Questa è l'estate dell'overtourism, ma il problema siamo anche noi

Città come Venezia, Barcellona e Copenaghen cercano soluzioni, ma è necessaria un nuovo mindset
Martin Parr “New Brighton”
Martin Parr, “New Brighton” (The Last Resort, 1983-85)

L'overtourism mette in allarme città e mete turistiche in tutto il mondo: ma come fare a invertire la rotta?

«Vieni a lavorare anche tu per il parco a tema di Venezia antica»: parte da questo concetto paradossale il romanzo di Luca Zorloni, giornalista e responsabile digital di Wired Italia, che immagina una specie di distopia turistica ambientata negli anni 2030. Il paese più bello del mondo, questo il titolo del libro pubblicato da Bookabook, immagina infatti che, per uscire dal torpore prolungato di una crisi e per veicolare un fantomatico «Rinascimento economico nazionale», si decida di trasformare le grandi città storiche italiane - Venezia appunto, ma anche Siena, Roma e Pompei - in enormi parchi tematici in modo da attirare orde di turisti presi da una specie di allucinazione collettiva. Il patrimonio artistico italiano diventa così un nuovo panem et circenses che mette a tacere ogni dissidio: «Aprire la finestra sulla Venezia antica, la Venezia originale, e contemplare l'oasi di arte e storia preservata dallo scorrere del tempo, zittiva per qualche minuto le lamentele, i fastidi, le noie».

Ovviamente le conseguenze di una tale organizzazione verticalista e opportunista dei nostri beni culturali più preziosi sono descritte nel romanzo di Zorloni in una concatenazione avvincente di avvenimenti, accompagnati da una lingua sempre precissima e coinvolgente. Ma quanto siamo lontani dalla realtà, in questo romanzo che è fantasy ma sembra anche pericolosamente verosimile? Sono recentissime le notizie sull'introduzione proprio a Venezia del ticket di ingresso quotidiano: dallo scorso 25 aprile, e per una trentina di giornate in tutto nel corso di quest'anno, i visitatori che vogliono entrare alla Serenissima devono, salvo precise eccezioni, pagare un biglietto per accedere alla città. Conclusa lo scorso 13 luglio la prima fase di sperimentazione, questi ticket giornalieri hanno generato 2,2 milioni di euro contro i 700mila ipotizzati all'inizio.

Martin Parr, The Leaning Tower of Pisa, 1990. Tutte le foto di questo articolo sono tratte dalla mostra Martin Parr. Short & Sweet, fino al 28 luglio al Mudec di Milano e dal 12 settembre al Civico Archeologico di Bologna

Molti, soprattutto tra i residenti e gli esercenti veneziani, protestano da mesi contro questa misura: c'è chi la ritiene iniqua perché lega l'accesso alla città a un criterio economico (generando quindi una possibile discriminazione sociale), mentre più in generale c'è chi intravede il rischio di trasformare Venezia, appunto, in un luna park con accesso a pagamento. Il problema che il ticket si propone di ovviare, o perlomeno alleviare, è ovviamente l'overtourism, cioè l'eccessiva pressione di turisti e visitatori che in città storicamente e strutturalmente fragili come Venezia rischiano di provocare danni irreparabili. Già oggi il tessuto sociale veneziano è del tutto sfibrato, e l'eventualità più probabile è quella di arrivare a un centro storico completamente svuotato di residenti e ripensato esclusivamente per le esigenze d'intrattenimento dei turisti.

Il tema dell'eccesso dei turisti è qualcosa che riguarda ormai la quasi totalità delle mete più gettonate, in Italia, in Europa e non solo. Al turismo e alla sua estetica totalizzante è dedicata anche la cover di Vogue Italia di agosto 2024, firmata dal grande fotografo Martin Parr, uno dei più grandi testimoni di questa realtà (anche nella sua mostra Short & Sweet, fino al 28 luglio al Mudec di Milano e dal 12 settembre al Civico Archeologico di Bologna). Il fenomeno è complesso e riguarda non solo le difficoltà logistiche di un numero esorbitante di persone in entrata e in uscita dalle aree urbane, che pesano dunque sulle strutture ricettive, sulle infrastrutture e sugli altri servizi, ma porta con sé altre questioni più ampie e correlate, come l'aumento del costo della vista, gli squilibri ambientali o la crisi abitativa. Quest'ultima è una tematica molto sentita nella grandi città turistiche, dove l'aumento di appartamenti in affitto su piattaforme come Airbnb, sta creando una scarsità di immobili a disposizione per i residenti e sta di conseguenza facendo schizzare i prezzi globali delle case. Una delle capofila su questo fronte è Barcellona, che ha deciso dal 2028 di vietare gli affitti brevi revocando oltre 10mila licenze. A inizio luglio i turisti sulla Ramblas sono stati colpiti dai getti di pistole ad acqua brandite dai locals esasperati.

Martin Parr, SPAIN. Benidorm, 1997

L'anno scorso Amsterdam aveva lanciato una campagna di contro-promozione turistica, nel senso che al motto di Stay Away invitava i turisti che avevano intenzione di giungere in città per fare baldoria e creare confusione molesta a starsene a casa. Non succede solo nei grandi centri urbani, comunque: si susseguono le notizie di svariate località, dai villaggi panoramici di Minorca alle isole sperdute della Grecia, che cercano in un modo o nell'altro di bannare i visitatori. Un approccio diverso, ma sempre legato al problema dell'eccessiva turistificazione, è quello adottato da Copenaghen. Da metà luglio a metà agosto la capitale danese offrirà piccoli premi, come l'ingresso gratuito ad alcune attrazioni cittadine, ai turisti che dimostreranno di condurre dei comportamenti particolarmente virtuosi: ciò significa per esempio muoversi in bici o in treno, impegnarsi a tenere pulita le spiagge e i marciapiedi, seguire workshop sul riciclo e così via.

Che la strategia sia più o meno aggressiva, più o meno accomodante, il turismo massivo è un fenomeno che riguarda un po' tutte le zone attrattive. Spesso è anche il news cycle dei media a favorire questi trend: poco dopo che il Cilento è stato inserito nella lista dei place to visit dal New York Times, la regione campana è stata presa d'assalto dai turisti; lo stesso è accaduto negli ultimi anni a Noto, all'Albania, a Marrakech, all'Islanda e a mille altre destinazioni. Il vero problema, a ben pensarci, è che i turisti che si ammassano nelle varie tappe turistiche siamo noi. La tendenza è quella di pensare che siano sempre gli altri il problema, che i viaggi mainstream e inflazionati siano sempre quelli degli altri. E invece ci troviamo in coda al ristorante, al lido balneare, di fronte al museo, in autostrada, pensando à la Sartre che «L'Enfer, c'est les autres».

C'è un antidoto a questa turistificazione avvilente? Forse la curiosità di cercare luoghi insoliti, la disponibilità di muoversi in periodi diversi dall'usuale, la volontà di porsi nei confronti delle mete in modo rispettoso, poco chiassoso, sostenibile. Forse deve cambiare in toto la nostra concezione di vacanza, di viaggio, di turismo. Ma soprattutto convincerci che, in fondo, l'inferno siano noi.

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