Kamala Harris, sarà lei la prima presidente donna degli Stati Uniti?

Dopo il ritiro di Biden tutti gli occhi sono puntati sulla attuale vicepresidente: tutto su di lei
Kamala Harris tutto sulla nuova candidata a presidente Usa
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Dopo il clamoroso ritiro di Joe Biden, Kamala Harris è la più papabile candidata alla presidenza degli Stati Uniti: tutto quello che c'è da sapere

Da tempo forse non si assisteva a una campagna elettorale per le presidenziali americane dagli avvenimenti così eclatanti: prima il dibattito tra Donald Trump e Joe Biden, che ha dimostrato l'inesauribile follia del primo e la debolezza del secondo; poi il fallito tentato mortale a Trump; e infine, dopo l'ennesima disavventura (una diagnosi di Covid), la decisione di Biden, oggi 81enne, di di ritirarsi dalla corsa a presidente degli Stati Uniti. Subito dopo, un'altra mossa epocale: l'attuale presidente ha indicato come candidata alla sua successione Kamala Harris, attuale vicepresidente degli Stati Uniti, con la quale aveva corso nelle presidenziali del 2020.

Anche se non è ancora la candidata ufficiale (perché sarà la convention del Partito Democratico, dal 19 al 22 agosto, a votarla come tale), l'avvocata sta già raccogliendo il sostegno dei pezzi grossi del partito, i coniugi Clinton in testa, e pare che i sondaggi vogliano già ridotto il suo distacco rispetto a Trump. Appena quattro anni fa era stata la prima donna di origini africane e asiatiche a diventare vicepresidente degli Stati Uniti, a novembre potrebbe diventare la prima donna in assoluto eletta alla carica di presidente: ma chi è davvero Kamala Harris?

Joe Biden e Kamala Harris in un dibattito a Houston nel 2019Win McNamee/Getty Images

Chi è Kamala Harris

Kamala Harris è nata nel 1964 a Oakland, in California, da madre indiana Tamil (ricercatrice biologa, si era trasferita negli Usa a 19 anni, nel 1958) e da padre giamaicano-americano, professore universitario di economia, anche lui emigrato negli Stati Uniti nel 1961. Cresciuta assieme alla sorella più piccola, Maya, in una famiglia stimolante e spesso in viaggio per gli impegni professionali dei genitori, Harris ha trovato stabilità proprio negli studi, laurendosi in legge prima alla Howard University (prestigiosa università di Washington dalla lunga tradizione black) e poi alla University of California. Ha cominciato la sua carriera giudiziaria in vari uffici legali pubblici, fino a venire eletta district attorney (procuratore distrettuale) di San Francisco nel 2003 (la prima donna, la prima persona black e la prima persona asioamericana a ricoprire il ruolo), e poi attorney general della California nel 2010 e nel 2014. Nel 2016 è stata eletta al Senato degli Stati Uniti e nel 2020 si era anche già candidata per le presidenziali, poi ritirandosi e venendo scelta appunto da Biden nel suo ticket come vicepresidente.

Nella sua attività da senatrice si è molto spesa per il controllo delle armi, la regolarizzazione degli immigrati senza documenti, la riforma del fisco e del sistema sanitario, la legalizzazione della cannabis ed è stata una determinatissima critica della presidenza Trump, distinguendosi con le sue puntuali domande durante i cosiddetti Senate hearings, nei quali i vari rappresentanti dell'allora amministrazione venivano messi in discussione. Ha portato la stessa determinazione anche nella carica di vicepresidente, an che se è stata spesso criticata per la sua azione non così incisiva e soprattutto per essersi concentrata su temi controversi, come la limitazione dei flussi migratori (è divenuto celebre un suo discorso in cui dice espressamente: «Do not come», non venite). La sua moderazione e il fatto che sia nota, anche per i suoi anni come avvocata, per la sua volontà di far rispettare la legge la rende una candidata appetibile anche per l'elettorato centrista e soprattutto per gli indecisi.

