeover Madness is an elegant and surprising story in which scalpels, syringes, wheelchairs and bandages accompany F/W trends. Exactly two years later (July 2007), it was the turn of Super Mods Enter Rehab, in which Agyness Deyn, Lara Stone and other top models evoke the disheveled and decadent attitudes of some icons of our times – from Britney to Lindsay. In September 2007, in Make Love, Not War, the mud of war on faces and helmets raises accusations of having glamorized the conflict in Iraq. But Meisel is incisive: he doesn't romanticize. He doesn't even do it in The Latest Wave (August 2010), recounting one of the worst oil disasters ever in the Gulf of Mexico: Meisel tars the dying mermaid portrayed by Kristen McMenamy on the beach. She is just one of the countless top models that he has immortalized during his long career, which began in unsuspecting times: "I went to school on 57th Street and always had an Instamatic camera with me. In those days, you could see models everywhere in New York. It was difficult not to notice them," he told Michael Benson on Vogue.it on the occasion of the Spanish exhibition.

His first muse? Twiggy: "I was 12 or 13 years old and I wanted to meet her. So, I skipped school and went to Melvin Sokolsky's studio, because I knew she was there. The stylist – Ali MacGraw, no less – told me no, but the photographer let me in. So I got my photo." Linda followed, on the February 1989 cover, who was joined by Naomi and Christy in December of the same year. The trio was destined to make history and, in May 1993, was completed with Amber Valletta and Shalom Harlow for the Belle cosi cover: joyful creatures in oversized white shirts, engaged in a pillow fight.

There were top models but also celebrities. Meisel, who shot Madonna's Like a Virgin album cover in 1984, reinvented the image in a Marilyn Monroe version for Vogue Italia in February 1991. In December 1992, it was Sofia Coppola's turn: "I was afraid that Steven Meisel, as the great photographer and image-maker that he is, would convince me to shave my eyebrows," she said in an interview with Manuela Cerri Goren, "but I had to change my mind. The photo session was exceptional: the atmosphere, the music, the privacy of the studio made me feel completely at ease. It was a bit like working on a film set." Isabella Rossellini was also a constant presence in the history of Meisel and Vogue Italia. The black and white shot of December 1988 shows her sharing the cover with Lauren Hutton and Veruschka to represent "the most beautiful women.”

Who doesn't remember historic issues like July 2008, The Black Issue, or the Belle Vere issue of June 2011? They brought black beauty and body positivity to the foreground – before they became a trend. Now these photo shoots, so famous that talking about them is superfluous, are examples of a progressive spirit embracing change and introducing it into the real world. Meisel is a modern-day storyteller. With his lens he immortalized stories — sometimes happy, sometimes ferocious — and he never backed down in the face of society's distortions. Steven Meisel is Vogue Italia and Vogue Italia will forever be Steven Meisel.

Leggi anche:
Vuoi ricevere tutto il meglio di Vogue Italia nella tua casella di posta ogni giorno?