A Sensitive Education

Intervista a Francesca Todde     
A Sensitive Education • Intervista a Francesca Todde
Francesca Todde

A Sensitive Education è un progetto fotografico di Francesca Todde che ci introduce all’interno di un dialogo inusuale, quello tra un uomo, Tristan Plot, educatore di uccelli, e alcuni rappresentanti della specie. In una foto del libro omonimo - edito dalla casa editrice indipendente Départ Pour l'Image nel gennaio 2020 - un barbagianni guarda l’educatore con fare interrogativo.

Chissà che cosa sta pensando. Chissà che cosa sta provando.

Non possiamo saperlo. Possiamo solo interpretare la sua espressione secondo la nostra innata propensione ad antropomorfizzare gli animali. Oppure possiamo scegliere un’altra via: astenerci dal giudizio e osservare, facendo attenzione ai dettagli, ai minimi movimenti, alle variazioni impercettibili rivelatrici di stati emotivi in continuo mutamento. Cogliere tutti gli “elementi invisibili” che sono l’essenza di una relazione. Possiamo empatizzare con gli uccelli e lasciarci guidare da loro, proprio come fa Tristan che con passione dedica la sua vita a questi animali, preparandoli per la partecipazione a spettacoli teatrali e di danza o a documentari cinematografici.

Abbiamo fatto alcune domande a Francesca Todde, fotografa e co-fondatrice con Luca Reffo di Départ Pour l'Image, per approfondire insieme questo lavoro, che è già stato insignito di diversi premi, tra cui la selezione per 2020 PhMuseum Women Photographers Grant, la menzione d’onore al Premio Bastianelli e il Premio Ponchielli per il miglior libro fotografico 2020/21.

A Sensitive Education • Il libro fotografico di Francesca Todde
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Come è nato il progetto A Sensitive Education?

La relazione tra uomini e animali mi interessa da molto tempo. Dal 2013 ho iniziato a conoscere persone che lavorano e vivono con gli animali, tra gli altri il teatro equestre Théâtre du Centaure di Marsiglia. È grazie a loro che, in modo fortuito, ho conosciuto l’educatore di uccelli Tristan Plot, scoprendo in lui una persona dal carattere schivo quanto il mio. Fin da principio siamo andati molto d’accordo e, mano a mano che scoprivo di più della sua storia, maturavo il desiderio e la necessità di raccontarla.

Dopo un primo incontro ad Avignone ed un secondo incontro a Parigi, sono andata a trovarlo a Poitiers, nella sua casa situata in un punto in cui la campagna scende verso il fiume e si perde nella foresta. Tristan abitava proprio sul confine e dentro alla vegetazione aveva costruito enormi voliere dove teneva diversi uccelli, circondandoli di alberi a crescita rapida, come i noccioli, in modo che avessero sempre un ambiente vivo intorno, per non annoiarsi o deprimersi.

Partendo dagli studi di ecologia, biologia ed etologia fatti all'università, Tristan ha messo a punto una “educazione dolce” degli uccelli che si contraddistingue per essere una tecnica all’intersezione tra imprinting, il metodo scoperto dallo zoologo ed etologo Konrad Lorenz negli anni Trenta, la formazione tradizionale (attraverso il cibo) e la “formazione positiva” (attraverso il gioco). Alla compresenza di queste tre discipline ha aggiunto una sua peculiarità che gli viene da un'esperienza infantile: da bambino, giocando nella foresta dietro alla casa dei genitori, nella Touraine, scoprì che se rimaneva fermo abbastanza a lungo gli animali uscivano dalla vegetazione e potevano essere osservati. In questo senso l’educazione dolce ruota intorno al rispetto del ritmo dell’altro, l’attesa che l’altro ti venga incontro è basilare.

Tristan inoltre educa gli uccelli per realizzare sessioni di ornitoterapia nelle carceri, una delle attività che preferisce, in modo da creare una profonda connessione tra gli animali e i detenuti per dare vita a nuove esperienze emotive. Si tratta di una pratica che si fa solitamente con i mammiferi, cavalli e cani in particolare, per aiutare i detenuti a riacquistare familiarità con l’espressione delle proprie emozioni, soprattutto in vista del reinserimento nella vita al di fuori del carcere.

A Sensitive Education prende proprio il nome da questo approccio lento all’altro: bisogna imparare come avvicinarsi agli animali, educarsi alla loro sensibilità, comprendere quali siano i loro codici espressivi, capire come evitare di incutere loro timore.

Mi ha affascinato questa necessità di un tempo lento, quello che serve per stabilire una relazione con gli uccelli, ma anche il mio, per entrare all’interno di questa storia, per avere la possibilità di vederla, perché non c’è nulla di messo in scena, tutto quello che mostro nelle foto è il frutto di ciò che è successo o non è successo.

In che sensociò che non è successo”?

C’erano volte in cui passavamo la giornata a guardare il cielo aspettando che tornasse Mildred, la cicogna che abita sul tetto di casa di Tristan. Trascorri un giorno intero a scrutare l’orizzonte in attesa dell’apparizione di un puntino nero. Lì per lì stavo un po’ impazzendo perché pensavo che non sarei uscita viva da un progetto con tempi così dilatati. Poi ho deciso di non pormi limite di tempo per finire il lavoro, quindi l’ho lasciato andare e da quel momento è cambiato il mio sguardo.

Una volta ho chiesto a Tristan che cosa avesse imparato dagli animali e lui mi ha risposto «l’attenzione alle cose microscopiche, la delicatezza». Nel corso del progetto mi è stato via via sempre più chiaro che questo era il soggetto della storia.