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Nella sua vita personale, Harris è sposata da dieci anni con l'avvocato Doug Emhoff, conosciuto tramite un appuntamento al buio organizzato da amici comuni nel 2013: se lei vincesse le presidenziali, Emhoff diventerebbe il primo first gentleman nella storia degli Stati Uniti; la coppia non ha figli, ma Emhoff ne aveva avuti due, Cole e Ella, dal suo precedente matrimonio. Kamala Harris si è fatta conoscere nel corso degli anni per il suo carattere deciso ma anche informale allo stesso tempo, cosa che si riflette anche nel suo look: sfoggia tailleur eleganti ma mai troppo rigidi, spesso accompagnati da sneaker (così era stata ritratta anche in una celebre cover di Vogue America). La stessa disinvoltura ce l'ha nelle occasioni e nei discorsi pubblici, tanto da suscitare la simpatia di molti utenti del web, che l'hanno soprannominata “vicepresidente dei meme”. Virale è diventato il suo celebre momento Coconut (citando la propria madre, aveva detto: «Cosa c'è che non va in voi giovani? Credete di essere caduti da un albero di cocco?») e l'emoji relativa (🥥🌴) è spesso associata ai post su di lei. Negli ultimi tempi erano apparsi diversi fotomontaggi che avevano sostituito il suo volto a quello di diverse popstar nelle copertine dei dischi. Basterà questa popolarità online - e tra i gen Z - a farle vincere queste elezioni decisive per tutto il mondo?

Kamala Harris e il marito Douglas Emhoff a Parigi per il Peace Forum nel novembre 2021Kiran Ridley/Getty Images

I suoi lati inediti in una biografia

Come è facile da capire, la storia di Kamala Harris è ben più che un semplice racconto biografico. È la storia di una realtà, quella di San Francisco. È la storia di un modus operandi, quello di chi ascolta e sa comprendere. È la storia di chi, un passo alla volta, una scelta alla volta, una storia alla volta, porta l'esperienza del vivere comune ai vertici della politica mondiale. È la storia di chi ha fatto la Storia.

Ed è anche la storia di piccoli insegnamenti che diventano grandi strategie. Tutto questo e molto di più emerge anche ne Le nostre verità, l'autobiografia di Kamala Harris pubblicata in Italia per La Nave di Teseo nel 2021. Un libro ricco che racconta la vita dentro e (soprattutto) fuori dai palazzi, che unisce fotografie, ricordi e ricette della mamma ad audizioni in Senato e battaglie contro i colossi bancari. Ecco cinque "segreti" su di lei che forse ancora non conoscete.

Le nostre verità di Kamala Harris

La madre ha rifiutato un matrimonio combinato

Nell'autobiografia di Kamala Harris, la figura della mamma (che lei ha chiamato sempre "mammina") è centrale. Centrale la sua storia a cui la vicepresidente ha più volte guardato come esempio di libertà e autodeterminazione. Nelle prime pagine, infatti si può leggere di come Shyamala Gopalan, la madre di Kamala, dopo la laurea a soli 19 anni all'Università di Delhi decise, con il sostegno della famiglia, di andare a Berkley a conseguire una seconda laurea. Ed è proprio a Berkeley che, durante una manifestazione del movimento per i diritti civili, la madre e il padre di Kamala si incontrarono e si innamorarono. Un amore che però non avrebbe dovuto esistere: nei piani di Shyamala e della sua famiglia c'era il rientro in India dopo la laurea per un matrimonio combinato e già deciso (così come era accaduto ai nonni di Kamala Harris). «Il suo matrimonio – e la sua decisione di rimanere negli Stati Uniti – furono dei supremi atti di autodeterminazione e di amore», scrive la vicepresidente.

Meena Harris da bambina, con la mamma Maya Harris (a sinistra), la nonna Shyamala Gopalan Harris (in centro) e la zia Kamala Harris

