INTERVISTE

La “prima volta” di un direttore creativo, concedendosi il lusso di avere paura: Alessandro Vigilante e la sua Rochas

L'intervista al designer che ha debuttato alla Paris Fashion Week con la collezione autunno inverno 2024 2025, un viaggio nell'immaginazione delle donne iniziato da uno scatto di Carlo Mollino
Alessandro Vigilante x Rochas

La “prima volta”, un viaggio nell'immaginazione delle donne. L'intervista ad Alessandro Vigilante, al debutto da Rochas.

La paura rende umani. Ma La paura è un peccato, secondo Oriana Fallaci. La paura può essere un peccato in effetti, se diventa un ostacolo impossibile da oltrepassare. La paura però può essere un motore quando non ci si lascia sopraffare. E averne è un sintomo di consapevolezza. Non sempre ci si sente pronti, quando le opportunità suonano il campanello. Parlarne vuol dire avere il coraggio di mostrarsi deboli, fragili, imperfetti, veri. Ma vuol dire anche avere il coraggio di mettersi in discussione, di stravolgere le regole del gioco, di correre il rischio, di farsi delle domande, di sperarsi e volersi migliori. È difficile che esista una “prima volta” senza paura. E Alessandro Vigilante, al suo esordio da Rochas, ne aveva. È il direttore creativo del brand che ha fondato - e porta il suo nome - ma non era mai stato il direttore creativo di un altro marchio. Alla Paris Fashion Week ha presentato la collezione autunno inverno 2024 2025, e dopo il debutto si è raccontato. Se ne avesse la possibilità vorrebbe conoscere Gianni Versace, Rudol'f Nureev e Pina Bausch, ma nel suo mondo ci sono anche Madame Grès e Alexander McQueen. Ci sono scatti e movimenti fluidi, dei Grand Battement e dei corpi su cui plasmare abiti, delle matite per disegnare e delle passioni da coltivare, che coabitano nell'armonia della sua visione.

Rochas autunno inverno 2024 2025

Guillaume Roujas/Courtesy of Rochas
L'intervista ad Alessandro Vigilante, direttore creativo di Rochas

Nel bagaglio Rochas ci sono quasi cento anni di storia: cosa desideri aggiungere a quanto c’è
già?

La danza insegna ad ascoltare il proprio corpo, a definirne il linguaggio. Avere un lungo passato nella danza contemporanea fa sì che sia proprio questo l'approccio con cui voglio tracciare i profili della mia Rochas. Il capo di per sé non ha valore se non viene indossato, se non vive in movimento. Gli abiti devono avere un significato, un peso emotivo per chi li sceglie: possono essere una carezza, uno scudo, una seconda pelle, un velo di protezione. Non mi interessa saper fare dei bellissimi schizzi su carta, e trovo che non abbia senso il design come esercizio estetico. Al contrario, sento di avere una spiccata sensibilità per quelle che sono le esigenze del corpo femminile: è su questo che rifletto quando disegno.

Qual è stato il primo pensiero quando hai ottenuto questo incarico?

Ero davvero sorpreso, non me lo aspettavo. Non avrei mai associato il mio nome a quello di una Maison francese. È stato bello però - e altrettanto sorprendente - scoprire l'heritage di Rochas, che forse è poco conosciuto ma è davvero ricco. C'è un mondo gigantesco nella storia del marchio fondato nel 1925 da Marcel Rochas: ci sono gli anni Trenta, gli anni Quaranta e i Cinquanta, ci sono gli influssi dei designer che mi hanno preceduto - come Olivier Theyskens, Marco Zanini, Alessandro Dell'Acqua - nel creare una sofisticata immagine dell'eleganza, ci sono il gusto Art Decò, l'approccio grafico e poi il Surrealismo, ma anche le personalità di chi frequentava Marcel, da Man Ray a Wallis Simpson, o le tre donne incredibili con cui fu sposato - tra queste c'era anche un'italiana, Rina Rosselli.

Alessandro Vigilante, direttore creativo di Rochas

Courtesy of Rochas

Oggi, dopo aver presentato la tua collezione di debutto, cosa provi?

Sento di essere più radicato. Sono stato tranquillo per tanto tempo ma poi, con l'avvicinarsi della data della presentazione, ho iniziato a spaventarmi un po'. L'emozione era talmente forte che percepivo di essere disconnesso, disorientato. Avevo paura, ma la paura fa paura e cercavo di nasconderla. Cercavo di razionalizzare e stare con i piedi per terra, ma temevo di non essere abbastanza, di fare male, di non piacere. Non ne avevo piena consapevolezza, ma ho capito che avere paura vuol dire mettersi in discussione, e per fare bene è fondamentale mettersi in discussione. Ho lasciato la danza quando avevo 23 anni perché non riuscivo a essere sicuro di me ma anche se come designer sento di esserlo, l'idea di lavorare a qualcosa di così grande mi ha spaventato… e credo sia normale, quindi va bene così.

Rochas autunno inverno 2024 2025

Courtesy of Rochas

Da cosa sei partito per costruire la narrazione della collezione autunno inverno 2024 2025?