Quello che noi intendiamo come ferocia e che associamo agli animali come termine, è un fraintendimento: gli animali sono molto più delicati di noi, hanno delle percezioni molto più sottili, fanno attenzione ad elementi che noi abbiamo in parte dimenticato nel corso dell’evoluzione.

Oggi, ad esempio, non facciamo più tanta attenzione alla posizione del corpo o all’intensità dello sguardo perché possiamo intenderci in altro modo, ma fissare negli occhi un uccello equivale ad una minaccia, e ancora di più se lo fissa il grande occhio predatore della macchina fotografica. Ci sono tanti piccoli accorgimenti a cui fare attenzione, dettagli che rivelano le nostre intenzioni e possono essere fraintesi. Per entrare in comunicazione con loro, dobbiamo recuperare la capacità di percepire le minime variazioni e i movimenti impercettibili che costituiscono l’universo espressivo degli animali.

Perché ti interessa questa analisi della relazione tra uomo e animale?

Dal 2011 ho avuto l’occasione di approfondire l’argomento e credo che sia un tema importante e ancora poco esplorato. Non ci siamo solo noi umani nel mondo, ci sono anche gli animali e le piante. È anche un pensiero politico: puoi guardare al mondo come ad uno spazio da sfruttare oppure uno spazio da condividere, si tratta di un cambiamento di sguardo notevole. Questo lavoro con Tristan, questi due anni e mezzo dedicati al progetto, mi hanno arricchito tantissimo, ampliando la mia esperienza quotidiana. Quando viaggio, scopro storie di animali in continuazione, anche solo osservando un albero, mi accorgo di cose che prima non notavo. Se ti fermi ad ascoltare e a guardare cosa sta succedendo, lo riconosci, lo capisci, è intelligibile, e molto bello. Questa dimensione dell’attesa, di un ritmo che devi conoscere e che non ti appartiene, che non puoi controllare, credo sia educativa, soprattutto se si pensa ai ritmi di vita a cui siamo abituati. Una pratica quasi meditativa. A me interessa molto cosa vedi quando sei lento.

Secondo te Tristan che cosa ha appreso da questa esperienza?

Bella domanda! Non saprei dire esattamente… è sempre stato molto silenzioso e concentrato sul proprio lavoro. Ci siamo trovati molto bene insieme, perché il suo modo di interagire con gli uccelli è simile al mio modo di approcciare i soggetti da fotografare, si tratta di aspettare fondamentalmente.

È l’unica via, altrimenti racconti quello che pensi e non ciò che si trova di fronte a te. Tristan per me è stata una chiave di accesso incredibile alle modalità di relazione che possiamo instaurare con gli animali, ed in particolare gli uccelli.

Lui ha una capacità straordinaria di comunicare con loro.

Come ha sviluppato questa dote?

Da bambino ha scoperto di avere facilità di interazione con gli animali e appena maggiorenne ha iniziato a frequentare un gruppo di falconieri nel paese vicino a casa sua. I metodi educativi della falconeria non gli piacevano perché erano troppo costrittivi e poi mancava una attenzione alla creatività dell’animale, che è un aspetto che lo coinvolge molto. Così dopo l’università ha dato vita ad un'azienda che prepara gli uccelli a partecipare a spettacoli teatrali e documentari, mettendo a disposizione di altri le sue conoscenze rispetto all’educazione dolce di questi animali. In molti casi si limita a fare da ponte tra le nostre due specie: insegna agli attori e ai registi come relazionarsi con gli uccelli e agli uccelli come muoversi nei contesti umani e non avere paura di loro.

Adesso su cosa stai lavorando?

Tra i vari progetti editoriali ed espositivi in corso, da due anni mi ritaglio del tempo per continuare un progetto a lungo termine intorno all’immaginario della scrittrice Goliarda Sapienza. È un lavoro che è anche un viaggio, che si concentra su alcuni luoghi dove lei ha vissuto e di cui ha scritto. La Sapienza è morta nel 1996 ma noi conosciamo la sua opera grazie al marito, Angelo Pellegrino.

Durante la sua vita è stata a lungo osteggiata per le sue posizioni anticonformiste e aveva tentato per dieci anni di far pubblicare quello che oggi è riconosciuto come il suo capolavoro, Larte della gioia, ricevendo numerosissimi rifiuti, che la portarono a desistere dal cercare un editore.

Dopo la morte dell’autrice, il marito ha pubblicato il libro a sue spese con Stampa Alternativa, nel 1998. Notato da una scout letteraria alla fiera di Francoforte e successivamente pubblicato in Germania e in Francia, dove è stato accolto come uno dei capolavori del ventesimo secolo, è oggi il caso editoriale che tutti conosciamo.

Quando Goliarda Sapienza scrisse questo libro i tempi non erano ancora maturi per accoglierlo: una donna che parlava di sessualità non convenzionale e con spirito anarchico e irriverente non partecipava a nessuna fazione politica negli anni Settanta in Italia non era vista bene.

Anche secondo il marito si tratta di un’opera troppo all'avanguardia per l’epoca in cui è stata concepita, non solo per le tematiche affrontate. La scrittura della Sapienza è fluida, non ha un'unica direzione e risulta estremamente affascinante per i continui passaggi tra la prima e la terza persona.

A lato di questa ricerca, continuerò a lavorare sul concetto di interconnessione tra gli esseri viventi, sul fatto che siamo parte di un sistema complesso. Come la prima fotografia della Terra vista dallo spazio ha stimolato un cambio di paradigma nel movimento ecologista, credo che approfondire per immagini la sensazione di essere parte integrante della natura, animale tra gli altri animali, potrebbe arricchire le nostre vite e dargli forse un nuovo corso.