Dei biscotti “salati” l'hanno convinta a fare politica

La biografia di Kamala Harris è piena di aneddoti gustosi. In tutti i sensi. Ricordando il suo passato, la vicepresidente degli Stati Uniti rievoca di quella volta che, da bambina, aveva fatto dei lemon bars, dei biscotti di pastafrolla ripieni di crema di limone, per portarli alla sua "seconda mamma", la signora Shelton. «Mi erano venuti benissimo e non vedevo l’ora di farli vedere agli altri», racconta rievocando come, con orgoglio, era arrivata con i suoi biscotti per farli assaggiare a tutti. Unico problema? Per errore, Kamala aveva messo il sale al posto dello zucchero. Fu proprio la signora Shelton ad accorgersene, dopo aver dato un bel morso al biscotto. Arricciate le labbra per il sapore "complesso", la signora tuttavia esclamò: «È delizioso... magari c’è un po’ troppo sale... ma veramente delizioso». Quella frase, questo complimento nonostante l'errore, fece pensare a Kamala di aver solo sbagliato una piccola cosa all'interno di un risultato comunque a suo modo accettabile. Un passo falso su un percorso comunque portato a termine: «Pensai di aver fatto un gran lavoro, a parte un errore da poco. Sono state piccole occasioni come quella ad aiutarmi a costruire un senso di fiducia in me stessa. Credevo di essere capace di fare tutto».

Ha fatto campagna elettorale con asse da stiro e nastro adesivo

Fast forward: siamo alle elezioni da procuratore distrettuale. Kamala Harris ha tutto da dimostrare, non ha mai fatto una campagna elettorale, ha una comunità intera da convincere. Il metodo è quello classico: esserci dove puoi trovare tante persone. E i luoghi in cui si possono trovare tante persone sono i supermarket. La vicepresidente ricorda di come, appunto, l'inizio della sua campagna elettorale sia stato caratterizzato da un asse da stiro e da un po' di nastro adesivo: «Il fatto è che un’asse da stiro funziona perfettamente come scrivania per lavorare in piedi. La misi davanti all’ingresso del supermarket, appena un po’ di lato, vicino ai carrelli, e ci fissai sopra con il nastro adesivo un cartello che diceva: KAMALA HARRIS, UNA VOCE PER LA GIUSTIZIA». Quella campagna elettorale fatta fuori dai supermarket, con il freddo o la pioggia, ascoltando le persone e le loro esigenze, è stata la via con cui Kamala Harris ha sempre condotto ogni sua battaglia. Come ricorda lei: «Le campagne moderne si basano sui big data, sull’analisi dei dati raccolti per via informatica e su sofisticati modelli di affluenza alle urne. Tuttavia, nella mia esperienza ho riscontrato che un amico, una penna e un piatto di spaghetti sono altrettanto efficaci».

RB/Bauer-Griffin
Si batte per il cambiamento climatico

Il climate change è uno di grandi temi su cui Kamala Harris si è battuta come senatrice e su cui si si è impegnata in questi anni come vicepresidente. E ha uno spazio anche all'interno del libro di memorie. Nello specifico Kamala Harris sottolinea come il cambiamento climatico non sia un tema ambientale, o di salute pubblica o economico ma un vero e proprio imperativo per la sicurezza nazionale. Per spiegarlo, rivela alcuni dettagli e discorsi dei capi dell'esercito e dei servizi segreti con cui è venuta in contatto nella sua vita politica: «Quando però si parla con dei generali, quando ci si rivolge a membri anziani dell’Intelligence Community e a esperti in conflitti internazionali, ci si rende conto che guardano al cambiamento climatico come a una minaccia alla sicurezza nazionale - un “moltiplicatore di minacce” che esacerberà la povertà e l’instabilità politica, creando condizioni tali da rendere possibile la violenza, la disperazione e perfino il terrorismo».

Non cita mai direttamente Donald Trump

Per tutta l'autobiografia Donald Trump, che ora sarà a maggior ragione il suo acerrimo avversario, non veniva mai menzionato. L'unica volta che il suo nome appare (in forma di "Presidente Trump") è per bocca di Brett Kavanaugh, il senatore accusato di molestie la cui rielezione aveva sconvolto gli Stati Uniti e la cui audizione al Senato viene riportata nel libro. Per il resto, la figura di Donald Trump è evocata come uno spettro oscuro e la sua elezione raccontata come un momento difficile per tutti. Pensando al giorno dell'elezione di Trump (che aveva coinciso con l'elezione di Harris Senato), lei riporta alla memoria il nipotino Alexander che si recò da lei in lacrime: «Gli tremava la voce: “Zia Kamala, quell’uomo non può vincere. Non vincerà, vero?”. La preoccupazione di Alexander mi spezzò il cuore».

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