Amo la poliedricità artistica di Carlo Mollino: da Casa Mollino - casa museo nel cuore di Torino - all'architettura fino alla fotografia, ne ho sempre studiato il lavoro con curiosità. Poi mi sono imbattuto in questo scatto del 1939, Fiabe per i Grandi, che ha acceso di nuovo la mia fiamma creativa. Ritrae una donna con un abito di satin lucido, alle cui spalle ci sono le ante di un armadio semichiuso. In quell'immagine si vedono libri, tessuti, pezzi d'arte, frammenti di statue, ed io ho immaginato che tra quelle ante ci fosse il suo mondo, quello che magari avrebbe voluto tenere per sé. Il mondo di ognuno di noi riflette ciò che di più intimo ci appartiene e io volevo che questa collezione fosse un viaggio nell'immaginazione delle donne. Così una trapunta da letto è diventata una gonna o un blouson, una capigliatura riccia si è trasformata in un ricamo argenteo e il pizzo - ispirato al disegno originale di Marchel Rochas - è diventato una seconda pelle.

Rochas autunno inverno 2024 2025

Guillaume Roujas/Courtesy of Rochas

Fiabe per i Grandi di Carlo Mollino è, appunto, l’immagine chiave di questa collezione. Cosa cela la gestualità della modella che esce dall’armadio? Cosa vedi in quel momento?

Pina Bausch, mia icona assoluta, sostiene che sia il nostro vissuto a definire la percezione che abbiamo di fronte a uno spettacolo di danza contemporanea. Io non ho immaginato quella donna uscire dall'armadio, ma entrare. Mi sembra dire “voglio essere ciò che c'è nel mio armadio, perché nel mio armadio ci sono io, e sono io senza le maschere che spesso la società impone di indossare”. Ci ricorda che l'abbigliamento parla di noi, e siamo noi a scegliere cosa ci permette di essere noi stessi.

“The eye has to travel” - “L'occhio deve viaggiare” - è la citazione di Diana Vreeland che hai reso centrale nella narrazione. Cosa vuol dire?

Esplorare ogni meta dell'immaginazione, senza fermarsi alla frontiera. Ma anche aprire gli occhi e guardare, guardare, guardare. Osservare per me è come viaggiare, anche quando le coordinate geografiche non cambiano. Credo che spesso ci si concentri troppo su se stessi e sulle proprie insoddisfazioni, e non si riesce a cogliere tutto il bello che c'è. A volte mi sembra di correre indossando dei paraocchi, pur di arrivare a tagliare il traguardo della produttività. Il nostro, però, è un lavoro che richiede tempo. E non è un tempo solo creativo ma materiale - le ore necessarie per creare un tessuto, per esempio, non possono diminuire se si desidera un prodotto di qualità. “The eye has to travel” invece è anche un invito a fermarsi e concedersi il tempo giusto per poter creare. Si parte dalla realtà e i desideri si nutrono di immaginazione.

Cosa manca a Rochas?

La riconoscibilità. Ci vuole tempo per definire un'identità, e non è affatto facile ma lavoreremo per colmare questo vuoto.

Cosa invece vorresti custodire gelosamente?

Credo che l'heritage di Marcel Rochas sia un qualcosa di straordinario, straordinariamente attuale. Aveva una spiccata sensibilità nel captare e interpretare i desideri delle donne, prima ancora che queste ne diventassero consapevoli. E poi nella nostra storia ci sono innovazioni stilistiche poco note, a cui mi piacerebbe dare il giusto valore.

Rochas autunno inverno 2024 2025

Courtesy of Rochas

Rochas autunno inverno 2024 2025

Courtesy of Rochas

Dopo diverse esperienze di rilievo negli uffici stile, nel 2021 hai fondato il brand che porta il tuo
nome. Cosa stai imparando dalla direzione creativa di un marchio che non è “tutto tuo”?

Sarebbe impossibile avere la stessa libertà, ma il confronto è costruttivo. Devo dire però che sono molto fortunato perché Philippe Bennacin, Direttore Generale di Rochas, ed io abbiamo la stessa idea di futuro.

Cosa vuol dire per te “futuro”? Come lo costruisci e come lo immagini?

Il futuro si costruisce nel presente, giorno per giorno, lasciando all'immaginazione il ruolo della creatività.

Rochas autunno inverno 2024 2025

Courtesy of Rochas

C’è qualcosa che nessuno immagina rispetto al tuo approccio alla moda?

Difficile dirlo. Chi mi conosce sa che il corpo è sempre al centro della scena, e questo approccio nasce dal mio passato nella danza. Io disegno pensando al corpo, per cui per me il movimento è essenziale.

E qualcosa che nessuno immagina di questa collezione?

Credo che negli abiti si possano immaginare un'infinità di vite, ed è proprio questo il bello.

Cosa ti piacerebbe scoprire in questo percorso?

Che abbiamo già la chiave per trasformare Rochas in un marchio riconoscibile. Credo sia la sfida più complessa a cui andiamo incontro, insieme all'instabilità del mercato. E poi non vedo l'ora di scoprire come riuscirò a plasmare un nuovo lessico che mi corrisponda.

Qual è il cambiamento che sogni di vedere nella moda?

Vorrei si lasciasse più spazio alla creatività, vorrei si avesse la libertà di esprimersi davvero.

Rochas autunno inverno 2024 2025

Guillaume Roujas/Courtesy of Rochas

Se questa collezione fosse una canzone, quale sarebbe?

Il cielo in una stanza di Gino Paoli.

E se invece dovessi immaginarla su un personaggio “impossibile”, chi sarebbe?

La Marchesa Luisa Casati, eccentrica nobildonna e collezionista d'arte.

Rochas autunno inverno 2024 2025

Courtesy of Rochas